La fabula è il materiale grezzo di una storia e l’intreccio è il modo in cui una storia è organizzata.
Paul Cobley, Narratology.
Abbiamo sentito spesso parlare di fabula e intreccio, ma forse pochi sanno che questi termini provengono dai formalisti russi. Il formalismo russo fu una scuola di critica letteraria che apparve e si sviluppò nella prima metà del XX secolo. Uno dei nomi forse più conosciuti degli studiosi che ne fecero parte è senza dubbio Vladimir Propp, autore del celebre saggio Morfologia della fiaba. Fine della parentesi storica.
Torniamo ai concetti di fabula e intreccio, termini che, occorre sottolinearlo, sono una traduzione italiana di quelli che comparvero fra gli studiosi russi. In realtà quei termini furono “fabula” (parola latina che non ha bisogno di traduzione) e “syuzhet”. Syuzhet è scritto anche in altre forme, fra cui “sujet”, che ricorda il latino subiectus. Tutte le strade portano a Roma, in fondo.
Il dizionario Treccani dà un’interessante definizione di fabula (e quindi anche di intreccio):
Nella critica formalistica, il complesso dei materiali di una narrazione, analizzati in successione rigorosamente logico-temporale, indipendentemente dalla disposizione in cui l’autore ha voluto presentarli nell’intreccio dell’opera.
La fabula
Ovvero: l’ordine cronologico degli eventi
Etimologicamente il termine fabula (da cui abbiamo preso le parole favola e fiaba) proviene dal verbo latino fari (parlare in modo solenne, profetare) – anzi, da for, faris, per dirla, appunto, alla latina). Fari, che al participio passato diventa fatus (toh, il fato…) e al gerundio si trasforma in fando (vi dice nulla “nefando”?).
Ma da questo verbo, simile al corrispettivo greco, proviene anche il termine “fama”. E non finisce qui, perché anche i termini “infante” (che non parla) e “fante” (il suo contrario) derivano da fari. E che dire di “favella”? Ma c’era da aspettarselo. E ci metto su anche “affabile”. E vi stupisco con “fanciullo” (eh, sì, perché diminutivo di infante: infantiolus) e “facondo”. Sembra quasi che la nostra intera esistenza sia regolata da quel verbo… Chiudiamo qui la parentesi etimologica.
La definizione di Cobley non mi piace, nel senso che non la condivido pienamente: materiale grezzo. La fabula è la successione degli eventi di una storia, quella logica e cronologica.
Quando partecipavo a delle gare di scrittura nei forum letterari, alcuni iniziavano a commentare i miei racconti dicendo: “è una storia lineare”, e voleva essere, se non una critica negativa, non di certo un complimento. Come a dire: non ti sei sforzato più di tanto.
Ma davvero scrivere una storia lineare, usando quindi la tecnica della fabula, significa avere il lavoro facilitato? Un romanzo è un romanzo, e può avere suspense e coinvolgimento anche se narrato in modo lineare.
In fondo è l’autore che stabilisce come narrare la sua storia.
Quando usare la fabula
I primi 3 generi di storia più adatti alla fabula che mi vengono in mente sono le classiche favole, i romanzi di formazione e i gialli.
- Fiabe e favole: sono narrazioni per bambini, quindi la struttura deve essere più semplice possibile e un racconto lineare non fa calare l’attenzione del piccolo pubblico.
- Romanzi di formazione: non so se esistano romanzi di formazione che usano l’intreccio, ma mi viene da pensare che in un romanzo del genere, in cui si assiste a un’evoluzione del personaggio (crescita, ma anche maturazione), venga spontaneo l’’uso della fabula. Ma nessuno vieta all’autore di creare un intreccio.
