Se c’è una cosa che ho sempre notato nei libri letti, sono gli errori. Errori di qualsiasi tipo, dai refusi agli errori grammaticali. Sempre. Non c’è mai stato un libro in cui non avessi trovato degli errori.
Leggere, oltre che piacevole, divenne anche una specie di sofferenza quando scoprii questa mia “abilità”, tanto che mi venne in mente di frequentare un corso per correttore di bozze, che alla fine frequentai nel 2009.
Gli errori nei libri sono fastidiosi. Quando sono frequenti, il fastidio si trasforma in rabbia. Sì, perché noi lettori, quando compriamo un libro, paghiamo in moneta sonante (o vibrante, se paghiamo online) e quei soldi sono buoni, non hanno errori, non sono falsi.
Gli errori nei libri fanno perdere qualità al libro.
Qualcuno sostiene che sia impossibile pubblicare un libro senza alcun errore, neanche un refuso. Io sostengo il contrario: basta fare attenzione.
Certo, se si pubblica di fretta, perché l’autore più famoso al mondo ha appena pubblicato il suo ultimo romanzo e allora in Italia non possiamo certo aspettare mesi per una traduzione, ma dobbiamo farlo uscire al più presto possibile, meglio se lo stesso giorno, allora sì che è impossibile non avere errori.
La fretta, però, è nemica della qualità. E anche della professionalità.
Un’esperienza a mo’ di premessa
Questo articolo è nato da una pessima esperienza di lettura avuta nel settembre scorso, quando mi sono avventurato nelle 1600 pagine del romanzo classico cinese In riva all’acqua di Shi Nai’an e Luo Guanzhong, pubblicato in due volumi da Luni Editrice.
Sappiate che i classici cinesi sono stati maltrattati dall’editoria italiana, ma questa è un’altra storia che forse racconterò un’altra volta.
Ebbene, quei due volumi sono pieni zeppi di errori grammaticali, dei peggiori che si possano trovare. Roba da rimandare in prima elementare chi ha tradotto quei testi e fargli rifare tutte le scuole da capo.
Quando mi sono accorto del livello penoso della traduzione – i danni a quell’opera classica cinese non si limitano purtroppo alla grammatica e all’ortografia – ho deciso di finirlo al più presto, ma mi ha comunque impegnato l’intero mese di settembre, dall’uno al 30, domeniche comprese.
E da qui l’idea per un articolo, anche perché ho scovato errori gravi anche in altri libri. Alla fine li ho riuniti qui, almeno alcuni, con tanto di foto scattata sulla pagina ed errore evidenziato in rosso.
Se qualcuno pensa che ce l’abbia ancora con il self-publishing, dovrà ricredersi: tutti gli esempi riportati provengono da libri pubblicati da case editrici.
Accenti inaccettabili
Perché a molti piaccia accentare parole che non vogliono l’accento e non accentare quelle che ne hanno bisogno è un mistero italiano. Ma noi non siamo qui per svelare misteri, bensì per bacchettare il dispensatore di accenti inutili.
In riva all’acqua di Shi Nai’an e Luo Guanzhong. Luni Editrice
Questo è solo uno dei tanti, troppi, accenti sul disastrato verbo stare, che non vuole mai e poi mai alcun accento. Forse la parola “sto” può confondersi con un’altra di diverso significato? A me non ne sovviene alcuna.
“Adesso sto un po’ meglio” si deve scrivere così. E tutti staremmo decisamente un po’ meglio.
In riva all’acqua di Shi Nai’an e Luo Guanzhong. Luni Editrice
Il verbo dare è un altro di quei verbi le cui forme vengono accentate a casaccio, secondo l’estro caprino del momento. A differenza del verbo stare, il verbo dare vuole l’accento in un’unica forma: sul Modo Indicativo, Tempo Presente, terza persona singolare. “La mamma dà un bacio alla figlia”, per esempio.
L’accento ci vuole perché in alcuni casi la confusione è lecita. “Dà una finestra all’altra” e “Da una finestra all’altra” sono due frasi di senso compiuto. Nel primo caso una signora dà una finestra a un’altra signora, perché magari vive in una casa senza finestre, e nel secondo caso qualche spericolato è saltato da una finestra all’altra.
Eppure trovo di continuo “ti dànno ragione”, come se ci si possa confondere con il sostantivo “danno”, o “dài, andiamo via”, come se quel verbo possa far nascere il dubbio su una possibile preposizione articolata in quel punto della frase.
“La lettera che ti do” va scritta in questo modo, perché è impossibile confondere quella forma verbale con la nota musicale do.
In riva all’acqua di Shi Nai’an e Luo Guanzhong. Luni Editrice
Quanti giorni ho trovato in questo romanzo! E non solo in questo. Chissà se qualcuno capisce la battuta.
Il verbo dire, come il verbo dare, non vuole mai alcun accento. Quella frase, quel “dì un po’”, significa “giorno un po’”, che non vuol dir nulla.
Quella forma verbale è un imperativo: dici un po’, che diventa di’ (apostrofato, non accentato) perché cade l’ultima sillaba.
