5 abilità che ogni scrittore dovrebbe avere

Ovvero: come si dovrebbe scrivere una storia

5 abilità che ogni scrittore dovrebbe avere

Ci sono romanzi che ti offrono molto più di una semplice lettura, molto più di qualche ora piacevole in altri mondi e fra altre vite. Ci sono autori che, specialmente a chi scrive, offrono momenti di riflessione e involontari consigli di scrittura.

È su questo che ho ragionato mentre leggevo A casa di Dio di David Mitchell. È il terzo romanzo di quell’autore che leggo e, anche se non ho apprezzato il secondo letto (9 gradi di libertà, di cui non ricordo nulla), Mitchell resta uno scrittore al di sopra di molti altri.

Il suo stile varia in ogni sua opera, eppure è allo stesso tempo riconoscibile, forse proprio per la sua capacità di immedesimarsi con la storia e i personaggi, di raccontare ogni volta con una voce diversa, quella più adatta.

Come si dovrebbe scrivere una storia?

Trasformo il sottotitolo del post in una domanda. E la risposta che vorrei dare è: come la scrive David Mitchell.

È chiaro che una storia deve avere una trama solida, personaggi diversificati, e tutto ciò che ormai sappiamo a memoria su tecnica di scrittura e grammatica. Ma questo non basta, una storia deve funzionare, certamente, ma l’autore, nel raccontarla, deve anche dimostrare una serie di abilità, come le ho definite. Abilità che ho trovato nelle opere di Mitchell.

1 – Rappresentare gli stati d’animo dei personaggi

Le schede dei personaggi sono soltanto poco più di foto segnaletiche: servono all’autore ad avere chiaro in mente chi è quel personaggio per farlo inquadrare anche al lettore.

Ma durante la storia il personaggio dovrà affrontare dolori e piaceri e il suo comportamento e il suo umore cambieranno in funzione degli eventi.

Come rappresentare lo stato d’animo di un personaggio?

Non ho una risposta, ma quando ho letto A casa di Dio non ho avuto difficoltà a entrare in sintonia coi vari personaggi, nonostante quel romanzo sia narrato in prima persona dal protagonista, quindi non è per niente facile descrivere ciò che frulla per la testa negli altri personaggi.

Mitchell, credo, ci è riuscito parlando di piccole azioni, di sguardi, usando i dialoghi, o anche la riflessione del protagonista, le sue sensazioni.

2 – Disegnare immagini nella mente dei lettori

Una grande capacità di Mitchell è descrivere l’ambiente. Lo fa usando immagini vivide e poetiche insieme. Difficile da spiegare. Bisognerebbe leggerlo, aprire una pagina a caso e leggerla.

Non parlo delle abusate descrizioni che un tempo – e forse ancora oggi – si usavano nel fantasy, quell’insieme di particolari che spesso servono solo ad allungare il testo.

Mitchell descrive a tratti. Il ragazzo sta pensando alla sua giornata mentre cammina nel bosco e in quel flusso di pensieri infila una descrizione:

I canti degli uccelli sono i pensieri dei boschi.

Quest’abitudine ha per me più di un’utilità:

  • non stanca il lettore con una lunga descrizione dell’ambiente in cui si muove il personaggio
  • rende più personale lo stile dell’autore
  • ricorda al lettore dove si trova il personaggio

Piccole frasi e metafore come i versi di una poesia.

3 – Generare emozioni

Forse questa è un’abilità non comune, eppure dovrebbe essere la qualità principale di uno scrittore. Pochi autori sono riusciti a generare qualche emozione nella mia lettura. Mitchell è uno di questi. Il solito McCarthy è un altro. Rachel Joyce e Scarlett Thomas sono altre due.

Credo dipenda tutto dallo stile di scrittura, dall’uso delle parole e dalla loro combinazione. Dal ritmo della storia, anche, e dalla reazione dei personaggi agli eventi.

Come generare emozioni nel lettore?

Altra domanda a cui non so rispondere. Sono però convinto che uno scrittore debba abbandonare totalmente la timidezza quando scrive, lasciarsi andare in modo completo nella sua storia. Soltanto così potrà esternare le proprie emozioni e avere buone probabilità di farle provare ai lettori.

4 – Creare aspettativa

Sono un po’ fissato su certi aspetti della narrativa. Però ognuno ha le sue fissazioni, ogni lettore e ogni scrittore ha le sue preferenze.

