Com’è evoluta l’attività di scrittura

Dallo scrittore che scrive allo scrittore tuttofare

Riflessioni sull’attività dello scrittore del XXI secolo: dall’azione dello scrivere alle attività di comunicazione digitale.

Uno degli ultimi articoli dello scrittore fantasy Terry Brooks parlava della fine di un’era: l’autore si riferiva alla fine della saga cinematografica di Guerre Stellari e a quella della sua saga di Shannara (dopo ben 40 volumi!), ma anche ai drastici cambiamenti avvenuti nel mondo editoriale e della scrittura creativa.

L’intera attività editoriale è cambiata radicalmente. […] L’editoria tradizionale è viva e vegeta, eppure ci sono così tante altre scelte che cercano di primeggiare.

Lo sappiamo: c’è chi si autopubblica, principalmente su Amazon, e chi vende ebook tramite il suo sito. Chi cerca fondi e chi indice concorsi per pubblicare un libro. E poi ci sono tutte quelle tipografie mascherate da case editrici che cercano polli da spennare. E non dimentichiamo i raccomandati che pubblicano con le case editrici!

Ma com’è cambiata l’attività di scrittura?

Quando lo scrittore doveva solo scrivere

Il marketing, quando ho iniziato, consisteva nello scrivere un libro e tenermi fuori dai piedi.

Terry Brooks chiese al suo editore se dovesse partecipare a qualche presentazione del suo libro, ma la casa editrice gli rispose che era meglio che passasse il suo tempo a scrivere un altro romanzo – che è poi quello che dovrebbe fare lo scrittore, il suo unico lavoro.

Oggi Terry Brooks va in tournée ogni anno per settimane, dice.

Non possiamo certo paragonare il marketing editoriale americano con quello italiano, anche se qui qualche scrittore partecipa alle presentazioni dei suoi libri – forse è questo che intendono per tournée.

Come non possiamo paragonare uno scrittore famoso americano con un autore sconosciuto italiano, che non potrebbe mai permettersi di andarsene in giro per l’Italia per settimane a proprie spese – e nemmeno a quelle della casa editrice, specialmente se piccola.

I book tour nei blog letterari suppliscono a questo problema, anche se non so quanto possano funzionare a livello di marketing e vendite effettive.

Quando lo scrittore deve stare anche sui social

E oggi? Oggi è un bel problema, perché lo scrittore non è più chi scrive, ma è anche – e forse, tristemente, soprattutto – chi passa parecchio del proprio tempo a gestire il suo blog e i suoi profili sociali.

“Bisogna stare là dove c’è il pubblico”, dicono gli esperti di social media marketing.

Ma per me uno scrittore dovrebbe stare in libreria e basta – o, meglio, dovrebbe starci nella “figura” dei libri che scrive e pubblica.

Lo vedo sulla mia pelle: la gestione del mio blog – che mi serve anche per lavoro, quindi non posso abbandonarlo – e quella di un altro blog mi occupa del tempo, tempo che potrei dedicare a portare avanti con più costanza il mio romanzo.

Seguire alcuni social, anche se poco, mi occupa altro tempo, tempo che potrai utilizzare meglio.

So che quasi tutti pensano che non sia assolutamente tempo sprecato quello passato sui social a fare attività di marketing, ma bisogna considerare anche 2 grandi verità (almeno personali):

  • Non sono esperto di marketing sui social, quindi al massimo posso condividere gli articoli che scrivo – e non possiamo certo definirla un’attività di marketing.
  • Non ho soldi per ingaggiare un esperto che mi gestisca i profili social (né mi garba l’idea che un estraneo metta le mani nei miei profili).

Queste sono anche verità proprie a tantissime altre persone, a tantissimi altri autori che cercano un modo per farsi conoscere online.

Il blog dello scrittore: una piattaforma irrinunciabile

Al blog, oggi, non rinuncerei mai, nemmeno se vincessi al Superenalotto. In quel caso avrei tantissimo tempo per scrivere e portare a termine tutti i miei progetti editoriali.

Ma un blog oggi serve, anche se continuano a spuntare articoli sulla morte dei blog. Per fortuna escono, sempre all’inizio di ogni anno, articoli sull’utilità del blog oggi, nel 2020 (volevo parlarne anche io).

Un blog – anzi un sito ibrido, che abbia pagine dedicate all’autore e alla sua attività e articoli e notizie per tenerlo aggiornato e creare relazioni con un potenziale pubblico – è forse l’unico canale digitale a cui un autore non può rinunciare.

