9 principi per scrivere storie migliori

Ispirato a “The 9 Principles of Better Stories” di Jeremy Connell-Waite

9 principi per scrivere storie migliori

Giorni fa, su LinkedIn, ho scoperto un sito interessante: si chiama “Tell Better Stories”, nove principi per raccontare storie migliori. È una risorsa gratuita destinata alla narrazione aziendale, ma vi ho trovato spunti interessanti e anche condivisibili per la scrittura creativa.

Ho chiesto quindi al creatore del sito, Jeremy Connell-Waite, se potevo usare i suoi 9 principi per un articolo sulla scrittura creativa, commentandoli e spiegando la mia opinione in merito. Si è detto d’accordo (That sounds wonderful).

1) Le storie migliori sono trasformative

In questo primo punto Jeremy parla di struttura. «Tutte le storie necessitano di una struttura», sostiene, e a ragione, e fa l’esempio dei 3 atti, del viaggio dell’eroe, della Piramide di Minto (su cui magari tornerò con un articolo), del kishōtenketsu (idem) – o struttura a 4 atti.

In fondo, una storia parla di un personaggio (l’eroe) che deve compiere un’azione (il viaggio) e ne risulta, alla fine, cambiato in meglio o in peggio.

In questo primo principio Jeremy mostra diversi tipi di struttura, ma aggiunge anche tecniche e “trucchi” utili a una storia, come la retorica (altro articolo di approfondimento che scriverò), l’obiettivo e gli ostacoli.

L’obiettivo non è altro che la missione da compiere, il problema da risolvere o il desiderio da soddisfare. Gli ostacoli possono essere di natura fisica (enormi distanze da percorrere o nemici/antagonisti da combattere), ma anche psicologica o emotiva (valori, principi contro cui scontrarsi).

2) Le storie migliori catturano l’immaginazione

Da un titolo accattivante a un incipit in media res. Ma soprattutto fare in modo che i lettori si chiedano continuamente “E adesso che succede?”.

Questo è per me fondamentale. Al corso di editing che ho frequentato ho letto testi noiosissimi (erano per gli esercizi), la cui unica domanda che mi hanno suscitato è stata: “Perché non succede niente?”.

3) Le storie migliori dicono la verità

Le storie migliori puntano a creare fiducia e stabilire empatia, secondo Jeremy. Questo terzo punto è incentrato completamente sulla narrazione aziendale, ma possiamo estenderlo anche alle storie propriamente dette.

Come si crea fiducia nei lettori? Ma soprattutto cosa significa?

Significa scrivere storie credibili, a prescindere dal genere letterario che scegliamo. Anche una storia di fantascienza deve essere credibile, anche una dell’orrore deve esserlo. Purtroppo, specialmente durante i film dell’orrore, mi è capitato spesso di esclamare “Che scemenza!”.

Credo che debba esserci una giustificazione valida in tutto ciò che descriviamo. Non possiamo cavarcela con la sospensione dell’incredulità. Troppo comodo.

4) Le storie migliori hanno risultati misurabili

Jeremy sostiene che “le storie migliori vengono misurate in base alla risposta del pubblico (e a ciò che ha fatto dopo)”. Nel nostro caso il pubblico sono i lettori.

Nonostante anche questo punto sia dedicato alla narrazione aziendale, possiamo limitarci alla frase introduttiva: come rispondono i lettori alle nostre storie? Al libro che abbiamo pubblicato?

La risposta dei lettori avviene in vari modi:

  • Recensioni (positive o negative) dei libri letti
  • Articoli (elogiativi o meno) sui libri letti
  • Decisione di seguire gli autori sui profili sociali
  • Desiderio di leggere altri libri degli autori

Su questo quarto punto noi autori possiamo fare ben poco, eccetto che di impegnarci a scrivere buone storie.

Infine Jeremy parla dell’intelligenza artificiale generativa e di come possa ridurre i tempi per creare una storia aziendale. Su questo punto, ovviamente, dissento al 100%. Un vero autore non ha bisogno di un programma che fornisca idee per una storia, che generi una struttura o, peggio, l’intero testo.

5) Le storie migliori sono emozionanti

“Il successo di ogni storia si basa sulla creazione di una connessione emotiva con il pubblico”, sostiene Jeremy.

Ho estratto alcuni spunti interessanti, che reputo validi in una storia:

  • Raccontare la storia con la propria voce (il proprio stile), come nessun altro potrà mai raccontarla.
  • Saper descrivere la propria storia con una frase.
  • Capire perché per noi è così importante raccontare la nostra storia e perché solo noi possiamo raccontarla.
  • In che modo la nostra storia potrà attirare l’attenzione dei lettori fin dall’inizio?
  • Cosa possiamo eliminare dalla nostra storia per darle un impatto maggiore?
  • Possiamo aggiungere più tensione e conflitto nella storia per renderla più drammatica?
  • Quali inconsci pregiudizi ci impediscono di migliorare la nostra storia?
  • Qual è l’emozione maggiore che la nostra storia scatenerà nei lettori?

