Come essere scrittori in Italia, oggi

5 punti chiave per scrivere e vivere felici

Come essere scrittori in Italia

Il mestiere dello scrittore è un mestiere insolito, quanto affascinante e romantico. Il richiamo della scrittura è una voce che arriva a molti, forse a troppi, è un suono che attira a sé, un suono che non sai dove ti farà arrivare, magari da nessuna parte, magari lassù, nell’Olimpo dei Maestri.

Consapevoli del numero sempre crescente di aspiranti scrittori, di scrittori emergenti e di scrittori più o meno famosi che affollano case editrici e librerie di tutto il mondo, rispondiamo a quel richiamo, senza preoccuparci di cosa comporti, di cosa ci lasciamo alle spalle, di cosa in realtà significhi essere scrittori oggi.

No, di cosa significhi esserlo in Italia.

Perché noi siamo italiani e scriviamo in italiano per altri italiani.

Tutto ciò che succede altrove, specialmente nell’idilliaca – o pseudoidilliaca – nazione americana d’oltreoceano, ma anche nel resto del continente europeo, a noi non deve interessare, perché quelli sono altri paesi, con altre lingue e altri mercati e altri lettori e altri gusti.

I paragoni, come si suol dire, lasciano il tempo che trovano.

A noi deve interessare soltanto cosa significa essere scrittori in Italia, oggi. Non nel secolo scorso né nell’800. Ma oggi, nel XXI secolo. Perché noi viviamo adesso e in questo paese e dobbiamo fare i conti con questa nostra realtà, lasciando perdere sogni e desideri.

Dobbiamo guardare in faccia la situazione attuale, perché non potrà cambiare a breve, e quando questa realtà cambierà (se cambierà), noi non saremo più qui per scoprirlo.

Parole che non piaceranno a molti, ma è ciò che penso. Chiunque, poi, è libero di vivere nel bozzolo delle illusioni, ma quel bozzolo non diventerà mai farfalla. È una prigione di seta che non si schiude, ma chiude anzi l’illuso alla realtà esterna.

Come essere scrittori in Italia, oggi?

Ho provato a rispondere a questa domanda e ho trovato cinque punti che ne costruiscono insieme una risposta. Cinque punti che costituiscono una sorta di comportamento ideale da avere se si vuol ottenere dei risultati nel campo della scrittura creativa.

La scrittura, come ogni forma d’arte, è inutile

Art is useless by definition. If it was useful, it would be a tool.

Derek Sivers, “Art is useless, and so am I

Inutile non significa senza valore, specifica Derek nel suo articolo. Ma l’arte non serve a nulla, è puro intrattenimento per occhi, orecchie, mente. Scrivere un romanzo non ha alcuna utilità, sebbene quel romanzo potrebbe diventare un’opera di estremo valore.

Credo che un giusto approccio alla scrittura sia vederla come una semplice forma d’arte, anche se tutti noi vogliamo trovare clienti (lettori) per quest’arte. Ma questo è un altro discorso.

Prima di tutto dobbiamo metterci in testa che stiamo creando prodotti inutili: se oggi smettessimo tutti di scrivere romanzi, avremmo comunque tutti da leggere fino alla fine dei nostri giorni.

Ma allora perché continuare a scrivere?

La domanda da porsi è un’altra: ma allora come e cosa scrivere? E cosa aspettarsi dalla nostra scrittura? Derek ci dice che la finalità dell’arte non è la sua utilità.

Quando ho provato a disegnare per farne un lavoro, ho realizzato i miei peggiori disegni. Quando ho disegnato per me stesso, ho creato vignette decenti e anche buone, in alcuni casi.

Derek ha imparato una nuova lingua, perfettamente inutile per molti (in questo caso anche per me), ma a lui piaceva. E questo è importante.

Forse il succo del discorso è tutto qui: scrivere perché è qualcosa che a noi piace fare, lasciando perdere tutto il resto, perché quel resto viene dopo e forse potrebbe anche non arrivare mai.

Scrivere e basta.

Impara il mestiere

The key to pursuing excellence is to embrace an organic long-term learning process, and not live in a shell of static safe mediocrity.

Derek Sivers, “The Art of Learning – by Josh Waitzkin

Oggi non c’è più molta voglia (e pazienza) di aspettare. Quasi tutti vogliono risultati subito, non amano i fallimenti, non amano dover attendere il proprio turno. Tutto e subito sembra la parola d’ordine.

