Solo 15? Per ora mi sono venuti in mente questi, anche perché sono quelli che incontro spesso, molto spesso nei blog e sui social network.
1 – A secondo di
Sia l’Accademia della Crusca sia il dizionario Treccani mettono corrette entrambe le forme “secondo le circostanze” e “a seconda delle circostanze”. Come fa notare la Crusca, un tempo i puristi della lingua consideravano corretta solo la prima forma, che è quella che preferisco usare io. La forma “a seconda di” non m’è mai piaciuta e continuo a giudicarla cacofonica.
C’è però chi scrive “a secondo delle circostanze”: forma decisamente sbagliata.
2 – Affianco e apposto. Daccordo?
Questi errori, che ho visto fare spesso qua e là, sono emersi anche in qualche commento al mio post sull’uso della lingua. Esempi:
- mettere il frigorifero affianco alla credenza
- mettere apposto i vestiti
- essere daccordo con quello che dico
È chiaro che bisogna essere davvero delle capre per fare questi errori, ma leggendo cosa scrive la gente, specialmente sui social network, sembra che la specie Homo sapiens si stia trasformando in Capra hircus.
- Affianco esiste, ma è la prima persona singolare del presente indicativo del verbo affiancare: io mi affianco con l’auto al marciapiede
- apposto esiste, ma è il participio passato del verbo apporre: ho apposto la mia firma sul contratto
- daccordo non esiste
3 – Allo stato
Questo errore mi è davvero indigesto, eppure i giornalisti italiani me lo propongono continuamente ai vari telegiornali. Lo fate apposta (o a posta? Bel quesito!)?
“Allo stato” esiste soltanto in frasi come “ho regalato allo Stato (notare la maiuscola) 5000 euro di tasse”.
La locuzione corretta è “allo stato attuale delle cose”, o “allo stato delle cose”. Se diciamo “allo stato non possiamo assumere nessuno”, non significa nulla. Allo stato di cosa?
4 – Sarebbe dovuto essere
Se dopo il verbo servile (dovere, volere e potere) c’è il verbo essere, allora l’ausiliare corretto è il verbo avere. Quindi dobbiamo scrivere e dire “avrebbe dovuto essere facile”.
Tuttavia in alcuni casi dobbiamo usare come ausiliario il verbo essere: “Una buona grammatica gli sarebbe potuta essere utile per scrivere in italiano”.
L’Accademia della Crusca, però, dà alcuni consigli per non sbagliare mai. Considerare il verbo seguito dal servile per scoprire l’ausiliare giusto:
- ho guidato, ho dovuto guidare
- sono stato, sono dovuto stare
- ho bevuto, ho dovuto bere
Ma attenzione alle seguenti varianti:
- ho sposato Martufagna, ho dovuto sposarmi Martufagna
- mi sono sposato con Martufagna, mi sono dovuto sposare con Martufagna
Se dopo il servile c’è il verbo essere, allora l’ausiliario corretto è avere:
- ho potuto essere un altro
- ho voluto essere un buon amico
- ho dovuto essere arrendevole
E come la mettiamo se dopo il verbo servile ce n’è uno intransitivo? Allora possiamo usare sia essere sia avere:
- ho dovuto partire
- sono dovuto partire
Ah, ma ci sono anche le particelle nominali come “ci”, “vi”, ecc. E in quei casi? Dipende dalla posizione della particella:
- mi sono dovuto versare da bere da solo
- ho dovuto versarmi da bere da solo
Vi ho creato una bella confusione? Era proprio ciò che volevo!
5 – Eddai
Che è sta roba?
Eppure si trova, eccome se si trova! Anzi, se leggete le risposte su Yahoo Answers, troverete che la maggior parte è convinta si dica “eddai”. Mai trovare informazioni su Yahoo Answers.
Mi dispiace, ma anche se nel colloquiale si tende a raddoppiare, la grafia esatta è “e dai”. “E” è congiunzione, in questo caso usata come esortativo, e “dai” è una forma verbale. La logica del raddoppiamento qual è?
6 – Fà
Un milione di anni fa, o forse 2, c’era chi… okay, la sigla di Ryu forse la ricordano in pochi. Il punto è che quel benedetto “fa” non si usa mai accentato:
- un milione di anni fa
- l’acqua fa bene all’organismo
- la nota fa
7 – Inerente il
“Inerente” è il participio presente del verbo inerire, che si usa ben poco. Ma “inerente” si usa molto. “Inerire”, comunque, è un verbo intransitivo, cioè non vuole il complemento oggetto:
- è sbagliato scrivere: inerente l’editoria
- è corretto scrivere: inerente all’editoria
8 – Più migliore (o perfino molto più migliore!)
«Dai, Danie’, ma chi è che dice “molto più migliore”?»
La mia professoressa di greco al terzo liceo classico.
Sia l’Accademia della Crusca sia il Treccani danno corrette le forme “molto maggiore” e “molto migliore”, che io invece considero sbagliate. La giustificazione sta nel fatto che le espressioni si possono scindere in:
- molto più grande
- molto più buono
Siamo d’accordo che sono entrambe corrette, ma a me quei “molto maggiore” e “molto migliore” continuano a suonare cacofonici.
“Più migliore”, invece, è errato.
9 – Ne io ne te
La congiunzione negativa vuole l’accento acuto: né io né te siamo mai stati amici.
“Ne” senza accento è invece avverbio e pronome:
- ne è stato l’artefice
- se ne è infischiato della legge
- ne è seguita una guerra
10 – Perchè e cioé
Ma il correttore automatico non vi segnala in rosso queste parole?
- Perché vuole l’accento acuto
- Cioè vuole quello grave, provenendo da “ciò”+”è”
Perché l’avverbio e congiunzione “perché” vuole l’accento e anche acuto?
Perché proviene dall’unione di “per” e “che” e, dal momento che l’accento va sull’ultima sillaba, allora è accentato. In “che” la “e” è chiusa.
11 – Piuttosto che (disgiuntivo)
C’è una battaglia che va avanti da anni sull’uso di “piuttosto” nella forma disgiuntiva. Che significa disgiuntiva? Che è una forma che separa due o più elementi, quindi l’uso di uno esclude l’altro.
Dicendo: “mandami un’email piuttosto che un sms”, significa che escludo l’invio di un sms e preferisco che tu mi scriva un’email.
“Possiamo andare in pizzeria, piuttosto che al ristorante, piuttosto che al pub, piuttosto che in discoteca”. Okay, ho capito, vuoi elencarmi tutti i locali in cui non dobbiamo andare eccetto che in pizzeria?
Entrerà mai in testa a qualcuno l’uso corretto di “piuttosto che”? L’ignorante, purtroppo, è più tosto del colto.
“Piuttosto”, comunque, è formato da “più” e “tosto”, che in questo caso è un avverbio. Il significato di “tosto” preceduto da “più” significa “più volentieri”. Quindi dire “mandami un’email piuttosto che un sms” significa che voglio ricevere un’email più volentieri di un sms. Cosa mai dovrai spedirmi?
12 – Si dasse una mossa
O anche “stasse pure lì senza muoversi”. O “vadi pure”. Sono forme verbali di una certa eleganza…
… che non esistono.
- Si desse una mossa
- stesse pure lì senza muoversi
- vada pure
Il congiuntivo, per favore, usiamolo, ma almeno nelle forme corrette!
13 – Sia… che…
Nella lingua parlata usavo spesso dire “mangio sia la pasta che la minestra”, ma ora preferisco usare la forma “mangio sia la pasta sia la minestra”.
L’Accademia della Crusca sconsiglia l’uso di “sia… che…”, perché in frasi complesse possiamo ritrovarci con una miriade di “che” e creare un po’ di confusione.
14 – Sbrigati, che è tardi
Forma corretta: “sbrigati, ché è tardi”. Altrimenti quel “che” sembra un pronome relativo, riferito al verbo sbrigare.
Il “ché” con accento acuto è aferesi di “perché”: “sbrigati, perché è tardi”.
15 – Abuso Di Maiuscole Nei Titoli Dei Post
Nei blog americani vedo quest’uso. Ma noi siamo sempre in Italia, giusto?
L’uso delle maiuscole, da noi, è regolato dalla grammatica. Si usano per i nomi propri e i cognomi, per quelli geografici e astronomici, per le istituzioni, per iniziare una frase dopo il punto, per i titoli onorifici, per indicare i popoli, ecc.
Leggere un titolo pieno di maiuscole rallenta la lettura – la mia, almeno. Ma comunque resta un errore mettere le iniziali di ogni parola in maiuscolo.
E adesso sentitevi liberi di aggiungerne altri che trovato spesso in giro. Ma prima confessate quali di quelli elencati commettete.
Pierumberto
Ti ringrazio per le Tue evidenze. Non è mai troppo tardi per affinare lo scrivere correttamente. Mi hai illuminato sul “perché”.
Daniele Imperi
Ciao Pierumberto, benvenuto nel blog.
Sbagliavi spesso l’accento su perché?
Giorgia
Ciao Daniele.
Complimenti per il tuo blog!
Avrei una domanda da porti: cosa sai dirmi sull’ utilizzo di ” NEL MENTRE” ?
Io ricordo sia scorretto ma con chiunque parli sostiene che sia corretto….
Daniele Imperi
Ciao Giorgia, grazie e benvenuta nel blog. “Mentre” è sia congiunzione sia sostantivo. In quest’ultimo caso si può usare scrivendo “In quel mentre”.
Carla
Grazie per questo ripasso di grammatica.
Daniele Imperi
Ciao Carla, benvenuta nel blog.
Joys
Vogliamo mettere anche chi scrive “a me mi” io li
odio, ma ormai non ci faccio più caso
Daniele Imperi
Ciao Joys, benvenuto nel blog. Finora per fortuna non l’ho trovato nei libri quell’errore, ma solo in qualche blog.
Patrizia
“Non ho mai trovato nei libri quell’errore”.
Non trovi che “l’ho” sia una ripetizione?
Scusami, ma vado a caccia di errori anch’io!
Daniele Imperi
Sì, certo, è una ripetizione, ma nei commenti uso sempre un linguaggio più colloquiale.
Caranas
Non è vero che ” fa” non si accenta mai, o meglio, se imperativo si apostrofa.
Daniele Imperi
Accento e apostrofo sono due cose diverse. “Fa”, quindi, non si accenta mai, come ho scritto. Qui puoi leggere il mio articolo sul verbo fare: https://pennablu.it/accento-verbo-fare/
Leonardo
Un altro errore molto comune è l’utilizzo di da al posto di dà. Da senza accento è una preposizione, mentre dà con l’accento indica la terza persona singolare del verbo dare.
Daniele Imperi
Anche io trovo spesso quell’errore. Ne ho parlato qui: https://pennablu.it/accento-verbo-dare/
Salvatore
Spesso trovo anche “avolte” al posto di “a volte”, cioè “alcune volte”. «Avolte mi capita non di non sentirci bene». L’unica cosa che avvolge la lingua italiana è una manifesta ignoranza: da non confondere però con i refusi. A me capita di farne, di refusi, se scrivo in fretta, se sono concentrato sui contenuti, se scrivo da un cellulare; l’ignoranza è un’altra cosa.
