5 regole per scrivere meglio

Al di là delle comuni regole di scrittura

5 regole per scrivere meglio

Migliorare la propria scrittura puntando sulla propria personalità e sul proprio stile, mantenendo qualità e onestà degli scritti.

Si può scrivere meglio? Meglio di quanto scriviamo abitualmente? Sulle regole di scrittura si è parlato molto – forse pure troppo – e alla fine, lo sappiamo tutti, ogni scrittore e blogger segue regole tutte sue quando scrive.

Ho quindi elencato alcune “regole” non scritte, che regole vere e proprie non sono, ma soltanto approcci alla scrittura che permettono a chi scrive di produrre testi migliori.

Oltre le idee: avere qualcosa da dire

Un’idea per me è poco più che niente, altrimenti non avrei un elenco di oltre 300 titoli per articoli che avrei voluto pubblicare qui nel blog e un altro con una cinquantina di titoli per racconti che non scriverò mai.

Un’idea è un impulso del momento, che può trovare uno sfogo e trasformarsi in un articolo o in una storia, oppure può spegnersi perché non ha sufficiente energia per svilupparsi.

Non bisogna solo avere idee, ma avere qualcosa da dire, altrimenti scriviamo articoli e storie che non valgono la pena esser letti. Quando ho avuto qualcosa da dire, ho scritto articoli e racconti. Negli altri casi il tutto è naufragato nel mare della nullità.

Usare un linguaggio diretto (e essere se stessi)

Oggi viviamo nell’era ipocrita del politicamente corretto. Del linguaggio inclusivo. Delle lotte contro il sessismo linguistico. E il risultato è una spersonalizzazione della scrittura – e della lingua italiana, continuamente attaccata da storpiature e inglesismi – e anche delle stesse persone che scrivono.

Scrivere con un linguaggio diretto non significa essere aggressivi o offensivi, ma soltanto scrivere in modo deciso, rimarcando la propria personalità e il proprio stile, distinguendosi dalla massa di ciarlatani che ci vorrebbe tutti uguali, beandoci della nostra non-unicità.

Usare un linguaggio diretto significa anche farsi capire ed evitare inutili – e magari pericolosi – fraintendimenti. Il linguaggio burocratico è l’opposto del linguaggio diretto, e infatti è incomprensibile.

Non scrivere per il lettore (o quasi)

Ho sempre trovato strano, e inutile, sottolineare che bisogna capire prima quali siano i nostri lettori e poi, sulla base di quest’analisi, creare storie e contenuti per loro. Ma chi sono i nostri lettori?

Ogni volta che ho creato un blog, che ho scritto un articolo o un racconto, non ho mai pensato ai lettori finali, perché i lettori finali sono compresi, inclusi, nel tema di fondo e nell’argomento dei miei blog, dei miei articoli e dei miei racconti.

Se scrivo un racconto di fantascienza non sto forse scrivendo per chi legge fantascienza? Se scrivo un articolo su come gestire un blog non sto scrivendo forse per chi ha un blog e non sa gestirlo bene? Sappiamo sempre per chi stiamo scrivendo, senza bisogno di analisi.

Evitare il linguaggio dei venditori di fuffa

Il web è il rifugio dei venditori di fuffa. Quando non esisteva il web, venivano a suonarti al campanello proponendoti un aspirapolvere elettrico di ultima generazione. Adesso non vendono nulla, solo se stessi: la loro immagine di markettari, che ne sanno una più del diavolo.

Com’è il linguaggio dei venditori di fuffa? È quello che vi fa scrivere un articolo di 3000 parole quando ne occorrono solo 1000. È quello fatto di piccole frasi e domande e continui a capo – tecnica abusata online che a me personalmente dà solo ai nervi.

Prima di tutto il titolo sensazionalistico, per esempio “Come vivere felici e senza pensieri” o “Come guadagnare 5000 euro al mese con il blog”.

Quindi è importante l’attacco:

Sei felice?

Sul serio, ti senti davvero felice e senza pensieri?

E poi almeno 3 paragrafi di bla bla bla sulla felicità, la vita, ecc. Quindi:

Oggi voglio dirti come vivere felice e senza pensieri. Proprio come sto vivendo io.

Sei pronto?

Fantastico! Allora cominciamo.

Devi sapere che…

E almeno 400 parole su qualche aneddoto inventato di sana pianta.

Questo è ciò che intendo per linguaggio da venditori di fuffa. Alla fine dell’articolo non vi avranno spiegato come vivere felici e senza pensieri – perché non esiste un modo – né come guadagnare 5000 euro al mese con il blog – cosa non impossibile, certo, ma altamente improbabile, almeno per il 99% e oltre dei blogger.

Non seguire sempre le regole di scrittura

Ci sono regole di scrittura – sempre ripetute – che sinceramente non seguo, perché non ne vedo la ragione. Eccone 3, fra le più comuni:

  1. Scrivere frasi brevi.
  2. Scrivere periodi brevi.
  3. Evitare gli avverbi.

Sono il primo a dire che nella scrittura per il web è meglio usare frasi e periodi brevi, perché più leggibili, ma non è una regola universale. Purtroppo anche nella scrittura creativa si trova questa regola, che io non seguo.

