La zona di comfort dello scrittore

Ovvero: cullarsi nella stasi senza raggiungere un obiettivo

La zona di comfort dello scrittore

G li stati d’animo che portano gli scrittori a entrare in una o più zone di comfort e restarne intrappolati, senza ottenere alcun risultato.

Everyone has a comfort zone.

Seth Godin

In generale, si definisce zona di comfort uno stato psicologico in cui la persona si sente a suo agio, in un ambiente familiare e sotto controllo, senza ansia né stress. Messa così, la zona di comfort appare come uno stato mentale paradisiaco in cui vivere e sentirsi.

Purtroppo la zona di comfort è considerata un ostacolo al successo e per successo si intende il raggiungimento di un qualsiasi scopo. La zona di comfort è in pratica una zona morta, dove non può crescere nulla.

Non essendo un blog che parla di psicologia, oggi mi soffermo sulla zona di comfort degli scrittori. Anzi, sulle zone di comfort, perché ne ho individuate 8, che secondo me abbracciano tutti gli stati mentali in cui si potrebbe trovare chi scrive e vuol pubblicare.

Personalmente ho provato sulla mia pelle ben 6 zone di comfort dello scrittore su 8. Se e come ne sia uscito non è materia di quest’articolo.

La zona di comfort dello scrittore rifiutato

La peggiore in assoluto, credo. Inviare il manoscritto a una casa editrice, ricevere un rifiuto o, peggio, da 3 a 9 mesi di silenzio (secondo la casa editrice) per capire che l’opera non ha incontrato l’interesse dell’editore.

Spedirlo quindi a una seconda casa editrice, per ottenere lo stesso risultato. E poi idem con la terza e la quarta e la quinta e la sesta e gli anni passano.

Lo scrittore rifiutato ha a quel punto 4 alternative:

  1. continuare imperterrito a spedire quel manoscritto ad altri editori
  2. lasciar perdere
  3. scrivere un altro libro e ricominciare da capo
  4. autopubblicare la sua opera

In questo caso la zona di comfort è la seconda alternativa: lo scrittore persevera nella sua situazione di autore rifiutato dagli editori. Si arrende, insomma.

Tutti sanno che per uscire da una zona di comfort bisogna fare soltanto una cosa: agire. In realtà si agisce in ognuna delle 4 alternative. Mettiamola diversamente, allora: occorre agire per cambiare lo status quo.

Le alternative che restano sono quindi soltanto la 3 e la 4.

La zona di comfort dello scrittore non pubblicato

Forse questa è peggiore, perché l’autore impubblicato è chi neanche prova a pubblicare. I motivi possono essere vari:

  • paura di un rifiuto
  • eccessiva timidezza che non permette di esporsi
  • paura delle responsabilità che implica una pubblicazione
  • paura dell’editing
  • ecc.

Chi scrive vorrebbe pubblicare, ma se entra in questa zona di comfort, resta bloccato nel suo limbo di speranze e sogni.

C’è ben poco da fare in questo caso per uscire dalla zona di comfort. La parola magica è di nuovo agire. Bisogna buttarsi e basta.

La zona di comfort del primo libro pubblicato

Il primo libro pubblicato è un grande traguardo raggiunto. L’euforia potrebbe arrivare a bloccare lo scrittore alla sua opera prima. Come dire: volevo pubblicare e ce l’ho fatta. Ho dimostrato che sono in grado di pubblicare un libro.

Il periodo fra la prima e la seconda pubblicazione potrebbe protrarsi all’infinito. O, meglio, finché campa lo scrittore. Una sorta di inerzia, che vede lo scrittore crogiolarsi nel successo ottenuto e gli impedisce di continuare a pubblicare.

Il ricordo del primo libro pubblicato sembra sempre fresco, recente, troppo vicino nel tempo per cimentarsi con una nuova opera.

Come uscire da questa zona di comfort? La risposta è banale.

La zona di comfort causata dal blocco dello scrittore

Come ho scritto diverso tempo fa, il blocco dello scrittore non esiste. Eppure molti sono convinti di averlo. Chi entra in questa fase di stanca non produce, non sa cosa scrivere o come andare avanti nella stesura.