Se in una storia non provo un senso di aspettativa, a me quella storia annoia. E il rischio è che non finisca di leggerla.

Quando ho iniziato a leggere A casa di Dio (che tra l’altro è un romanzo di formazione e anche semi-autobiografico) ho pensato subito che non avrei provato questa sensazione, che in un romanzo che parla della vita di un tredicenne fra casa, scuola, amici non ci sarebbe stato nulla di così interessante da leggere.

E in 4 giorni ho finito le 400 pagine del romanzo.

Come creare aspettativa? Secondo me con 3 elementi:

  1. Conflitti: reali (battaglie, ecc.) ma anche e soprattutto interiori.
  2. Suspense: tenere in tensione il lettore, fargli domandare sempre “e adesso che succederà?”.
  3. Trasformazione dei personaggi: A casa di Dio è anche un romanzo di formazione e in questo tipo di storie la trasformazione è d’obbligo. Ma un personaggio può cambiare in molti modi: pensate a quando assistiamo a cambiamenti di idee e decisioni. Anche quelli valgono come trasformazione.

L’aspettativa nel romanzo di Mitchell non manca: ogni volta che aprivo il libro non vedevo l’ora di sapere cosa sarebbe accaduto quel giorno.

5 – Creare sottotrame e sottostorie

Una storia è fatta anche di fatti non propriamente utili alla trama. Ma questo non significa giudicare questi fatti infodump. Se da una parte togliendo quei fatti la storia funzionerebbe lo stesso, dall’altro ci potremmo ritrovare non con un romanzo, ma con una trama allungata.

Nel romanzo di Mitchell la storia principale è la vita del tredicenne Jason Taylor, ma all’interno, per rafforzare la sua storia e rendere il personaggio più completo, ci sono piccole sottotrame sparse qui e là.

C’è la storia del padre e quella della madre, che entrano in quella principale in piccoli brani, formando alla fine del romanzo una sorta di storia completa. Un tredicenne vive coi genitori, quindi un autore è obbligato a parlarne.

Per sottostoria, invece, intendo qualcosa di diverso. Faccio l’esempio di Jason che in un capitolo parla con un’anziana signora a proposito di poesia. Togliendo quella parte, il romanzo non perde nulla. Togliendo quella parte, il romanzo perde invece uno degli elementi che lo rendono “romanzo”.

Le sottostorie. Piccole storie che arricchiscono la storia principale, la rendono più credibile, più solida e spessa, altrimenti leggeremmo una notizia di giornale e non un romanzo.

Se le sottotrame sono elementi utili alla trama perché aiutano il lettore a capire meglio l’ambiente in cui si evolve la storia, le sottostorie sono invece una sorta di condimento che ne migliora il sapore.

Queste sono per me le 5 abilità che ogni scrittore dovrebbe avere e questo è ciò vorrei trovare e provare in ogni romanzo che leggo. Che ne pensate? In quale autore avete trovato queste abilità? E cosa pensate delle sottostorie?

43 Commenti

  1. MikiMoz
    martedì, 17 Maggio 2016 alle 6:47 Rispondi

    Beh, innanzitutto mi hai appena fatto scoprire un autore (e un romanzo!) che potrebbe piacermi molto.
    Anche io odio le descrizioni didascaliche da romanzo fantasy (in Tolkien le saltavo a piè pari).
    Le abilità che citi sono tutte utili a fare di un’opera una bella opera (specie le sub-storie).
    Io ci aggiungerei l’onestà: sia nel modo in cui una cosa è scritta (non inutilmente altisonante, pesante, piena di “paroloni”) sia come è raccontata (da un romanzo su un tredicenne, ad esempio, mi aspetto cose da tredicenni)
    Bella lì, Sandokan! ;)

    Moz-

    • Daniele Imperi
      martedì, 17 Maggio 2016 alle 13:15 Rispondi

      Bene, spero ti piaccia il romanzo :)
      Sono d’accorso su quello che intendi per onestà: le parole vanno usate se si conoscono bene e se servono, non per fare bella figura.
      Il linguaggio è quello di un tredicenne, ci sono infatti frasi e parole gergali dell’epoca, che comunque si capiscono.