E accenti disorientati
Echi perduti di Joe Lansdale. Fanucci
Non so perché la Einaudi sbagli tutti gli accenti di alcune parole, come “sì”, “così”, “più”, ecc. Scrive in continuazione “sí”, “cosí”, “piú”, ecc. Ho notato questo “vizio” in ogni romanzo che ho letto, pubblicato da Einaudi, persino in edizioni degli anni ’50 e ’60.
“Sì” e qualsiasi altra parola accentata che finisca con la “i” e la “u” vogliono l’accento grave e non acuto.
Apostrofi mancanti
L’apostrofo, in Italia, subisce lo stesso trattamento dell’accento. Quando serve, non tutti lo concedono; quando non serve, ecco che qualcuno è pronto a donarne uno. Eppure sono poche e semplici le regole sugli apostrofi.
In riva all’acqua di Shi Nai’an e Luo Guanzhong. Luni Editrice
Shantaram di Gregory David Roberts. Neri Pozza Editore
Il verbo fare si accoda ai verbi dare e stare, e dire, per i dubbi che crea su potenziali apostrofi e accenti. Nei casi appena mostrati siamo in presenza dell’Imperativo, seconda persona singolare.
Dunque, quei “fa vedere” e “fa quello che credi” vanno scritti “fa’ vedere” e “fa’ quello che credi”, perché sono in realtà “fai vedere” e “fai quello che credi”, dove la “i” è caduta e al suo posto, a perenne ricordo, un apostrofo i familiari posero.
In riva all’acqua di Shi Nai’an e Luo Guanzhong. Luni Editrice
Stesso discorso: “Se mi aiuti, sta’ sicuro”, cioè “stai sicuro”, forma imperativa.
In riva all’acqua di Shi Nai’an e Luo Guanzhong. Luni Editrice
Idem come sopra: “Va’ a immaginarti”, ossia “vai a immaginarti”.
E apostrofi da apostrofare
In riva all’acqua di Shi Nai’an e Luo Guanzhong. Luni Editrice
Gli articoli indeterminativi sono 3, possiamo dire, due per i maschietti, più fortunati, e uno per le femminucce: “un” e “uno” sono maschili, “una” è femminile. “Altro” è maschile, dunque che articolo vorrà? Un altro errore frequente, questo.
Ripetizioni ripetitive
Shantaram di Gregory David Roberts. Neri Pozza Editore
Il traduttore dev’essersi impegnato per tirare fuori una frase del genere. Dubito che l’originale inglese contenga quella ripetizione. Sono andato a controllare e la frase originale è infatti senza alcuna ripetizione:
The intensity of the gaze that he focused on the mirror was as steadfast as a surgeon’s might be in the midst of a complex and critical procedure.
Ci mancherebbe che un chirurgo fosse disimpegnato durante le sue operazioni…
Sillabazioni asillabiche
Ricordo ancora, quando frequentavo le elementari, la regola, semplice e intuitiva, per andare a capo a fine riga: ci aiutavamo con la sillabazione. Dividere le parole in sillabe era un esercizio che a quel tempo, e spero ancora oggi, si faceva a scuola.
Negli ultimi anni, purtroppo, ho cominciato a notare estreme libertà negli a capo, come se in stampa tutto fosse concesso, anche calpestare la grammatica.
Echi perduti di Joe Lansdale. Fanucci
Ma come si fa ad andare a capo con s- e poi ono? Come? Come? Come?
Echi perduti di Joe Lansdale. Fanucci
Ricordo ancora come mi insegnarono, nel caso di più consonanti consecutive, a trovare il corretto modo per andare a capo: “se esiste una parola in italiano che inizia con quella sillaba, allora puoi andare a capo in quel modo”.
Esiste da noi una parola che inizia con “ng”? Forse la divisione in sillabe di “lunga” è “lun” e “ga”? Come si fa ad andare a capo con lu- e poi nga? Come? Come? Come?
Il messaggio segreto delle foglie di Scarlett Thomas. Newton&Compton
Ah, ma qui siamo in presenza di una parola inglese. E allora? La sillabazione è facile: “cric” e “ket”. Se vogliamo adottare la stessa regola nostrana per la lingua inglese, non credo che esistano parole che iniziano con “ck”.
Articoli determinativi mal determinati
La conquista del West di Jacques Chastenet. Odoya
Ma non sentite l’inciampo nel dire “del Scioto”? Quindi questo signore scrive anche “il sciatore”, “il scialle”, “il scettro”, “del sciamano”, “del shampoo”, ecc.?
Anche questa è una regola grammaticale imparata alle elementari che ricordo perfettamente. E non mettete la scusa della licenza poetica leopardiana, ché qui non siamo in presenza neanche della licenza elementare.
Leggere libri fa davvero bene alla scrittura?
E qui finisco, sul serio, ché la bile comincia a traboccare. Non so rispondere alla mia domanda. È una domanda quasi retorica in un articolo piuttosto polemico.
La risposta giusta sarebbe: sì, leggere fa bene alla scrittura, se il lettore conosce la grammatica italiana.
Ma se ha delle lacune e si ritrova questi e altri romanzi pubblicati nelle condizioni su descritte, che cosa imparerà?