Si blocca, quindi. È una zona di comfort che dà preoccupazione, perché lo scrittore è fermo, ancorato al suo “dolce far niente” e i tempi della pubblicazione si allungano a dismisura.

Se siete entrati nella zona di comfort del blocco dello scrittore, il mio articolo vi suggerirà come uscirne.

La zona di comfort della procrastinazione

“Non fare oggi ciò che potresti fare domani”.

Questo è sempre stato il mio motto. La procrastinazione è una dea che molti adorano. La tecnica di rimandare a domani si affina con l’esperienza.

La procrastinazione è figlia dell’illusione: lo scrittore è convinto di avere sempre un domani a disposizione, eppure sappiamo tutti che arriverà un giorno in cui avremo da vivere soltanto quell’oggi. Il domani ci vedrà già parte della Storia.

Cosa e perché lo scrittore rimanda a domani? Di solito si rimandano:

  • L’inizio della stesura, dopo aver preparato trama, personaggi e ambientazione
  • La revisione del manoscritto
  • L’invio del manoscritto a una casa editrice

Perché si rimanda tutto questo? I motivi sono personali, ma spesso la procrastinazione è dovuta soltanto alla pigrizia.

Rimandare a domani ci dà comfort, un senso di rilassamento e apatia conditi con un pizzico di menefreghismo. Gli scrittori che entrano in questa zona di comfort si sentono protetti, perché la procrastinazione è una sorta di autodifesa.

Contro cosa? Contro l’azione, che produce risultati (negativi o positivi) e responsabilità.

La zona di comfort dell’inconcludenza

C’è stato un tempo in cui iniziavo a scrivere romanzi fantasy semplicemente… scrivendo. 4 romanzi in tutto. Il quinto invece ebbe un’ambientazione e una trama abbastanza dettagliate, forse fin troppo. E finì anch’esso nella Scatola dei Romanzi Incompiuti.

Perché non si concludono i romanzi iniziati?

Nel mio caso perché non avevano avuto un solido progetto alle spalle. E perché ho rimandato il lavoro da fare, non dedicando a quei romanzi il tempo necessario.

L’inconcludenza è figlia della procrastinazione. Diciamo quindi che la zona di comfort della procrastinazione causa la zona di comfort dell’inconcludenza.

Trovato il modo di uscire dalla prima, si esce automaticamente dalla seconda.

La zona di comfort delle scuse

Anni fa avevo trovato ben 50 scuse per non scrivere un libro. Era un articolo scritto più per sorridere che per altro, ma in fondo dice soltanto altrettante verità su chi ama scrivere ma non si decide a farlo.

Come disse qualcuno, al mondo c’è chi trova scuse e chi soluzioni. Sono due atteggiamenti opposti: il primo indica stasi, il secondo azione; il primo è proprio di chi non ha voglia di far niente, il secondo di chi si rimbocca le maniche.

La zona di comfort delle scuse tiene prigioniero lo scrittore in una gabbia di dubbi e questioni senza risposta. In realtà le questioni avrebbero risposte, così come i dubbi potrebbero essere dissolti.

Indovinate come?

La zona di comfort del successo altrui

È propria di chi vuol scrivere o ha già scritto un libro, ma non si decide a farlo perché intorno vede scrittori di successo e si convince della sua mediocrità e del conseguente insuccesso.

Perché fare qualcosa che altri hanno fatto meglio? Questa domanda è la chiave d’accesso alla zona di comfort del successo altrui.

Entrato in questa zona, lo scrittore non si decide a scrivere o a spedire la sua opera, certo che sarà inutile, che sarà oscurato dalla luce del successo degli altri autori.

Siete mai entrati nella zona di comfort dello scrittore?

Se sì, come ne siete usciti?

