Quando ho letto il post “Di come ho iniziato a inventare storie” di Tenar, sono tornato indietro nel tempo, a quando ero bambino e me ne stavo seduto in camera a guardare la TV dei ragazzi, quella che (quasi) ai primordi della televisione italiana iniziava intorno alle 16 con lo sfondo di nuvole e le linee bianche che simboleggiavano le onde.
Era bello a quei tempi: i programmi TV avevano un inizio e una fine, mentre oggi la gente ha bisogno di drogarsi di televisione e ci sono programmi a ogni ora del giorno e della notte.
In casa mia la TV si accendeva per i programmi dei ragazzi: Furia, 3 nipoti e un maggiordomo, Emil, Pippi Calzelunghe, Lassie, Rin Tin Tin, Tarzan, Il tesoro del castello senza nome, La pietra bianca, Zorro, Orzowei, Vita da strega.
Dei cartoni ero innamorato di Penelope Pitstop, Mototopo e Autogatto, ma in genere amavo tutto della Hanna-Barbera (Lupo deʼ Lupis, Yoghi, Napo Orso Capo, Ernesto Sparalesto, Braccobaldo). I cartoni giapponesi non hanno mai fatto molta presa su di me, proprio non mi piace quel genere di disegno, anche se ho visto Jeeg Robot e Goldrake, ma anche Heidi e (ahimè) Candy Candy…
Creare nuove realtà
Ho quindi mangiato storie fin da bambino. Non leggevo, come ho confessato varie volte nel blog, anche se ho consumato le mie copie de I Quindici, leggendo tutte le fiabe, le favole e le poesie dei primi due volumi e anche tutti gli articoli degli altri libri (eccetto lʼultimo che era per i genitori, quindi noioso per noi bambini).
I Quindici sono stati i primi volumi per una mia primordiale documentazione. Saltavo da uno allʼaltro per carpire segreti, scoprire mondi nuovi per le mie fantasticherie mentali. O per costruire qualcosa con cui giocare.
Non erano i tempi dei videogiochi: in quellʼepoca i bambini secondo me avevano più fantasia rispetto a oggi, perché inventavano storie con ciò che avevano:
- noi bambini con i soldatini, il forte, le macchinette e Big Jim
- le bambine con le Barbie, la cucina e altre bambole
Ora gli viene dato in pasto un videogioco, dove la storia è stata scritta da qualcun altro e il bambino può solo avanzare lungo binari preimpostati. Ma non inventa nulla.
I giocattoli erano gli strumenti per inventare storie
Io creavo storie nella mia testa: avevo cowboy e soldati che facevo muovere nel forte, oppure soldati della Seconda Guerra Mondiale che vivevano sempre nuove battaglie, o macchinette che scorrazzavano sul tappeto gigante della mia camera, o il Big Jim che lottava contro Doctor Steel (Mano dʼacciaio).
Ogni giorno per me era farcito di storie. In un commento al post di Tenar ho anche scritto di aver inventato parecchie bugie a casa e a scuola per cavarmela dʼimpaccio quando commettevo le classiche marachelle da bambino. Come avete fatto anche voi, immagino.
Da qui a essere e diventare scrittore ce ne passa. Però tutto questo è stato una base di partenza.
I fumetti: altre storie da inventare
Sempre da bambino è nata la passione per i fumetti. I primi che ho letto sono stati i «Topolino» che ci comprava mia madre ogni settimana. Poi ne ho conosciuto altri e ho iniziato a inventare personaggi miei. E a questo proposito forse al nuovo nascerà un mio nuovo blog, niente di colossale, ma solo un blog legato a un progetto a fumetti che voglio pubblicare online.
In un modo o nellʼaltro sentivo il bisogno di creare storie, sempre alla ricerca di qualcosa che non ho ancora trovato.
Ma la scrittura creativa, forse, non serve a raggiungere un traguardo, forse è soltanto una lunga ricerca che non porta mai a una meta, non arriva mai a un compimento. Perché la sua funzione, chissà, è proprio quella di farci incamminare lungo una ricerca infinita.
Non ha bisogno di portarci da qualche parte: serve solo a stimolarci, a dare un senso a tutto ciò che abbiamo accumulato fin da bambini e che grazie alla scrittura può uscire fuori.
