Il linguaggio inclusivo in narrativa: usarlo o no?

Il linguaggio inclusivo in narrativa

Finora abbiamo sentito parlare del linguaggio inclusivo – e l’abbiamo visto purtroppo all’azione – nella scrittura di articoli in blog e profili sociali.

E la narrativa? La scrittura inclusiva è arrivata anche lì. E come al solito si assiste a una sorta di demonizzazione della narrativa passata e di molta di quella presente, non considerando minimamente i contesti culturali e storici relativi a quella narrativa.

Il protagonista “bianco, maschio, etero”

Una delle “accuse” mosse alla narrativa passata e odierna riguarda la tipologia dei protagonisti. I paladini dell’inclusività lamentano che siano sempre bianchi, maschi, eterosessuali. E che, quindi, tutte le altre categorie non siano rappresentate, bensì escluse.

È davvero così? In narrativa ci sono categorie escluse?

  • Radici (1976), romanzo autobiografico, è di Alex Haley, discendente di schiavi africani.
  • Ragazzo negro (1945), romanzo autobiografico, è dello scrittore Richard Wright, nipote di ex schiavi.
  • Il signor Norris se ne va (1935), romanzo poliziesco, è dello scrittore inglese Christopher Isherwood, omosessuale (come almeno uno dei personaggi).
  • Jane Eyre (1847) di Charlotte Brontë, Orgoglio e pregiudizio (1813) di Jane Austen, Anna dai capelli rossi (1908) di L.M. Montgomery e Piccole donne (1868) di Louisa May Alcott sono romanzi scritti da donne e con donne protagoniste.
  • Corinna o l’Italia (1807), romanzo autobiografico, è di Madame de Staël e ha una donna per protagonista.

Come avrete intuito, non sto parlando di romanzi moderni, ma di epoche in cui non esisteva l’attenzione che c’è oggi per alcuni temi sociali. E non posso certo elencare né trovare tutti i romanzi in cui ci siano tutte le categorie, se vogliamo chiamarle così, di protagonisti.

Bisogna però aggiungere che inizialmente la narrativa europea era scritta in massima parte da una sola categoria. Idem per gli Stati Uniti, che non erano altro che una parte dell’Europa trasferitasi in casa altrui.

Ignorare un tipo di personaggio non significa denigrarlo

Né escluderlo. Né considerarlo inferiore.

Ho letto diversi articoli – in inglese – sul linguaggio inclusivo in narrativa e tutti erano sullo stesso tono: va usato, prima di tutto, a prescindere da come voglia scrivere una persona.

Qualcuno ha perfino equiparato la documentazione sui luoghi alle tipologie di persone che li abitano. Ossia: se sentiamo la necessità di creare ambientazioni autentiche, allora dobbiamo anche creare personaggi autentici.

D’accordo. Ma cosa significa? Che un romanzo debba diventare un minestrone di categorie umane, altrimenti qualcuno può sentirsi escluso?

Il movimento inclusivista parte dall’errato presupposto che tutto sia marcio, offensivo, denigratorio, discriminante. Magari sbaglio, ma la mia percezione è questa.

Negli articoli che ho letto si consigliava di inserire varie “categorie” di personaggi affinché qualche lettore non si sentisse escluso. Quando ho letto Ragazzo negro, Il signor Norris se ne va e Piccole donne io non mi sono sentito escluso.

Quelle sono semplicemente storie di personaggi diversi da me. Per quale motivo dovrei leggere un romanzo che abbia una fotocopia di me stesso come protagonista? Dracula non leggerebbe mai Twilight di Stephenie Meyer, se non per farsi quattro risate.

Se non mi sento escluso io a leggere storie con protagonisti di categorie cui non appartengo, perché dovrebbero sentirsi esclusi gli altri?

Ciò che manca ai lettori di oggi è la maturità.

L’oscura figura del “lettore sensibile”

Qual è il compito di questa moderna figura? I lettori sensibili sono considerati una sottocategoria dei lettori beta e il loro compito è esaminare “manoscritti inediti con il preciso scopo di individuare imprecisioni culturali, problemi di rappresentazione, pregiudizi, stereotipi o linguaggio problematico”.