29 Commenti

  1. Andrea Venturo
    giovedì, 31 Gennaio 2019 alle 6:40 Rispondi

    La zona di comfort temporale.
    Sì riassume in
    “Non ho impegni, ho tutto il tempo per lavorare”

    Porsi dei limiti, liberare un pochino di ansia ricordando che il tempo è una risorsa limitata e preziosa, aiuta.

    • Daniele Imperi
      giovedì, 31 Gennaio 2019 alle 13:27 Rispondi

      Hai tutto il tempo e poi non lo usi? In quel caso si può parlare di zona di comfort.

  2. Nuccio
    giovedì, 31 Gennaio 2019 alle 12:41 Rispondi

    Non so se sono entrato in una di quelle zone da te descritte. Certo è che nel 2007 ebbi l’occasione di farmi pubblicare a pagamento(nn esoso) un libro di poesie dal direttore di una collana di un piccolo editore (ma nn troppo), abbastanza conosciuto a livello nazionale. Venivo da esperienze molteplici di rifiuti perché tutti gli addetti ai lavori consideravano l’opera interessante, ma: o nn consona alla linea , o rischiosa per il mercato editoriale. Pareri favorevoli, invece, e addirittura entusiastici in caso di pubblicazione a pagamento. Una casa editrice del nord arrivò all’impudenza di chiedere dieci milioni(anni 90). Ho continuato a leggere, studiare ed esprimermi in poesia, non tralasciando la prosa. Infatti nel mio blog non c’è traccia di poesia. Quella resta per me. Per pubblicare devi conoscere direttamente o indirettamente; dare garanzie di una cerchia diffusa di amici potenziali lettori. In un certo senso, devi essere “conosciuto”, altrimenti andrai sempre girando “di calle in calle”. 😁 Lasciate ogni speranza o voi, miserrimi sconosciuti!🤣

    • Daniele Imperi
      giovedì, 31 Gennaio 2019 alle 13:29 Rispondi

      Io continuo a credere a che non sia necessario avere conoscenze dirette o indirette.
      Questa che citi è proprio una zona di comfort! Hai trovato la 9° zona: La zona di comfort dello scrittore senza raccomandazione :D

      • Nuccio
        giovedì, 31 Gennaio 2019 alle 13:55 Rispondi

        Sì, ma non ho cessato di produrre…

  3. Nuccio
    giovedì, 31 Gennaio 2019 alle 12:47 Rispondi

    Chiedo venia! Ho inserito nel blog il riferimento a quattro mie poesia su youtube in un raptus di megalomania. Non lo ricordavo più.😣

  4. von Moltke
    giovedì, 31 Gennaio 2019 alle 22:05 Rispondi

    L’unica zona pericolosa in cui sono attualmente bloccato è questa: secondo romanzo inviao ad agenzia letteraria decisamente buona di Milano che ha valutato positivamente e sta cercandomi un editore. Ma da più di un anno. E l’attesa è deprimente.
    Nel frattempo ho scritto un altro romanzo e un racconto lungo, ma il primo è troppo lungo e il secondo troppo breve per venir pubblicati come libro, specie se di un esordiente.
    Così, il tempo passa, e, anche se sto scrivendo un altro romanzo, non sto inviando nulla a nessuno.
    Ma è normale che un’agenzia letteraria ci metta tanto a trovare un editore?

    • Daniele Imperi
      venerdì, 1 Febbraio 2019 alle 8:14 Rispondi

      Un anno per un’agenzia letteraria mi pare esagerato, ma non so come funzioni.
      Un racconto da pubblicare in un libro sarà sempre breve. Il romanzo quant’è lungo?
      La tua allora sembra la zona di comfort dello scrittore non pubblicato.

      • von Moltke
        venerdì, 1 Febbraio 2019 alle 21:21 Rispondi

        Il problema (se è un problema) è che di comfort, io, ne sento pochissimo, anzi, mi sento pieno di angoscia e disperazione a navigare nel silenzio, e quindi nell’indifferenza, generale, mentre un totti qualsiasi parte primo in classifica con un libro che non ha neanche scritto lui. Per non parlare dei “romanzi” delle youtuber quindicenni. Cosa faccio? Scrivo, scrivo, e scrivo ancora, dato che il romanzo che mi sembra il migliore di tutti è sempre quello che sto scrivendo.
        L’ultimo romanzo completato è lungo 337.000 parole, oltre due milioni di battute spazi compresi. Persino io mi rendo conto che, come esordiente, non posso proporre tanto. Quello che è in attesa presso l’agenzia, invece, conta oltre 150.000 parole, ossia 872.000 caratteri, e va già meglio.