Lo scrittore non è chi, scrivendo, raggiunge un traguardo. Ma chi non smette mai di ricercare. Né di sognare.
Grilloz
Ehi, anch’io sono cresciuto sui quindici
La televisione invece no, perchè è entrata in casa mia quando ero già a scuola, e quindi non ho mai preso l’abitudine, la guardavo solo quando andavo dalla nonna.
In compenso passavo pomeriggi con lego e playmobil.
Daniele Imperi
Giusto, le Lego, me ne ero dimenticato. I playmobil non li ho avuti, invece.
ombretta
Un post che mi rimanda indietro di…parecchio tempo! Le mie storie, almeno nella mia testa, sono iniziate vedendo i cartoni animati e Samantha la strega. Hanno preso forma con i disegni, disegnavo sempre luoghi in cui volevo essere e fumetti. Poi sono arrivati i libri e la scrittura e da allora il sogno di diventare scrittrice.
Daniele Imperi
Un percorso un po’ diverso dal mio, però con gli stessi elementi in comune.
Monia74
Ok, qui lo dico e qui lo nego… anche se abitavo con un fratello e una cugina, capitava che giocassi da sola. 3′, 4′ elementare. Avevo inventato un mio mondo e un sacco di personaggi, ricordo che correvo in bicicletta e chiacchieravo con loro e inventavo storie di fantascienza. Poi mio zio mi ha sentito e ho capito che dovevo parlare sottovoce
Daniele Imperi
Beh, è normale, io ho due sorelle e giocavo quasi sempre da solo. Buona idea parlare sottovoce in quei casi
Monia74
Però non denigrate il mondo di oggi: mio figlio fa lo stesso quando si chiude in camera sua. Sarà ereditario

Daniele Imperi
Quindi senza videogiochi?
Monia74
Usa anche i videogiochi, gli diamo un tempo limitato. Poi chiude l’ipad, prende un’astronave Lego e comincia a inventare storie.
Daniele Imperi
Ecco, così è normale. So di bambini che invece usano solo videogiochi…
silvia
Secondo me i bambini di oggi non sono diversi da quelli di allora. Non è un problema di epoca, quanto di interessi e probabilmente di ambienti in cui vivono. Se prendi 10 bambini e gli dai un gioco che fa tutto da sé, 9 lo lasciano dopo 5 minuti. Io vedo che i miei figli, ma anche i loro compagni di scuola, preferiscono inventarsi i giochi che utilizzare quelli che possiedono. Certo, ne possiedono molti di più di quanti ne avevamo noi (io, almeno), ma non ci giocano mai. Se si eccettuano lego e playmobil (giochi, a mio parere, “sani”), i miei figli giocano esclusivamente con oggetti che non sono giocattoli: uno scialle della nonna diventa un mantello, scatole e pentole diventano una batteria, etc etc, proprio come facevamo noi.
Poi è anche vero che, se come genitore, gli dai in mano uno smartphone quando hanno 8/9 anni e non poni limiti di utilizzo, lo scemo sei tu. E loro ne sono la vittima.
Ma, come dico sempre, non sono i mezzi tecnologici il problema, il problema è come li si usa.
Daniele Imperi
Io ricevevo un solo giocattolo a Natale, mentre da anni vedo che i bambini sono riempiti di giocattoli e giochi. Concordo che la colpa è di chi dà ai propri figli smartphone, con annessa connessione, già alle elementari.
Chiara
Anche io leggevo Topolino!
Penso che scriverò presto questo post, anche se in cantiere ne ho al momento davvero tanti…
Daniele Imperi
Topolino credo sia comune a molti
Simona C.
Hai ragione, i giochi che facevamo ai “nostri tempi” richiedevano la fantasia di inventare storie, sia in solitaria con Lego e bambole che in compagnia con i bambini del cortile arrampicati su un grosso albero che poteva diventare una nave pirata o un’astronave nel giro di un pomeriggio, oppure soldatini contro dinosauri con mio fratello. Da lì alla scrittura, hai già letto il mio post “Come ho cominciato a scrivere”, dai disegni con i pennarelli, a quaderni di racconti, alla mia prima macchina da scrivere.