Sulle imprecisioni culturali sono d’accordo. Qualche anno fa mi sono fatto correggere da una traduttrice cinese madrelingua i nomi di alcuni personaggi e luoghi del mio romanzo.

Gli stereotipi vanno evitati a priori.

Ma che cos’è il linguaggio problematico?

Secondo quanto ho letto, per linguaggio problematico si intende “l’uso di qualsiasi parola o frase che abbia un significato specifico e dispregiativo nei confronti di uno specifico gruppo di persone emarginate”.

In genere si parla di “linguaggio abilista” (l’abilismo è “l’atteggiamento discriminatorio e pregiudizialmente svalutativo verso le persone con disabilità”, dal Dizionario Treccani), quindi se un personaggio dà del pazzo a un altro, l’autore ha usato un linguaggio problematico.

Qui siamo all’assurdo. Tutto ciò è folle. Ed eccomi a usare il linguaggio problematico.

Vi rendete conto di quante migliaia di libri contengano questo tipo di linguaggio? S’è mai lamentato qualcuno? Sono mai state sollevate polemiche? Non mi risulta. Soltanto in questo secolo si verificano simili problemi.

Il linguaggio come espressione della propria personalità

Ognuno di noi che scrive ha un suo linguaggio e un suo lessico. Il linguaggio dipende dalla nostra formazione culturale, il lessico dal nostro personale modo di esprimerci. Il linguaggio è personale, è frutto della volontà di chi scrive.

L’inclusività, come sempre, spersonalizza gli autori. La scrittura creativa – anzi, la scrittura in generale – è e deve restare libera, perché libera espressione di chi la pratica, senza che ci siano i gendarmi della morale a consigliare gli autori su come modificare i loro testi.

10 Commenti

  1. Luciano
    giovedì, 30 Marzo 2023 alle 10:05 Rispondi

    Quando scrivo tendo soprattutto a evitare le forzature. E se nella mia storia non c’è un gay o un disabile, è solo perché non c’entrano. Magari il mio prossimo racconto parlerà solo di loro, non ho preclusioni in tal senso. Purtroppo oggi il mondo è spesso condizionato dal fare scelte che non pregiudichino il sesso, l’orientamento sessuale o il colore della pelle. In realtà è proprio quando non ci facciamo il problema che il problema non c’è. Ricordo che anni fa non fu eletto assessore all’ambiente un uomo veramente esperto in materia semplicemente perché il consiglio doveva essere formato da un uguale numero di uomini e donne. Follia. Io non ho pregiudizi, ma nessuno mi dica mai come devono essere i personaggi di un mio romanzo.

    • Daniele Imperi
      giovedì, 30 Marzo 2023 alle 13:40 Rispondi

      Le forzature sono sempre sbagliate. E la figura dei “lettori sensibili” (cioè dei censuratori) vuole proprio imporre delle forzature.
      Concordo che quando non ci facciamo il problema, questo non ci sia.
      Riguardo al voto, quando sono costretto a votare per forza per un uomo e una donna, io non do il voto a nessuno. Il voto deve essere libero e le quote rosa sui voti sono una forzatura.
      Esatto: nessuno può dirmi quali personaggi debbano esserci nelle mie storie.

  2. Orsa
    giovedì, 30 Marzo 2023 alle 14:23 Rispondi

    Sto ridendo anch’io all’immagine di Vlad che legge Twilight :D E cosa succederà ai libri approvati da questi lettori beta sensibili, avranno un bollino qualità, una sorta di green pass? Come a dire che quello scrittore è una brava persona perché non è razzista, non è omofobo e non grassofobo? Ci saranno gli autori buoni e quelli cattivi? E cosa ne sarà degli autori cattivi e “paroliberi”? Disprezzo, gogna sui social, rogo? Vedo purtroppo una dimensione piatta dove neanche l’ironia o le metafore a questo punto potrebbero trovare posto nei libri, come anche nei film. Il messaggio di Kubrick non sarebbe mai arrivato senza il sergente Hartman e senza soprattutto palla di lardo. Anche io mi offendo quando leggo che la letteratura sta soccombendo sotto i colpi del moralismo censorio. Dunque mi ritengo un lettore sensibile (e da tutelare) pure io…