La risposta sorge spontanea.
MikiMoz
Un bel campionario, dunque.
Mamma mia, alcune cose sono davvero atroci (ad esempio le parole spezzate in quel modo, per andare a capo), altre sono forme ch’io stesso ho notato (gli accenti acuti/gravi).
Questo libro cinese è comunque un campo di battaglia… Addirittura un’altro 😂😂😂
Nessuno corregge il lavoro del traduttore, che evidentemente saprà il cinese ma non l’italiano?
Leggere libri serve alla scrittura? Fa (o fà o fa’) bene alla stessa? Sì, ma libri di grammatica 👍
Moz-
Daniele Imperi
Le parole spezzate in quel mondo mi fanno imbestialire.
Il traduttore ha tradotto dal francese, non dal cinese. Quindi quel romanzo è l’interpretazione italiana di un’interpretazione francese del testo cinese
MikiMoz
Quanti giri! XD
Moz-
Azzurropillin
Il verbo azzittire esiste, l’ho trovato sul vocabolario treccani e anche su altri due o tre.
Da correttrice di bozze ti do ragione, si trovano spesso refusi di tutti i tipi e li trovo insopportabili (ma facciamo parte di una fetta di lettori molto rara, la maggior parte delle persone non si accorge dei refusi)
Era anche una delle mie battaglie, poi ho lasciato stare: la perfezione non esiste e non serve a nessuno.
Si vive meglio a lasciar correre.
Daniele Imperi
Grazie, ho corretto (o, meglio, sbarrato) azzittire.
In un vocabolario, tempo fa, non lo riportava. Ma nel mio Zingarelli 2008 c’è.
La perfezione non esiste, d’accordo, ma un libro senza errori si può produrre
Maja
Esiste il verbo azzittire ma a me non piace molto. Poi credo sia un po’ obsoleto (?)
Preferisco il più semplice “zittire”, almeno quando sto leggendo qualcosa mi scivola più facilmente a livello di pronuncia. E al passato remoto suona meglio.
Daniele Imperi
Neanche a me piace, mi sa tanto di dialettale, e non lo uso.
Marco
Esatto, “Azzittire” sa di dialettale ed io, per le mie origine romane, ho dovuto e ancora sto lottando contro queste influenze.
Già mi ero confrontato con “azzittire” che reputo orribile e pure “zittire” non lo reputo “morbido”, e che semplicemente non mi piace. Per Questo ricordo di aver usato “portare al silenzio”, più esplicativo e scorrevole.
Daniele Imperi
Da romano anche io mi scontro coi i vari dialettalismi
Azzittire sembra appunto gergale, o peggio.
Azzurropillin
Qui trovi una risposta alla questione degli accenti nei libri Einaudi http://www.treccani.it/magazine/lingua_italiana/domande_e_risposte/grammatica/grammatica_453.html
Daniele Imperi
Letto. Mi sembra una stranezza lo stesso, tanto più che solo Einaudi lo fa.
Nuccio
Io sapevo che i correttori di bozze non esistono più. Una figura obsoleta del secolo scorso ormai dimenticata o sbaglio? Oggi ci sono altre figure più anglosassoni. Eh, eh, eh!
Daniele Imperi
Mah.
Che è arrivato ora dal mondo anglosassone? Qualche altra figura inutile che esisteva già in italiano?
Maurizio
Oggi, nella stragrande maggioranza dei casi, correttore di bozze e impaginatore sono la stessa persona. Con le conseguenze prevedibili…
Daniele Imperi
Ho visto proprio oggi un corso per correttore di bozze e nel programma si parlava anche di impaginazione. Per quanto mi riguarda è il grafico l’addetto all’impaginazione dei testi.
Maurizio
Sì, ma il processo è spesso inverso. Parlo per esperienza personale e professionale (sono del settore).
Il problema nasce dal fatto che i software utilizzati spesso “sfasano” il testo che, quindi, necessita poi di una nuova correzione. Il casi tipici sono la sillabazione e le distanze tra le parole, ma anche il non riconoscimento di particolari caratteri (soprattutto esotici) a seconda del programma utilizzato per scrivere il testo e delle impostazioni date.
Cosa si fa, quindi? Al contrario di una volta, prima si impagina il testo grezzo, lo si stampa su carta e nella fase di correzione si verifica anche ciò che il software si è mangiato. Dopo le correzioni vengono inserite direttamente nell’impaginato, non nel testo base.
Ma ogni correzione nell’impaginato può “muovere” il testo e gli spazi e a volte capita che, senza che nessuno se ne accorga, una sillabazione corretta sia diventata scorretta in seguito ad un intervento nella pagina successiva.
Daniele Imperi
Ah, i bei tempi senza computer
Dovrebbero allora creare un programma che riconosca certi errori. O comunque che non crei sillabazioni errate.