Leggo di diciottenni che iniziano a scrivere il loro romanzo e mi domando quante letture abbiano alle spalle. Non penso siano molti i giovani che leggono a quell’età, che leggono tanto, anzi penso che siano molto pochi. Quanti fra quei pochi sono aspiranti scrittori?

Imparare il mestiere di scrivere è un processo a lungo termine, ci suggerisce Derek, un processo che ha bisogno di un programma da rispettare, altrimenti si resta nel proprio guscio di mediocrità.

Alla mia età non penso di averlo ancora imparato, altrimenti il mio blog avrebbe una pagina piena di copertine dei miei libri. Da tempo mi sono imposto di leggere tutti i classici, dagli antichi ai più moderni, perché nella mia testa lo scrittore è uno che ha letto i classici (ma li leggo anche perché mi piace leggerli).

Vorrei anche studiare drammaturgia e sceneggiatura cinematografica per ampliare le mie conoscenze, per migliorare la mia tecnica di scrittura.

E scrivo. Perché scrivere significa fare esercizio e l’esercizio è parte di quel processo di apprendimento del mestiere.

Non vivere di scrittura, ma vivi per scrivere

  • Have a well-paying job
  • Seriously pursue your art for love, not money

Derek Sivers, “How to do what you love and make good money

Ho conosciuto il blog di Derek Sivers dall’ultimo post di Serena, che ha tradotto l’articolo che trovate in citazione: “Finalmente la ricetta segreta?: Come fare quello che ami e fare anche soldi”.

È stata una piacevole sorpresa perché da tempo ho avuto anche io quell’idea: trovare un lavoro fisso – anche se oggi molti liberi professionisti sostengono che non esista più il lavoro fisso (peccato che non sia vero) – e scrivere nel tempo libero.

Molti scrittori famosi hanno iniziato proprio in questo modo.

  • Stephen King ha lavorato in una lavanderia e ha continuato a scrivere storie a tempo perso.
  • Cormac McCarthy ha lavorato come meccanico mentre scriveva il suo primo romanzo.
  • Mark Twain lavorò pilotando un vaporetto sul Mississippi.
  • Franz Kafka ha trovato impiego in una società di assicurazioni italiana e poi in una del Regno di Boemia.
  • Salvatore Quasimodo ha lavorato come disegnatore tecnico e poi come impiegato in un magazzino, ottenendo poi un posto come geometra al Ministero.

E ora sono passati alla storia.

Ma noi non dobbiamo passare alla storia. Noi dobbiamo scrivere e pubblicare. La scrittura non ci dà da mangiare, non ci fa pagare mutuo e bollette, non ci permette di andare in vacanza. Per fare tutto questo dobbiamo lavorare e lavorare in modo continuativo.

Non possiamo vivere di scrittura, ma dobbiamo vivere per poter scrivere.

Derek ha ragione:

  • trovati un lavoro ben pagato
  • e dedicati alla scrittura per amore, non per soldi

Per scrivere dobbiamo avere le spalle coperte. Dobbiamo assicurarci uno stipendio fisso.

Non sono più innamorato della libera professione come un tempo. Quando ero impiegato part-time in un ufficio, lavoravo quei giorni e quelle ore e tutto il resto era mio. I freelance dicono che stanno meglio, ma poi si lamentano che non conoscono più le domeniche, che non vanno in ferie da anni e tornano a casa alle 21.

Il lavoro è una cosa, la schiavitù un’altra.

A me interessa vivere. Vivere per scrivere.

Un rifiuto editoriale non è un fallimento, ma un test

There is no failure. There can’t be, if your only mission was to “see what happens”.

Derek Sivers, “This is only a test. See what happens.

Un modo di pensare molto ottimistico. E se lo cito io, pessimista patentato, allora è grave.

No, penso che Derek abbia nuovamente ragione. Per quanto possiamo conoscere una casa editrice, per quanti suoi libri possiamo aver letto, non abbiamo la certezza che il nostro manoscritto sarà accettato.

L’invio del manoscritto è un test.

E i test servono per analizzarne i risultati. Servono a farci capire dove abbiamo sbagliato e dove no.

Avete spedito un manoscritto a una casa editrice? Bene, vedete cosa succede. Esattamente come ha scritto Derek: this is only a test. See what happens.

Io sono convinto che sia possibile pubblicare con editori medio-grandi. Basta scrivere un romanzo indimenticabile.