6) Le storie migliori usano verbi forti e frasi brevi

Su questo non sono d’accordo. Ma quel sito parla di narrazione aziendale e in quel caso ha ragione. Per la scrittura creativa non occorre usare “piccole parole e frasi brevi”. Si legge anche per imparare a scrivere, per conoscere parole nuove.

Quando devi vendere un prodotto adatto a tutti, è più che logico usare un linguaggio che tutti possano comprendere. In narrativa non funziona così, a meno che non dobbiamo scrivere storie per bambini.

7) Le storie migliori sono sorprendenti

Qui si parla di sorpresa: usarla per rendere le storie più memorabili. È quel senso del meraviglioso che troppo spesso manca nelle storie.

Forse sono i tempi che cambiano, o forse sono i gusti dei lettori a cambiare. Quel senso del meraviglioso, quella sorpresa che nasce dalla lettura, quell’aspettativa di ritrovarsi fuori dal mondo che viviamo magari erano più funzionali quando il mondo aveva dei limiti, la tecnologia era agli esordi, esistevano ancora terre inesplorate.

Ma io resto convinto che una storia sorprendente vinca perché riesce a portare i lettori lontano, al di fuori della sfera in cui vivono.

8) Le storie migliori sono comprensibili

In questo penultimo punto si parla di chiarezza. Ma anche della teoria della forma delle storie di Kurt Vonnegut.

Rendere coinvolgente per tutti un argomento complicato: posso essere d’accordo su questo pensiero se parliamo di saggistica rivolta al grande pubblico per farlo appassionare a un argomento complesso.

Per una storia non sono del tutto d’accordo, perché il rischio è di banalizzarla o di sfoltirla dei termini necessari.

Interessante, nella pagina di approfondimento di questo punto, è la tavola periodica della narrazione, che bisognerebbe tradurre in italiano, incluse le spiegazioni.

9) Le storie migliori ispirano l’azione

Secondo Jeremy, “non è sufficiente che una storia faccia sentire qualcosa al pubblico. Le storie migliori creano così tanta urgenza e ottimismo che il pubblico è ispirato a fare qualcosa”.

Finora non ho mai letto alcun romanzo così potente. Gli unici stimoli che ho avuto da qualcuna delle mie letture sono stati leggere altro degli autori o andare al cinema per vederne il film tratto dalle storie.

Difficilmente con un romanzo possiamo sentire una tale urgenza o un tale ottimismo da essere ispirati a far qualcosa. Forse, se ben scritto, un romanzo del genere dovrebbe trattare di un evento drammatico, e attuale anche, o essere un romanzo-denuncia per aprire gli occhi del pubblico di lettori.

Possiamo scrivere storie migliori?

Il sito “Tell Better Stories” mi è stato utile per rafforzare soprattutto la mia idea di “strutturista”, come mi ha definito il docente del corso di editing.

Per me la storia deve avere un preciso schema, l’antico viaggio dell’eroe, che non rende le storie tutte uguali, ma le rende storie che mantengono l’attenzione dei lettori, storie che incuriosiscono.

Secondo voi, come si possono scrivere storie migliori? E su quali dei 9 principi non siete d’accordo?

9 Commenti

  1. Corrado S. Magro
    giovedì, 15 Febbraio 2024 alle 10:28 Rispondi

    Condivido in buona parte quanto esposto. Mi limito ad aggiungere che ho finito da poco di leggere un libretto/saggio sull’argomento. Autore: Milan Kundera. Titolo: L’arte del romanzo. Anno di prima pubblicazioine: Adelphi 1986/1988. Edizione attuale: forse 20esima (non mi è chiaro). Kundera tratta aspetti insoliti che mi hanno “quasi” sorpreso ma trovato utilissimi. Sui lettori non mi esprimo. Accettando ciò che comportano, in funzione dell’evoluzione culturale e sociale, l’interesse suscitato dallo scritto sul lettore attento, ha molto, se oso dire, di irrazionale/personale ed è giusto che sia così.

    • Daniele Imperi
      giovedì, 15 Febbraio 2024 alle 14:32 Rispondi

      Non sapevo che anche Kundera avesse scritto un saggio sulla scrittura.
      Sui lettori non possiamo mai dire che cosa potrà suscitare uno scritto.

      • Corrado S. Magro
        giovedì, 15 Febbraio 2024 alle 16:38 Rispondi

        Non lo sapevo nemmeno io fin quando qualcuno me l’ha messo recentemente sotto il naso. Mi ha sorpreso.

