L’applicazione della struttura a tre atti (con incidente scatenante al 13%, midpoint al 50% e svolte varie) si riferisce alla fabula o all’intreccio? Riformulo: Se nella fabula il midpoint è al 50% ma poi, con il montaggio non lineare dell’intreccio, lo sposto al 75% o altrove deve considerarsi comunque midpoint perché il lettore alla fine ricomporrà il puzzle con la fabula lineare? Oppure il midpoint è semplicemente il 50% dell’intreccio?
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La richiesta viene da un lettore e è una di quelle richieste da far venire il mal di testa. Ho dovuto leggerla varie volte e alla fine, come richiesto dallo stesso lettore, ho preferito rispondere con un articolo.
Il cui titolo dice tutto: la scrittura creativa non è matematica.
A me piace scrivere seguendo una struttura, che sia a 3 o a 5 atti, anche se ho scritto tanti racconti di getto senza seguire alcuna trama né ponendomi tanti problemi.
Ma se devo scrivere un romanzo, a me serve la struttura, che non significa “seguire lo schemino altrimenti non riesco a scrivere”, ma soltanto avere sotto mano una guida.
Per rispondere alla domanda del lettore – dove piazzare il momento centrale della storia? – è bene rivedere prima alcuni concetti espressi in quella domanda.
Struttura a 3 atti o a 5?
Da tempo preferisco la struttura a 5 atti, che credo sia più funzionale per un romanzo, specialmente se complesso, mentre per un racconto breve o di media lunghezza, o anche per fiabe e favole, la struttura a 3 atti va bene.
La struttura è definita, non a caso, arco drammatico della storia: l’andamento delle vicende narrate segue una curva che ha il suo apice oltre la sua metà, là dove troviamo il momento di massima tensione, o climax.
Una delle domande era: “L’applicazione della struttura a tre atti si riferisce alla fabula o all’intreccio?”.
Ma che cos’è veramente la struttura della storia?
La struttura è l’ossatura della storia. Non esistono storie senza una struttura. La vita stessa ha una struttura a 3 atti: nascita, esistenza, morte. I temi scolastici hanno un inizio, uno svolgimento e una conclusione. Gli articoli seguono la medesima struttura.
La struttura ci dice soltanto che la nostra storia deve avere un inizio, per introdurre i lettori alle vicende che stiamo per raccontare, uno svolgimento, che prevede una serie di problemi e risoluzioni per i personaggi, e infine… una fine, appunto, quando tutto si conclude.
Fabula o intreccio?
Fabula e intreccio sono 2 modi per narrare una storia: posso scegliere una narrazione lineare (fabula) – di solito se la storia è raccontata in prima persona dal protagonista o nel caso, appunto, di fiabe e favole – oppure posso scegliere di inserire le vicende senza uno schema lineare né cronologico (intreccio).
Nell’intreccio il lettore può saltare da un tempo a un altro, da un luogo a un altro, da un personaggio a un altro.
Ma la struttura si applica sia alla fabula sia all’intreccio.
L’incidente scatenante: o il punto di non ritorno
Incidente scatenante al 13%? O è meglio al 25%? Forse è troppo alcolico…
L’incidente scatenante è un evento che cambia totalmente la vita del protagonista. Dove inserirlo? Di certo deve stare all’inizio della storia, quindi al primo atto, che sia una struttura a 3 o a 5 atti.
Io non parlerei di percentuali, né per l’incidente scatenante né per il momento centrale. Perché? Perché non possiamo calcolare a priori queste percentuali.
Come sapere se stiamo già al 13% della storia? Lo sappiamo soltanto se ne abbiamo deciso a priori i capitoli (come ho dovuto fare io per il mio romanzo di fantascienza), altrimenti è impossibile.
Dove piazzare il momento centrale?
Torniamo al midpoint o momento centrale, com’era la richiesta del lettore:
Se nella fabula il midpoint è al 50% ma poi, con il montaggio non lineare dell’intreccio, lo sposto al 75% o altrove deve considerarsi comunque midpoint perché il lettore alla fine ricomporrà il puzzle con la fabula lineare? Oppure il midpoint è semplicemente il 50% dell’intreccio?