Basta non accontentarsi. Basta sapere aspettare. Basta mettersi in testa che scrivere è bello, ma riscrivere è doveroso. Basta accettare il rifiuto. Accettare di non essere prime donne. Scendere dal podio perché nessuno ci ha messo lì sopra.

E fare test.

Non desiderare il successo

Instead of comparing up to the next-higher situation, compare down to the next-lower.

Derek Sivers, “Think like a bronze medalist, not silver

Questa è grande.

Derek è un genio. Ma in fondo non è più o meno quanto enunciato dalla 7° legge immutabile del marketing? Sì, la “legge della scala”: se non occupate il piolo più alto, esistono altri pioli nella scala da occupare.

C’è chi si mette a scrivere pensando di diventare il nuovo Premio Nobel della Letteratura. Di vedere i suoi romanzi a Hollywood trasformati in celluloide.

È bello sognare, ma è meglio restare con i piedi per terra. E ricordarsi che siamo sempre in Italia.

Pensare come una medaglia di bronzo, non come una d’argento, né tanto meno una d’oro. Ma che significa?

È più bravo un atleta che alle Olimpiadi vince una medaglia d’oro o uno che ne vince 10 di bronzo?

Qualcuno dirà che è meglio vincere un solo oro che tanti bronzi, memore del detto “meglio un giorno da leoni che cento da pecora”.

Ma io dico che l’atleta che ne vince una d’oro è stato sul podio una sola volta, mentre l’altro, quello che ne ha vinte 10 di bronzo, c’è stato appunto dieci volte.

Ha eccelso in 10 gare, salendo sul podio, anziché in una sola.

Derek ci vuol dire di accontentarci del terzo posto. E già quello è un bel successo. Non è necessario diventare scrittori di grido, è necessario semmai diventare scrittori che pubblicano. Che hanno un loro pubblico. Che si sono ritagliati una loro fetta di mercato.

Scrittori che vincono ogni anno la loro bella medaglia di bronzo.

Come essere scrittori in Italia, oggi

Penso di aver espresso la mia idea in modo chiaro e dettagliato. Forse non ho mostrato un quadro roseo, ma qui nessuno di noi vuol fare il fiorista. Sentitevi liberi, ovviamente, di confutare i miei 5 punti per scrivere e vivere felici.

92 Commenti

  1. Sonia
    giovedì, 4 Maggio 2017 alle 7:15 Rispondi

    Proprio ieri ho trovato un video di Neil Gaiman su questo argomento, davvero illuminante. Te lo consiglio https://youtu.be/plWexCID-kA

    • Daniele Imperi
      giovedì, 4 Maggio 2017 alle 12:46 Rispondi

      Per fortuna ho trovato una trascrizione del video, se no non avrei capito nulla :D
      Comunque non mi trovo in generale molto d’accordo con quanto ha detto.

  2. maddalena frangioni
    giovedì, 4 Maggio 2017 alle 7:40 Rispondi

    Suggerimenti consigli spunti che condivido pienamente. Anch’io mi sono messa a scrivere da pensionata, con un lavore alle spalle. Nessuna ricerca di successo nessun desiderio economico, solo il piacere dello scrivere e riuscire a scrivere sempre meglio e far leggere ad amici i lavori cercando in alcuni concorsi di avere un qualche riscontro.
    Il mondo della scritzura cosi come quello dell’arte non sono utili per la vita ma sono utili per soravvivere e nel migliorare la societä miglioramo noi stessi. E poi non sottovalutiamo il bisogno di esprimersi in modo libero da parte di ciascuno di noi al di lä del risultato.

    • Nuccio
      giovedì, 4 Maggio 2017 alle 11:26 Rispondi

      Anch’io lo trovo divertente, come dipingere, purtroppo non so suonare e neanche cantare. Buona giornata.

    • Daniele Imperi
      giovedì, 4 Maggio 2017 alle 12:49 Rispondi

      Ciao Maddalena, benvenuta nel blog. Hai ragione, con la scrittura, almeno finché non torna la censura, possiamo esprimerci come vogliamo.

