L’editing può salvare qualsiasi storia?

L’editing può salvare qualsiasi storia?

Sul cosiddetto editing, che non è altro che la revisione di un manoscritto, esistono diverse filosofie. Nel corso che sto seguendo da ottobre, il docente citò una frase, che suonava pressapoco così: “editing è tirare fuori oro dalla m***a”.

Non mi trovo per nulla d’accordo. Per come la vedo io, non sempre è possibile salvare una storia, a meno di non riscriverla da capo. Ma con un metodo differente, altrimenti tornerà a essere la spazzatura che era prima.

La revisione non può fare miracoli

I miracoli, semmai, spettano agli autori. Sono loro che devono riuscire a tirare fuori oro dalla nulla – usiamo questo termine, da ora in poi – che hanno scritto. E possono farlo con i consigli e le indicazioni del redattore (che altri non è chi chiamano editor in Italia).

In che cosa consiste la revisione di un racconto o di un romanzo?

Non ha nulla a che fare con la correzione di bozze, ovviamente, anche se qualche svista si corregge durante la revisione.

Il lavoro del redattore consiste nel trovare i punti deboli della storia, dello stile e anche del linguaggio:

  • Ritmo della narrazione: scene che necessitano di un ritmo lento e altre più veloce; ma perfino alcune parole e la stessa punteggiatura possono rallentare il ritmo.
  • Ostacoli, problemi, tutto ciò che crea aspettative nel lettore.
  • Ripetizioni.
  • Rime involontarie.
  • Eccesso di avverbi.
  • Eccesso di punti di sospensione.
  • Peso dei personaggi: una comparsa non può essere caratterizzata come il protagonista; viceversa, il protagonista non può essere appena accennato come fosse una comparsa.
  • D eufoniche: da eliminare, bandire dalla lingua.
  • Virgola fra soggetto e verbo.
  • Ecc.

Ma, parere mio personale, c’è un altro lavoro che spetta al redattore. E è anche intuibile, specialmente per quanti, come me, hanno inviato un manoscritto a una casa editrice.

Esiste una storia dentro il manoscritto?

Ho letto racconti che non erano storie, perché non succedeva assolutamente niente. Chiacchiere e basta. Non c’era tensione – la famosa suspense – non c’era un cambiamento nel protagonista, non c’era un problema da risolvere, una missione da compiere, un desiderio da concretizzare.

C’era un inizio, che si protraeva fino alla conclusione.

Erano, insomma, storie deboli.

Una storia debole, una non-storia come preferisco chiamarla io, va cestinata. Non può essere salvata. Il redattore non può riscriverla da capo, perché non è quello il suo lavoro, non spetta a lui riscrivere la storia, ma all’autore.

Sicuramente molti redattori – editor – non saranno d’accordo. Pazienza. Ma se manca la storia, se non succede niente, a che serve scriverla? Perché leggerla? Perché pubblicarla?

Quanti di noi si sono ritrovati a dire, leggendo un libro o anche vedendo un film: “Voglio vedere come andrà a finire”?

In alcuni esercizi assegnati al corso di editing non andava a finire un bel niente. E io non ho saputo che interventi fare in quei testi, perché per quanto mi riguarda erano da cestinare e basta. Zero storia e zero stile. È stato un martirio soltanto leggere.

Lo scopo della revisione

Forse sono io a non essere adatto al lavoro di revisione, ma per me il compito di un redattore non è salvare una storia, ma migliorarla. La storia deve esserci. Deve avere le carte in regola per funzionare, per tenere i lettori sulle pagine.

In caso contrario va riscritta. Ma dall’autore.

16 Commenti

  1. Luciano Cupioli
    giovedì, 18 Gennaio 2024 alle 10:00 Rispondi

    La paternità di un qualsiasi romanzo è e deve restare dell’autore. L’editor è il consulente a cui si rivolge per avere un punto di vista meno coinvolto e più professionale. Chi scrive non deve avere la presunzione di poter fare tutto da solo, serve che qualcun altro legga il suo lavoro e rilevi le criticità che lo scrittore non è in grado di vedere. Meglio se questo lettore è un editor professionista. Quest’ultimo non si deve però mai sostituire allo scrittore, e se un testo è troppo lontano da qualsiasi idea di romanzo, avere la capacità di rifiutarlo. Forse i romanzi si possono salvare tutti, ma taluni solo a fronte di profonde revisioni e riscritture che finirebbero per stravolgerli e snaturarli al punto da non essere più gli stessi. Come in tutte le cose ci deve essere una base solida per lavorarci. Se questa manca, spesso non vale la pena.

    • Daniele Imperi
      giovedì, 18 Gennaio 2024 alle 12:24 Rispondi

      Sono d’accordo sulle criticità da rivelare, che all’autore sfuggono sempre. Se manca una solida storia, allora occorre agire come dici: riscrivere tutto da zero, anzi progettare bene la storia.