Nell’ultimo racconto che ho pubblicato sul blog, e non me l’hai fatto notare (…) purtroppo, ho usato di proposito un “piuttosto che” come disgiuntivo. Il “piuttosto che” usato a questo modo è un errore tipicamente settentrionale, per di più attribuito al ceto borghese emergente. Al mio personaggio, figlio di papà (come si dice), che racconta in prima persona la sua esperienza un errore del genere in bocca non solo ne caratterizza la parlata, ma comunica al lettore attento anche un sacco di informazioni biografiche. Naturalmente ho dovuto informarmi su come usarlo perché, essendo meridionale, io un piuttosto che usato a quel modo in famiglia non l’avevo mai sentito (la televisione non la guardo da anni).
Dico purtroppo perché mi sarebbe piaciuto parlarne. Comunque con gli errori grammaticali si può anche giocare; si posso sfruttare per caratterizzare il personaggio, il contesto o per suggerire informazioni in modo meno diretto.
silvia
Nella nostra zona è talmente frequente la parlata con “piuttosto che” disgiuntivo che io nel tuo racconto non l’avevo notato. Per cui il tuo “errore” ha colto nel segno.
Chissà se su Confidenze te l’avrebbero fatto correggere.
Daniele Imperi
Avrebbero dovuto correggerlo. Salvato’, fai una prova col prossimo racconto che gli mandi
Salvatore
Su Confidenze mi è già capitato che mi abbiano corretto degli errori volontari, nonostante ne avessi spiegato via mail le ragioni. Posso tuttavia capire che nel loro caso c’è un’esigenza di chiarezza verso le lettrici. In fondo si tratta di una rivista, non di un romanzo. A proposito, colgo l’occasione per far notare che anche “infondo” viene spesso sbagliato. Infondo esiste: «infondo l’energia nel tuo corpo» (ok, è la prima cosa che mi è venuta in mente), ma “in fondo” significa un’altra cosa.
Grilloz
Forse confidenze vuole avere anche un ruolo in qualche modo “pedagogico”
Daniele Imperi
Oddio, “avolte” non m’è mai capitato.
Gli errori per la fretta o quelli da cellulare sono perdonati.
Non mi sono accorto dell’errore nel tuo racconto
Il “piuttosto che” in quel modo l’ho infatti sentito spesso ai milanesi.
Salvatore
Al riguardo è stata fatta proprio un’indagine dalla Crusca e pare che ha usarlo di più siano i Milanesi dipendenti della Mediaset… XD
Daniele Imperi
“ha usarlo”, Salvatore?
Vanessa
scrivere, chi a cui, è errato?
Daniele Imperi
Ciao Vanessa, benvenuta nel blog. Non suona bene, ma dovresti dirmi l’intera frase.
Agnese
Il “daccordo” è sicuramente uno dei più frequenti. Ti dico solo che un tipo a cui ho spedito un articolo con la dicitura correta me l’ha rinviato sottolineato dicendo che dovevo studiare grammatica…non s’è aperto neanche un dizionario per controllare prima di fare una figuraccia!
Grilloz
questo è un problema tipico dei gramarnazi
Daniele Imperi
Ah, aveva considerato errore “d’accordo”? :/
Gelsy
Veramente “stato” è sinonimo di “condizione”
Infatti si dice “stato liquido”
“Stato solido”
“Stato gassoso”
“In che stato ti sei ridotto?”ovvero “in che condizioni ti sei ridotto?”
Quindi per cui “allo stato attuale” sogni “alla condizione attuale” perciò è assolutamente italiano corretto!
Daniele Imperi
Sei sicura che si intenda “alla condizione attuale”?
Ho infatti fatto l’esempio: “allo stato non possiamo assumere nessuno”. In quel caso non significa nulla. Non cambia scrivendo “alla condizione non possiamo assumere nessuno”.
Il problema è che spesso si omette “attuale”.
ombretta
Molto migliore e molto maggiore proprio non mi piacciono; e perché non è consigliato usare sia…sia, ma sia…che l’Accademia della Crusca deve provare a convincermi! Loro danno corretta anche spengere (spegnere) che per me resta una forma toscana, al meridione non si usa e comunque non mi piace.
L’errore che non sopporto di vedere è qual’è, e l’ho visto scrivere anche a persone laureate.
ombretta
Da persone, non a
Daniele Imperi
“Spengere” anche il dizionario lo dà corretto, ma è davvero brutto. “Qual’è” si vede spesso, è vero.
Piergiorgio Merlatti
La grafia corretta nell’italiano contemporaneo è “qual è”, senza apostrofo. La grafia “qual’è”, anche se molto diffusa, è scorretta, perché non si tratta di un caso di elisione, ma di troncamento, dal momento che qual esiste come forma autonoma.
La grafia “qual’è” con l’apostrofo è presente nella letteratura del passato, anche recente: Qual’è il piacere che volete da me? (C. Collodi, Le avventure di Pinocchio)
Do un’occhiata alla casa e capisco qual’è la camera (F. Tozzi, Ricordi di un impiegato).
Naturalmente anche “qual era” si scrive senza apostrofo.
Invece “qual’erano” si scrive con l’apostrofo, perché viene da “”quali erano”, con elisione di quali.
sallybrown
qual è è un’elisione, l’apostrofo non va: credo di averlo ricordato proprio qui, perchè l’avevo dimenticato e l’abitudine aveva preso il sopravvento. su spengere facciamo una discussione quasi mensile con il mio con_sorte: lui dice che è sbagliato ma io ricordo la maestra delle elementari che sottolineava che sono corrette tutte e due le forme, solo che noi meridionali usiamo spegnere, forma più moderna e attuale mentre spengere, resta quasi una forma poetica e letteraria, usata senz’altro nel quotidiano dai toscani, ancora troppo vicini all’ arno. I vocabolari di solito danno per corrette tutte e due le forme. ciauz!
Luca Passani
La grafia “qual’è” è considerata A TORTO scorretta dal momento che in italiano esiste la parola “qual”. Ma questa logica non regge più nell’italiano contemporaneo. Nessuno usa “qual” produttivamente. Tutti usano quale anche davanti alle parole vento, volta e cosa. Non solo. Si usa quale davanti a TUTTE le forme del verbo essere che inizino con consonante.
Insomma, la logica che secondo alcuni dovrebbe giustificare l’apocope porta dritta dritta a giustificare l’elisione. Non si può che concludere che entrambe le grafie siano corrette logicamente (oltre che italiano usato comunemente dai madrelingua italiani).
Saluti
Daniele Imperi
Ciao Luca, benvenuto nel blog. La parola qual si usa ancora oggi, per esempio “in certo qual modo”.
Sei ovviamente libero di usare l’apostrofo, ma è un errore. Perché, poi, non si dovrebbe usare quale davanti alle forme del verbo essere che iniziano con consonante?
Qual è troncamento e non elisione.
Luca Passani
Ciao Daniele, non è errore per niente. La parola “qual” è desueta e lo ribadisco con tutte le mie forze.
Ammetto che “ogni qual volta”, “nel qual caso”, “in un certo qual modo” o “qual buon vento” non sono desuete (con la possibile eccezione dell’ultima), ma sono certamente cristallizzate, ovvero sono usate come espressioni fatte ereditate dal passato, senza che possano essere prese come esempio da cui far derivare regole grammaticali moderne.
Penso di poterteelo dimostrare facilmente. Considera le frasi:
“Quale vento spira oggi, capitano?”, “È tramontana, signore.”
“Quale volta è stata dipinta da Michelangelo?”, “Quella di destra!”
“In quale modo possiamo raggiungere la vetta?”. “Prendete il sentiero che costeggia il monte”.
Nessuno oggi si sognerebbe di usare la parola “qual” al posto di quale negli esempi sopra.
Come ha appena dimostrato, solo “quale” è usato produttivamente in italiano. Vogliamo poi parlare del fatto che davanti a TUTTE le forme del verbo essere che inizino con consonante in italiano contemporaneo si usa quale?
Del resto, se permettessimo alle espressioni cristallizzate di avere il peso che gli attribuisci nella definizione della sintassi, allora si potrebbe eccepire che “lo meno” sia corretto (es: “*lo meno che tu possa fare”) in virtù dell’esistenza in italiano dell’espressione “per lo meno”. Vedi anche tu che questa conclusione sarebbe assurda.
Insomma, la logica che dovrebbe giustificare il troncamento porta dritta dritta a giustificare l’elisione
Saluti
Daniele Imperi
Se la parola qual esiste, desueta o cristallizzata come vuoi chiamarla, e la usi con l’apostrofo, commetti un errore. C’è poco da fare. Poi, come ho detto, sei libero di scrivere come vuoi.
Non capisco che c’entra il verbo essere…
Nn ho trovato notizie sull’etimologia di perlomeno.
Luca Passani
Ovviamente non sono d’accordo con quanto scrivi, a cominciare dal tuo uso della parola “errore” che presuppone l’esistenza di una norma dotta inviolabile. Ebbene, nessun linguista metterebbe la cosa in questi termini. Al limite un linguista purista, ma in realtà ne dubito. Sarebbe la negazione di anni di studio sulla natura delle lingue.
Guardala così. L’italiano altro non è che latino maccheronico. I linguisti hanno semplicemente ricostruito dei modelli basandosi sull’osservazione dell’uso della lingua che ne hanno fatto i grandi autori nelle opere letterarie (prima) e (poi) nel neo-standard (definizione di Berruto) tutti gli italiani.
Ad uso e consumo delle maestre nelle scuole esistono delle regolette ortografiche utili (la Crusca lo chiama “l’italiano delle maestre”), ma che non possono essere prese come vangelo da chi si definisce linguista.
Ebbene, è vero che la scuola italiana cinquan’anni fa ha fatto propria la regoletta dell’apocope, ma questo non significa nulla quando un italiano decide che la forma elisa è preferibile, per di più argomentando efficacemente i motivi per quella scelta. E qui veniamo al verbo essere.
La logica per decidere se sia apocope o elisione a detta di molti grammatici, è guardare se davanti a parola successiva che inizi con consonante si usi la forma tronca o meno. Ebbene, in italiano, davanti a tutte le forme del verbo essere che inizino con vocale si usa “quale” e non “qual” (a meno di non voler apparire come un fenomeno da baraccone). Eccoti gli esempi:
Non so quale sarà il risultato.
…e quale sarebbe il suo desiderio?
Stavano pensando a quale fosse la scelta giusta.
Quale fu scelto?
Prova a sostituire quale con qual e capirai immediatamente cosa intendo: la regola che dovrebbe giustificare l’apocope giustifica in pieno l’elisione!
Se “quale è” è corretto, ne segue immediatamente la correttezza di “qual’è”. L’elisione è regola generale dell’italiano.
Ovviamente non condanno chi usa la forma apocopata (ci mancherebbe), ma per favore lascia in pace chi usa legittimamente la forma apostrofata.