  3. Giulia
    giovedì, 4 Maggio 2017 alle 7:43 Rispondi

    Ciao Daniele,
    come sempre leggo con molto interesse i tuoi articoli.
    Ti dirò, anch’io sono una pessimista patentata; eppure, dentro di me ho ancora la speranza che le cose cambieranno in meglio, per la scrittura e per la vita di tutti in generale. Credo che se il genere umano non avesse più speranza, allora tanto varrebbe vivere. Sperare, in qualsiasi cosa, è ciò che ci permette di continuare a lottare e di vivere, appunto. (E te lo dico io che, non mi vergogno a dirlo anche se lo scrivo con molto dolore, due anni e mezzo fa ho perso una mia amica, la migliore che avevo, per suiciio. Te lo dico io che soffro ancora indicibilmente, oggi e che sono in cura per ansia e depressione.) Anche questa mia amica adorava scrivere e leggere; e forse è stato proprio perché a lei piaceva quel che scrivevo, che io ho ritrovato, dopo un anno, la forza di riprendere in mano la scrittura, che prima avevo abbandonato. Sì, credo proprio di doverla
    ringraziare.
    Scusa, sto divagando, ma dovevo dire questa cosa.
    Comunque, quello che intendevo è che non concordo con il passaggio in cui scrivi:
    “(…) quando questa realtà cambierà (se cambierà), noi non saremo più qui per scoprirlo.”
    Penso che, invece, bisogni combattere per, appunto, sperare di essere qui per scoprirlo, prima o poi.
    Ora passo a commentare i tuoi vari punti, esprimendo il mio punto di vista.
    1. La scrittura, come ogni forma d’arte, è inutile
    Su questo sono d’accordo. Inoltre hai ragione nel dire che prima di tutto bisogna scrivere perché è una cosa che piace, che fa stare bene. Si deve farlo prima per se stessi e poi, forse, se questo accadrà, per gli altri. Io, fino al 2015 quando iniziai a pubblicare su un sito di Fanfiction, scrivevo semplicemente per me, perché lo adoravo, perché mi è sempre piaciuto. Facevo leggere qualcosa ai miei amici, ma neanche tanto, alla fine.
    Mio padre mi ha sempre detto proprio la stessa cosa che tu hai asserito:
    “Scrivi per te stessa, innanzitutto” e ha aggiunto: “Se puoi, non abbandonare mai questa passione; e non pensare se verrai pubblicata o no. Tu continua lo stesso, sempre e comunque.”
    Ho fatto, di queste frasi, la mia filosofia mentre scrivo.
    2. Impara il mestiere
    Posso dire, con orgoglio, di essere stata una di quei pochi diciottenni che leggevano. Quello è stato il periodo in cui ho letto di più (sei libri in un’estate) e poi, quando avevo tempo (studio euniversità permettendo), ho continuato. Anch’io ho letto alcuni classici, alcuni perché l’ho voluto, altri perché mi sono stati dati da studiare per i corsi universitari; ma ogni volta che li prendevo in mano mi immergevo completamente nella lettura, me li gustavo appieno e pensavo che lo studio sarebbe venuto dopo. Dovevo godermi il libro, prima di tutto. Ho letto tre manuali di scrittura creativa e ho seguito anche un corso. Certo non è molto, maqualcosina credo di averlo imparato. Più avanti, quando avrò tempo, farò di più.
    3. Non vivere di scrittura, ma vivi per scrivere
    In realtà, lo ammetto, io a volte penso:
    Chissà se verrò pubblicata, un giorno…
    Devo dire che la cosa mi alletta, ma so che ci sono scrittori eesordienti molto più bravi di me e, comunque, non è una cosa a cui aspiro. Se capiterà lo farò, altrimenti non importa, continuerò a scrivere lo stesso.
    4. Un rifiuto editoriale non è un fallimento, ma un test
    Su questo non posso dire nulla, in quanto non ho mai inviato null ad una casa editrice, almeno non per ora.
    5. Non desiderare il successo
    Per fortuna, non sono una di quelle persone che, come tu hai scritto, credono di poter vincere il Premio Nobel per la letteratura, assolutamente no! Inoltre mi sa che hai ragione: il terzo posto è già una gran cosa!

    Grazie per questo articolo, Daniele. Mi ha fatta riflettere molto e spero che il mio commento così lungo non ti abbia annoiato.
    Giulia

    • Daniele Imperi
      giovedì, 4 Maggio 2017 alle 12:51 Rispondi

      Ciao Giulia,
      il commento lungo non mi ha annoiato :)
      È solo emerso che sono più pessimista di te :D

  4. Grilloz
    giovedì, 4 Maggio 2017 alle 9:02 Rispondi

    Sono consigli di buon senso. Sull’ultimo punto però, da lettore, ti dico che a me interessa che vince l’oro, anche se ne vince solo uno, tanto ci sono tante gare :D
    Da lettore se le medaglie di bronzo non pubblicasero avrei comunque abbastanza medaglie d’oro da leggere per le mie prossime 7 vite (e non sono un gatto :P)

    • Nuccio
      giovedì, 4 Maggio 2017 alle 11:30 Rispondi

      Chi può giudicare se si merita la medaglia d’oro o quella di bronzo. Quanti non sono riusciti a pubblicare se non post mortem. E cosa determina il così detto successo. C’è una schiera di autori che scrivono benissimo, ma che non hanno fortuna e altri, meno dotati, ma con più conoscenze che sono esaltati? La vita è una strana avventura e non sai mai cosa si cela dietro l’angolo.