  2. Piccarda
    martedì, 17 Maggio 2016 alle 8:15 Rispondi

    Le storie che mi hanno dato più emozioni sono state spesso quelle dei grandi classici: Tolstoj, Dostoevskij, Zweig, Balzac ecc… e mi domando come sia possibile: non hanno tutti quegli ingredienti che oggi riteniamo indispensabili, per esempio il sesso è sempre e solo accennato, la suspance piuttosto assente. Sì. le sottotrame ci sono ma anche le storie sono piuttosto banali eppure quando entri in quei mondi o in certe frasi ti senti vibrare e avvolgere…

    • Daniele Imperi
      martedì, 17 Maggio 2016 alle 13:16 Rispondi

      È vero nei classici non c’è quasi per niente tutto questo, eppure ancora durano e sono ancora belle storie. Non credo però che il sesso nei romanzi sia un elemento che oggi il lettore cerca.

  3. monia74
    martedì, 17 Maggio 2016 alle 9:36 Rispondi

    Quello che penso: questi skills si possono imparare tutti (sul 4 ho ancora moltissimo da fare), ad eccezione del 2. Ogni volta che leggo una frase come quella che riporti nell’esempio, io vedo la differenza tra me e uno scrittore vero. Lo so che ognuno ha il suo stile, ognuno ha il modo di esprimere il proprio immaginario, però ci sono modi geniali, modi meravigliosi e io li ammiro nel profondo.

    • Daniele Imperi
      martedì, 17 Maggio 2016 alle 13:18 Rispondi

      Guarda, capita anche a me di leggere certe frasi e pensare quello che pensi tu, ma credo dipenda da vari fattori:
      1- bisogna leggere molto, anzi di più
      2- bisogna scrivere molto
      I modi geniali sono tutti personali, anche se dobbiamo considerare una certa abilità innata nel saper usare il linguaggio.

  4. Emiliano
    martedì, 17 Maggio 2016 alle 10:38 Rispondi

    Dal mio punto di vista lo stile è sì soggettivo, ma per uno scrittore sono sempre dell’idea che deve far “vivere” la storia al lettore in ogni sua sfaccettatura. In pratica deve far provare le stesse emozioni di ansia, paura gioia e chi più ne ha ne metta a chi legge. Anche vero che siamo abituati a storie a cliché come le chiamo io, in effetti scrittori che sappiano dare ciò che hai descritto non ne ricordo. Comunque sono doti da non sottovalutare e ampliare oltre che imparare, nel romanzo fantasy che avevo scritto ho cercato di dare questi punti, per le sotto storie le trovo una cosa intrigante, per definire meglio contesto e caratterizzarne il testo, creando situazioni di spessore. Ottimo articolo e momento di crescita :).

    • Daniele Imperi
      martedì, 17 Maggio 2016 alle 13:20 Rispondi

      Questa abilità per me sono al di là dello stile di scrittura. Non penso sia facile averle tutte, perché far emozionare il lettore non è cosa da poco, dipende da tanti fattori e da tanti elementi della storia.

  5. PADES
    martedì, 17 Maggio 2016 alle 12:09 Rispondi

    Certo che come fai venir voglia di leggere un romanzo tu, pochi ci riescono… Su Mitchell ci avevo già messo gli occhi, ora ci metto anche le mani di sicuro.
    Non ricordo romanzi nei quali tutte queste abilità fossero ai massimi livelli, ma sicuramente quelli che mi sono piaciuti di più le contenevano tutte, è vero.

    • Daniele Imperi
      martedì, 17 Maggio 2016 alle 13:20 Rispondi

      Bene, ho convinto un altro lettore a leggere Mitchell :D

  6. Juan
    martedì, 17 Maggio 2016 alle 13:11 Rispondi

    Secondo me ogni tua domanda “come fa a…?”, sia essa inerente lo stile, i personaggi, le descrizioni o la profondita’ della storia, si riduce alla medesima risposta: ci riesce perche’ l’autore conosce la storia “inside-out”, la gira e la rigira come un calzino, conosce i suoi personaggi in ogni piu’ infinitesimale dettaglio e, cosa piu’ importante di tutte, ama la sua opera. Negli anni ho notato che i libri che mi hanno coinvolta di piu’, che mi hanno appassionata e costretta (tra virgolette) a fare le ore piccole pur di finirli sono anche quelli che i loro autori hanno amato scrivere. C’e’ bisogno di bravura, certo, ma anche di passione: senza quella, nessuna storia trascendera’ mai la carta sulla quale e’ stata stampata ne’ arrivera’ mai dritta a noi.