Perché evitare gli avverbi? Non c’è nessun motivo per farlo, infatti. Usarli con moderazione sì, perché – specialmente quelli in -mente – creano rime involontarie e antipatiche.

Quali regole applicate per scrivere meglio?

Ne seguite qualcuna di quelle elencate? Ne avete di vostre? O siete totalmente contrari a quanto ho scritto?

22 Commenti

  1. Elisa
    giovedì, 19 Novembre 2020 alle 8:47 Rispondi

    Buongiorno.
    Molto interessante l’articolo. Concordo in effetti su quanto scritto.
    In realtà io scrivo e basta. Se sto a seguire le regole mi escono schifezze. Poi ovvio: attenzione alla grammatica, ma quello non andrebbe nemmeno detto!

    • Daniele Imperi
      giovedì, 19 Novembre 2020 alle 19:59 Rispondi

      Ciao Elisa, grazie.
      La grammatica infatti è implicita, ma non si sa mai. Troppa attenzione alle regole potrebbe frenare la creatività.

  2. Emilia Chiodini
    giovedì, 19 Novembre 2020 alle 9:35 Rispondi

    Io non misuro la lunghezza delle frasi ma quella del pensiero. Però se mi ispiro a Hemingway tendo ad accorciare il periodo. Gli avverbi che finiscono in mente non mi sono molto simpatici, perché a furia di sentir dire che sono pesanti li sento come tali. Una regola fondamentale che cerco di seguire è di non scrivere come parlo. Anzitutto perché non parlo bene, commetto errori, non uso le parole esatte, mi ripeto, sono ridondante, divago. Poi cerco di inserire un filo di poesia cercando di evitare i lirismi, ma se manca in un testo una nota poetica mi sembra poco ispirato.

    • Daniele Imperi
      giovedì, 19 Novembre 2020 alle 20:02 Rispondi

      Ah neanche io scrivo come parlo, ci mancherebbe 😁
      Parlo in dialetto romanaccio… non si può sentire.
      Concordo con un po’ di poesia da usare nelle storie.

  3. Orsa
    giovedì, 19 Novembre 2020 alle 12:21 Rispondi

    Bella la regola del non seguire (sempre) la regola. Intanto però impariamole, per poi trasgredirle in modo corretto ;) In più io mi affido ai semaforini di Yoast SEO.
    I fuffologi sono una piaga, però il fucile va puntato sui creduloni.
    Ah che nostalgia dei tempi andati, quando la cara vecchia fuffa era quella che appariva durante le pulizie stagionali in soffitta. Quanto mi divertivo da bambina a vederci le forme come nelle nuvole: ecco un coniglietto, un orsacchiotto…
    Ti saluto caldamente e avverbialmente :P

    • Daniele Imperi
      giovedì, 19 Novembre 2020 alle 20:06 Rispondi

      Sì, certo, conoscerle prima di trasgredirle.
      Lascia perdere i semafori di Yoast ché non è il Verbo 😀
      I creduloni purtroppo sono inesperti che si affidano a professionisti che le sparano grosse.
      Ti divertivi con la fuffa? 🤔
      Ricambio sentitamente il saluto.

  4. Marco
    giovedì, 19 Novembre 2020 alle 16:40 Rispondi

    Cerco sempre di usare pochi aggettivi (mai due: meglio uno efficace), e uso pochi avverbi. Quelli in -mente ormai non li uso (ma li metto nei dialoghi perché i personaggi, spesso, li usano).

    • Daniele Imperi
      giovedì, 19 Novembre 2020 alle 20:08 Rispondi

      Io invece uso tanti aggettivi. Gli avverbi in -mente non vanno demonizzati 😊

  5. MikiMoz
    giovedì, 19 Novembre 2020 alle 18:54 Rispondi

    Beh, in linea di massima direi che sono d’accordo.
    Proprio per questo, faccio a modo mio: se servono frasi brevi, le scrivo brevi.
    Se servono lunghe, saranno lunghe. Ma è mia premura renderle leggibili.
    Per me il lettore finale non è quello che s’intende comunemente: per me è chiunque capiti in un mio post dato l’argomento; pertanto scrivo per un lettore ideale generico, mi piace pensare di scrivere al meglio, nella forma e nell’impaginazione, per fare in modo che -fosse arrivato per He-Man o per Twin Peaks o per Paperino- stia bene sul blog.

    Moz-

    • Daniele Imperi
      giovedì, 19 Novembre 2020 alle 20:12 Rispondi

      Esattamente: le frasi si scrivono brevi o lunghe secondo la necessità. E possono essere leggibili anche se lunghe
      Concordo con il lettore ideale.