        • Daniele Imperi
          sabato, 2 Febbraio 2019 alle 8:27 Rispondi

          Il libro di Totti lo vedo ancora in classifica fra i più venduti. Mi chiedo come possa succedere. E ho visto anche il libro di due ragazzini youtuber… questo è il problema, oggi: c’è gente che scrive scemenze, ma porta soldi a palate.

  5. Grazia Gironella
    venerdì, 1 Febbraio 2019 alle 10:21 Rispondi

    Il mio problema con la comfort zone è che non mi ci trovo mai tanto confortevole. Magari per un giorno o due sì, ma poi sento il bisogno di rimettermi in gioco, di cambiare; perciò se la situazione si protrae, per pigrizia o disillusione o altro, inizio a diventare inquieta. Questo non impedisce che io sia soggetta a quasi tutti i problemi che hai citato, ma alla fine mi spinge a ripartire.
    (Perché proporre un romanzo a un editore per volta? E’ una prassi ormai accettata che l’autore spedisca il manoscritto a più editori, giustificata dalle tempistiche, e purtroppo dalle scarse possibilità di ricevere un “sì”.)

    • Daniele Imperi
      venerdì, 1 Febbraio 2019 alle 10:27 Rispondi

      Non è confortevole, infatti, perché lo vedono tutti chiaramente che non porta a nulla.
      Qualcuno dice bisogna spedire a uno per volte, altri a più editori per volta. Che fare?

    • Nuccio
      venerdì, 1 Febbraio 2019 alle 11:19 Rispondi

      È consigliabile limitare l’invio a due o tre editori e attendere la risposta almeno x due mesi. Perché poi si può fare confusione e rinvialo a chi lo hai già spedito. Oltretutto puoi avere una dritta per migliorare la presentazione. Naturalmente l’organizzazione è personale.😁

      • Daniele Imperi
        venerdì, 1 Febbraio 2019 alle 11:23 Rispondi

        Be’, si presuppone che uno si segni gli editori a cui invia il manoscritto, ma non si sa mai :D
        Comunque, sono d’accordo che al massimo si debba spedirlo a 2 o 3.

        • Grazia Gironella
          venerdì, 1 Febbraio 2019 alle 11:32 Rispondi

          Tengo traccia di ogni mia azione riguardo alla scrittura, perciò nessuna confusione per me. Quanto all’invio a solo 2-3 editori per volta, mi sembra presupporre una facilità di risultati quantomeno improbabile. Quante vite deve avere un autore per proporre in questo modo un paio di romanzi? Ma giustamente ognuno si organizza come crede meglio.

          • von Moltke
            venerdì, 1 Febbraio 2019 alle 21:11 Rispondi

            Infatti.Io tengo un file excel con i dati degli editori a cui ho spedito. È facilmente aggiornabile e permette di spedire a una trentina di editori per volta tenendone traccia. Coi tempi biblici delle risposte (e l’altissimo tasso di non-risposte) spedire subito a tutti gli editori che potrebbero potenzialmente essere interessati è l’unica soluzione. Se poi rispondono in più d’uno tanto meglio: si potranno mettere a confronto le offerte.

            • Daniele Imperi
              sabato, 2 Febbraio 2019 alle 8:24 Rispondi

              Sì, infatti: se uno dovesse essere così fortunato da ricevere più risposte, farà la sua scelta in base alle offerte.

  6. Daniele Imperi
    venerdì, 1 Febbraio 2019 alle 12:03 Rispondi

    Mah, è solo per abbreviare i tempi. Se lo mandi a uno per volta, e ogni volta leggi che devi attendere circa 6 mesi, passa un anno e mezzo prima di sapere che nessuno dei 3 vuole il tuo romanzo.
    Se lo invii a 3 editori, passano solo 6 mesi.