- Gialli: la formula del giallo (crimine->investigazione->soluzione) sembra più adatta alla fabula. Ma non per quella del poliziesco in generale, basti pensare al primo e all’ultimo dei 4 romanzi di Conan Doyle su Holmes, rispettivamente Uno studio in rosso e La valle della paura, anche se la seconda parte dei romanzi era un flashback, quindi non proprio un vero intreccio.
Ma qualsiasi tipo di romanzo può essere narrato come fabula. Prendiamo i noir di Dave Zeltserman, quelli della Trilogia nera: sono tutti raccontati in prima persona dal protagonista e sono tutti lineari.
L’intreccio
Ovvero: l’ordine degli eventi deciso dall’autore
Abbiamo dato la definizione di intreccio come “il modo in cui gli eventi sono mostrati dall’autore nella storia”, ma questa definizione per me è errata. O, meglio, non si addice al concetto di intreccio. Anche la fabula è l’ordine degli eventi deciso dall’autore.
Diciamo allora che l’intreccio è una narrazione che non rispecchia alcun ordine logico e cronologico degli eventi nella storia. L’autore, mediante l’intreccio, racconta la storia intrecciando fatti accaduti anche nel passato e in luoghi differenti da quelli in cui si svolge la storia e usando anche punti di vista di altri personaggi.
Prendiamo come esempio la solita saga Le cronache del ghiaccio e del fuoco di George Martin. In ogni suo romanzo ogni capitolo non è numerato, bensì nominato, prende cioè il nome del personaggio protagonista di quel capitolo.
Questo significa che il lettore legge la storia saltando da un protagonista all’altro, personaggi distanti anche migliaia e migliaia di chilometri fra loro. In un capitolo possiamo leggere ciò che accade ora nel castello degli Stark e in quello successivo ciò che accade nello stesso momento nella Barriera e in quello dopo ancora ciò che stava accadendo una settimana prima in un altro continente.
Questo tipo di storia, che non ha un vero e proprio protagonista – perché il protagonista è il continente Westeros e i suoi Sette Regni e i giochi di potere annessi – non può certo essere narrato con la fabula.
Come usare l’intreccio
Ci sono tanti modi per intrecciare gli eventi e le scene di una storia. Non esiste un modo migliore di un altro: tutto dipende dall’effetto che vuol dare l’autore e anche dal tipo di storia da raccontare.
Qui di seguito elenco 3 tecniche narrative utili all’intreccio.
- Ordine anacronistico: quando ci sono salti temporali nella storia e il lettore salta appunto qui e là lungo la linea del tempo. Esempi del genere sono Gli arresi di Chang-Rae Lee, Il bizzarro incidente del tempo rubato di Rachel Joyce e La stanza delle meraviglie di Brian Selznick.
- Flashback: del flashback, o analessi, ho parlato nell’articolo sulle backstory. Si tratta di eventi passati che riemergono nella storia, una retrospettiva utile per chiarire alcuni aspetti della storia o per caratterizzare un personaggio, mostrandone così il suo passato.
- Archi di tempo simultanei: li abbiamo visti per la saga di Martin: personaggi, che magari non si incontreranno mai nella storia, che si alternano capitolo dopo capitolo, ognuno con la sua propria avventura. Archi di tempo simultanei si possono trovare anche all’interno di uno stesso capitolo.
È meglio narrare usando la fabula o l’intreccio?
Classica domanda che non ha risposte. O, forse, l’unica risposta che merita questa domanda è: è meglio narrare come la storia richiede. È meglio scegliere il metodo di narrazione più efficace per quella storia.
E voi? Siete tipi da fabula o da intreccio?
Tiziana
Bell’articolo. Non sapevo fosse riconducibile al russo.
Scriverlo è un po’ difficile senza la tastiera russa.
fabula = фабула
intreccio = сюжет
Per il momento non saprei definirmi tra la fabula e l’intreccio.
Daniele Imperi
Grazie. Fabula si capisce un po’ anche in russo, visto che alcune lettere sono come il greco
Tiziana
Il russo è tosto. Di niente.