Chiara Mazza
Sì, però tutto dipende da quanto tempo si è disposti a passarci. Lo dico per esperienza personale: ho scritto la mia tesi di laurea e di dottorato in Latex che ha tendenza a andare a capo all’inglese, quindi dividendo alcune sillabe con cluster consonantici tipo st, sc, sp in s-t, s-c, s-p rispetto all’italiano che li lascia uniti. Per evitare errori mi sono controllata alla fine dello scritto tutti gli a capo, ho corretto gli errori e ho controllato di nuovo tutti gli a capo. Tempo totale dell’operazione… 15 minuti massimo… Semplicemente facendo una ricerca del trattino. E le due tesi sono sulle duecento pagine.
Lo stesso per i refusi. La tesi di laurea ne è piena perché ero in ritardo, la tesi di dottorato non ne ha nessuno perché ho passato un paio di giorni a rileggerla completamente. Non dico che gli editor o i traduttori debbano passarcelo questo tempo, ma la differenza però si vede bene e il lavoro completamente corretto è possibile!!
Bellissima parola “azzimato”!! E bravissima maestra quella che ti ha dato un metodo empirico affidabile per sapere come dividere le sillabe, è un principio base di fonotassi della lingua in questione. Per esempio s-t funziona in inglese perché esistono parole che finiscono con s.
Daniele Imperi
Il lavoro fatto bene anche per me è possibile, basta dedicargli il tempo giusto.
Mauro
Mah, è vero anche che può dipendere dal software… Ad oggi, però, non penso che impaginando un libro con un programma apposito (parlo per esperienza su Indesign o Quarkexpress, cioè quelli usati dal 98% degli editori) “gli spazi” slittino e facciano saltare la sillabazione. La sillabazione è automatica, può essere eliminata, modificata parola per parola in base alla lingua e le dimensioni degli spazi nella riga si adattano, così come gli a capo.
Il problema secondo me non è certo l’impaginazione con software (che anzi aiuta non poco i tempi e la correzione degli errori) o impaginare un testo prima della seconda lettura (veramente, se anche si dovesse aggiungere un capitolo intero, all’impaginatore ci vorrà mezz’ora al massimo per ricontrollare tutto).
Il problema è la pecunia (cioè il tempo come giustamente si dice sotto). Da una parte la pigrizia da “tempi editoriali”, cioè, come hanno spesso ripetuto a me tempo fa durante un tirocinio «fregatene l’importante è che vada in stampa per tempo». Tanti libri vengono lanciati nel mucchio da certe piccole/medie case editrici, che devono fatturare tot libri in quel mese per non ritrovarsi nei guai economici con il distributore.
Dall’altra si rastrellano tirocinanti appena usciti dalle facoltà umanistiche (e non solo) per fare correzione di bozze, impaginazione e se va bene anche editing, perché costano davvero poco e li si può spremere al massimo coinvolgendoli nel fantastico e fantasioso mondo della carta stampata.
Il lavoro fatto bene non esiste quasi più, la preoccupazione è solo mettere sul mercato. Si cerca di spendere di più per la copertina e per la quarta che per l’interno. Il mantra è sempre lo stesso: che comprino, innanzitutto!
Daniele Imperi
Ciao Mauro, benvenuto nel blog. Ti do ragione sulla fretta dei tempi di oggi, si nota molto l’abbassamento della qualità rispetto al passato.
Emilia
Che bella lezione di grammatica! Un grazie sincero. Ben vengano post di questo tipo. Però faccio notare che la prima persona singolare del verbo dare nel passato, forse un po’ remoto, si poteva scrivere anche con l’accento. (Dizionario dei verbi italiani di Aldo Gabrielli. Editore I.E.I, anno 1971).
Mi chiedo spesso chi sia il responsabile se un libro con tanti errori venga pubblicato: il traduttore o la casa editrice? La mia risposta è la casa editrice che non si prende la briga di verificare.
Nel libro di Pietro Citati Il Male Assoluto, un capolavoro di critica del romanzo dell’Ottocento, soprattutto viene sempre scritto sopratutto. Possibile che un raffinato scrittore come Pietro Citati non sappia come si scriva soprattutto?
Daniele Imperi
Non ho mai trovato “dò” con l’accento, eccetto che raramente e in libri moderni.
Il responsabile è sempre chi comanda
“Sopratutto” è una forma errata, lo dice anche Treccani: http://www.treccani.it/enciclopedia/soprattutto-o-sopratutto_%28La-grammatica-italiana%29/
Maja
Come ti capisco.
Io sono una nazi-grammar e mi dà fastidio trovare certi errori nei libri che leggo, anche se sono di battitura. Come nel libro che sto leggendo attualmente e che dovrei recensire.
Daniele Imperi
Ciao Maja, benvenuta nel blog.
Chiamano anche me grammar nazi, però non posso farci niente.
Maja
Grazie <3
In realtà io lo considero un complimento
Daniele Imperi
Ah, pure per me lo è
Flavia
Quando leggo e trovo errori grammaticali mi dà un fastidio enorme:é come se sentirsi delle unghie che graffiano la lavagna.😱😠
Maria Teresa Steri
Le tue vignette mi fanno morire dal ridere, questa poi è meravigliosa
E c’è proprio da inorridire, caspita. E io che mi ero scandalizzata per una “a” senza “h” qualche giorno fa in un romanzo. E comunque per rispondere alla tua domanda, no, non sempre leggere fa bene alla scrittura. E’ una cosa che vado sostenendo da sempre, dipende dalla qualità di ciò che si legge. Penso solo ai giovani che si formano su romanzi pieni di errori… ma che può venirne fuori?