La fantasia si nutre di continue ispirazioni, ma non so se coglierle sia un talento innato o qualcosa che si impara e si coltiva. Già tra i bambini del mio cortile c’era chi aveva più senso pratico ed era bravo con i pattini o il pallone, poi c’ero io che nella formazione delle squadre venivo scelta per ultima, ma sapevo guidare l’equipaggio della nave pirata sull’albero in un immaginario mare in tempesta
Daniele Imperi
Io mi ero costruito anche una casa sull’albero
Neanche io so se cogliere queste ispirazioni sia un vero talento, ma forse sì. Non tutti le colgono.
pirkaf76
Non pensavo ci fossero così tanti lettori de I Quindici, che a tutt’oggi rimane una delle mie letture preferite in assoluto.
La favola di Zio Lupo ancora mi tormenta.
Comunque Big Jim, Playmobil e Lego a parte, aggiungerei il Grillo Parlante. Gioco utilissimo per chiunque stava per entrare nelle scuole elementari.
Daniele Imperi
Il Grillo Parlante non ce l’ho avuto, ma avrei voluto il Meccano. Avrei potuto costruirmi parecchi giocattoli e inventare altre storie.
Ferruccio
Uguale a me!
Daniele Imperi
Stessi giocattoli pure tu?
Ferruccio
Uguali anche il big Jim. Soldatini atlantic. Mi sa che sono molto più simile a te di quello che credevo!
Daniele Imperi
Beh, più o meno abbiamo la stessa età, quindi è normale
Luciano Dal Pont
I miei giochi preferiti da bambino sono sempre state le macchinine, tutte, ma soprattutto quelle da corsa perché già allora dicevo a tutti che da grande avrei fatto il pilota automobilistico, come poi in effetti è avvenuto anche se non ho avuto molto successo… però ero già anche uno scrittore, quando non ero impegnato nelle più importanti competizioni nei più famosi circuiti del mondo scrivevo brevi racconti e persino qualche poesia ogni tanto. Poi, stranamente, a un certo punto, credo verso i sette o otto anni, mi appassionai alla chimica. Mi regalarono un gioco che si chiamava il piccolo chimico, completo di provette, alambicchi, dosatori e misurini vari, oltre che di un nutrito campionario di strane, inquietanti sostanze. C’era anche un libretto d’istruzioni per fare gli esperimenti secondo un certo criterio, che io ovviamente ignorai. Risultato: un bel giorno ci mancò davvero poco che facessi saltare in aria la casa…
Daniele Imperi
Le macchinette le ho usate anche io e tante, ma preferivo quelle normali a quelle da corsa. Mi piaceva inventare giochi di tipo poliziesco o avventuroso.
Roberto
Caro Daniele questo post più che un tuffo nel passato è una vera nuotata coast to coast…ho vissuto come te tutto il percorso e ho amato anche i “cartoni giapponesi” Candy Candy compresa! Ho sbavato guardando anche Supergulp il giovedì con Nick Carter.
Ma è vero anche che la fantasia si accendeva quando aprivo le pagine dei libri, compagni di pomeriggi infiniti passati nel retrobottega del negozio dei miei genitori. Ho divorato tutti i classici d’avventura da Salgari a Stevenson a Dickens e poi giù per terra a giocare con i soldatini e le barchette di carta per rivivere con la fantasia tutte le avventure lette.
Daniele Imperi
Supergulp non l’ho visto, ma ho rimediato di recente comprandomi il cofanetto coi DVD
Nuccio
Ricordo che c’era una parente acquisita raccontava che da piccola, ogni Natale, le regalavano una bambola. Era sempre la stessa. E poi, regolarmente, all’Epifania gliela facevano sparire. Non s’è mai accorta che fosse sempre la stessa. Questo finché non ebbe dieci anni. Dopo di che era diventata troppo grande per avere un giocattolo e non ebbe più nulla. Storie degli anni ’20! Però c’è materiale per scrivere.
Monia74
Un noir!! Poveretta!!!
Daniele Imperi
Povera creatura… però in quegli anni la situazione non era come ora.
Tenar
Il gioco è la prima palestra narrativa per tutti, il che dimostra che davvero l’uomo è un animale narrativo. Ha un cervello ottimizzato per la creazione di storie. Tutto sta a non dimenticarsene crescendo!