Saluti
Daniele Imperi
Non so quali siano queste regole delle maestre, ma darò un’occhiata a quanto scrive la Crusca, magari ne esce un articolo.
Forse volevi dire “davanti a tutte le forme del verbo essere che inizino con consonante”? Perché nei tuoi esempi le forme verbali di essere iniziano per consonante.
Per quelle che iniziano con vocale, invece:
“Qual era il risultato?”
Davanti a consonante ovvio che sta meglio quale di qual.
Luca Passani
> Forse volevi dire “davanti a tutte le forme
> del verbo essere che inizino
> con consonante”?
Sì. Scusa la svista. Quella è la regola con cui i grammatici asseriscono di valutare se sia troncamento ed elisione. Il problema si pone perché negli anni 60 passo l’opinione (non unanime) che faceva derivare la “regola” dall’esistenza di pochissime espressioni calcificate (quelle di cui dicevamo sopra). Ma questo cozza con la realtà dell’italiano contemporaneo (oltre che con la grammatica inconscia di ogni madrelingua che elide quale). Solo “quale” è usato produttivamente. In tutti i registri dell’italiano moderno.
La Crusca è cosciente di questo. L’anima scientifica imporrebbe di smarcare il “qual’è”, ma una scelta “politica”, non inimicarsi il MIUR, continua a perpetuara la presenza di una scheda ambigua, in cui strizzano l’occhio sia al descrittivismo che al prescrittivismo, permettendo a ognuno di leggerla come vuole.
Osservo che se “quale è” è giusto, ne segue la correttezza di “qual’è”. L’elisione è regola generale dell’italiano.
Se vuoi possiamo continuare questa conversazione via email. I miei articoli in proposito li hai letti?
Violaliena
Qualche volta confesso che dimentico di accentare monosillabi che ne hanno bisogno tipo il ne, li, la, da e se.
Invece tra gli errori che di subiscono trovo abominevole l’uso del verbo “centrare” al posto di “entrare”.
Daniele Imperi
Avevo scritto un post su centrare
Molti scrivono “non centra niente”, ma non riferendosi a un arciere di scarsa abilità
Marco Lovisolo
A me non sembra di commettere molti errori di grammatica; in compenso ne commetto molti sulla punteggiatura. Ammetto di avere dei seri problemi nella corretta disposizione delle virgole. Solo di recente ho scoperto che i puntini di sospensione dovrebbero essere tre …
Daniele Imperi
I puntini di sospensione sono 3 infatti, ma sono anche un simbolo a sé, non vanno fatti digitando il punto 3 volte
http://pennablu.it/punto-esclamativo-interrogativo/
Simone
In realtà, nel tuo commento, l’uso della punteggiatura mi sembra perfetto; meno che per lo spazio prima dei punti di sospensione. Infatti, è buona norma del testo digitale che gli spazi vadano dopo i segni di punteggiatura, non prima.
Daniele Imperi
Non solo nel testo digitale.
Chiara
Un errore che non hai menzionato, è questo: se fa non vuole mai l’accento, invece dà, verbo dare, lo vuole, per distinguerlo da “da”, preposizione semplice.
Comunque ci vorrebbe un ripassino generale anche sul participio passato aggettivato e sui verbi che reggono l’indicativo anziché il congiuntivo. C’è gente che non ha mai scritto nemmeno la lista della spesa ma che fa la saputella su queste cavolate…
La faccenda delle maiuscole è una mania qui in ufficio. Sembra che la gente non possa farne a meno, specialmente se riguarda concetti che possono essere trasformati in sigla, come Area di Servizio. A me ‘sta cosa irrita non poco.
Daniele Imperi
Magari in futuro arriveranno anche post su quei temi
Le maiuscole inutili irritano parecchio anche me.
Danilo (IlFabbricanteDiSpade)
Che bello, finalmente qualcuno lo ha detto: piuttosto esclude l’opzione successiva, non è un elenco!! In “avvocatese” e “commercialistese” l’errore diventa un vero e proprio abuso.
Del resto, i commercialisti e gli avvocati vanno A STUDIO, giusto?
Daniele Imperi
Ah, ah, non solo avvocati e commercialisti, ma anche alcuni grafici so che vanno “a studio” o li trovi “a studio”
Andrea Torti
Sono errori che, “spesse volte” (!) si notano sia nello scritto sia nel parlato
Daniele Imperi
Nel parlato su qualche errore ci si passa sopra, ma se sei consapevole di averlo fatto. Io nel parlato sono sgrammaticato, anche se con i dovuti limiti.
Grilloz
Come sei pignolo
Sia… sia… ricordo che me lo corresse una volta la professoressa di lettere del liceo, da allora ci faccio attenzione. Sulle parole contratte credo che sia una lotta contro i mulini a vento, prima o poi verranno accettate dai dizionari, come moltre altre sono già state accettate, come sempre dipende dall’uso.
Visto che sei stato così pignolo, però, mi tocca bacchettarti, il verbo sposare è transitivo, ma nella forma riflessiva sposarsi diventa intransitivo, quindi:
“ho dovuto sposarmi” corretto
“ho dovuto sposarmi Martufagna” diciamo colloquiale sarebbe errore
“ho dovuto sposarmi con Martufagna” corretto
silvia
L’ho notato anch’io, ma non osavo bacchettare Daniele.
Io avrei scelto “ho dovuto sposare Martufagna”
Daniele Imperi
Potete bacchettarmi quanto volete, eh, tranquilli
Daniele Imperi
Ti ha corretto “sia… sia…” nel senso che era meglio “sia… che…”?
“Ho dovuto sposarmi Martufagna” è forma colloquiale
Grilloz
No no, io avevo scritto sia… che… e lei me l’ha corretto
Daniele Imperi
Ah, allora avevi una prof grammarnazi
monia74
Il punto 4! Gli ausiliari per fortuna mi vengono naturali, altrimenti ci sarebbe da perderci il sonno! XD
Il 14 mi lascia molto perplessa: mai visto e mai usato. Stessa cosa il punto 3: se non l’avessi spiegato non avrei proprio capito il significato e l’avrei preso per un errore (su un giornale certamente per un refuso).
L’accento su perché da mettere con la combinazione di due dita lo odio. Viva il correttore, ma come si diceva in altri post, forse sarebbe più facile uniformare tutti gli accenti, dato che, a differenza del francese, l’italiano non lega la fonetica alla direzione dell’accento.
Non hai riportato il “qual è”. Personalmente, avevo imparato alle elementari che si usava l’apostrofo, perché “qual” era un troncamento di “quale” e ancora oggi vederlo solo con quello spazio mi crea un senso di acidità. Ma ho preso atto che c’è stata un’inversione di tendenza e quindi chino il capo.
Altro errore comune credo sia il sè stesso, o se’ stesso (versione corretta: se’ oppure se stesso), come pure il sì senza accento (mentre ho visto anche nò con l’accento!).
Grilloz
Mi sa che sul qual è le nostre maestre hanno fatto la stessa scuola
Daniele Imperi
Quando andavo a scuola io ricordo che “qual’è” si scriveva così. Ma ricordo anche che dovevi andare a capo senza apostrofare l’articolo, mentre poi hanno modificato la regola.
Che ci vuole a cambiare accento? Writer non lo fa, ma mi ricordo che Word lo trasformava in automatico.
“Se stesso” è corretto anche con la forma accentata “sé stesso”.
Raffaela Sannino
E lo scrivevano sbagliato! Già…ma certe maestre…ancora non hanno capito che “qual”, da solo, esiste, come esiste “un”, articolo indet: esistendo di per se stessi, non c’è bisogno di apostrofare “quale” e “uno”.
Daniele Imperi
Ciao Raffaela, benvenuta nel blog. “Un” non si apostrofa solo al maschile, però.
Rosario Rinaldis
Ciao. Considero notevole (se non autorevole) il punto di vista della Treccani e dell’Accademia della Crusca che consigliano di accentare “sé stesso”. Non vi appare quanto meno curioso il fatto che non ci sia un altro caso nella lingua italiana in cui un accento sia omesso “perché tanto si capisce”? L’argomento è controverso, sì, e non me ne voglia Leopardi, ma la presenza dell’accento a me sembra più… naturale.
Daniele Imperi
Ciao Rosario, benvenuto nel blog. Passi per il Treccani, ma l’Accademia della Crusca ha perso di credibilità da quando ha accettato alcune forme errate nei verbi, solo perché un certo numero di ignoranti scrive “esci il bambino” e “scendi lo zaino”.
A parte questo, quali esempi puoi fare di accenti non omessi?
Io continuo a non metterlo, perché così m’è stato insegnato e perché il “sé” è accentato pernon confonderlo con la particella.
Rosario Rinaldis
Buon giorno, Daniele. Ti ringrazio per il benvenuto. È un piacere fare la tua conoscenza e quella degli altri “opinionisti”.
Esempi? Cosi e così, si e sì, da e dà, te e tè… sempre differenziati, non è consentita alcuna omissione.
Anch’io non gradisco che la Treccani tolleri che si possa sostituire “polipo” a “polpo”, “lumaca” a “chiocciola” (per fare esempi inconfutabili), ma fa parte del loro lavoro tastare il polso delle abitudini verbali. A me non piace dire “io e te”, perché preferisco esprimermi con “tu ed io” (una volta si diceva “io asino primo”). Qualcuno potrebbe dire che siamo dei nostalgici? o dinosauri incalliti? o perfino sfaticati idiomatici? Credo che sia fondamentale la coerenza del contesto… quindi su questo blog facciamo i “secchioni”.
Daniele Imperi
Su così c’è una differenza di accentazione, che qui va sull’ultima, ma su cosi (plurale di coso) è sulla prima vocale.
Tutti gli altri esempi che fai riguardano parole diverse, non la stessa parola.
ROSARIO RINALDIS
Perdonami, non sono riuscito a spiegarmi. La questione riguarda il “perché tanto si capisce”: anche “se” e “sé” sono parole diverse (e si pronunciano in modo diverso), ma, se in una frase non rischiamo di confonderle (come per esempio accanto a “stesso”), c’è chi omette l’accento, affermandolo come unico caso nella lingua italiana. Se la parola “così” è seguita da un gerundio (“così dicendo”), non può essere confusa da “cosi” (plurale di “coso”), ma l’accento non può essere omesso; se la parola “sé” è seguita da “stesso”, non può essere confusa da “se” (congiunzione), ma l’accento può essere omesso. Se scrivessi “SI E NO” mi diresti che c’è un errore, sì, ma qualcuno potrebbe dire che “tanto si capisce”, come quando si scrive “se stesso”.
Puoi farmi tu un esempio di una parola tronca, diversa da “sé”, alla quale è possibile omettere l’accento senza cambiarne il significato? Ti ringrazio dell’attenzione.
Daniele Imperi
L’accento su così non può essere omesso per il semplice motivo che in italiano, se l’ultima vocale è accentata, allora ci va l’accento: città, omertà, perché, farò, zebù, ecc.
Che c’entrano le parole tronche con sé?
Rosario Rinaldis
Era riferito a una questione generale sull’accento finale.