Daniele Imperi
La qualità di ciò che si legge conta, ma se anche i grandi nomi dell’editoria pubblicano sta roba, dove si trova la qualità?
Bonaventura Di Bello
Sono senza parole, Daniele… certo se la tendenza continua, all’analfabetismo funzionale degli italiani si aggiungerà quello ‘standard’, di questo passo.
E se il problema si riscontra anche con editori ‘non secondari’, ancora peggio.
Personalmente, abituato al lavoro redazionale (e nonostante avessi a fianco le correttrici di bozze per tutte le riviste che curavo) ormai ho fatto l’occhio agli errori grammaticali o ‘di battitura’, ma ti confesso che finora non avevo riscontrato mai una frequenza e gravità di errori come quelli che hai evidenziato.
Certo, si rischia davvero che la lettura anziché aiutare nuoccia all’abilità di scrittura del lettore.
Daniele Imperi
Sapessi il fastidio che ho quando trovo questi errori. Più per quelli grammaticali, ma anche quelli di battitura mi fanno perdere la pazienza.
Dai grandi editori mi aspetterei una cura maniacale.
Bonaventura Di Bello
Concordo, almeno da quel genere di editori, è il minimo!
Corina
La lettura di questo post mi ha fatto non bene, di più. Scoprire che persino nei libri pubblicati da case editrici ci sono refusi, probabilmente fa salire la rabbia, ma per me, che scrivo in Italiano pur non essendo la lingua madre, è stato una scoperta confortante. Il mio incubo è proprio quello di non pubblicare qualcosa con errori, ma siccome mi mancano le basi scolastiche della grammatica italiana, qualche difficoltà ce l’ho. Certo, hai ragione sul non avere Intanto complimenti. Il tuo modo di spiegare è scorrevole, piacevole e accattivante al punto che ora andrò a leggere dell’altro.
Daniele Imperi
Ciao Corina, se non sei madre lingua, allora è normale fare qualche errore. Il fatto è che chi ha commesso quegli errori mostrati è italiano, e la cosa è grave.
Corina
Ecco. Maledetti occhiali. Ho scritto il mio nome errato. Poi una frase l’ho cancellata. Di sicuro qualche errore l’ho fatto. Avrei voluto cancellare il mio intervento ma non so come fare. Daniele, scusa per i pasticci, resta valido il mio sincero complimento.
Barbara
Caspiterina!!!
Va bene che sono parzialmente ciecata (= regionalismo), ma errori del genere non ricordo di averli incontrati. Vero che forse non ho libri di quegli editori, e di sicuro non ho libri classici giapponesi (in cui entra in campo forse un pessimo traduttore e la mancanza del correttore di bozze). Finora gli errori che ho scovato io sono più da mancato editor, incongruenze tra le preferenze del protagonista tra il capitolo 1 e il capitolo n, oppure in una traduzione dall’inglese nomi dei personaggi scambiati all’interno di un dialogo. Ma errori di grammatica così no, mai trovati.
Questo però dovrebbe far riflettere molto sulla qualità dell’editoria tradizionale, quella qualità che è sempre messa in primo piano quale giustificazione di selezione e costi (o mancate royalties).
Daniele Imperi
In qualche caso raro anche io ho visto delle incongruenze, ma di sicuro mi saltano poco all’occhio, o almeno non come gli errori su grammatica, ecc.
Andrea
Io ho cominciato a scrivere da ignorante, nel senso che non ho mai studiato nulla riguardante la scrittura o la grammatica (se non quel poco a scuola), e alcuni errori chiaramente mi capitano. Ma questi obbrobri? Proprio non capisco come fanno a nascere dalla penna di chi vive di scrittura e traduzioni.
Pensavo proprio ieri: quanto può influire la traduzione nel godimento di un romanzo?
Cercavo di giungere ad una percentuale standard, anche se, in realtà, varia molto da caso a caso.
Daniele Imperi
Anche io come te, però ricordo che già dalle elementari si studiavano certe regole.
La traduzione io la trovo spesso pessima. Sto leggendo gli Annali di Tacito e la traduttrice ha avuto il coraggio di mettere in bocca a un autore del I secolo d.C. una parola come “claqueur”…
Kukuviza
Che campionario! Ha dell’incredibile. Gli a capo della Fanucci sono pazzeschi.
Sono in dubbio invece sulla sillabazione di cricket. Non so perché, ma non mi sembra così assurda quella proposta. Immagina che fosse scritto “crichet”, andresti a capo proprio con cri-chet.
Daniele Imperi
Con crichet vai a capo con cri-chet perché esiste una parola che inizia con “che”, ma non ne esiste una che inizia con “ck”. Inoltre la sillabazione di crichet è cri-chet, ma quella di cricket è cric-ket. Però, essendo un termine inglese, non sappiamo come sillabino loro.