Perché è un canale digitale ufficiale, non è di un’azienda, per di più americana, che decide di censurare e chiudere pagine e profili a suo piacimento.

Com’è evoluta l’attività di scrittura?

Siamo passati dalla pura attività dello scrivere a qualcosa cui non sappiamo neanche dare un nome, perché non esiste un nome per definire ciò che oggi un artista compie per imporsi in un mercato sempre più affollato.

Oggi uno scrittore non è più chi scrive libri, ma chi cerca un modo per farsi notare sui social, magari facendo politica – guadagnando così lettori di area e perdendo e inimicandosi quelli della fazione opposta.

Voglio credere che tutto questo sia una grande bolla prossima a scoppiare. Che prima o poi si ritorni ai vecchi tempi e lo scrittore possa finalmente passare il proprio tempo a scrivere e non a fare attività che, se va bene, faranno vendere 2 o 3 libri in più.

Se ripenso ai tempi pre-internet, mi viene la nostalgia: a quei tempi ho scritto male, perché ero agli inizi, ma ho scritto con più costanza e con meno distrazioni.

Ha ragione Terry Brooks. È la fine della scrittura come l’abbiamo conosciuta fino a 15 anni fa.

È la fine di un’era.

20 Commenti

  1. Rebecca Eriksson
    giovedì, 6 Febbraio 2020 alle 8:45 Rispondi

    Che tristezza… questa cosa di non riuscire a specializzarsi in un settore ma di dover essere sempre multitasking la trovo estremamente pesante. In qualsiasi settore si proponga.
    Questo è il motivo principale per cui non cerco successo con la mia scrittura e la mantengo come hobby. Sì, ho un blog per rendere pubbliche le mie idee, ma sono già una grafica, mi ritaglio costantemente tempo per scrivere e dovrei diventare anche social media manager?
    Una cosa alla volta, grazie.

    • Daniele Imperi
      giovedì, 6 Febbraio 2020 alle 11:55 Rispondi

      Il cosiddetto multitasking non porta a nulla, hanno provato che alla fine non riesci a concludere un granché.
      E infatti con tutte queste attività correlate quanto tempo resta per scrivere?

    • Roberta FI Visone
      giovedì, 27 Febbraio 2020 alle 8:21 Rispondi

      Brava Rebecca. Quanto concordo!

  2. Corrado S. Magro
    giovedì, 6 Febbraio 2020 alle 16:22 Rispondi

    La risposta potrebbe essere: farsi conoscere, oppure profilarsi. Chi si profila emerge. Poiché tutti vogliamo emergere eccoci a popolare una nuova giungla di emergenti che devono emergere (perdonate il gioco di parole) tra gli emersi. Il processo non è nuovo, si è solo “socializzato” , come tale DEGRADATO (i fertilizzanti per le piante emergenti sono fasulli) e sbocca in una confusione inestricabile. Tutti vogliamo tutto, alla fine non solo non otteniamo nulla ma non sappiamo più cosa vogliamo, dove cercarlo e come fare per averlo. Il multitasking come bisogno naturale, dinamica del proprio ego, è valido ma se artificioso, autoimposto, è anch’esso fasullo.

    • Daniele Imperi
      giovedì, 6 Febbraio 2020 alle 16:37 Rispondi

      “Emergenti che devono emergere tra gli emersi” :D
      Ma è così, sul serio.
      Farsi conoscere mi sta bene, ma senza esagerare. Stare su tutti i social è controproducente, perché è impossibile ottenere la stessa visibilità ovunque.

  3. von Moltke
    giovedì, 6 Febbraio 2020 alle 21:48 Rispondi

    “Voglio credere che tutto questo sia una grande bolla prossima a scoppiare.”
    Vorrei tanto crederlo anch’io. Mi viene la pelle d’oca, o meglio una fitta allo stomaco, quando leggo, nei siti delle case editrici, domande agli aspiranti scrittori che chiedono se si sia disposti a promuovere il libro. Io non so promuovere nulla, nemmeno me stesso, altrimenti avrei fatto il presentatore televisivo. E non saprei vendere nemmeno un paio di calzini, altrimenti avrei puntato sul commercio, e non sulla scrittura. Per nulla dire del fatto che mi servirebbe il tempo e i soldi per girare le librerie a presentare i miei libri. Chi me li darebbe? E quando scriverei?
    No, mi trovo sempre più a disagio in questo tempo, e mi spiego (anche) così perché non mi pubblica nessuno.