Domanda specifica:
Puoi farmi tu un esempio di un altro monosillabo accentato, diverso da “sé”, al quale è possibile omettere l’accento senza cambiarne il significato?
Daniele Imperi
Non mi pare ce ne siano. Monosillabi accentati che mi vengono in mente sono: sé, sì, dà, dì, là, lì, né, tè.
Rosario Rinaldis
Grazie della risposta (hai dimenticato soltanto il monosillabo accentato “è”).
Sull’argomento che abbiamo discusso, ho riportato una citazione di Luca Serianni. Ciao.
Rosario Rinaldis
Luca Serianni (Grammatica italiana – Italiano comune e lingua letteraria, Torino, Utet, 1991o’, p. 57) ritiene, per esempio, «Senza reale utilità la regola di non accentare sé quando sia seguito da stesso o medesimo, giacché in questo caso non potrebbe confondersi con la congiunzione: è preferibile non introdurre inutili eccezioni e scrivere sé stesso, sé medesimo. Va osservato, tuttavia, che la grafia se stesso è attualmente preponderante […]».
silvia
Sia.. che.. l’ho erroneamente usato per tanti anni anch’io e suppongo che non mi sia mai stato corretto a scuola, finché la mia relatrice della tesi mi scaraventò una bozza che lo conteneva. Da allora me ne guardo bene.
“Piuttosto che” , come rispondevo a Salvatore, qui al nord sovente è usato in modo scorretto per cui a orecchio non sempre lo sento stonare. Di conseguenza, lo evito come la peste nel timore di sbagliare.
Grilloz
Mi è stato anche detto che “sovente” lo usiamo solo noi piemontesi a me viene spontaneo
monia74
Da Treccani: “La grafia qual’è con l’apostrofo è presente nella letteratura del passato, anche recente” e cita Pinocchio. Come può essere sbagliato Pinocchio..? Bah.
monia74
(Ops, volevo rispondere sopra!)
“piuttosto che”, usato al modo del nord, io lo sento un po’ dialettale, per cui lo evito, appunto, del tutto (dato che nell’altro significato non lo sento mio)
Daniele Imperi
Io sono più recente di Pinocchio e ai miei tempi “qual’è” si scriveva così
silvia
Davvero “sovente” è dialettale? Non lo sapevo. Devo ritornare alle elementari con i miei figli!!
Monia74
Sovente io lo sento come termine molto forbito, più che dialettale. Ma proprio per questo non lo uso molto.
Grilloz
Rispondo qui sul “sovente”: no, non è dialettale, ma noi piemontesi tendiamo ad abusarne, almeno come mi è stato fatto notare da amici romani, io prima non me ne ero accorto
Daniele Imperi
Ma no, sovente si dice pure qui
Daniele Imperi
Non è propriamente un errore “sia… che…”.
Francesco Magnani
Devo ammettere che qualche volta mi è capitato di commettere l’errore n. 13 sia… che…
Però, da quando leggo e scrivo con costanza, ho acquisito più sicurezza, ma mai abbassare la guardia
Daniele Imperi
Vero, mai abbassare la guardia
Io controllo spesso l’uso dei condizionali e altre cose in cui è facile sbagliare.
silvia
Un altro buffo errore che mi è capitato di leggere sui social è “ad hoc” trasformato in “a doc”.
Daniele Imperi
Ma forse si riferivano a un certo Doc, come si sente ogni tanto nei film americani
Chiara
Mi sono ricollegata per vedere se avevi risposto al commento, e mi sono venute in mente due cose: mia sorella da piccola diceva “più meglio”…terribile! Però qui da noi si usa dire “alla meno peggio”, per indicare qualcosa fatta al meglio delle proprie possibilità, ma comunque male.
I congiuntivi della serie “dasse” o “venghi” mi ricordano tanto il rag. Fantozzi…
Daniele Imperi
Anche qui si dice “alla meno peggio”.
A Roma di quei congiuntivi ne trovi quanti ne vuoi
Ulisse Di Bartolomei
“Sovente” non mi sembra dialettale. Perlomeno dal Lazio in sù si usa regolarmente. Certo… non lo usano i contadini da quinta elementare! Si tratta pur sempre di vocaboli per un eloquio decente.
Daniele Imperi
Ulisse, hai fatto un errore!
Sovente non è dialettale, infatti, e concordo che non lo usi un contadino. Mio padre recitava sempre il modo di dire:
“Chi troppo in alto va cade sovente
precipitevolissimevolmente”
Ulisse Di Bartolomei
Perché avrei fatto un errore? Ho opinato che “sovente” fosse dialettale, confermandone l’uso nella lingua ufficiale. Rispondevo ai rilievi di Grilloz sui “sovente” piemontesi.
Daniele Imperi
Hai scritto sù
Ulisse Di Bartolomei
Però il sù avverbiale, mi sembra che sia corretto. “Dai sù, cominciamo…” diverso dal “dai saliamo su, che il pranzo è pronto”…
melina paolillo
Perché 4 puntini, sono tre ,altro errore frequente sui social !
Daniele Imperi
Ciao Melina, benvenuta nel blog. Dei puntini di sospensione ho parlato in un altro articolo.
la mori
Ho salvato il tuo post: può sempre servire! In alcuni errori ci casco: il daccordo ad esempio mi scappa soprattutto quando scrivo di fretta, senza controllare; né è un altro errore, sia… che è un modo di dire/scrivere che uso. A proposito di a fianco mi viene in mente una cosa curiosa: per anni, da bresciana, ho pensato che dire in parte fosse italiano. Per esempio: “Ho lasciato le chiavi sul tavolino, in parte al telefono.”. In una delle mie prime vacanze da ragazzina, facendo amicizia con ragazzini e ragazzine provenienti da regioni diverse, ho scoperto che era una sorta di italianizzazione del nostro dialetto. Si usa soprattutto nel parlato ma che io ricordi nessuno ci ha mai ripreso, né come classe né come singoli, su questo modo sbagliato di esprimersi.
Daniele Imperi
Grazie
Mai sentito “in parte a”…, ma non credo sia corretto.
la mori
No infatti non lo è. E’ un modo di parlare locale, ma non l’ho saputo finchè non mi sono confrontata con degli “stranieri”.
Stefania
“In parte a” lo usiamo noi bergamaschi al posto di “di fianco a”.
Credo che sia talmente utilizzato che nemmeno gli insegnanti (bergamaschi) lo correggano ai loro alunni.
Io me ne sono resa conto solo quando mi sono trasferita in Piemonte. Ogni zona geografica ha le sue mostruosità che, per chi viene da fuori, sono come scimmie urlatrici vicino alle orecchie.
Qui nella zona infatti le persone dicono:
🔹ho bisogno il cellulare
🔹ritira la macchina nel garage
🔹vai là dove il negozio
🔹sto cercando un falegname onesto (come sinonimo di economico).
Grazie per il post. L’ho trovato cercando se si può dire c’è pieno di gente. Credo proprio di no e sarà dura rifasare nuovamente il cervello.
Daniele Imperi
Ciao Stefania, benvenuta nel blog. Se davvero gli insegnanti non lo correggono, sbagliano. I dialettismi vanno corretti.
“Onesto” nel senso di economico l’avevo sentito. Comprai dei fumetti anni fa a una fiera e il venditore, dopo avermi detto il costo, aggiunse “prezzo onesto”
Ho sentito anche usare “rimanere” nella forma transitiva, che non esiste: “Ho rimasto il cellulare a casa”.
Cristina
A volte faccio confusione sul punto 4, cioè non so bene quale ausiliare usare con il verbo servile. Quindi grazie per il ripasso!
Al tuo impareggiabile elenco aggiungerei senz’altro pò con l’accento e non con l’apostrofo. Lo vedo ovunque. Anche l’apostrofo là dove non deve esserci: quindi spesso leggo un’euro, un’oste ecc. E qual’è, che invece non deve avere l’apostrofo, come già detto sopra in un altro commento.
C’è anche “a me mi”, ricordo che a volte lo dicevo da piccola…
Daniele Imperi
Gli ausiliari in quel caso sono terribili, ogni volta io controllo se ho scritto giusto.
“A me mi” lo uso sempre nel parlato
Cristina
Mi è venuto in mente ora anche “a gratis” che è sbagliata. Dovrebbe essere solo “gratis”.
Daniele Imperi
Sì, è sbagliato, perché gratis è un avverbio latino
Marco Lovisolo
Un tipico errore grammaticale che deriva dal dialetto piemontese è “solo più”. Da noi si dice (sbagliando, ovviamente): “Mi rimane solo più questo” in luogo di “mi rimane solo questo”. In piemontese infatti si usa dire “mac pi” (Grilloz lo sa).
Altro errore tipico è l’uso del verbo “patire” riferito alla macchina. Se stai male mentre qualcuno guida, si dice: “Patisco”. (anche questo Grilloz lo saprà). Prova a dirlo a un romano che “patisci la macchina”.
Grilloz
Nooo :O davvero “sopo più” è sbagliato? E adesso come faccio?
Anch’io da bambino pativo la macchina
Marco Lovisolo
Eh lo so, grilloz! Sono rivelazioni che lasciano il segno, come quando scopri che Babbo Natale non esiste.
Grilloz
Già, ma comincio ad avere una certa età, mica posso tornare a scuola
Daniele Imperi
Da me non ho mai sentito queste espressioni. Ma sono appunto locali.
Maria Concetta Manzi
Come sempre spunti interessanti, complimenti! L’ausiliare dei verbi servili e il punto 13 sono due delle cose che mi mettono talvolta in difficoltà. Ricordo ancora la lezione della mia cara maestra elementare sull’uso della d eufonica. Oggi è scomparsa, tranne che per alcuni casi, ma io non riesco a farmene una ragione! La utilizzo sempre e puntualmente il correttore grammaticale del programma di scrittura, mi segnala l’errore. Sarà un mio difetto, ma la cacofonia di certe costruzioni in cui manca, distrae la mia attenzione da quello che sto leggendo.
Daniele Imperi
Grazie
Il correttore ti segnala come errore la d eufonica? Che programma usi?
sallybrown
bé, sulla d eufonica ci sarebbe molto da dire. le nuove tendenze ne limitano l’uso a pochi casi che non riesco ancora a memorizzare .Anch’io però ho iniziato a ridurne l’utilizzo, ma non riesco a fare a meno di scrivere “ad esempio”, mentre posso accettare “e inoltre”. Resta controversa tra i non addetti ai lavori l’uso dell’eufonica davanti all’acca, questione di cui mi pare ci siamo già occupati.
monia74
Anche a me viene spontanea la d eufonica. A volte sta proprio meglio, secondo me
Angelo F
Ottima lista, Daniele.
Aggiungo che la scelta fra “ho dovuto partire /sono dovuto partire” non è completamente indifferente: nel primo caso si dà enfasi al “dovere”, nel secondo si pone l’accento sul “partire”.
Ciao
Angelo
PS la sigla di Ryu me la ricordo pure io
Daniele Imperi
Grazie
Vero, l’enfasi è diversa nei due casi.
rossella
Al punto 5, visto che l’articolo parla di errori grammaticali ed esattezze linguistiche, “che è sta roba?”: è consigliabile anteporre all’aggettivo dimostrativo STA l’apostrofo (“che è ‘sta roba?”) trattandosi di aferesi di “questa”.