Anche qui vorrei spendere due parole su fabula e intreccio: non credo che chi utilizzi l’intreccio scriva la storia usando la fabula e poi monti tutto per avere l’intreccio. Sarebbe pazzesco procedere così.
Quando nasce l’idea per una storia, è sotto forma di fabula: due fidanzati devono sposarsi, ma il loro matrimonio viene impedito dal signorotto del paese. Il romanzo finale, I promessi sposi, è sotto forma di intreccio.
Il momento centrale, lo dice lo stesso termine, è più o meno a metà storia. Se si pone al 75%, siamo già nel territorio del climax.
La scrittura creativa non è matematica
Anche se si parla di 3 o 5 atti e di momento centrale, scrivere una storia non deve diventare un problema matematico.
In un romanzo c’è tanta matematica, è vero: un certo numero di capitoli e personaggi, il numero di pagine e di parole, e calcolare quanto durano le sessioni di scrittura e quanto tempo si impiega a scrivere una pagina, ecc.
Ma stabilire percentuali su dove posizionare alcuni elementi della storia è un’operazione folle e inutile: fa perdere tempo, da un lato, e dall’altro toglie quel romanticismo che ogni forma d’arte possiede, quella spontaneità propria della creatività.
Non si parla mai, infatti, di punti precisi in cui, per esempio, debba cadere il climax: sappiamo soltanto che è oltre la metà della storia, perché dopo il climax ci sono chiusura e conclusione, che non possiamo certo portare avanti per mezzo romanzo.
Avete mai fatto calcoli percentuali quando avete scritto una storia?
Orsa
Buongiorno, mi riesce difficile immaginare Verne o Salgari alle prese con grafici e percentuali. In tutto questo dove si collocano estro e fantasia?
Quante cose sto imparando sul mondo della scrittura grazie al te.
Comunque ti confesso che alla vista della lavagna mi è preso un colpo… dopo averti detto di essere stata rimandata in matematica ho pensato all’interrogazione a sorpresa 😂
Daniele Imperi
Anche a ne riesce difficile…
Estro e fantasia devono essere al primo posto, altrimenti che scrittura creativa sarebbe?
Franco Battaglia
Nei miei racconti si parte spesso dalla fine. Mi piacciono i finali a sorpresa. E costruire una storia su un finale acchiappante lo trovo fluido. Ma poi acchiappante in che percentuale? Fluido con quale densità? A sorpresa con quale variabili? Lascerei la matematica ai matematici…
Daniele Imperi
Partire dalla fine ti permette di avere una visione d’insieme dell’intera storia.
Fluido e acchiappante potrebbero essere soggettivi: per un lettore lo sono, per altri no.
La matematica va sempre lasciata ai matematici.
Karlitos
La tua risposta si può riassumere in tre parole: “non lo so”. Dici che preferisci la “struttura a 5 atti” (nn la chiami divisione altrimenti sarebbe matematica) ma affermi che non è uno “schemino”. Allora cos’è? Dove inizia ogni atto? Dove finisce? Cosa deve contenere ogni atto perchè la sua presenza sia utile? Dietro le battutone del “mal di testa” e del “tasso alcolico” per sminuire la domanda e prendere un po’ in giro il richiedente, si nasconde un “non ho idea di cosa parli”. La domanda non era “Secondo te la scrittura creativa è matematica?” ma si riferiva a paradigmi famosi in tutto il mondo che usano percentuali precise in seguito a studi fatti da chi le ha partorite (e che davo per scontato tu conoscessi). Tali paradigmi non specificano mai se la struttura è riferita alla fabula o all’intreccio. Quando affermi “non credo che chi utilizzi l’intreccio scriva la storia usando la fabula e poi monti tutto per avere l’intreccio. Sarebbe pazzesco procedere così” dici una cosa sbagliatissima. È proprio questo lo scopo della domanda. Ti faccio un esempio concreto: Se nella fabula in 5 atti la storia è 1-2-3-4-5, il midpoint sarà nel terzo atto, quello centrale. Ma se monto la storia con l’intreccio in maniera diversa, 1-4-2-3-5, sposto l’evento del midpoint in avanti, cosa succede? La tensione della storia è sbilanciata? Quello del terzo atto pur essendo un evento di presa di coscienza da midpoint non lo sarà più? Il Midpoint diventerà il secondo atto perchè adesso è al centro e dovrà essere riscritto? Oppure l’intreccio è un puzzle della fabula e alla fine sarà il lettore a ricollocare tutti i pezzi nella giusta sequenza temporale? Non è un quesito semplice, lo capisco, infatti non ho ancora trovato risposte o se le ho trovate sono contrastanti.