Grilloz
In realtà ogni storia raccontata ha un intreccio, questo può essere lineare, raccontando gli eventi in stretto ordine cronologico, o non lineare, nel qual caso l’ordine cronologico si perde.
La fabula è la base da cui l’autore va a pescare gli elementi della sua narrazione.
Per questo secondo non è corretto parlare di tecnica narrativa della fabula.
Quindi per rispondere alla tua domanda finale è impossibile narrare senza usarli entrambi
P.S. un giallo difficilmente può essere completamente lineare: l’investigatore ad un certo punto interrogherà il sospetto chiedendogli “dov’eri la sera del 10 novembre tra le 11 e mezzanotte?” e il sospettato racconterà un evento del passato
Daniele Imperi
Perché non è possibile narrare senza usare entrambi? Puoi raccontare usando l’ordine cronologico e basta. Non c’è intreccio in quel caso.
Per l’esempio del giallo che fai dipende da come vuoi impostare quel pezzo. Se l’interrogato racconta, è solo dialogo e non si può parlare di intreccio, a meno che non si usi il flashback.
Grilloz
perchè come la storia viene raccontata è l’intreccio, per definizione semplicemente sarà un intreccio lineare e esposto in ordine cronologico. Senza contare il fatto che in qualsiasi narrazione farai dei tagli temporali e quindi ci sarà una parte di fabula che non rientra nell’intreccio
Per il giallo dipende da come lo intendi, ma anche nel dialogo il personaggio sta parlando di eventi che sono avvenuti nel passato, è, in qualche modo, un cambio della voce narrante, ma il lettore verrà a conoscienza i quegli eventi, importanti per la trama e già avvenuti, solo in quel momento.
Daniele Imperi
Se è lineare, non è più intreccio
Si chiama intreccio perché gli eventi non sono esposti in modo lineare, ma appunto intrecciati.
Grilloz
Dalla trecani:
intreccio Il complesso delle vicende che costituiscono la trama, l’argomento di un’opera narrativa o drammatica.
Daniele Imperi
Eh, ma dalla Treccani hai estrapolato quello che ti faceva comodo
Dalla Treccani:
“Unione di fatti, fenomeni, ecc., che s’incrociano, s’intersecano, interferiscono reciprocamente, e sim.”
Grilloz
No, è che io ho preso la voce dell’enciclopedia e tuu dal dizionario
http://www.treccani.it/enciclopedia/intreccio/
intreccio Il complesso delle vicende che costituiscono la trama, l’argomento di un’opera narrativa o drammatica. Commedia d’i. (o d’intrigo) Quella che deriva il suo maggiore interesse non dalla delineazione dei caratteri, ma dalla complicazione delle vicende che per lo più trovano alla fine una soluzione inaspettata. Commedie d’i. sono, per es., quelle spagnole e francesi di cappa e spada: in esse eccelse tra gli spagnoli nel 17° sec. P. Calderón de la Barca, e tra i francesi, nel secolo successivo, Beaumarchais, particolarmente con Le Barbier de Séville. Il genere giunse così sin quasi alle soglie dell’età romantica – e se ne ha un esempio cospicuo in Kabale und Liebe di F. Schiller, dramma rappresentato nel 1784 – e continuò ad avere fortuna sino ai giorni nostri.
MikiMoz
Lineare non è un complimento quando presuppone una certa faciloneria nel narrato.
In altri casi, la fabula come modus non è un male. Anzi, è necessaria.
È come dici tu: ogni opera è a sé, e necessita della sua propria narrazione.
Moz-
Daniele Imperi
Voglio sperare che non intendessero faciloneria per le mie storie
Anche per me la fabula è necessaria.