Daniele Imperi
Ciao Rossella, benvenuta nel blog. Sia il Treccani sia la Crusca mettono corretta la forma senza apostrofo, perché non confondibile con la forma verbale “sta”.
Ulisse Di Bartolomei
Salve Daniele
Concordo con Maria Concetta Manzi! Cerco di evitare le cacofonie in quanto nella lettura agiscono come catalizzatori di attenzione, distraenti. Anche la mente proferisce… Le d eufoniche dunque le tengo soltanto per quei casi di vocali simili o diverse, ma sittando ineleganti da imporre una pausa nella lettura, seppur brevissima. Purtroppo anche io sto ancora lottando con le abitudini, le mettevo dappertutto, mi viene di scriverle automaticamente e poi le devo cercare per toglierle.
SHADE
Io sono caduta spesso nell’errore al punto 7. “Allo stato” non credo di averlo mai usarlo, anche perché non lo trovo bellissimo, ma forse si potrebbe anche accettare come forma breve (?)… “Piuttosto che” piuttosto che ovvero (scusa il gioco di parole :-D) mi fa venire l’orticaria. Un’altra cosa che sento dire ultimamente, e non sopporto, sono frasi del tipo: “Tizio è uno dei pochi che sa fare…”.
Daniele Imperi
Il punto 7 è facile da sbagliare.
Nella frase che citi però non trovo l’errore :/
Shade
Ciao Daniele
in effetti, credo di commetterne anche altri di errori, specie nel parlato. “Sia… che” lo uso spesso, nonostante a scuola abbia avuto un professore che lo considerava errore blu (ma era un tipo fissato, si arrabbiava anche se pronunciavamo le e aperte anziché chiuse – e viceversa – all’interno delle parole :-)). In generale, comunque, sono abbastanza nazi anch’io sulla grammatica. Riguardo la frase “Tizio è uno dei pochi che sa…” adesso le mie certezze cominciano a vacillare! XD Ma credo che il “che” sia retto da “pochi” e quindi debba concordarsi al plurale – “Tizio è uno dei pochi che sanno fare, dire etc.”. In alternativa si potrebbe forse dire: “Tizio è uno che sa fare, fra i pochi, etc.”; ma non so, non mi suona molto…
Davvero la tua insegnante di greco diceva “molto più migliore”? Spero sia stato un lapsus occasionale!
Daniele Imperi
Ora ho capito che intendevi
Va al plurale, hai ragione. Uno dei pochi che sanno fare è Tizio: basta cambiare l’ordine e tutto torna.
Sulla mia insegnante di greco non credo fosse un lapsus…
Shade
Esatto, l’hai spiegato bene. Se si capovolge mentalmente la frase, diventa difficile sbagliare.
Rileggendo i commenti, ho scoperto con sorpresa che fino a non molto tempo fa “qual’è” era corretto! :-O Invece, mi ricordo anch’io il “passaggio” dal divieto al permesso di andare a capo dopo l’apostrofo. Un’altra abitudine diffusa che ho sempre considerato errata (ma adesso non sono più tanto sicura, perciò chiedo lumi) è dire frasi come: “Con il mio amico Marco siamo andati in vacanza a Katmandu”, nel senso di “Io e il mio amico Marco siamo andati in vacanza a Katmandu”. Secondo me, “con” introduce il complemento di unione/compagnia, non un secondo soggetto, quindi il verbo dovrebbe andare al singolare.
Speriamo che la professoressa si sia ravveduta nel frattempo!
Lisa Agosti
Ottimo ripasso, per fortuna stavolta avrei passato a pieni voti!
Scherzo…
Sull’ultima regola potrei chiudere un occhio: l’uso delle maiuscole è una tecnica di marketing studiata per attirare l’attenzione del lettore.
Daniele Imperi
Grazie.
Sì, è una tecnica di marketing, ma anche il marketing dovrebbe seguire la grammatica
Ryo
Le maiuscole messe alla CDC sono davvero insopportabili!
Daniele Imperi
Io faccio più fatica a leggere quelle frasi…
giovanni
Vivo tra due lingue: l’italiano e il francese, essendo mia moglie e mio figlio francesi.
La vitalità della lingua francese è praticamente inarrestabile, non incontra già le insofferenze di mia moglie ma ovviamente degli insegnanti. Il motivo è da ricondurre alla società sempre più multietnica francese, e la commistione di libgue e tradizioni pare pare essere una delle barriere più importante delle ghetizzazioni e dell’isolamento di individui dalla socialità “ufficiale” francese.
Mio figlio usa un francese che comincia a essere incomprensibile a me, un misto di abbreviazioni, verlen, costrutti maghrebino-francesi mentre parla e scrive in maniera diversa a scuola per compiacere gli insegnanti.
Questi ultimi cominciano ad ammettere alcune forme che un tempo erano da scongiurare, perchè si rendono conto che l’insegnamento passa attraverso un punto di incontro.
Gli italiani che viivono in Francia, alla barba del continuo cambiamento di alcune espressioni francesi, dopo un pò si dimenticano dell’italiano. E’ la vittoria della corruzione della purezza di una lingua. Si badi bene, mio figlio non frequenta banlieues di disperazione e emariginazione, ma il centro della città. Nel socializzare è importante conoscere queste forme nuove, lo slang, come facente parte di una lingua viva e autentica, che cambia.
Per quento mi riguarda, quando voglio caratterizzare il narratore come personaggio proprio del racconto (o romanzo) lo imbevo di espressioni “da strada” affinchè già senza una sua descrizione appaia chi è dalle sue parole. Se si eccettua Houellebecq e forse Foster Wallace e De Lillo, altri, come pahlanciuk adottano delle forme dubbie (che vengono tradotte come se si stesse taducendo Kerouac). L’effetto non è spiacevole, testimonia una specie di deriva delle identità in un entropia linguistica fisiologica.
Io faccio il tifo per un italiano vivente, pulsante, che cambia, impuro, ma che comunichi e non crei barriere di caste culturali attraverso cagnolini da salotto. Per me scivere vuol dire innanzitutto comunicare, non già insegnare, e a meno che non mi occupi di un saggio di fisica,
comprensibile arraverso le equazioni e i simboli, assumo gli errori come materia umana di chi scrive e mi sento a mio agio davanti a un film i protagonisti non si attengono a un parlato scevro da errori, non riuscirei a calarmi nel film. Parere personale.
Daniele Imperi
Sbagliano, secondo me. È come se qui dovessimo accettare parole di lingue extraeuropee per via degli stranieri che ci abitano: no, imparino loro la nostra lingua. Non possiamo permettere che una lingua venga contaminata da altre.
Un conto è una parola introdotta nell’arco di un secolo e un altro è trovarsi pieni di parole incomprensibili nel giro di qualche anno.
giovanni
* commistione di ligue e tradizioni pare essere una delle anti-barriere delle ghetizzazioni più importanti
Il resto degli errori e di battitura e comprensibili
giovanni
l resto degli errori di battitura è comprensibile, dislessia?
Romina Tamerici
Confesso di avere qualche problema occasionale con il punto 4. Per il resto mi sembra di cavarmela (anzi, sono quasi tutti temi di cui ho parlato anch’io nel mio blog!).
Daniele Imperi
Il 4 per me è sempre da controllare
giuse
Premette che faccio il grafico designer e mi occupo soprattutto di cataloghi!
Detto questo, ti faccio ridere sul punto 15 da te elencato!
Catalogo di rubinetti made in Italy… molto belli per carità, ma i testi che mi arrivarono furono assurdi.
Li inserì, ma corressi 1 paragrafo su 3, perché? Semplice, ogni singola parola aveva l’iniziale maiuscola!
Lo inviai e mi ritornò indietro: volevano rimettere tutte le maiuscole tolte. Spiegai con molta pazienza, che quello era un errore di Italiano, ma loro non ne vollero sapere!
Cliente: non mi interessa! In questo modo si dà più enfasi alla storia della mia azienda…
Tira tu le somme
Daniele Imperi
L’ignoranza di certi clienti è assurda. L’enfasi non la danno le maiuscole. Contenti loro…
giuse
Ti giuro, dopo giorni di tira e molla… rispondi: hai ragione non ci avevo mai pensato… con un sorriso talmente falso da far inorridire lo stregatto!
Ilaria
Scusami, alla quinta riga volevi dire “li inserii” immagino.
Agata Robles
Ciao Daniele, leggendo il tuo post mi sono resa conto che ogni tanto, una rinfrescatina alla grammatica non fa male, pur ritenendomi tra quelli che hanno alle spalle un ottimo corso elementare negli anni 60. Personalmente credo che a forza di leggere forme sbagliate alla fine dei dubbi possano anche venire, e addirittura alcune di quelle formule a forza di vederle e leggere in qualche modo filtrano nella nostra scrittura. Ad ogni modo preferisco “di gran lunga migliore” formula brevettata che mi salva il c***. Un post che vivamente mi aspetto adesso è quello sugli accenti di parole come circuito e regimi: ne sento di meravigliose dai cronisti sportivi e sono convinta di avere ragione io. Se così fosse assisteremmo ad un fenomeno pernicioso di persistenza del contenitore pur avendo perso di senso il contenuto: quell’ “l’hanno detto in televisione” rimane tatuato nell’immaginario collettivo come le tavole di Mosè. /.)
Daniele Imperi
Non ho capito che vuoi dire sugli accenti di circuito e regimi. Nel primo caso si dice circùito per indicare un percorso e circuìto come passato di circuire. Ma regìmi vuole l’accento sulla prima i.
Riguardo a Hanoi, credo non ci voglia la d eufonica per l’acca è aspirata, giusto?
Agata Robles
a proposito….ti ho raccontato di quel revisore che mi ha chiesto di correggere a Hanoi scrivendo ad Hanoi?
Marco
Al punto 15 lei dice che la maiuscola va utilizzata quando si scrivono i nomi dei popoli. A me non risulta. In teoria vanno in minuscolo TRANNE (quando odio le stupide eccezioni della lingua italiana) quando si indica un popolo antico.
– Gli inglesi hanno scelto la Brexit.
– I Romani conquistarono mezzo mondo conosciuto.
Le risulta?
Daniele Imperi
Ciao Marco, benvenuto nel blog.
Per popoli intendevo proprio quelli antichi. Quindi i Romani, i Babilonesi, i Fenici, ecc.
Silvia
Ciao, vorrei sapere: si dice “ha piovuto” o “è piovuto?” Grazie. Ciao
Daniele Imperi
Ciao Silvia, benvenuta nel blog. Il verbo può avere sia essere sia avere come ausiliario.
cristiano
Non so se avete già affrontato il tema dell’errore insopportabile ormai diffusissimo di non accompagnare i verbi “bisognare, necessitare…” con la preposizione “di”.
“Ho bisogno il libro”.