Daniele Imperi
La struttura non è uno schema, infatti. La scaletta si può definire uno schema, perché è un insieme di punti da trattare nella storia.
Il primo atto inizia con la prima parola del romanzo. E comunque le battute non sono inserite per prendere in giro il richiedente, ma per rendere meno ostica la spiegazione.
Dove inizia il secondo atto non posso saperlo, dipende dalla storia.
Non so perché davi per scontato “paradigmi famosi in tutto il mondo che usano percentuali precise in seguito a studi fatti da chi le ha partorite”, ma non ho mai sentito parlare di questi paradigmi e mi sembra assurdo che qualcuno li abbia partoriti, perché non hanno davvero senso.
Riguardo all’intreccio, secondo me non si sposta il midpoint e non si scrive una storia partendo dalla fabula e poi tagliandola a pezzi per ricomporla: dubito che qualcuno lavori così. Se qualcuno lavora così, ok, a me pare che si complichi le cose.
Tu secondo me fraintendi il significato di intreccio: anche se in alcuni casi manca un ordine cronologico, non significa che leggiamo, per esempio, la nascita di Pinocchio, poi la parte del pescecane, poi Pinocchio che diventa bambino, quindi Pinocchio nel paese dei balocchi e infine, per concludere la storia, Pinocchio a scuola… questo non è un intreccio, è un ordine errato.
Prendi un romanzo con intreccio, anzi più di uno, e divertiti a trovare momento centrale e climax e a dividere i vari atti.
Karlitos
Alcuni creatori di paradigmi: Joseph Campbell, Syd Field, Blake Snyder, John Truby, Michael Hauge, Stanley D. Williams, Peter Von Stackelberg, Paul Gulino, Dara Marks, Linda Seger… Perdonami Daniele, secondo me sei tu a fraintendere il significato di intreccio. L’intreccio è l’ordine narrativo che può anche essere uguale alla fabula o completamente disordinato (se l’autore decide così) come nel tuo esempio di Pinocchio, infatti quello è un intreccio.
Daniele Imperi
Conosco solo Syd Field.
L’intreccio come fa a essere uguale alla fabula?
Karlitos
Quando l’ordine narrativo è uguale alla fabula allora fabula e intreccio corrispondono.
Daniele Imperi
Sì, avevo capito male quello che intendevi. Ma in quel caso non ci sono salti temporali, quindi flashback o altro, ma si ha l’intreccio perché, anche se l’ordine cronologico è rispettato, si passa da un personaggio a un altro.
In questo caso non vedo il problema di inserire il momento centrale.
Massimiliano
Chiedo scusa a Karlitos e pure a te per la mia ignoranza ….ma io son ancora fermo a :introduzione , corpo ( sviluppo-trama) e finale.
È proprio vero quello che scrive l’Orsa , non si finisce mai d’imparare.
Daniele Imperi
Per quanto mi riguarda introduzione, corpo e finale sono più che sufficienti.
Marta
Parlo da lettrice e non da scrittrice, ma non mi pare di avere osservato regole così ferree nella costruzione della struttura narrativa. Personalmente credo che dipenda molto dalla singola storia e dal tipo di intreccio. È innegabile che l’incidente scatenante debba avvenire nella prima parte del romanzo, altrimenti non avrei un motivo per continuare a leggere, ma mi viene difficile identificare una percentuale esatta. Ci sono romanzi che hanno l’incidente scatenante già nell’incipit, mentre altri lo fanno scoprire lentamente. Credo ci siano molte variabili, tuttavia questo tema mi ha incuriosita e farò delle ricerche in merito.
Daniele Imperi
Ciao Marta, benvenuta nel blog. Neanche io le ho osservate.
Più che difficile a me pare impossibile e assurdo, oltre che inutile, identificare una percentuale esatta per l’incidente scatenante e per il momento centrale.