    • Daniele Imperi
      martedì, 17 Maggio 2016 alle 13:26 Rispondi

      Sicuramente hai ragione, bisogna conoscere la storia in modo completo, le sue sottostorie, i personaggi. E sono d’accordo anche con la passione, lo vedo quando mi viene in mente una storia: se non riesco a scriverla, significa che non mi appassiona.

  7. Giuliana Guzzon
    martedì, 17 Maggio 2016 alle 13:17 Rispondi

    Buongiorno Daniele 😊 io sono una scrittrice e ti faccio i complimenti per aver evidenziato i punti salienti della stesura di un libro. Ritengo fondamentale la linea citata e ben descritta. Naturalmente lo stile rimane individuale, ma non si deve perdere di vista i punti fondamentali della narrazione. Ci sono vincoli a seconda dei generi che vanno rispettati e bisogno sempre tener presente che il lettore non è nella testa dello scrittore, ma siamo noi al contrario che dobbiamo entrare nella sua. È stato un piacere leggere il tuo articolo. Grazie.

    • Daniele Imperi
      martedì, 17 Maggio 2016 alle 13:29 Rispondi

      Ciao Giuliana, grazie e benvenuta nel blog.
      Penso che bisognerebbe sempre ricordarsi che il lettore non sta nella nostra testa, quando scriviamo qualcosa :)

  8. Elisa
    martedì, 17 Maggio 2016 alle 13:36 Rispondi

    sottotrame e sottostorie sono i “camei” letterari dell’autore.
    Lo scrittore – non visto – lancia il sasso nel fosso, mentre sulla strada continua a scorrere veloce il romanzo. Le creature dello specchio d’acqua fuggono e dai loro nascondigli spiano inquiete. Il lettore si distrae un po’, guarda anch’egli il fosso e le onde provocate dal sasso, riflette e cerca di dare un senso all’accaduto. Segue con lo sguardo quello delle rane verdi e dei gamberi di fiume, non vede più i cerchi nell’acqua ma nel cuore ha un sussulto d’amore.

    • Daniele Imperi
      martedì, 17 Maggio 2016 alle 13:50 Rispondi

      Una bella spiegazione poetica delle sottotrame e delle sottostorie :)

      • Elisa
        martedì, 17 Maggio 2016 alle 13:54 Rispondi

        grazie caro ;)

  9. Valentina
    martedì, 17 Maggio 2016 alle 14:47 Rispondi

    Ciao Daniele (a rieccomi :D) a parte che ora “mi toccherà” leggere anche Mitchell perché non lo conoscevo :) , sono d’accordo su tutto tranne sul fatto che una storia per funzionare debba avere una trama solida e personaggi diversificati. Secondo me se scritta bene una storia può funzionare anche quando non succede niente, oppure succede tutto nella mente di un personaggio, o attorno a uno o due personaggi soltanto (vedi, appunto, Sunset Limited.. :D) No? . Ciao!

    • Daniele Imperi
      martedì, 17 Maggio 2016 alle 15:01 Rispondi

      Insomma, sto riempiendo la tua libreria :D
      Su Sunset Limited, hai ragione, alla fine non succede nulla, è una storia statica, un dramma statico, anzi. Ma i personaggi sono forti, no?

      • Valentina
        martedì, 17 Maggio 2016 alle 15:19 Rispondi

        I personaggi sono molto forti (soprattutto il nero a mio parere) ma non compiono una trasformazione (altro elemento che tu ritieni fondamentale se non sbaglio :)).
        Quindi secondo me questi elementi possono stare in una storia tutti insieme ma anche singolarmente, oppure non esserci affatto… In Gebte di Dublino ad esempio, in alcuni racconti non succede niente e i personaggi sembrano proprio incarnare l’ineluttabilità della vita… Sbaglio? Grazie per lo scambio!