Daniele Imperi
Ciao Cristiano, benvenuto nel blog. Non ho scritto un articolo su quell’errore, che vedo anche io ogni tanto. Lo segno, comunque, magari scriverò un articolo su nuovi errori grammaticali che si trovano in giro. Grazie della segnalazione.
cristiano
Grazie Daniele, un altro contributo.
Sto notando ultimamente che molte persone non conoscono bene l’imperfetto.
Con riferimento alla prima persona plurale, sento spesso accompagnare la radice del verbo con una desinenza sbagliata specie per quelli di seconda coniugazione, ossia pronunciare erroneamente “vedAvamo, prenAvamo, credAvamo…”. Ma perché???
La cosa brutta è che a volte sono anche persone di un certo spessore a fare questi errori, se non addirittura pubblicità in radio.
agata robles
ah…..le vecchie scuole elementari!!!
Carmen
Ciao,domanda… si può dire “sono indigesta”?Intendo dire se questo aggettivo si può usare in modo riflessivo e non solo riferito a cose o oggetti.
Grazie mille,attendo risposta
Carmen
Daniele Imperi
Ciao Carmen, benvenuta nel blog. Se intendi in senso figurativo, come persona insopportabile, allora sì. “Sono indigesta” significa “Sono insopportabile”.
antonio
Ai miei alunni insegno, fin dai primi giorni di scuola, la seguente filastrocca:
Fu, tre, re,
me, no, so,
va, sta, fa,
vo, sto, fo,
io mai accenterò
… e funziona!
Daniele Imperi
Ciao Antonio, benvenuto nel blog. Complimenti per la filastrocca, hai trovato un buon metodo per far evitare errori.
Sandra
Ciao a tutti e i miei complimenti Daniele.Bentrovato è sempre affascinante confrontarsi su determinati errori comuni. Volevo farti presente che nella regione in cui abito, Emilia Romagna , molto spesso mi trovo a correggere mie colleghe che o nel parlato o nello scritto si esprimono con “ho rimasto” che odio profondamente.
Sandra
Mancano una o due virgole nel mio intervento, perdonami !
Daniele Imperi
Ciao Sandra, benvenuta nel blog.
“Ho rimasto” l’ho sentito anche io, da una mia amica, ma è sbagliato.
Piero Tramonte
È corretto dire “cara… non ti permettere a far passare i salentini per un popolo violento” o sarebbe più corretto “…di far passare…”
Daniele Imperi
Ciao Piero, benvenuto nel blog. Meglio scrivere “non ti permettere di far passare”.
Piero Tramonte
Grazie, ne ero convinto
Roberta
Ciao Daniele,
ah se fossi stato tu il mio insegnate di lettere!
Complimenti anche per la citazione di Ryu.
Daniele Imperi
Ciao Roberta, benvenuta nel blog. Ti ha insegnato poco il tuo insegnate di lettere?
Roberta
Grazie Daniele, le regole grammaticali sono quelle e da lì non si scappa. La differenza per me sta nel metodo. Una cosa è spiegarle un’altra è far capire a cosa servono permettendoci di “usare” la lingua per raggiungere i nostri obiettivi.
Maria Stefania Politi
Una mia collega insegnante in un verbale ha scritto: -Gli alunni sono socializzati. – secondo me è sbagliato . Reputo corretta invece la forma:- Hanno socializzato- perché l’uso del verbo essere rende il verbo socializzare di forma passiva e il processo di socializzazione presuppone per sua stessa natura prevede una forma attiva e quindi l’ausiliare avere.
Grilloz
Dipende da cosa voleva dire la collega, ma, se come immagino, intendesse dire che hanno fatto amicizia tra loro allora sì, è sbagliato, perchè in quel caso il verbo socializzare è intransitivo e vuole l’ausiliare avere
http://www.treccani.it/vocabolario/socializzare/
Daniele Imperi
Altrimenti potrebbe significare che la scuola li ha fatti socializzare con la forza
Grilloz
Sì, tipo beh, metti ad esempio che si trattasse di una scuola in un carcere e che uno degli scopi fosse proprio il reinserimento sociale, ma anche in quel caso avrei visto meglio un sono stati socializzati
Daniele Imperi
“Sono stati socializzati” rende meglio, in quel caso, però non lo vedo tanto corretto, un detenuto può reinserirsi ma restare asociale (tipo il sottoscritto)
Grilloz
Sì, certo, in quel caso l’insegnante avrebbe dovuto spiegare diversamente
Però siccome le nostre ipotesi mi paiono decisamente poco probabili punterei sull’errore (probabilmente retaggio dialettale)
Kukuviza
A meno che non fosse un modo per dire che gli alunni fanno un uso smodato dei social.
Daniele Imperi
In quel caso scriverei “sono socialpatici”
Daniele Imperi
Ciao Maria Stefania, benvenuta nel blog. Sì, è corretto dire “Hanno socializzato”.
Giuseppe
Ciao,
secondo la Treccani la forma “eddai” è ammessa. Si tratta di un fenomeno di “univerbazione” con raddoppiamento della consonante iniziale della seconda parola (così come avviene, ad esempio, in “soprattutto”).
Daniele Imperi
Ciao Giuseppe, benvenuto nel blog. A quanto ho visto ne parla solo la Treccani, e non l’Accademia della crusca. Per me continua a essere un errore.
Kukuviza
‘Eddai’ mi sembra una espressione molto colloquiale, non mi ero mai posta il problema della grafia, a dire il vero. Però credo di pronunciarlo con due ‘d’. Tu Daniele, come lo pronunci?
Daniele Imperi
Io lo pronuncio con una “d”, credo, a meno che non lo dica a voce alta per incitare e allora interviene il romanaccio che distrugge la lingua italiana e lo pronuncio con 2 “d”.
O, peggio, lo fa diventare “eeddaaje”
Kukuviza
Hahahah, mi sa che il numero di “d” aumenta esponenzialmente con il grado di esasperazione (o di incitamento) del parlante!
von Moltke
«Dai, Danie’, ma chi è che dice “molto più migliore”?»
“La mia professoressa di greco al terzo liceo classico.”
Ecco perché nutro un sommo disprezzo per la scuola italiana. Perché mette degli inetti ad insegnare a degli ignoranti (nel senso che ancora ignorano, e, in questo modo, andranno solo di male in peggio).
Ho trovato la maggior parte di questi errori incredibili, in un libro stampato. Purtroppo, il dilagare di questo tipo di scrittura “veloce” (che poi è solo sgrammaticata, o asinina, per citare anch’io dai vecchi ricordi scolastici) su internet, rende verosimile il loro sdoganamento altrove. A parte quel “che/ché”, a cui non ho mai fatto caso io stesso, e “piuttosto che”, usato a quel modo anche da professori universitari (e quanto gliel’avrei voluto far ingoiare, piuttosto che sorbirmelo in quella veste impropria), mi paiono tutte delle oscenità da chiacchiera di borgata. Ma al peggio non c’è mai limite, l’esperienza mi insegna.
Daniele Imperi
Di castronerie a opera di miei insegnanti sapessi quante ne ho viste. Purtroppo a quel tempo non c’erano i blog per sfogarsi
Cromiagan
Buongiorno e complimenti per il blog.
Io leggo spesso sui social:
– pultroppo
– avvolte
Daniele Imperi
Ciao Cromiagan e benvenuto nel blog. “Pultroppo” non m’è mai capitato di trovarlo, mentre “avvolte” è un po’ come trovare “l’ho messo apposto”…
Anna Maria
Sto per compiere 67 anni e ricordo nitidamente che la mia maestra, in quinta elementare, forse, un giorno ci disse che era cambiata una regola, cioè qual’ è si doveva scrivere qual è.
Ce lo disse con una certa enfasi tanto che a me sembrò una cosa molto importante da non dimenticare. Da allora scrivo sempre qual è.
Non so se gli accenti che ho usato sono corretti, perché, ancora oggi, per me non c’è differenza tra l’accento acuto e quello grave, neanche li distinguo. Come posso colmare questa mia lacuna? Grazie.
Daniele Imperi
Ciao Anna Maria, benvenuta nel blog. Gli accenti che hai scritto sono tutti corretti.
L’accento grave, come in “è”, si usa quando la “e” è aperta. L’accento acuto, come in “perché”, quando la “e” è chiusa.
Irene
Hai scritto “L’accento grave, come in “è”, si usa quando la “e” è aperta. L’accento acuto, come in “perché”, quando la “e” è chiusa.”
Sì, certo, per noi del centro Italia è ovvio, però quelli del nord, specialmente i milanesi, pronunciano queste vocali in maniera diversa (quasi sempre al contrario di quel che sarebbe il “normale”), quindi per loro la pronuncia non è una guida attendibile.
Proprio ieri ascoltavo su YouTube un monologo della peraltro bravissima Teresa Mannino (che è siciliana, però vive a Milano e parla milanese), e diceva sempre “perchè”, pronunciando la E aperta.
Quindi quei poveracci come si fanno a regolare per lo scritto senza cambiare anche il modo in cui parlano? (Non sarebbe una brutta cosa, però non succederà)
Daniele Imperi
Ciao Irene, benvenuta nel blog. Anche al sud pronunciano male gli accenti. Quei poveracci dovrebbero andare a scuola di dizione
Daniela Vighesso
Buongiorno.Ho scritto il mio secondo libro e ho iniziato la correzione dei refusi e delle sviste. C’è una frase che Word mi dà sbagliata sia al singolare:
“Per salvare il collo, l’anima e il suo amore nascente le sarebbe servita tutta la sua astuzia, la sua intelligenza e la sua pazienza” sia al plurale:
“Per salvare il collo, l’anima e il suo amore nascente le sarebbero servite tutta la sua astuzia, la sua intelligenza e la sua pazienza”. E’ possibile che entrambe le forme siano errate?
Daniele Imperi
È corretta la seconda.
Chiaretta
Nell’articolo c’è un errore. “Fa” si scrive con l’apostrofo in caso sia la seconda persona singolare del modo imperativo del verbo fare. Inoltre non riesco a sopportare un errore entrato ormai nell’uso comune, anche da parte di gente “colta”: “mia mamma-mio papà” invece di “la mia mamma-il mio papà-mia madre-mio padre”. Voi cosa ne pensate? Un saluto a tutti 😊
Daniele Imperi
Ciao Chiaretta, benvenuta nel blog. Dove si trova questo errore? Nel mio post parlo di accento su “fa”, non di apostrofo.
Non so se sia sbagliato dire “mia mamma”.
Fabrizio
Buona guida ma eddai è corretto, lo approva anche il dizionario Treccani
http://www.treccani.it/enciclopedia/da-o-da-da_(La-grammatica-italiana)/
Daniele Imperi
Ciao Fabrizio, benvenuto nel blog. Ho visto, ma a me continua a non piacermi quella forma.
Cri64
Buongiorno Daniele, il tuo blog è utilissimo. Oggigiorno la lingua italiana viene veramente maltrattata. Un piccolo appunto: ti è sfuggito “a me continua a non piacerMI”. Sarebbe corretto dire “a me continua a non piacere”. Diversamente ripeti il complemento di termine ,e incorri nell’errore di “a me mi”. Dico bene?