  7. Maria Teresa Steri
    venerdì, 1 Febbraio 2019 alle 14:13 Rispondi

    “Non fare oggi ciò che potresti fare domani” è il mio motto :D
    Il problema è che – come Grazia – neanche io la sento una zona poi così confortevole. Anzi, sono parecchio a disagio nel rimandare, quasi in colpa verso me stessa, soprattutto sapendo che potrei scrivere di più e non lo faccio. Poi ultimamente l’apatia si sposa bene con le mille cose pratiche da fare. Consigli per uscirne non ne ho, tu come fai?

    • Daniele Imperi
      venerdì, 1 Febbraio 2019 alle 14:32 Rispondi

      Allora hanno ragione gli psicologi a definirla pericolosa, come zona.
      Anche io sento lo stesso disagio.
      Come faccio a uscirne? E chi dice che ne sia uscito? :D

      • Maria Teresa Steri
        venerdì, 1 Febbraio 2019 alle 14:41 Rispondi

        Argh! Speravo avessi qualche suggerimento :P Continuerò a cullarmi, allora :D

        • Daniele Imperi
          venerdì, 1 Febbraio 2019 alle 14:53 Rispondi

          Volevo ragionarci, in effetti, e magari scriverci un articolo. Vedremo.

  8. Ferruccio Gianola
    domenica, 3 Febbraio 2019 alle 15:15 Rispondi

    Per me c’è un solo modo per evitare la zona comfort: credere in se stessi.

    • Daniele Imperi
      lunedì, 4 Febbraio 2019 alle 8:15 Rispondi

      Sì, quello è sicuramente un modo per uscire da qualsiasi zona di comfort. Il problema è capire come :)

  9. Barbara
    martedì, 12 Febbraio 2019 alle 14:09 Rispondi

    Più che zone di comfort mi sembrano zone di sconfort! :D
    Ne conosco un paio. Come uscirne? Cambiando abitudini, non domani, ma oggi.

    • Daniele Imperi
      martedì, 12 Febbraio 2019 alle 15:05 Rispondi

      Sconfort senza dubbio :)
      Quali conosci?

      • Barbara
        martedì, 12 Febbraio 2019 alle 15:19 Rispondi

        Quella del non pubblicato forse, ma in realtà i racconti sono lì, visibili, leggibili, commentabili.
        Del blocco dello scrittore sicuro, ma non per stanchezza, quanto per rovinare l’idea scrivendola (leggasi Rosa Montero in La pazza di casa).
        Ora sono in zona out-of-comfort per questioni lavorative, e quello mi porta inevitabilmente a procrastinare la scrittura, essendo il tempo libero limitato e la testa impegnata in altre questioni urgenti. Quest’anno mi porta a cambiare parecchie mie comfort zone, vedremo se poi cambierà anche quella della scrittura. :)

  10. Bruno Cavallari
    mercoledì, 27 Febbraio 2019 alle 13:43 Rispondi

    Secondo me chi conosce e/o frequenta la zona comfort come me, è fuorviante dire che all’interno prova disagio. All’interno della comfort zone c’è il controllo e il controllo è una droga a cui nessuno vorrebbe mai rinunciare. Spedire e sbattersi per il proprio manoscritto significa vivere nell’incertezza, l’esatto contrario di quello che ci da la zona comfort. Io non ne sono mai uscito, dalla zona confort, si può tentare. Ci vuole coraggio e io personalmente non ne ho.

    • Daniele Imperi
      mercoledì, 27 Febbraio 2019 alle 15:58 Rispondi

      Ciao Bruno, benvenuto nel blog. Il disagio che intendo è dato dalla mancanza di risultati: la zona di comfort per uno scrittore non porta a nulla.
      Vivrai nell’incertezza anche senza fare nulla, senza spedire il tuo manoscritto: non saprai mai se potrà o meno piacere.

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