        • Daniele Imperi
          martedì, 17 Maggio 2016 alle 15:28 Rispondi

          Vero, i 2 personaggi non cambiano per niente. Il dramma è solo uno scambio di pensieri che non porta a nulla. Diciamo allora che devi essere molto bravo a far funzionare una storia con uno solo degli elementi o perfino nessuno :)

  10. Chiara
    martedì, 17 Maggio 2016 alle 14:48 Rispondi

    Se mi sento piuttosto forte sui punti 1 e 2, devo ancora lavorare sul 5, forse perché sono ancora alle prime armi. Il 3 e il 4 ci sono, ma a livello di prima stesura si perdono a causa di una naturale prolissità, che a volte disperde l’attenzione. Non lo considero però un difetto preoccupante, visto che in revisione potrò ottimizzare il tutto, e visto che mi sto esercitando per ridurre i tagli al minimo.

    • Daniele Imperi
      martedì, 17 Maggio 2016 alle 15:03 Rispondi

      Il punto 5 anche per me è ancora difficile, anzi mi preoccupa,nel senso che ho paura di non riuscire a inserire queste sottotrame e sottostorie. Il segreto, forse, sta nel creare buoni personaggi, con un passato e un presente ben definiti.

  11. Chiara
    martedì, 17 Maggio 2016 alle 15:07 Rispondi

    Io di sotto-trame ho bisogno anche a causa dell’ “ampiezza” dell’arco temporale: in 15 anni non sarà solo il protagonista a subire dei mutamenti importanti, ma anche i personaggi di contorno, sennò non è realistico. Il mio problema è come integrarle al meglio nella trama principale senza andare fuori tema….

    • Daniele Imperi
      martedì, 17 Maggio 2016 alle 15:12 Rispondi

      In un arco di tempo lungo secondo me sono proprio obbligatorie. Su come integrarle devi trovare delle soluzioni adatte. Forse il difficile è più riuscire a inserirle nella storia principale che crearle.

  12. Chiara
    martedì, 17 Maggio 2016 alle 15:40 Rispondi

    Hai proprio centrato il punto: vorrei che queste sottotrame fossero comunque legate alla storia del protagonista e possano avere un impatto di qualche tipo su di lui. :)

  13. Matteo Rosati
    martedì, 17 Maggio 2016 alle 17:57 Rispondi

    Del punto 2, “disegnare immagini nella mente dei lettori”, raccolgo la critica lanciata alle descrizioni del fantasy! Non sono infatti certo che esse servano ad allungare il testo, quanto piuttosto ad introdurre in un mondo diverso, e che quindi deve essere illustrato in tantissime cose, che altrimenti daremmo immaginativamente per scontato siano tali e quali a come lo sono nel nostro.
    Detto questo resta però il fatto che pure a me capita di annoiarmi leggendo certe descrizioni… Per questo ho riflettuto un po’ sul perché ed alla fine son giunto alla conclusione che, nello scriverle, una cosa importante non sia soltanto la scelta delle parole giuste (come quelle molto belle che hai citato), ma anche il giusto momento in cui fornire all’immaginazione del lettore quelle informazioni.
    Qual è questo momento? Non saprei dirlo con esattezza, ma sono certo che se le descrizioni vengono fatte troppo tardi, è inevitabile che vengano poi lette sbuffando, perché il lettore ormai le cose se le è immaginate da solo ed a quel punto gli risultano superflue.

    • Daniele Imperi
      martedì, 17 Maggio 2016 alle 18:02 Rispondi

      In alcuni casi sembrano allungare il testo quelle descrizioni, ma leggendo Tolkien non ho avuto questa impressione.
      Concordo sullo scegliere il momento giusto per inserirle.