Daniele Imperi
Ciao, benvenuto (o benvenuta?) nel blog. Nell’articolo non trovi “a me mi”, mentre invece nei commenti qualche volta scrivo usando il mio dialetto.
Luis
Buongiorno,prima considera “molto migliore ” sbagliato e poi afferma che è giusto.Parla di forme grammaticali corrette che al suo udito suonano cacofoniche.
Il sedicesimo errore è il titolo di questo articolo.
Daniele Imperi
Buongiorno, se avesse letto bene l’articolo, avrebbe capito che considero sbagliato “molto migliore”, ma corretto “molto più buono”. Il sedicesimo errore, quindi, è questo suo commento inutile.
Claudio
Buongiorno.
L’ espressione corretta è:
“Prima che qualche professoressa mi corregge”
Oppur
“Prima che qualche professoressa mi corregga”
Ringrazio anticipatamente ed attendo risposta.
Daniele Imperi
Buongiorno Claudio, benvenuto nel blog. Ci vuole il congiuntivo, quindi: “Prima che qualche professoressa mi corregga”.
Lisa
La frase “qualcosa mi dice che tu non abbia capito” è grammaticalmente corretta?
Daniele Imperi
Ciao Lisa, benvenuta nel blog. Sì, è corretta, perché quel “qualcosa mi dice che” significa “penso”, “credo”, quindi non sei sicura che la persona abbia capito.
Virginia
E’ corretta la forma “C’è pieno di gente che pensa…”
Daniele Imperi
Ciao Virginia, benvenuta nel blog. La forma “C’è pieno di” mi sembra dialettale. È più corretto scrivere “È pieno di gente che pensa”.
marina
Per favore , correggi i miei errori . Prima non li facevo , ora , a forza di controllare , mi sono confusa .
Si può dire : dentro il quale ( dentro al quale )
dentro una capiente pentola ( dentro ad una capiente pentola )
dietro ad una statua ( dietro una statua )
Davanti la fontana o davanti alla fontana ?
davanti l’ingresso o davanti all’ingresso ?
Ti ringrazio anticipatamente . Posso scriverti quando ho un problema ?
Daniele Imperi
Ciao Marina, benvenuta nel blog. Intanto hai sbagliato tutta la punteggiatura
Lo spazio non va messo prima della punteggiatura e neanche all’interno delle parentesi.
Riguardo a dentro, dietro e davanti, in quel caso fungono da preposizioni e possono essere accompagnate o meno dalla preposizione “a”. Quindi le frasi sono tutte corrette.
marina
Ho un dubbio , mi puoi aiutare ? Grazie in anticipo . Una frase non mi sembra corretta .
Quella sera, pure se le lancette dell’orologio erano andate molto avanti, il chiarore del giorno tardava ad andar via…
Daniele Imperi
La frase (a partire da “quella sera”) mi sembra corretta, ma quella prima no: come ti avevo fatto notare, la punteggiatura è tutta sbagliata.
marina
…L’oste , invece , gli era sembrato diverso , quasi trovatosi lì per sbaglio ! Erano passati pochi minuti e lo aveva visto arrivare . Gli aveva posato sul tavolo una brocca , un bicchiere e il cestino col pane , poi lo aveva visto andar via per un momento e ritornare con un grande piatto ovale , di metallo , pieno di cibo : olive , peperoni arrostiti gialli e rossi , salame , pezzi di formaggio di vario tipo , sarde sotto sale , piccole salsicce fritte , uova sode . Tutto era stato disposto ad arte , seguendo un ordine ben preciso di forme e di colori . Al centro , col suo profumo inconfondibile , la caponata di melanzane . Gerardo , pur abituato alle migliori tavole , aveva saputo riconoscere , in quel momento , la genuinità di quei prodotti tipici del luogo e , senza aspettare un minuto di più , aveva cominciato a mangiare con grande appetito . Il pane , tagliato a fette , accompagnava il gusto piccante e salato di quel cibo . Cotto in un forno a legna , presentava una crosta croccante e profumata all’esterno , una mollica soffice ed asciutta all’interno . Il vino , fresco al punto giusto , soddisfaceva il palato senza lasciare retrogusto amaro e senza alterare il sapore di quei bocconi . Anzi ! Era gradevole e puliva la bocca , facendo così assaporare ancora di più ogni singolo alimento . La prima brocca era stata svuotata velocemente , riempiendo più volte il bicchiere fino all’orlo , perché la sete si era fatta sentire prepotentemente …
Aspetto , cortesemente , un tuo parere . Per me importante .
Daniele Imperi
Un parere su cosa? Devi risolvere il problema della punteggiatura.
Marina
Anzitutto desidero augurarti buona domenica.
Ti ringrazio poi per le risposte che mi dai. Va bene, starò attenta alla punteggiatura.
Ti chiedo, cortesemente, di valutare quel breve periodo di un mio racconto. So che è troppo poco, ma forse può bastare per darmi un consiglio.
Mi dici se è una porcheria? Grazie.
Daniele Imperi
Ciao, mandami il pezzo per email, qui è fuori argomento l’opinione sul brano, se non è per una questione grammaticale.
Anna Maria
Questa volta ho letto tutto con piacere, mi metto alla prova, la nostra bella lingua va rinfrescata di tanto in tanto, per non essere storditi dagli errori altrui. Grazie Daniele per il tuo blog molto interessante e utile. Lo giro al marito che sta su un altro pc.
Segui anche i testi degli scrittori?
Un saluto, ti ringrazio
Daniele Imperi
Ciao Anna Maria, benvenuta nel blog. In che senso seguo i testi degli scrittori?
Anna Maria
Ciao Daniele, nelle risposte leggo dei racconti che ti inviano, per un parere o modificare?
Buon martedì, ritornerò
Edis
Cosa è corretto: Del Piero / del Piero, Di Napoli / di Napoli, Di Maio / di Maio? Grazie in avanti. Saluti dalla Bosnia ed Erzegovina.
(via Google Translate)
Daniele Imperi
Ciao Edis, benvenuto nel blog.
Quei 3 cognomi vanno scritti così: Del Piero, Di Napoli, Di Maio.
Carmela
Avrei da chiederle due quesiti:
1- La frase “Un grazie speciale alla fu compagnia teatrale del mio paese”, è corretta, secondo lei? E qual è, in questo caso, la funzione di “fu”?
2- Quando la “e” congiunzione si trova dinanzi ad una parola che inizia per vocale è più corretto usare “ed” oppure lasciare “e”?
Daniele Imperi
Ciao Carmela, benvenuta nel blog.
1- Il “fu” finora l’ho sempre visto associato a una persona morta. E infatti significa “persona defunta”, quindi non può essere usato per una compagnia teatrale.
2- Non è errore usare le “d” eufoniche, ma oggi si tende a non usarle. Per me dipende dall’accento della “e” che segue. Per esempio: “e Elena”, accenti diversi, quindi nessun problema; “e Eleonora”, stesso accento, quindi meglio “ed Eleonora”.
Massimo Esse
Io credo che “molto meglio”, “molto migliore”, “molto peggio”, “molto peggiore” siano forme corrette, per le ragioni spiegate dall’Accademia della Crusca e dal vocabolario Treccani, e neppure cacofoniche.
Da profano, dico, infatti, che la cacofonia mi sembra evitata dalla presenza della “t” all’interno di “molto”, mentre non riesco proprio ad individuare quale sia, in queste espressioni, la sequenza di suoni che risulterebbe sgradevole…
Ma infine davvero non ho capito il pensiero di “penna blu”.
Prima afferma che ritiene “molto migliore” molto maggiore” espressioni sbagliate, cioè non corrette.
Poi sembra ammetterne la correttezza, ma le definisce cacofoniche senza indicare quali siano i suoni sgradevoli in tali espressioni.
Urge chiarimento…
(Io confesso che le uso entrambe, senza eccessive preoccupazioni, nella lingua parlata; un po’ meno nella lingua scritta)
Massimo Esse -BN
Daniele Imperi
Che c’entra la cacofonia con la “t” in molto?
Se a te quei suoni non sembrano sgradevoli, a me sì.
Il pensiero, poi, è spiegato chiaramente, non capisco cosa ci sia di incomprensibile in ciò che ho scritto.
Massimo Esse
Gentile Daniele,
se siamo nel campo dei gusti personali, non c’è molto da discutere…
Io avevo creduto, ingannato dalla parola “cacofonico”, che si potesse far riferimento, quanto meno in “molto meglio” o “molto maggiore”, alla sequenza di suoni “mol- me-“, “mol- ma-“, alquanto simili, che sono all’inizio delle parole delle locuzioni; e che si ritenesse sgradevole, cacofonico, appunto, pronunciare tali suoni… E avevo provato – ripeto, da profano – a confutare tale eventuale impressione evidenziando che la presenza del suono della “t”, che segue “mol-” scongiura, mi sembra, tale possibilità di suono sgradevole …
Ma prima avevo provato a rintracciare in tali espressioni altre sequenze di suoni potenzialmente sgradevoli, senza riuscire a trovarle o a farmele indicare da amici e conoscenti (che, come me, non sono, è ovvio, statisticamente significativi…).
Evidentemente le ragioni di un’idiosincrasia per tali espressioni sono ineffabili, indicibili, non possono essere spiegate (come accade spesso, si è detto, per le questioni di gusto personale…).
Non resta che prenderne atto, ricordando, però, che sul piano grammaticale e concettuale, come hanno motivato l’Accademia della Crusca e il Vocabolario Treccani, le dette espressioni sono del tutto plausibili e corrette e restano, quindi, a disposizione di chi voglia usarle, ritenendole confacenti al proprio stile e al proprio gusto, senza che possano essere bollate come errore.
Cordiali saluti.
Massimo Esse -BN
flavio
Buongiorno.
Sono un signore sessantenne. Credo che citare l’Accademia della crusca” per giustificare quelli che io ritengo errori, non sia un incentivo al corretto uso della lingua italiana.
Nel sito dell’Accademia ho trovato l’uso di “sia” seguito da “sia anche”. Qui sotto il testo che mi fa inorridire.
(TESTO) Ogni lingua, quando passa da un uso esclusivamente orale a un uso scritto, tende a stabilire e a fissare determinate regole, sia per evitare possibili ambiguità interpretative (che possono dipendere dai numerosi omonimi che ogni lingua presenta, particolarmente insidiosi se relativi a parole “grammaticali”), sia anche per consentire il riconoscimento della lingua stessa e della comunità che la usa. L’ortografia ha avuto spesso, nella storia delle lingue, un valore che oggi definiremmo “identitario”.
Saluti.
Flavio
Daniele Imperi
Buongiorno Flavio, benvenuto nel blog. Quel “sia anche” stona anche a me. Non si legge neanche bene. Preferisco la forma “sia per consentire anche”.
flavio
Grazie Daniele.
Dopo 30 anni di vita trascorsi all’estero faccio fatica a capire la storpiata lingua “italiEna”.
Ho notato che gli Italiani, per complicare la vita a se stessi e a chi li ascolta, hanno abolito la congiunzione “e”. L’hanno sostituita con “sia”, “sia anche”, ecc.