Chiara
Interessante questo articolo, perché mostra la fabula e l’intreccio secondo un punto di vista diverso. Io infatti non li ho mai considerati due elementi che si escludono vicendevolmente, ma li ho visti spesso compresenti nella stessa storia. Anche a livello di scrittura, mi è stato suggerito di fare la prima stesura con la sola fabula e passare all’intreccio (che comunque è fondamentale, nel mio romanzo) solo in un secondo momento. Per cui passare dall’uno all’altro non è poi così difficile. E anche nello stesso romanzo possono esserci episodi narrati con un ordine sequenziali e altri che presentano maggiori “salti”.
Bonaventura Di Bello
A dire il vero anch’io ho sempre considerato l’intreccio come una serie di ‘fabule’, insomma un sistema ‘a incastro’ dove le seconde sostenevano gli elementi principali del primo. E viceversa, ovviamente.
Daniele Imperi
Sì, l’intreccio è una serie di fabule, perché ogni parte dell’intreccio segue un proprio ordine cronologico.
Daniele Imperi
Grazie. Anche a me capita di vedere entrambi, ma non sono d’accordo nel fare la prima stesura usando la fabula e poi creando un intreccio. Io mi trovo bene a usare la fabula in fase di trama e scaletta.
Teresa Minhot
Ho trovato di grande utilità le considerazioni su la fabula e l’ intreccio.Condivido la sua opinione, linearità non è sinonimo di facilità, tutto dipende della qualità della scrittura, del contenuto, dell’intenzione dell’autore e, certo, dell’accettazione del lettore.
Daniele Imperi
Secondo me molti sono convinti che una storia, per essere avvincente, debba per forza avere un intreccio, mentre non è così.
Salvatore
Secondo me dipende dai casi e di certo in una storia possono alternarsi fabula ed intreccio. L’uso eccessivo invece può essere deleterio.
Daniele Imperi
Non mi viene in mente come si possa fare un uso eccessivo di fabula e intreccio.
Tenar
Lo sai, vero, che a scuola si usa quasi sempre il giallo come esempio di fabula e intreccio che non coincidono? Perché la dinamica del delitto (che è avvenuta prima) viene spiegata solo in fondo…
Daniele Imperi
In quale scuola?
Non ho ben capito cosa intendi… Il delitto è spiegato in fondo, vero, ma la storia, in realtà, inizia quando viene scoperto quel delitto.
Tenar
Ehm… In decine di antologie, tutte quelle che ho usato, è proprio il caso da manuale. Ho preso 30 e lode a didattica della letteratura (università di Torino, PAS abilitante) portando una lezione simulata su fabula e intreccio con come esempio due racconti gialli, uno di Doyle e “Cosciotto d’agnello” di Dhal. Sono abbastanza sicura di quello che sto dicendo.Il fatto che il lettore scopra dopo le dinamiche di qualcosa avvenuto prima è proprio l’essenza del lavorare sull’intreccio.
Pietro 57
Sintesi molto precisa. In tal modo si nota in modo netto la differenza dei due generi. Che io condivido come te. Grazie di avermelo ricordato. Un saluto.
Pietro 57
La storia di un “Giallo” può iniziare in svariati modi, uno è come dici tu, quando viene scoperto il delitto, un altro modo può essere da quando viene commesso un delitto, nel momento in cui, ma può anche iniziare ad esempio dopo la presentazione di tutti i personaggi e delle loro vite, come in molti libri di Agatha Christie, per menzionarne solo alcune. Anche per i”gialli” non c’è uno schema predefinito, ma vi sono svariate scelte, a discrezione dell’Autore/trice che li scrive.
Grilloz
Non vale, a me non hanno insegnato il giallo a scuola
Confermi quel che ho scritto sopra con un punto di vista più scientifico
Nuccio
Una fabula mi si intreccia sempre!