  14. Barbara
    martedì, 17 Maggio 2016 alle 19:19 Rispondi

    Per quanto riguarda lo stato d’animo dei personaggi ed il generare emozioni nel lettore, queste dipendano da quanto lo scrittore “sente” la sua storia. Spesso ho la sensazione che l’emotività del momento passi dallo scrittore stesso che la vive, immedesimato nel suo personaggio, al lettore che la ritrova su carta. Il che si ricollega al concetto di “metterci passione” come ha detto qualcuno qui sopra nei commenti.
    Per le descrizioni, non è questione di quantità, ma di qualità. Quelle di Tolkien non mi sono mai venute a noia, altre più brevi, magari anche solo due frasi, hanno rischiato di farmi abbandonare la lettura. Se sono troppo particolareggiate, come se lo scrittore stesse inquadrando con la telecamera oggetto per oggetto con una panoramica a 360 gradi, sono terribili. Se invece si coglie qualche elemento essenziale, qua e là, lasciando comunque spazio alla fantasia personale del lettore, l’effetto è migliore. “La descrizione comincia nella fantasia dell’autore, ma dovrebbe finire in quella del lettore” dice Stephen King.
    Sul creare aspettativa…eh, bella questione. Negli ultimi libri che sto leggendo, quelli che mi convincono di più sono quelli che mi fanno dire “No, ma adesso non succederà mica che….” e puntualmente il fattaccio succede. Pare proprio che lo scrittore sia lì a fare continuamente lo sgambetto al protagonista. Questo mi crea aspettativa (e adesso come ne esce?) e genera l’emozione (preoccupazione pura).
    Sul creare sottotrame e sottostorie…credo basti approfondire qualche particolare dei personaggi secondari. Allo stesso tempo si definiscono meglio e danno più sapore alla storia. Per fare un paragone culinario, le verdure lesse sono verdure lesse. Ma se ci metti un filo d’olio, sale e pepe, qualche spezia esotica, ed una spolverata di parmigiano, vuoi mettere?

    • Daniele Imperi
      mercoledì, 18 Maggio 2016 alle 8:28 Rispondi

      Neanche io ho avuto a noia le descrizioni di Tolkien. Sulla passione sono d’accordo, non tanto su quanto dice King: dipende dal contesto, in alcuni casi la descrizione serve e non si può lasciare alla mente del lettore.
      Per quanto riguarda le verdure lesse, per me restano verdure lesse anche con tutte le aggiunte che ci metti sopra :D

  15. Alessandro C.
    mercoledì, 18 Maggio 2016 alle 11:24 Rispondi

    6) Non annoiare (leggasi “non accanirsi sul lettore);
    7) creare empatia;

    • Daniele Imperi
      mercoledì, 18 Maggio 2016 alle 11:32 Rispondi

      L’empatia la metterei compresa nel punti 3 e 4. Sulla noia dipende: credo sia in funzione dei gusti del lettore. I più considerano “Il vecchio e il mare” un capovaloro, per me resta uno dei romanzi più noiosi che abbia letto.

  16. L'Anonimo Scrittore
    mercoledì, 18 Maggio 2016 alle 16:05 Rispondi

    Comincio a pensare di non dover più passare da questo blog visto che ogni volta che leggo un articolo leggo un autore che non conosco e la mia autostima cala…
    Detto questo concordo con te per le cinque caratteristiche che uno scrittore dovrebbe avere ma, credo, siano solo una manciata nella globalità delle “skill” di uno scrittore (o aspirante tale).
    Il problema (o forse è meglio dire il punto), è che tutte le caratteristiche da te citate nascono e si migliorano solo se c’è un’altra caratteristica alla base: costanza (e impegno). Se manca la base viene giù tutto. Se la base c’è ed è solida allora si ha sempre un margine di miglioramento.
    Il bello (o il brutto) della scrittura è che nessuno ti può insegnare nulla, non c’è un modo giusto o sbagliato di fare qualcosa. Esistono tante strade per arrivare ad un punto finale comune che è, appunto, riuscire a produrre un testo di qualità.
    Quindi produrre, produrre e ancora produrre…

    • Daniele Imperi
      mercoledì, 18 Maggio 2016 alle 16:25 Rispondi

      Ciao Gabriele, benvenuto nel blog. Se cominciano a far calare l’autostima scovando autori nuovi non finiamo più :)
      Concordo che ci voglia costanza per affinare quelle abilità, ma non credo che basti, secondo me qualcosa di innato deve esserci.

      • Valentina
        mercoledì, 25 Maggio 2016 alle 1:27 Rispondi

        Secondo me si possono affinare leggendo e scrivendo tanto, ma concordo assolutamente sull’innato.