Kukuviza
Ma la regola della sillabazione è che una parola deve poter iniziare con la sillaba con cui inizi il nuovo a capo? Devo ammettere che non la sapevo. Viceversa mi sembra molto strano questa separazione tra queste due consonanti. Mi sembra strano quasi come fare quad-ro.
Daniele Imperi
No, penso che alle elementari ci abbiano detto questo per semplificarci il concetto di sillabazione.
nani
Sono d’accordo con Kukuvica (e questa te la devo chiedere: il tuo nick name e’ una sorta di traslitterazione latina di qualche lingua slava?); in inglese non usano sillabare, non tagliano le parole e, quando le fanno, lo fanno a cavolo, come viene viene.
Le parole straniere seguono altre regole (o non regole), quindi sarei piu’ clemente in quel caso.
Daniele Imperi
In inglese, quindi, non hanno regole sulla sillabazione? Devo controllare qualche libro in inglese che ho.
nani
Da quello che vedo, quando trovo parole tagliate per andare a capo, no, non ne hanno. Ai corsi che ho fatto non hanno mai introdotto la divisione in sillabe. E i professori che li tenevano erano gente in gamba, che sapeva bene la grammatica. Cosa non banale nel mondo anglosassone, visto che a scuola non si insegna l’analisi grammaticale o logica e spesso ti viene il dubbio che nemmeno gli insegnanti sappiano bene di cosa si tratta.
Kukuviza
Pare anche a me che gli inglesi spezzino le parole con un sistema diverso dal nostro.
Potrebbe essere una traslitterazione il mio nick, ma la maggior parte delle lingue slave utilizza caratteri latini, comunque.
nani
Per la traslitterazione: da quello che so, solo in bulgaro, che usa il cirillico, si dice kukuvica (pronunciato kukuviza). Per questo chiedevo se magari avessi traslitterato con una “z” quella che in genere si indica con “c” per far capire a chi non e’ pratico di alfabeti fonetici vari ed eventuali il suono che la parola deve avere.
Scusa per la parentesi, era solo una mia curiosita’ inutile.
Kukuviza
Ho preferito usare il suono pronunciato e mi piace di più come ci sta la zeta rispetto alla c.
Elena
Accidenti, non so se mi sarei più i******** per gli errori o per il fatto che anche libri di grandi editori ne siano pieni zeppi. Hai ragione su tutta la linea: si riesce a fare bene ma con pazienza e cura per il lavoro che si compie, come tutte le cose. Certo, se fosse un autore self ancora ancora, potremmo dire che è un asino come nella tua foto, ma Neri Pozza ecc… non si possono guardare. Ma insomma, chi hanno come editor e correttori di bozze, Paperino?
Daniele Imperi
Sempre che abbiano qualcuno che corregge i testi…
Maurizio
Completamente d’accordo, anche se devo spezzare una lancia in favore dei correttori di bozze sul discorso della sillabazione.
Questo è un problema “moderno” nel senso che è connaturato all’utilizzo dei moderni programmi di impaginazione (InDesign, Quark X-Press, Scribus ecc…). Nonostante l’utilizzo dei dizionari più aggiornati, questi software non ne vogliono sapere di sillabare in maniera corretta nel 100% dei casi e gli errori vanno poi ricercati e corretti manualmente, uno ad uno.
Daniele Imperi
Ciao Maurizio, benvenuto nel blog. Non mi sento di giustificare la tecnologia moderna, che dovrebbe semplificare e non complicare le cose. Avevo pensato anche io che poteva essere un problema di InDesign e simili, ma in quel caso si corregge a mano, come hai detto tu.
Maurizio
Vero, anche se nel caso di libri di 1000 pagine o più può diventare un lavoro veramente molto lungo…
Tenar
Io credo che tu abbia proprio la vocazione del correttore di bozze e che le case editrici dovrebbero catturarti, farti un contratto che non puoi rifiutare e sfruttarti
(PS: ti consiglio “Storia dell’assedio di Lisbona” di Saramago, non perché sia privo di refusi, ma perché il protagonista è un correttore di bozze)
Daniele Imperi
Ahah, il contratto che non posso rifiutare mi suona congruo di quattrini
Darò un’occhiata al libro di Saramago
Delia
Quando si vedono queste cose poi rimane difficile avere fiducia nell’umanità…
Comunque sia, a me capita di rado ed è capitato solo con editori semi sconosciuti.
Peggio che peggio quando sono sbagliati i libri scolastici…
Ma non è che va rivisto il percorso di studi di coloro che si professano “letterati”?
Ho la convinzione che a forza di blaterare su poetiche poeti e parafrasi, sia nei licei che nelle università ci si dimentichi proprio lu studio nudo e crudo della lingua!!
Daniele Imperi
Rimane difficile avere fiducia nei grandi editori. Prevedo belle litigate, se mai dovessero accettarmi un manoscritto.
Mi sai che hai ragione sull’ultimo punto…
Ida Daneri
Posso dirlo? Bello il suggerimento prestampato, nel box di risposta, di non scrivere tutto in maiuscolo: visto i tempi che corrono, ormai è necessario!
Concordo con te: quando leggendo trovo un “orrore” ortografico, la magia della lettura svanisce e atterro malamente nella realtà. Un vero peccato.