Elisa
La fabula è necessaria come il senso materno, il calore, l’affabilità nella compagna di vita, ma l’intreccio è sexi come un’amante…
Daniele Imperi
Anche questa può essere una buona definizione
Andrew Next
Bell’articolo. Finora ho affrontato la scrittura in modo lineare, ma il solito approccio ruolistico permette, durante la scrittura dell’avventura per i personaggi, di definire ogni singolo elemento e di gestire personaggi che invece di restare uniti fanno quel che nelle storie dell’orrore finisce sempre con la morte del 99% dei protagonisti iniziali. Dividono il gruppo. La regola base dei giocatori di ruolo è “mai dividersi, mai” e un motivo, dopotutto, c’è. Il master che ha studiato da FBI (Full Bastard Inside) le studia tutte per costringere il gruppo a dividersi e far capitare così, ai singoli personaggi, le situazioni meno piacevoli immaginabili tipo imbattersi, nella Londra vittoriana, in un certo Jack o precipitare in un rift spaziotemporale e ritrovarsi in giappone alle 4 del mattino del 6 agosto 1945, a Hiroshima ovviamente.
Ecco, in una avventura ho fatto proprio questo scherzetto e la risoluzione del problema (incluso ritrovare il rift prima del botto) richiedeva una interazione tra passato e presente, ovviamente a senso unico.
In quel caso si è trattato decisamente di intreccio ^_^
A.V.
Daniele Imperi
Grazie. Penso che sia normale usare la fabula agli inizi, viene più facile e lo scrittore alle prime armi è anche più pigro. Io neanche ci pensavo a creare un intreccio.
Pietro 57
Rispondo alla tua domanda: “è meglio narrare usando la fabula o l’intreccio”? A mio parere questa domanda è sbagliata in partenza, perché si mettono in contrapposizione due elementi che non si rassomigliano affatto, anzi sono molto lontani l’uno dall’altro. Si possono trovare si l’una vicino all’altro, ma sono due cose, ripeto totalmente diversi tra di loro. Vi faccio l’esempio di una macchina, il volante e le ruote sono due elementi utili e indispensabili, ma non hanno nulla di simile. Quindi non si possono fare dei paragoni o delle scelte, come a dire: “è meglio avere sull’auto il volante o le ruote?”. Quindi sia la fabula che l’intreccio possono essere utili alla narrazione, è vero, ma non bisogna mai confondere i loro ruoli. Ora definiamo “la Fabula” per chiarire un po di confusione che si è forse a creare intorno a questo termine, esso significa in modo semplice “Favola o Fiaba” e se vogliamo completare il senso della parola diciamo “narrazione di fantasia che non ha nulla a che vedere col nostro mondo reale”. Stiamo parlando di qualcosa di fantastico che non esiste nella realtà. Detto questo passiamo a definire “l’intreccio” esso è soltanto “un elemento narrativo” che si può usare in molti modi. Si pensa che la fabula sia un componimento narrativo “lineare e piatto” quasi privo li arte letteraria o altro valore artistico, niente di più errato. Vi invito a leggere le fiabe dei fratelli Grimm, o di Andersen, oppure quelle Delle Mille e una Notte, o quelle scritte da Oscar Wilde, o quelle Orientali, se lo fate noterete che la Trama a volte è lineare, ma con degli intrecci che ci stupiscono e affascinano ancora oggi milioni di lettori in tutto il mondo. Quindi anche nelle favole o fiabe di un tempo nel loro interno vi era un intreccio, seppure a volte semplice e lineare, ma in molti altri casi anche complesso e per nulla lineare. Ci possono essere anche delle favole senza nessuno intreccio, è vero anche questo, ma per lo più riguardano narrazioni brevi o brevissime che vengono scritte solo per i più piccoli. Ora se si vuole usare la Fabula o la Favola o i suoi elementi per scrivere un racconto o un romanzo si faccia pure, ognuno come ho già specificato in precedenti articoli può usare qualsiasi metodo a lui congeniale per raggiungere la sua meta narrativa, nel nostro caso anche la Fabula. Però bisogna fare molta attenzione a non lasciarsi ingannare dalle apparenze, perché se si usano gli elementi di una Fabula per elaborare un racconto o un romanzo, si possono correre dei seri rischi. Ora stampo per paura che venga cancellato e poi continuo.