      • Luisa
        mercoledì, 25 Maggio 2016 alle 21:05 Rispondi

        Come già detto da qualche parte … ho iniziato anni fa con frasi e riflessioni, avevo anche un sito di aforismi molto innovativo, che a fine anno probabilmente sparirà perchè tutto ciò che è stato fatto sul web con flash non sarà più visibile, un lavoro che ci ha tenuti impegnati quasi un anno, un prodotto multimediale interattivo dove musica, immagini e frasi sono in armonia.
        Poi, ho osato,così…, per una causa (a mio parere giusta) e ho solo la penna a dir ciò che c’è da dire… ho scritto tutto dun fiato, senza badare a tutte quelle cose ragionate, e mi sono anche divertita, se pur consapevole di non avere quei mezzi di padronanza della lingua Italiana, come dice giustamente anche Valentina forse si possono affinare quelle tecniche di buona scrittura. Poi bisogna anche lasciar fare un pò al fato.

  17. delia
    giovedì, 19 Maggio 2016 alle 13:32 Rispondi

    Il vecchio e il mare è sicuramente un romanzo piatto e poco avvincente, ma ha qualcosa di “potente” che lo rende piacevole. Ricordo che lo lessi da piccola e mi incuiriosí il fatto che fosse molto ripetitivo e parlasse (unicamente) di un vecchio su una barca. Mi chiesi, ma allora un libro non è così difficile da scrivere.
    Eh, beata gioventù! :-)
    Per esempio, io no km sono riuscita a leggere Toolkien per l’eccessiva lentezza con cui accadono gli eventi. Magari storia e personaggi sono perfetti, ma il lettore sbadiglia!
    Concordo in pieno con la 2: se non trovo metafore, difficilmente riesco ad appassionarmi a un romanzo.

    • Daniele Imperi
      giovedì, 19 Maggio 2016 alle 13:56 Rispondi

      Calcola che per leggere 80 pagine de Il vecchio e il mare ho impiegato un intero mese e solo un mese e mezzo per le 1300 pagine de Il signore degli anelli. Abbiamo quindi un concetto diverso della noia :D

  18. Monia
    martedì, 24 Maggio 2016 alle 17:32 Rispondi

    1) “Come rappresentare lo stato d’animo di un personaggio?” Ti/ci chiedi. E poi ammetti di non avere una risposta. Sai perché secondo me non hai una risposta? Perché in effetti UNA risposta non c’è.

    2) Mi conosci abbastanza da sapere quanto mi piaccia il puntodue. Eppure qualcuno potrebbe detestarlo. Qualcun altro potrebbe riuscire a coinvolgere moltissimo i propri lettori optando per una soluzione completamente differente. Possiamo farne una regola codificata? Purtroppo/per fortuna mi sa di no.

    3) E meno male c’è il “generare emozioni” non è un’abilità comune, mi viene da dire. Perché riuscire in qualcosa in cui riescono tutti è un po’ come vincere a una lotteria per cui sono stati stampati solo biglietti vincenti. Qualcuno potrebbe obiettare che è comunque vincere. Ma anche no.

    4) Secondo me l’aspettativa è un concetto estremamente complesso, si può nutrire aspettativa anche senza elementi oggettivi capaci di creare quella tensione da “fiato sospeso”.

    5) Le sottostorie sono sempre un argomento interessante. Da approfondire.

    Cosa penso in due parole di questo post? Penso che forse la sesta abilità che è importante uno scrittore abbia è una sorta di… “Sesto senso”. A un certo punto uno scrittore deve essere in grado di capire quand’è il momento di accettare il bagaglio che ha, prendere per buone le nozioni che possiede, fare pace con quello che sa fare e con quello che non sa fare e, “semplicemente”, andare.

    Perché l’abilità numero 6 forse è la capacità di capire quando è il momento di smettere di “guardarsi scrivere” e iniziare davvero a scrivere.

    • Daniele Imperi
      martedì, 24 Maggio 2016 alle 17:44 Rispondi

      1) Bene :)
      2) No, nessuna regola. Ma disegnare immagini nella mente può significare tante cose.
      3) Vero.
      4) Vero anche questo.
      Sul sesto senso hai ragione, è difficile prendere in mano la situazione, ma bisogna farsi coraggio.

  19. Ferruccio
    mercoledì, 8 Giugno 2016 alle 15:03 Rispondi

    Io penso di averle queste qualità. Sono solo un po’ lungo come gestazione

    • Daniele Imperi
      mercoledì, 8 Giugno 2016 alle 15:14 Rispondi

      Io sono lunghissimo come gestazione :D

Lasciami la tua opinione

Nome e email devono essere reali. Se usi un nickname, dall'email o dal sito si deve risalire al nome. Commenti anonimi non saranno approvati.