    • Daniele Imperi
      venerdì, 7 Febbraio 2020 alle 8:50 Rispondi

      Che la casa editrice chieda all’autore che, nei suoi limiti e nelle sue risorse disponibili, contribuisca a pubblicizzare il suo libro è lecito. Ovvio che l’autore in qualche modo faccia conoscere il suo libro, come minimo pubblicandone la foto in qualche social.
      Girare le librerie d’Italia per presentare il mio libro anche per me, e per le mie tasche, è proibitivo.
      Stesso disagio per me.
      Ma voglio sperare che una casa editrice non scelga i suoi autori solo per la loro presenza sui social, altrimenti siamo messi male, e parecchio.

      • von Moltke
        venerdì, 7 Febbraio 2020 alle 22:16 Rispondi

        Tieniti forte. La Newton&Compton, che ho negli anni passati apprezzato per iniziative editoriali intelligenti e di largo respiro, ha pubblicato il libro di un tale di cui seguivo la pagina Facebook. Si tratta di una pagina in cui si pubblicano “pillole”, o per meglio dire aneddoti, relativi alla Storia antica, a cui l’autore ha poi aggiunto anche le altre epoche in un caotico minestrone di fatterelli curiosi che nulla aggiungono e nulla tolgono a chi abbia letto qualche libro divulgativo, e che a nulla servono per capire la storia, la psicologia e la società dell’epoca Classica. E fin qui pazienza, il mercato editoriale è quello che è e pure la Newton ha fatto i suoi scivoloni con autori i cui libri potevano anche non esser mai stati scritti senza danno per la letteratura mondiale. Ma io sapevo che la Newton rifiuta da anni ogni invio di manoscritti, e lo fa tutt’ora, quindi ho scritto nella pagina di questo tizio con una certa sorpresa, aumentata dal fatto che, per gli autori d’area anglosassone, il reclutamento è non solo aperto, ma gode di canali privilegiati. Il tale mi ha risposto che è stata la Newton&Compton stessa a contattarlo, spiegando che avevano notato il traffico legato alla pagina e il numero dei contatti, e fatto due più due. Quindi una casa editrice, che in altri tempi pubblicava l’integrale delle opere di Machiavelli o Voltaire e la “Gerusalemme Liberata” di Tasso, oggi guarda quanti iscritti ci sono nella tua pagina Facebook e, se son tanti e promettonio vendite, è pronta a raccogliere le fesserie che ci hai scritto giorno dopo giorno per portarti così in libreria, mentre nel contempo esclude persino la possibilità di far leggere qualcosa di concepito per essere libro, e magari con un valore letterario. Ti confesso che la cosa mi ha amaraggiato tanto da caricarmi di fastidio verso lo stesso individuo, che non seguo più, anche per il disgusto che mi provoca l’esser stato conteggiato come “bacino d’utenza” atto alle vendite.

        • Daniele Imperi
          lunedì, 10 Febbraio 2020 alle 8:27 Rispondi

          Ci sono autori autopubblicati, che hanno avuto un certo successo e sono quindi stati notati da editori che adesso li pubblicano.
          Da un lato ti capisco: a me più darmi fastidio essere considerato parte del bacino d’utenza, mi dà fastidio non poter essere pubblicato, un giorno, perché non ho tanto seguito sui social.

          • von Moltke
            lunedì, 10 Febbraio 2020 alle 22:32 Rispondi

            Il fatto è che costui non si era autopubblicato, né pensava neppure a farlo, ma, semplicemente, aggiornava una pagina facebook con aneddoti a nessun valore aggiunto, e la Newton (sempre a quanto scrive lui stesso) ha notato il seguito e gli ha offerto la pubblicazione.

  4. Grazia Gironella
    venerdì, 7 Febbraio 2020 alle 21:48 Rispondi

    Vorrei anch’io tornare alla situazione dello scrittore pre-multitasking… in teoria, perché dovrei accettare nel pacchetto anche l’assenza dell’autopubblicazione, che dà comunque all’autore la possibilità di crearsi un piccolo o grande pubblico. Con le operazioni collaterali alla scrittura me la cavo più o meno come te, forse peggio. Come risponde Gandalf a Frodo, quando dice “Vorrei che l’Anello non fosse mai venuto da me. Vorrei che non fosse accaduto nulla.”: “Vale per tutti quelli che vivono in tempi come questi, ma non spetta a loro decidere; possiamo soltanto decidere cosa fare con il tempo che ci viene concesso.” Che vuol dire partecipare ai nuovi rituali nella misura in cui si decide di farlo, e lasciare il resto… al resto. ;)

    • Daniele Imperi
      lunedì, 10 Febbraio 2020 alle 8:18 Rispondi

      Be’, sì, niente autopubblicazione a quei tempi. O almeno non nella forma attuale.