Conosco bene gli errori di cui parli, molto diffusi sul web, purtroppo, e ormai anche anche nei libri.
Gli “a capo” inventati, invece, quelli non li avevo mai visti: ormai è molto di moda il “giustificato” e la suddivisione sillabica è quasi dimenticata. Bisognerebbe imporre come esercizio Haiku e Tanka: chissà mai che abbia successo!
Daniele Imperi
Ciao Ida, benvenuta nel blog. I suggerimenti prestampati che ho inserito non vengono sempre osservati, però
Gli “a capo” creativi li vedo da qualche tempo. Il testo giustificato c’è sempre stato, ma almeno una volta si andava a capo normalmente.
Noemi
Posso immaginare cosa hai provato davanti a tutti quegli errori così assurdi.
Qualche mese fa anche io ho letto un libro particolare. Il contenuto non era dei migliori, e in più era pieno di errori ortografici. Purtroppo non era nemmeno una traduzione; era un libro scritto da uno “scrittore” siciliano che conosco personalmente, e a cui ho mandato un messaggio per ogni errore trovato. Ritengo che ogni buon autore – che sa davvero cosa ha scritto – debba prendersi cura del suo lavoro fino all’ultimo momento prima della pubblicazione, senza avere la fretta di metterlo in commercio.
E’ vero ciò che ho letto su questo articolo quando dici che questo genere di sbagli vanno a danneggiare la qualità dei libri stessi. Non posso che darti ragione.
Daniele Imperi
E lo scrittore come ha preso quella valanga di messaggi?
Noemi
Lo scrittore ci è rimasto davvero male, anche perché gli avevo suggerito di farlo vedere dalla sua relatrice. Lei ( non so in che modo lo abbia letto ) non aveva visto nessun errore, e invece il libro è uscito con diverse imperfezioni. E pensare che aveva pagato pure una certa cifra per farlo correggere.
Daniele Imperi
Complimenti alla redattrice…
Maria Pia Rollo
Ricordo ancora bene lo strafalcione che il traduttore della Mondadori, fece sul primo libro de “Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco” a.k.a. “Il Trono di Spade”: tradusse unicorno anziché cervo, che dava un senso alla scena del ritrovamento dei cuccioli di meta-lupo. Dopo non so quante ristampe, l’errore non è mai stato corretto!
Laura
Quello non è un errore, è stato fatto apposta, per dare un tocco “più fantasy” alla storia. Manco un traduttore automatico avrebbe confuso cervo con unicorno…
Daniele Imperi
Fatto apposta? Alla faccia del rispetto dell’opera e dell’autore
Daniele Imperi
Questo passo non me lo ricordo. In originale c’è quindi cervo?
Maria Pia Rollo
Si, c’era scritto “deer” “cervo”.
Alessia Pellegrini
Dì pure che lai fatto per farci del male: ai scritto tutti questi errori per farmi sentire male legendo quella s- a capo nella silabazione.
Ok, mi sono vendicata abbastanza per la sofferenza che ho provato durante la lettura di questo interessante quanto agghiacciante articolo. Rifiuto di credermi che dei professionisti abbiano lavorato alla revisione di quest’opera!
Ci sono errori davvero troppo grossolani e che nessun amante della grammatica -ma neanche semplice appassionato- riuscirebbe a tollerare per dormire poi sonni tranquilli.
La mia risposta alla tua domanda è: no, secondo me non basta leggere un libro per imparare a scrivere meglio; serve un buon libro, ben scritto e curato, altrimenti la lettura può essere un passatempo inutile (se non nocivo) come tanti altri!
Daniele Imperi
Sarebbe curioso leggere le giustificazioni di quei professionisti
Grazia Gironella
Accidenti, che perle! Non sarà un libro che ti hanno regalato apposta per farti arrabbiare? Però agli accenti disorientati non avevo mai fatto caso.
Daniele Imperi
Perle di saggezza
Quei libri, eccetto uno, li ho comprato io.
Sharon Vescio
Ciao Daniele, un articolo interessantissimo!
Dovrei stare più attenta quando leggo, per capire se ci sono errori nei vari testi, ma alcuni di quelli che hai citato sono inaccettabili per un libro pubblicato e quindi editato da una persona competente del mestiere!
La divisione in sillabe e quindi l’andare a capo viene insegnato alla scuola primaria, mi sembra quasi ridicolo che in un romanzo si possano trovare delle cose del genere!
Una volta è capitato anche a me rileggendo una vecchia saga e ci sono rimasta malissimo, oltre che basita, perché proprio non me lo aspettavo, mi sono sorti anche molti dubbi sulla qualità con cui una casa editrice effettua l’editing.
Voglio dire, va bene quello di base, ma per una pubblicazione ci vorrebbe quello approfondito!
Alla prossima.
Sharon.
Daniele Imperi
Ciao Sharon, grazie. Gli errori di sillabazione dovrebbero essere dovuti ai programmi di impaginazione, ma questo non li giustifica di certo.
Sharon Vescio
No di certo non giustifica simili errori, voglio dire, l’editing serve proprio per evitarli!