Buona giornata.
Daniele Imperi
Sono due congiunzioni diverse, quindi vanno usato quando occorre.
Alla domanda “Ti piace la pasta o la minestra?”, la risposta può essere “Mi piace sia la pasta sia la minestra”.
Alla domanda “Cosa hai mangiato ieri sera?”, la risposta può essere “Ho mangiato una bistecca e un’insalata”.
Franca
Gentile Daniele, sono italiana, ma ho passato 40 anni nel Venezuela, l’italiano non è proprio il mio forte, e faccio una grande confusione con i congiuntivi, specialmente quando devo usarli con essere e avere. Ora vivo in Abruzzo, e qui c’è un detto: “Ho caduto o sono caduto sempre per terra ho andato!” certo, questa è una barzelletta, ma…mica tanto…. Saludos amigo!
Daniele Imperi
Ciao Franca, benvenuta nel blog. Hai ragione, mica tanto: di sicuro qualcuno si sentirà in diritto di stravolgere l’ausiliare.
Nicoletta Di Federico
Buongiorno.
Invece di dire: “Sbrigati, chè tardi!”, oserei dire: “Sbrigati, ‘ché tardi!” dato che manca la parte: “per” di “perché” e lo segnaliamo con l’apostrofo. Giusto?
Un gentile riscontro è graditissimo.
Nicoletta Di Federico
Daniele Imperi
Ciao Nicoletta, benvenuta nel blog. Quello che scrivi è spiegato nel punto 14.
Non ho mai visto l’apostrofo in quel caso.
Schimangen
SSalve, vorrei soltanto ringraziare il tempo e lo studio a tutti voi che condividete la bellezza della grammatica con i lettori. Sebbene studio l’italiano da anni, (anche se non con l’intensità che vorrei) le particolarità e i dettagli della lingua sono tanti che diventa complesso di impararli senza mettersi a dondolare come Max nel “Novecento” di Baricco. È perciò che vi ringrazio e mi piacerebbe continuare a leggervi. Anche mi piacciono tanto i dibatti che sorgono tra i messaggi di feedback degli utenti. Saluti.
Daniele Imperi
Ciao Alessandra, grazie a te e benvenuta nel blog. Puoi seguire il blog iscrivendoti alla newsletter. In questa pagina trovi un “riassunto” di cosa tratta il mio blog: https://pennablu.it/inizia-qui/
Calogero
Ricordo ancora un mio tema,nella prima pagina tutto bene, appena giro il foglio avevo accentato la e in se stesso!
Ho trovato sottolineato con due linee blu e una rossa.
Spesso mi è cspitato di leggere testi con il mio errore.
Cordialmente,C.L.
Daniele Imperi
Ciao Calogero, benvenuto nel blog. Sono accettate entrambe le forme (“se stesso” e “sé stesso”, anche se io preferisco “se stesso”, perché così sono stato abituato a scrivere), quindi ha sbagliato l’insegnante a sottolinearlo perfino con due linee blu e una rossa.
Fabio Rossi
Una mia amica linguista mi ha corretto una frase dove avevo scritto “…faccio fatica a…” definendola sbagliatissima e che si tratta di un errore tipico del piemonte.
Mi ha anche spiegato, senza scendere in dettagli, che in quel caso si usa solo all’infinito.
Mi confermi?
La frase completa è: In questo post, più di altri, faccio fatica a cogliere l’ironia.
Daniele Imperi
Ciao Fabio, benvenuto nel blog. Non capisco che significhi che “si usa solo all’infinito”. Secondo lei è giusto dire “fare fatica a”, ma è sbagliato “faccio fatica a”?
Diciamo che non è un’espressione elegante. Non sono sicuro che sia sbagliata. Il Treccani alla voce fatica non la segnala, il dizionario del Corriere sì.
Regis Rouge-Oikarinen
Grazie anche nel 2020. Avrei una domanda riguardante i comparativi migliore e più buono. Quest’ulitmo viene usato non solo per indicare la bontà d’animo ma anche le qualità di oggetti concreti.
Di Maio ha detto di recente: “la pizza più buona”, si legge e si sente spesso il caffé più buono della città. A me e’ sempre stato detto che in questi casi la forma giusta del comparativo e’ migliore.
Daniele Imperi
Salve Regis, benvenuto nel blog.
Sinceramente non ho mai sentito di questa regola. Però ha ragione, “più buono” si riferisce più correttamente a una persona, mentre migliore vale per tutto. Nel linguaggio colloquiale si usa spesso, se non sempre, più buono.
Di Maio, inoltre, non è assolutamente un personaggio affidabile per la correttezza della lingua italiana.
Maria Rivelazione Trivisonno
Mi sono molto divertita a leggerti! perché spiegare spiritosamente una materia che potrebbe risultare pesante è divertente. Dopodiché per me non è pesante, anzi sono un po’ fissata. Arrivo a correggere i libri… E proprio a questo proposito vorrei sottoporti una domanda: ho trovato su un libro: “…e sono gli interi [i numeri] da cui cisi possono aspettare delle sorprese”. A me torna di più “ci si può aspettare”, ma non ne sono sicura. Tu cosa ne dici?
Grazie!
Daniele Imperi
Ciao Maria, benvenuta nel blog. Anche per me è più corretto “ci si può aspettare”. Nella forma impersonale si usa la terza persona: “Ci si può aspettare delle sorprese dai numeri interi”.
Maria Rivelazione Trivisonno
Evviva, sono contenta! Grazie!
gianluca
personalmente non apprezzo il suono del “ma bensì”. Trovo più corretto l’utilizzo del solo “ma” o del solo “bensì”…morale “ma bensì” è una forma corretta?
grazie
Daniele Imperi
Ciao Gianluca, benvenuto nel blog. Ho letto che viene accettato l’accostamento di “ma” a “bensì”, anche se a me non piace e non lo uso.
Qui spiegano perché: https://accademiadellacrusca.it/it/consulenza/incontro-di-congiunzioni-ma-per%C3%B2/88
gianluca
Ciao scusa un’altra curiosità:
io sono molto tollerante riguardo piccoli errori grammaticali altrui, (non) lo sono affatto con me.
Quel “non” da me messo tra parentesi va usato oppure, utilizzando l’avverbio “affatto”, il “non” andrebbe tolto?
Grazie ancora
Daniele Imperi
Affatto significa del tutto, quindi il non ci va.
Giuliano
Non credo che la parola “eddai” possa essere considerata errata. Infatti essa è una interiezione (una locuzione esclamativa, per essere preciso), pertanto, è sì un composto costituito dalla congiunzione “e” e dalla voce verbale “dai”, ma ha valore di esclamazione.
Ciò viene suggerito da alcune osservazioni che possiamo fare.
La prima può essere il fatto che sia una parola che presenta la univerbalizzazione (con il rafforzamento della “d”), tipico delle esclamazioni.
La seconda, che il suo utilizzo è limitato ha iniziato frase (in questo caso, o sarà “Eddai! […]”, o “Eddai, […]”), e in mezzo alla frase isolata dalle virgole, come in questo esempio “[…], eddai, […]”.
Daniele Imperi
Ciao Giuliano, benvenuto nel blog. Finora ho trovato “eddai” soltanto sul dizionario online Olivetti, mentre i dizionari online Treccani, Corriere della Sera e Hoepli non riportano la parola. Sul Treccani, in altro contesto, si accenna a “eddai” come univerbazione di “e dai”. Ma resta una forma della lingua parlata, in cui si tende al raddoppio della consonante “d”.
Sergio
Salve,
“Molto migliore” per te è sbagliato o cacofonico?…deciditi
La grammatica dice che è corretto, La Crusca dice che è corretto ma per te è sbagliato😂😂😂…ma per favore!
Daniele Imperi
L’uno (sbagliato) non esclude l’altro (cacofonico). La Crusca può dare l’espressione per corretta, ma per me “migliore” da sé basta e avanza.
Da-V
scusate approfitto per chiedere qui dentro questo dubbio:
ma quale è la reale spiegazione del perchè si può dire
“CHE bello/brutto !” ecc. ma non “CHE terribile?”
cioè da cosa dipende? dal tipo di aggettivo o c’è una spiegazione grammaticale o lessicale?
Non sono riuscito a trovare nulla a riguardo.
Grazie
Daniele Imperi
Ciao, benvenuto nel blog. Non ho mai sentito una regola del genere. Forse perché suona strano dire “che terribile”.
Valentina De Luca
Ciao DA-V, mi ha incuriosito la tua domanda perché mi ha fatto riflettere un attimo. Effettivamente se tronchiamo la frase lì “Che terribile!”, possiamo dire che non suona bene, non si usa. Ma invece proviamo a dire: “Che terribile incidente!” “Che terribile uragano!”. Ecco, in questo caso lo possiamo usare: non trovi?
Edoardo
Ciao Daniele, nella mia città sento molte persone dire queste frasi: “lo stavo a scrivere, lo stavo a fare” ma sono giuste grammaticalmente?
Daniele Imperi
Ciao Edoardo, benvenuto nel blog. Non sono giuste, perché correttamente si deve dire e scrivere: “lo stavo per scrivere, lo stavo per fare”.
Valentina De Luca
Edoardo sei di Roma o dintorni?
Lì “Lo stavo a fa’”, “Lo stavo a scrive”… sono frasi comuni, anche se non grammaticalmente corrette.
Monica
Salve volevo chiedere se questa fare e´ grammaticalmente corretta : “Non mi sono capitati casi simili “?
Daniele Imperi
Salve Monica, benvenuta nel blog. La frase è corretta. Il verbo capitare è intransitivo: casi simili non sono capitati a me.
Valentina De Luca
Mi limito a raccontare una breve storia tragica. Qualche anno fa una mia amica mi invitò al suo matrimonio. Non conoscevo il marito. A fine cena, lo sposo si tolse la giacca e si rimboccò le maniche della camicia. Fu in quel momento che mi accorsi che sull’avambraccio aveva tatuata la scritta “CON TE È TUTTO APPOSTO”.
Scappai prima della torta :/ :/
Daniele Imperi
“Apposto” scritto in quel modo, per dire “a posto”, è purtroppo facile trovarlo
Casari
Buongiorno
Perché posso scrivere ” oggi fanno dieci anni che è finita la guerra ”
e non si posso scrivere ” fa molto tempo che non ti ho visto ”
Grazie
Daniele Imperi
Buongiorno Casari, benvenuto nel blog. Nel primo caso il verbo fare indica un risultato. “Tre più tre fanno sei”.
Nel secondo caso invece il periodo è vago, non definito, quindi la frase corretta è: “È molto tempo che non ti vedo” oppure, se vuoi usare il passato prossimo: “Non ti ho più visto da molto tempo”.
Mario
È giusto dire” Questa cosa qui.Oppure quella cosa la”. A me sembra una forzatura come “A me mi piace “. Grazie x una eventuale risposta
Daniele Imperi
Ciao Mario, benvenuto nel blog. È una forma colloquiale, come quando si dice “giù di sotto”. È in effetti una ridondanza.