  5. Veronica
    venerdì, 7 Febbraio 2020 alle 22:42 Rispondi

    Anche io provo tanta malinconia se ripenso al periodo pre-internet.
    Ora si è sempre connessi e in contatto con altra gente, anche lontanissima, ma si è persa di vista la connessione con la realtà e con la naturalità delle cose.
    Quando lo scrittore era quella figura che scriveva e basta, c’era una migliore capacità di riflessione, e di conseguenza, maggior numero di opere valide e ragionate! Io stessa, che non sono una grandissima fan della condivisione e dei social, mi distraggo parecchie volte mentre scrivo. Cavoli, è talmente facile dislocarsi dal proprio corpo e viaggiare dappertutto.

    • Daniele Imperi
      lunedì, 10 Febbraio 2020 alle 8:20 Rispondi

      Sì, oggi manca proprio il contatto reale, vero, a vantaggio di quello virtuale.
      E è vero anche quanto dici sulla capacità di riflessione: ne accennerò proprio nel prossimo articolo.

  6. Irene Merlino
    sabato, 8 Febbraio 2020 alle 9:28 Rispondi

    Quando ho cominciato a scrivere c’era ancora l’impronta della vecchia editoria. Ho pubblicato per la prima volta dopo molti anni dalle prime stesure, e già il sistema era cambiato, non mi piaceva perché non lo capivo. Oggi lo comprendo ma ho difficoltà a praticarlo.
    Ormai la mia scrittura è diventata una forma di hobby laterale alla mia vita vera. Pubblico da sola. Non mi sbatto più per trovare editori. Faccio solo del mio meglio per rendere lo scritto un prodotto accurato (quindi faccio fare correzione ed editing, acquisto la copertina da professionisti e ho chi mi cura il sito).
    Certo temo ancora il riscontro negativo. Ma non campo sulla scrittura e finché avrò storie che mi sento di raccontare continuerò a farlo. Perché pubblicare è diventato solo mettere la parola fine a un progetto, così da non morirci dentro.

    • Daniele Imperi
      lunedì, 10 Febbraio 2020 alle 8:23 Rispondi

      Stessa cosa per me: quando ho iniziato a scrivere i primi racconti e a provare a scrivere romanzi fantasy, non esisteva internet. Ho visto un cambiamento graduale, che prima mi ha affascinato, ma ora mi ha stancato.
      Il riscontro negativo fa parte del gioco: per evitarlo basta non pubblicare :D

  7. Patrizia Valotti
    mercoledì, 12 Febbraio 2020 alle 17:04 Rispondi

    Ho capito. Quindi l’unica soluzione è quella di adeguarsi ? Spettatori impotenti difronte al grande Drago che tutto può e nulla concede ? Non lo so voi ma io inizio ad agitarmi anche se non mi fa bene.

    • Daniele Imperi
      mercoledì, 12 Febbraio 2020 alle 17:20 Rispondi

      Non serve agitarsi :D
      La soluzione è fare ciò che si può fare, e farlo bene. Io non ho intenzione di adeguarmi, perché non mi ci vedo a fare l’attore sui social, quindi spero solo che un possibile editore valuti ciò che invierò in base alla qualità e non al seguito che ho.

  8. Barbara
    martedì, 18 Febbraio 2020 alle 13:37 Rispondi

    Quando l’ho scritto io ancora ad ottobre che oramai la scrittura richiede ben altre diverse competenze (partendo dalla tanto irrisa, quanto incompresa, laurea per influencer che altro non è che una laurea in Comunicazione) molti la presero male. Purtroppo, piaccia o no, questa è la tendenza, riflesso di un mercato ormai in crisi da un bel decennio. Pochi lettori, pochi investimenti.
    Ps. Da cellulare i commenti annidati no si leggono, mi trovo addirittura un carattere per riga :O

    • Daniele Imperi
      martedì, 18 Febbraio 2020 alle 14:02 Rispondi

      La laurea in influencer, almeno nel nome, hanno fatto bene a irriderla, perché non può esistere una laurea che ti faccia diventare influencer. Hanno scelto il nome per acchiappare polli.
      Sarà comunque la tendenza, ma io posso scrivere, non posso né voglio diventare un venditore. Non è il mio compito quello. Posso partecipare, nei miei limiti e nelle mie possibilità.
      Per i commenti, ho già sistemato una volta il problema, ma quando si annidano di più succede così. Posso provare ad avvicinare le liste, ma non credo si risolva. Mi studierò un modo,

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