Daniele Imperi
Hai ragione, non avevo pensato all’uomo come animale narrativo.
Per fortuna crescendo non me ne sono dimenticato, anzi la creazione delle storie si è intensificata
Tenar
PS: grazie mille per la citazione!
Poli72
Tutti, chi piu’ chi meno, hanno ideato storie nella loro testa.La differenza fra un normale cittadino e uno scrittore sta nel fatto che quest’ultimo riesce a mettere su carta le sue fantasie.
Daniele Imperi
Le storie appartengono un po’ a tutti, è vero. Lo scrittore è chi riesce a trasformarle in un testo narrabile, secondo me, a farle sue fino al punto di rielaborarle in una forma definitiva e coinvolgente.
Federica
Segnalo in incipit del secondo paragrafo l’espressione «Ero bello a quei tempi»: è un effetto collaterale del salto temporale?? Usavi la tv come specchio dopo averla spenta???? E se sì, come funzionava come specchio? Sto scherzando, s’intende.
Io, di tv, ne ho sempre potuta vedere pochissima. Ciononostante sono riuscita a seguire cartoni come “Sandybell” e “Il tulipano nero” (che non ha nulla a che vedere con l’omonimo libro di Alexandre Dumas). In compenso leggevo molto, anche fumetti. Mi ricordo che mia sorella, più grande di me, mi comprava Topolino, che leggevo e rileggevo più volte. Mi divertivo, poi, a giocare, oltre che con le bambole, anche con ciò che trovavo in cortile o in giardino e….. pure con le macchinine. La mia pista era il tavolo di casa e mi piaceva fare in modo che, pur lanciate a velocità, non cadessero. Tra preparazione della gara e gara vera e propria ci mettevo un po’, così nel frattempo mi dedicavo ad una sorta di radio cronaca di quel che succedeva fuori e dentro il circuito!!!
Per quanto riguarda la scrittura creativa, penso che abbia in sé, nel suo esercizio, la capacità di farci raggiungere traguardi e avanzamenti, che ci rendono la consapevolezza di stare diventando scrittori e sui quali però non ci dobbiamo soffermare troppo. Perché, alla fine, la vera essenza della scrittura è quella di essere parte di noi, di liberare ed esprimere la nostra fantasia e l’immaginazione e di renderci felici, come dei bambini che trovano un tesoro e si stupiscono delle continue meraviglie che ci scoprono.
Daniele Imperi
Oddio, ho rischiato di passare per uno che se lo crede

Corretto, grazie. E comunque mi preferisco ora che a quei tempi
La mia prima amica anche giocava con le macchinette! Che donne!
Mi piace la definizione che dai della scrittura.
Federica
Eh, poi non so se mi rovino a dir ‘sta cosa… Oggi non gioco più con le macchinine (per questioni d’età) ovviamente, però, quando mi capita di vedere quei bei camion che mi passano davanti in rotatoria o sono in manovra, beh, me li lucido con gli occhi!!! Troppo, troppo belli!!!
Daniele Imperi
Consolati: mia sorella, che non ha più nemmeno lei l’età per certi giochi, sta collezionando modellini di Fiat 500

E io mi sono fatto regalare tempo fa la 313 di Paperino della Burago
Federica
Ps: grazie dell’apprezzamento per la definizione di scrittura! Detto da te è un onore!
Lisa Agosti
Questo post mi ha fatto riflettere sui miei giochi da bambina. Essendo figlia unica, spesso dovevo intrattenermi da sola ma non ricordo di aver inventato storie fantasiose per riempire i miei pomeriggi. La Barbie finiva sempre per fare shopping con Big Jim, i Pac Man vincevano sempre sui fantasmini e le figurine doppie le attaccavo un po’ dappertutto.
Forse quando andavo in montagna la mia immaginazione era più stimolata, ricordo ore e ore passate al fiume costruendo casupole per le formiche, a cui davo nomi di persona e nobili cognomi altisonanti.
Sono d’accordo con la tua conclusione, la scrittura creativa non ha un traguardo se non la ricerca del traguardo stesso.
Daniele Imperi
Va beh, inventavi storie monotone con Barbie e Big Jim… povero Big Jim!
La campagna e la montagna hanno sempre stimolato anche la mia fantasia.