    • Daniele Imperi
      giovedì, 30 Marzo 2023 alle 14:28 Rispondi

      Chissà, magari si inventano davvero una specie di bollino di qualità. Il MinCulPop pubblicava l’elenco dei libri approvati, forse si farà un elenco del genere.
      Gli autori cattivi potranno accettare le modifiche e saranno pubblicati, oppure (come farò io) non accettarle e passare oltre.
      In effetti non hanno pensato a tutte le sensibilità: anche io sono sensibile alla censura, al politicamente corretto, alla ridicola deriva moraleggiante e censoria.

  3. Grazia Gironella
    giovedì, 30 Marzo 2023 alle 21:50 Rispondi

    Una storia non è un campionario su cui tutti devono essere rappresentati. Questo non dovrebbe offendere nessuno. Davvero ci sono lettori che si adombrano perché in un romanzo non è presente un personaggio con la stessa loro identità di genere/disabilità? Mi permetto di dubitarne. Mi sembra che tante forzature proposte in questi anni siano tentativi di cambiare l’animo umano attraverso una “correttezza” formale superficiale, priva di legami con il buonsenso. Non credo sia questa la via per diventare esseri umani migliori, più sensibili e più rispettosi.

    • Daniele Imperi
      venerdì, 31 Marzo 2023 alle 8:11 Rispondi

      A quanto pare oggi ci sono lettori che non si sentono rappresentati. Altrimenti non sarebbe nato il linguaggio inclusivo e non ci sarebbero stati i lettori sensibili.
      Il tentativo è quello che supponi. E neanche io penso che sia la via giusti per diventare migliori, perché così si crea solo malcontento, scatta la polemica, e via dicendo.

  4. Kukuviza
    mercoledì, 5 Aprile 2023 alle 11:26 Rispondi

    Sono d’accordo con tutto quello che dici, tranne per questa frase: “Vi rendete conto di quante migliaia di libri contengano questo tipo di linguaggio? S’è mai lamentato qualcuno? Sono mai state sollevate polemiche? Non mi risulta. Soltanto in questo secolo si verificano simili problemi.”
    Fortunatamente in questo secolo sta aumentando la sensibilità nei confronti di tante persone (che una volta venivano denigrate, penalizzate, escluse ecc) e situazioni orrende che una volta erano normali e perfino sostenute.
    Che poi si vada all’assurdo nell’altro senso, sono d’accordo.

    • Daniele Imperi
      mercoledì, 5 Aprile 2023 alle 11:41 Rispondi

      Se parliamo di un linguaggio che nei libri tende a insultare una qualche categoria, è un conto. Ma ho letto tantissimi libri del ‘900 e non ho trovato alcun linguaggio problematico.
      Il problema vero è questa presunta sensibilità vuole imporre le sue regole e il suo linguaggio ed etichettare chi la pensa diversamente con termini inventati e ideologici.

  5. Mara
    venerdì, 3 Novembre 2023 alle 8:55 Rispondi

    Mi immagino un futuro distopico dove determinate opere culturali e forme di espressione saranno considerate illegali solo perché non rispettano i codici comunicativi dell’inclusività e, in una società pervasa da questo “perbenismo” di facciata, ci ritroveremo a scambiarci di nascosto libri, canzoni, film non ammessi da un mondo dall'(apparente) faccia pulita…

    • Daniele Imperi
      venerdì, 3 Novembre 2023 alle 8:59 Rispondi

      Secondo me questo futuro distopico è quello desiderato dai paladini del linguaggio inclusivo e dagli amanti del politicamente corretto e della cultura della cancellazione. Ma troveranno pane per i loro denti.

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