A presto, ciao ciao
Cristina
Accenti come se piovesse… Nel tuo campionario manca il po con l’accento anziché con l’apostrofo, cosa che mi fa sempre raggricciare le budella, o qual è con l’apostrofo. Per quanto riguarda la sillabazione, noto che le sillabazioni automatiche dei programmi operano queste strane scelte. Invece la sillabazione in lingua inglese va sempre evitata, specialmente perché noi non sappiamo mai dove troncare le parole. -ing ad esempio può andare a capo, come -ed… in caso di dubbio meglio consultare un buon dizionario!
Daniele Imperi
Il po’ con l’accento mi sa che non l’ho trovato.
Sulla sillabazione inglese non saprei proprio dire: meglio evitare il più possibile quelle parole
newwhitebear
Uno dei problemi è che la scuola non insegna più l’italiano, perché secondo le menti eccelse che ci governano non senza a nulla.
Quindi errori e orrori si sprecano nei libri che leggiamo. Quindi a refusi si aggiungono quel bestiario che hai appena citato..
Per le traduzioni poi c’è l’aggravante che i traduttori o sono improvvisati oppure usano software con risultati non proprio belli.
O.T per Openoffice si può installare language tool, che non sarà qualcosa di ottimo ma almeno evidenzia costrutti e altro che impongono allo scrittore di riflettere.
Daniele Imperi
Ciao Gian Paolo, benvenuto nel blog. Sono proprio curioso di conoscere come viene insegnato l’Italiano oggi a scuola. Con le traduzioni mi scontro sempre, le trovo spesso anarchiche.
Andrea Venturo
Un giro di Amaro Giuliani per tutti, offro io.
Quella dei typo, i refusi… quel modo elegante di chiamare gli orrori di ortografia proprio dell’alta editoria, è una diatriba che impazza da tempo.
Ho smesso di arrabbiarmi: seleziono il testo incriminato, copio e incollo prendendo nota della posizione e segnalo all’autore. Questo, se è un self, invia la correzione e tutti gli e-book collegati a quello.store riceveranno la correzione. Almeno per gli e-book di amazon funziona.
Ogni tanto un autore ringrazia pure.
Certo, se il lettore è sgrammaticato… succede che la lingua cambia e si evolve.
Daniele Imperi
Un giorno proverò a segnalarli alla casa editrice, vediamo se e come risponderà.
Dino
Ciao. Tanti e tanti e tanti anni fa mi avevano parlato di esigenze grafiche nelle colonne di giornali e riviste. Mi avevano accennato alla sparizione di mestieri come il Carrozziere riparatore con il carrozziere ricambista, del Signor Calzolaio con il venditore di scarpe da 15 euro.
Una domanda: una volta, tanti e tanti e tanti anni fa si usava l’assenzio come stimolante, ora che sostanze si usano? Io ho smesso di fumare (miracolato), ma qualche goccetto di rum me lo faccio.
Ho scritto qualche.
Tiade
Riemergendo da un gravoso limbo mi sono concessa la lettura di un tuo articolo.
Mi hai regalato qualche sorriso, non per la tua incavolatura, ma per l’ironia con cui la esprimi.
Fiocca “a bestia”, fa un freddo cane.
Mi sei di stimolo per riordinare le idee, riprendere il filo di un discorso rimasto in sospeso.
Sei taumaturgico.
Daniele Imperi
Taumaturgico non me l’avevano mai detto, finora, grazie
Furio
Riguardo chi casca nel problema della sillabazione, va detto che i software di impaginazione richiedono che venga impostata la lingua del documento, proprio per evitare questi problemi. Una tirata d’orecchie quindi ai correttori di bozze e all’impaginatore, che deve aver dimenticato di definire tale parametro.
Daniele Imperi
Ciao Furio, benvenuto nel blog. Quindi su InDesign, impostando la lingua italiana, la sillabazione verrà corretta?
Furio
Sì Daniele, se la lingua viene impostata correttamente per il documento, il problema della sillabazione viene risolto in automatico. In realtà in casi sporadici qualcosa scappa sempre, ma almeno sono poche occorrenze, che un buon editor non dovrebbe faticare a identificare e correggere.
William Ghelfi
A me fa imbestialire Baricco quando scrive “tutto quello” invece di “tutto ciò”.
Lo fa in ogni singolo suo racconto, e mi spezza l’immedesimazione.
Esempio inventato dell’uso che ne fa: “E non si capacitava di come potesse essere sopravvissuto a tutto quello.”
Daniele Imperi
Ciao William, benvenuto nel blog. Non credo sia sbagliato: ho letto che viene usato anche in funzione di “ciò”.
Flavia
Secondo la mia personale esperienza, ho imparato a leggere a tre anni senza più smettere e ho iniziato a scrivere poesie e piccole storie a undici-dodici anni, leggere aiuta. Si impara molto, anche da eventuali”errori” che cogli, anche da una letteratura di basso livello(é sempre un mio parere) come gli Harmony.Ogni cosa può diventare un insegnamento.
Daniele Imperi
Una letteratura di basso livello ti fa capire come non si deve scrivere
Flavia
Esattamente;-)