  2. Fabio Amadei
    giovedì, 15 Febbraio 2024 alle 13:53 Rispondi

    Ciao Daniele,
    esistono regole perfette per scrivere storie memorabili? Non credo, anche se condivido la maggior parte dei punti elencati per una scrittura efficace.
    Mi puoi spiegare cosa intendi per “Quali inconsci pregiudizi ci impediscono di migliorare la nostra storia?” (Punto quinto).
    “Le storie migliori creano così tanta urgenza e ottimismo che il pubblico è ispirato a fare qualcosa”, dice Jeremy. Forse è vero per quanto riguarda una vendita, una proposta commerciale oppure l’offerta di un viaggio da sogno in un’isola deserta.
    Una storia ti colpisce perché tira fuori qualcosa che avevi tenuto nascosto, oppure è la considerazione o una riflessione dell’autore a illuminarti la mente, o a scaldarti il cuore è una scena toccante o un dialogo fatto ad arte che sembra autentico.
    Alcuni libri sono pieni di descrizioni che appesantiscono la lettura oppure zeppi di dialoghi che appaiono poco credibili.
    Forse la lettura dei romanzi di Simenon (quelli dove non c’è Maiget) mi ha influenzato e fatto riflettere. Simenon “insegna” che ci deve essere equilibrio in una storia: i dialoghi, le descrizioni, e i pensieri dei vari personaggi sono dosati con cura e, secondo me, calibrati alla perfezione. I suoi finali sono sorprendenti: quasi sempre accade qualcosa di inaspettato nelle ultime righe. Non si tratta di “effetti speciali”, anche la fine che non ti aspetti fa parte di un meccanismo che risponde a una logica e una psicologia ben precisa.
    Credo comunque che la buona scrittura sia fatta di buona tecnica ma anche di tanta ispirazione che forse appartiene all’inconscio.

    • Daniele Imperi
      giovedì, 15 Febbraio 2024 alle 14:39 Rispondi

      Ciao Fabio,
      regole perfette non possono esistere, certo.
      Il punto 5 è interessante: i pregiudizi possono essere di tanti tipi. E credo che si intenda in senso generale, nel senso che la storia e i personaggi vengono prima dei nostri valori e delle nostre idee. Questo significa anche creare un protagonista di dubbia fama, dai bassi istinti, se la storia lo richiede e se, soprattutto, la migliora.
      Sono tante le cose che possono colpirci in una storia, ma soprattutto non tutti siamo colpiti dalle stesse cose.
      Sull’equilibrio che deve esserci in una storia sono d’accordo.

  3. Orsa
    giovedì, 15 Febbraio 2024 alle 22:45 Rispondi

    Da lettore ho sempre storto il naso sulla questione della struttura, non mi è mai andata giù questa storia di ritrovare sempre lo stesso schema predefinito scomponendo un romanzo o un racconto. Tutte le storie costruite con la stessa armatura: è come ricevere una fregatura dal concessionario, l’utilitaria e la berlina hanno lo stesso identico telaio (passatemi l’allegoria). Sulla credibilità sono d’accordo, ma non mi capita mai di chiedermi “che succede adesso”. Il punto 9 invece l’ho sperimentato più e più volte, in quel “ispirare l’azione” rientra anche il gesto di prenotare un volo! Ci sono state storie così potenti da stimolarmi a visitare i luoghi che hanno fatto da sfondo ;)
    PS: quanto sono obsoleta, ho scritto berlina e non SUV.

    • Daniele Imperi
      venerdì, 16 Febbraio 2024 alle 8:16 Rispondi

      La struttura è innata in ogni cosa, fa parte della natura. Anche noi abbiamo una struttura: nascita (inizio), vita (svolgimento) e morte (conclusione). La struttura serve a rendere una storia una vicenda da raccontare, ossia qualcosa che valga la pena di raccontare.
      È difficile che si riesca a scomporre il romanzo durante la lettura e pur essendoci una struttura io non so cosa aspettarmi.
      Anche io ho sperimentato il punto 9.

  4. Luciano Cupioli
    domenica, 18 Febbraio 2024 alle 10:25 Rispondi

    Tutti i punti che hai trattato sono veri, ma perché non potrebbe funzionare una storia scritta in maniera insolita, che non abbia una struttura codificata, che sia menzoniera, e dove il protagonista cerchi di cambiare ma non riesce. Un simile romanzo sarebbe a suo modo sorprendente… Quando leggo, mi piace trovare qualcosa fuori dagli schemi, anche se magari non sempre è convincente. Picasso ha dipinto capolavori uscendo dagli schemi, o no?

    • Daniele Imperi
      lunedì, 19 Febbraio 2024 alle 8:06 Rispondi

      Una storia scritta in modo insolito potrebbe funzionare, certo. Ma ci sono storie fuori dagli schemi, che comunque seguono una struttura.

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