  6. von Moltke
    giovedì, 19 Novembre 2020 alle 20:01 Rispondi

    Tutte le tue regole qui elencate sono molto sensate, e mi ci riconosco in pieno. Ad esempio, quella di aver qualcosa da dire è secondo me la discriminante fra la letteratura e il passatempo, in cui, purtroppo, ricadono molti nomi famosissimi fra gli autori di best-seller. Dice benissimo Barbero: uno come Ken Follett prima di sapere cosa può dire chiama il suo agente o l’editore. Uno come Wilbur Smith ammette candidamente che se l’editore dice di togliere qualcosa, lui toglie, perché la sua “non è prosa d’arte”, ma semplice passatempo che mira al soldo, aggiungo io. Saper scrivere non significa affatto avere qualcosa di interessante o importante da trasmettere sull’uomo e sul mondo. Certo qualcosa passa comunque, fosse anche solo grazie alla documentazione certosina che alcuni di questi scrittori a cottimo sono capaci di effettuare, ma si tratta più che altro di dettagli tecnici, curiosità e aneddoti, non certo l’atmosfera, i valori o riflessioni più alte. Nulla da aggiungere per il resto, ma di mio ci metterei intanto la chiarezza, ossia scrivere in modo che il lettore non debba tornare indietro per capire cosa ha appena letto, e la capacità di scendere dentro ai personaggi, in modo da dare a ciascuno quel soffio che solo ne fa dei compagni di viaggio del lettore, che costui non dimenticherà, e che magari gli avranno regalato delle emozioni vivide.

    • Daniele Imperi
      giovedì, 19 Novembre 2020 alle 20:18 Rispondi

      Quella di Ken Follett non l’ho capita.
      Concordo sul saper scrivere: non significa quello. Non dobbiamo essere per forza scrittori di libri “elevati”.
      Chiarezza ok, ma mi capita raramente di essere costretto a tornare indietro nella lettura.
      Personaggi idem: non è facile però, almeno per me.

      • von Moltke
        giovedì, 19 Novembre 2020 alle 20:41 Rispondi

        Secondo Barbero Ken Follett, da scrittore di best-seller, non fa che sfornare romanzi in serie seguendo quel che l’editore o l’agente pensano sia la maniera migliore per vendere di più, e quindi non abbia alcun interesse a mostrare questo o quel tema esistenziale o filosofico intrecciato nelle sue storie, ma solo, appunto, storie ben impacchettate che vendano molto.

        • Daniele Imperi
          venerdì, 20 Novembre 2020 alle 8:24 Rispondi

          Scrive storie di intrattenimento. Ma nessuno scrittore è tenuto a sviluppare un tema esistenziale o sociale nei suoi romanzi.

          • von Moltke
            venerdì, 20 Novembre 2020 alle 14:30 Rispondi

            Certo. Ma il punto che tu ponevi era proprio questo: avere qualcosa da dire. Non strettamente filosofico o sociale, ma quqlcosa da dire sull’uomo e sul mondo. Barbero, recensendolo, mette l’accento sul fatto che, tolte le scene di sesso sin troppo dilatate e gli eventi avventurosi, non resti nulla, e il tutto sia fine a sé stesso. Intrattenimento, appunto.

            • Daniele Imperi
              venerdì, 20 Novembre 2020 alle 15:00 Rispondi

              Non intendevo in quel senso. Avere qualcosa da dire cioè una storia che stia in piedi.
              Ho letto da poco La colonna di fuoco di Follett e è una storia che funziona. Non ha un tema sociale o esistenziale (in realtà credo di sì).

              • von Moltke
                venerdì, 20 Novembre 2020 alle 15:03 Rispondi

                La recensione di Barbero riguarda “Fu sera e fu mattina”.

                • Daniele Imperi
                  venerdì, 20 Novembre 2020 alle 17:08 Rispondi

                  L’ho comprato da poco ma devo ancora leggerlo.

  7. Grazia Gironella
    domenica, 22 Novembre 2020 alle 21:28 Rispondi

    Frasi e periodi brevi mi piacciono quando non sono troppo insistenti. Siamo italiani, perciò anche il nostro voler essere incisivi deve tenere conto della nostra lingua.

    • Daniele Imperi
      martedì, 24 Novembre 2020 alle 11:14 Rispondi

      Troppo insistenti neanche a me. Ho provato anni fa perché mi piaceva scriverli, ma a rileggerli è veramente un brutto effetto.

  8. Monica Brizzi
    lunedì, 30 Novembre 2020 alle 12:55 Rispondi

    Uso gli avverbi in -mente ma se posso evito, e lo stesso faccio con il gerundio. Amo le frasi brevi ma a volte mi “intorto” con frasi lunghe che, tutto sommato, funzionano. La D efuonica, fosse per me sarebbe da evitare anche se le vocali sono le stesse! :D

    • Daniele Imperi
      lunedì, 30 Novembre 2020 alle 13:21 Rispondi

      Ciao Monica, benvenuta nel blog. Gli avverbi in -mente esistono, dunque perché evitarli? Evitarne troppi fa bene, certo. Le D eufoniche le eliminerei anche io totalmente ;)

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