Alle volte l’incidente scatenante si trova nella prima frase del romanzo, vedi “La metamorfosi” di Kafka.
bookconfidential
Ciao Daniele,
che ne pensi dei testi creati dagli algoritmi? Hai visto cosa si riesce a fare il GTP3?
Daniele Imperi
Ciao, non sono riuscito a trovare molti esempi, ma i 2-3 che ho letto mi sembrano molto semplici, fin troppo per poter sfruttare quel GTP3 per scrivere.
Rebecca Eriksson
Ho una mente matematica, ricordo i numeri e non i nomi; quando creo una storia genero numerosi appunti con schemi di struttura, ma francamente ho fatto di “schemi, non gabbie” il mio motto.
Se dovessi guardare con occhio matematico la trama, probabilmente mi arenerei: già sono lenta di mio, in più se studio a tavolino la percentuale dove inserire i vari elementi, non finirò mai i miei racconti.
Daniele Imperi
Lucide osservazioni. C’è anche un altro problema: in revisione potresti tagliare dei pezzi o aggiungerne altri. Se hai stabilito a priori delle percentuali, quei valori non saranno più validi.
Aureliano La Liggera
A spaventarmi non sono i numeri, ma l’idea che scrivere sia questo.
Per scrivere serve indubbiamente tecnica, e trovo altrettanto spaventoso il luogo comune che sia solo una questione di talento, estro, ispirazione. C’è tanta falegnameria, come diceva Vincenzo Cerami in un suo saggio sull’argomento (Consigli ad un giovane scrittore), ma da questo a parlare di percentuali ce ne passa. Non esiste una regola fissa e lo stesso lettore lo conferma dicendo che in giro ha trovato risposte contrastanti.
Ragionare in questi termini, non so a voi, ma a me fa passare un po’ la voglia di scrivere.
Daniele Imperi
Ciao Aureliano, benvenuto nel blog. Scrivere non è questo, tranquillo.
E serve anche la tecnica, certo.
Per forza ci sono risposte contrastanti, come fai a stabilire a priori il 13% della storia che stai ancora scrivendo?
Piero Babudro
Ciao, dal mio punto di vista si deve distinguere tra il gesto dello scrivere, che ha ampie implicazioni inconsce e che quindi non può essere rinchiuso in uno schema predefinito (perché lo uccidi), e la realizzazione di una struttura narrativa, che invece rappresenta “la matematica” di come la nostra mente contestualizza fatti accaduti in un certo ordine.
Il percorso iniziatico che scaturisce dall’incidente iniziale (il protagonista si ritrova nel Caos, e poi procede a fasi alterne sulla via del ritorno al ripristino dell’Ordine iniziale) coincide in parte con il viaggio dell’eroe. Ed è una matematica: la matematica di come la nostra mente percepisce il problem solving.
L’equivoco nasce dal mischiare tutti questi elementi e, soprattutto, dal guardare la scrittura come produttrice di beni economici. E quindi come mercato. Ci si chiede se una storia funziona di più mettendo il midpoint qui o lì, ma in realtà ci si sta chiedendo cosa vuole il mercato e cosa vogliono i lettori (o gli editori). Qui concordo con te, non è matematica. Una storia funziona se ha Intensità. Poi, per essere intellegibile e fruibile, deve avere una struttura.
Daniele Imperi
Ciao Piero, benvenuto nel blog.
La struttura è matematica, sicuramente, perché stai creando un modello da seguire, con parti ben determinate. Se però ti fissi su percentuali precise, non ne esci più.
La scrittura cinematografica, invece, è matematica al 100%, perché la durata della storia è predefinita, quindi devi conoscere l’inizio e il finale e poi posizionare momento centrale e climax, altrimenti rischi di andare fuori tempo.
L’equivoco del lettore, secondo me, almeno da come aveva scritto, è nato dopo aver letto di “paradigmi famosi in tutto il mondo”, di cui non avevo mai sentito parlare.
Piero Babudro
Ciao Daniele, grazie! Anch’io lascerei perdere le percentuali. Come ogni cosa, se ti deve fare da guida va bene, altrimenti diventa una gabbia.