  2. Andrea Perin
    giovedì, 18 Gennaio 2024 alle 10:17 Rispondi

    Buongiorno Daniele.
    La mia esperienza… alcuni miei racconti sono stati oggetto di un editing abbastanza severo (mio parere e di alcune lettrici beta che ovviamente hanno letto il prima e il dopo), ma devo dire che mi è servito per migliorare la scrittura. (Quando paghi, come per magia, sei meglio disposto a imparare ;-) ).
    Dopo alcuni anni di esperienze, ora collaboro con una editor che si limita alla correzione di alcuni errori segnalandomi ripetizioni e punti critici, lo chiamiamo ”editing leggero”. Per la prima correzione, impaginazione ecc. mi arrangio meglio che posso per risparmiare.
    Veniamo alla storia: lapalissiano che debba esserci, come non essere d’accordo con te. Se siamo spinti a scrivere con la quasi certezza di farlo per una manciata di persone, impegnandoci e spendendoci pure soldi, e visto che ci sono più scrittori che lettori, come minimo lo facciamo perché abbiamo qualcosa da raccontare… spero. Poi che a tanti o pochi il risultato non piaccia, beh, è normale: “prendi una tela nuova e fai un altro dipinto”, mi consigliò un prof. :-)

    • Daniele Imperi
      giovedì, 18 Gennaio 2024 alle 12:26 Rispondi

      Buongiorno Andrea, ci sono infatti vari livelli di revisione, quella strutturale è la più tosta, perché interviene proprio sulla struttura della storia.
      Bisogna avere “qualcosa da raccontare”: è il requisito fondamentale.

  3. Corrado S. Magro
    giovedì, 18 Gennaio 2024 alle 11:20 Rispondi

    “Editor” che passione, che fantastica invenzione! Ce ne sono a valanga ma in quanti utili? Impregnati di norme e presupposti, mi sono preso di tanto in tanto il lusso di consultarne qualcuno, m. o f. (scusate se non scrivo: Con morfologia altrimenti diversa) per sfizio. Tirando le somme: validi il 10 per cento. Il resto, fuffa! Non basta avere un dottorato in scienze paleontologiche – spaziali/universali/futuristiche di rinomatissime Università e avere frequentato corsi di scrittura creativa certificati di ogni genere. L’editor deve essere in grado di identificarsi con lo scritto, viverlo farlo suo. Un’impresa concessa a pochi e a volte impossibile per la qualità del materiale messo a disposizione.
    Senza scambiare l’editing con la revisione, meglio lasciare sedimentare, essere critici con sé stessi, rileggere più volte, intervenire o allora, essere in grado di scovare i capaci.

    • Daniele Imperi
      giovedì, 18 Gennaio 2024 alle 12:33 Rispondi

      Non tutti sono professionisti o comunque in grado di revisionare un testo migliorandolo. Come dici giustamente, l’editor deve riuscire a entrare nello spirito della storia, altrimenti non può dare consigli validi all’autore.

  4. Fabio Amadei
    giovedì, 18 Gennaio 2024 alle 11:41 Rispondi

    Caro Daniele,
    sottoscrivo in toto quello che dici.
    Quello che più mi ha colpito dell’articolo è aver usato la parola redattore al posto di editor. È stato come respirare una boccata d’aria fresca in alta montagna. Grazie mille.

    • Daniele Imperi
      giovedì, 18 Gennaio 2024 alle 12:36 Rispondi

      Ciao Fabio,
      per sicurezza avevo controllato nel vocabolario inglese il significato di editor, e è proprio redattore. Non si spiega perché in Italia abbiano avuto la necessità di creare una figura nuova. Forse perché più comunemente il redattore lavora in una testata giornalistica.

  5. Fabio Amadei
    giovedì, 18 Gennaio 2024 alle 13:13 Rispondi

    Si potrebbe usare anche il termine curatore. Sarebbe forse più appropriato 🙂

    • Daniele Imperi
      giovedì, 18 Gennaio 2024 alle 13:24 Rispondi

      Infatti sul sito WordReference.com c’è anche curatore come significato. Si fa come esempio:

      The editor made a number of corrections to the author’s text => Il curatore ha fatto alcune modifiche sul testo dell’autore.

  6. Orsa
    giovedì, 18 Gennaio 2024 alle 14:11 Rispondi

    Ci ho messo mesi per capire cosa effettivamente facesse un editor. Personalmente riconosco solo il correttore di bozze, l’editor è una figura imposta, dalla dubbia utilità e spesso alquanto irritante.

    • Daniele Imperi
      giovedì, 18 Gennaio 2024 alle 14:19 Rispondi

      Se pensi che un tempo non esisteva questa figura.
      Ma c’è anche un altro fatto da considerare: se invii un manoscritto a 10 correttori di bozze, riceverai le stesse correzioni. Se lo invii a 10 editor, riceverai 10 revisioni diverse.

  7. Orsa
    giovedì, 18 Gennaio 2024 alle 14:21 Rispondi

    Infatti non è una figura professionale che si possa definire obiettiva. Ma non è proprio una figura professionale a prescindere.

  8. Marco
    lunedì, 22 Gennaio 2024 alle 15:15 Rispondi

    Un mio problema è quando c’è una comparsa (o personaggio secondario) quanta descrizione è ok e quanta è troppo poco? (hai mai fatto un’articolo su ciò?)

    • Daniele Imperi
      lunedì, 22 Gennaio 2024 alle 15:20 Rispondi

      La comparsa è da intendere come nei film: non ha una parte rilevante. Se descrivi il protagonista che acquista qualcosa in un negozio e scambia qualche battuta col negoziante, il negoziante è una comparsa.
      Il personaggio secondario ha invece una parte più ampia. Prendi Zorro: lui è il protagonista, ma il sergente Garcia è un personaggio secondario.

      • Marco
        mercoledì, 31 Gennaio 2024 alle 19:35 Rispondi

        Grazie tanto.

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