Pietro 57
Continuo l’articolo. I rischi che si corrono è di scriver un racconto o un romanzo che ha molte caratteristiche che appartengono solo alla Fabula o Favola. Mi spiego. La fabula accenna appena ai personaggi, li definisce appena e basta. E questo nel romanzo o racconto non va per niente bene. La fabula usa a volte pochissimi dialoghi. Se nel romanzo moderno si usano pochi dialoghi una Casa Editrice dopo poche pagine lette lo butta nella pattumiera. Nella fabula i luoghi sono quasi sempre dei mondi fantastici. Si potrebbe avere la tendenza di trasportare ì tali luoghi anche nel romanzo, dove la realtà, anche se in forma romanzata, la deve fare da padrona. Nella fabula a volte ci sono molti personaggi. Si potrebbe pensare che per scrivere un racconto o un romanzo si necessita di una marea di personaggi. Errato, Hemingwey, premiato col Nobel alla letteratura ha scritto “Il Vecchio e il Mare” che a mio parere è un capolavoro in assoluto, ha come protagonista soltanto un vecchio, il mare e un bambino, e poche comparse secondarie di poca importanza. E a proposito la Trama è molto lineare e semplice e anche il suo intreccio, ma quanta bravura ha mostrato l’autore in tutta questa semplicità. Con gli esempi mi fermo qui. La fabula è meglio usarla solo nel genere che più gli appartiene che nei tempi moderni è “il Fantasy”, lei li può essere applicata in modo eccellente perché il genere fantasy si può paragonare “a una favola moderna a volte più per adulti che per piccoli” a volte per entrambi. Invece per scrivere un racconto o romanzo si dovrebbero usare i metodi propri del racconto o del romanzo, che se anche possano a volte assomigliare a quelli della fabula, non sono in verità per nulla simili. E mi fermo qui. Se invece si vuole usare la tecnica della fabula per iniziare o scrivere un racconto o un romanzo, lo si può pure fare, con l’accortezza, come ho sottolineato, di lasciare al più presto la narrazione “tecnica della Fabula” per immergersi nella “narrazione tecnica del racconto o del romanzo”, altrimenti si corre il rischio di non sapere più a un certo punto delle storia se si sta scrivendo una fabula o favola o un racconto o romanzo reale o fantasioso in modo eccessivo e poco consono al suo genere letterario. Questa comunque è la mia libera opinione. Ognuno poi faccia come meglio pensa. L’importante è scrivere, inventare storie e mondi fantastici o nuovi e simili alla realtà. Soffermarsi troppo sui particolari a volte può essere un bene e a volte no. Ma per chi vuole informarsi lo faccia, per chi vuole andare a ruota libera continui. Vi auguro buona scrittura. Un saluto.
Daniele Imperi
Non è detto che scrivendo un romanzo in modo lineare (fabula” i personaggi siano solo accennati. La fabula non è una logica conseguenza della mancanza di caratterizzazione di un personaggio.
Ho letto fantasy che avevano intreccio, quindi il genere non richiede per forza la fabula.
Mirko
Ciao Daniele, credo che questa sia una delle domande, a cui non sia facile dare risposta. Io personalmente, credo che la risposta dipenda dal racconto o dal romanzo che uno scrive.
Daniele Imperi
Sì, anche per me, dipende tutto dalla storia, ma anche dal modo in cui decidiamo di raccontarla.
MARIELLA BARBAGALLO
i romanzi più belli sono quelli dove l’intimo ha il sopravvento per me, tipo l’immoralista di Gide , senza verso di Emanuele Trevi, chiamami col tuo nome, ferito a morte, morte a venezia, il processo……………di Kafka, delitto e castigo…