      • Daniele Imperi
        giovedì, 4 Maggio 2017 alle 13:00 Rispondi

        Lo giudica la Storia. I libri che sono sopravvissuti ai secoli hanno preso quella medaglia. Quanti sono gli autori che hanno pubblicati dopo la morte? Non costituiscono la normalità.
        Il successo è un termine ambiguo.

        • Nuccio
          giovedì, 4 Maggio 2017 alle 13:14 Rispondi

          E quanti sono rimasti nei cassetti degli autori? La storia non sempre è buon giudice.

          • Daniele Imperi
            giovedì, 4 Maggio 2017 alle 13:36 Rispondi

            Sì, vero anche questo.

    • Daniele Imperi
      giovedì, 4 Maggio 2017 alle 12:58 Rispondi

      Sì, posso dartela buona: ci sono così tante medaglie d’oro in letteratura che abbiamo da leggere per anni :)

  5. Regina Scuto
    giovedì, 4 Maggio 2017 alle 8:17 Rispondi

    Ciao! Anche io sono arrivata a questa conclusione, e sono d’accordo su ogni punto. Sto seguendo questo piano e cercando un lavoro fisso, studiando sceneggiatura e drammaturgia, leggendo classici e scrivendo a tempo perso. Inviare il mio romanzo a editori e che concorsi per me è sempre un test, d’altronde non pretendo di pubblicare per forza i miei primi lavori: ne scriverò altri e saranno migliori, sennò non sarei una scrittrice! Lo confesso, spero che il mio romanzo di fantascienza si trasformi in celluloide un giorno, ma solo perché ho una grande passione per il cinema e sarebbe un sogno che completerebbe la mia opera, dando forma a tutte le sue potenzialità.
    PS. Ho sentito troppi giovani scrittori dire che la loro passione per la scrittura è nata prima della passione per la lettura (lo credevo impossibile) e vorrei dirvi che ne esistono anche come me (ho 24 anni) che, prima di aspirare alla scrittura, hanno aspirato a leggere tutto il leggibile sulla faccia della Terra, a cominciare (e a continuare) con i classici: sono stati e continuano ad essere la mia formazione.

    • Daniele Imperi
      giovedì, 4 Maggio 2017 alle 12:54 Rispondi

      Ciao Regina, su cosa stai studiando sceneggiatura e drammaturgia?
      Comunque anche io spero che il mio romanzo di fantascienza diventi un film, ma ciò non significa che scriva per quel fine.
      In un certo senso faccio anche io parte di quelli che sognavano di diventare scrittori ancor prima di diventare lettori, ma per fortuna ho iniziato prima a leggere con regolarità e poi a tentare di scrivere qualche storia.

      • Regina Scuto
        giovedì, 4 Maggio 2017 alle 16:41 Rispondi

        In realtà, ho fatto solo un paio di corsi online della Scuola Holden, per imparare le basi della sceneggiatura e dell’adattamento di un libro a sceneggiatura… Ma è un argomento che mi interessa molto.
        Certo, anch’io non scrivo con questo fine: Scrivere un libro con il fine di farlo diventare un film sarebbe assurdo… Allora meglio scrivere una sceneggiatura! Sono comunque due tipologie di scrittura creativa distinte, anche se legate entrambe alla narrazione :D
        Ma credo che conoscerle entrambe può dare molto spunti ad uno scrittore.

        • Daniele Imperi
          giovedì, 4 Maggio 2017 alle 16:53 Rispondi

          Sì, penso lo stesso su sceneggiatura e drammaturgia. Me ne vorrei servire per la narrazione, non per poter scrivere sceneggiature di film, anche se poi non si sa mai nella vita :)

          • Regina Scuto
            giovedì, 4 Maggio 2017 alle 16:57 Rispondi

            Proprio così: io ho scoperto cose interessanti, che mi sono state utili anche nella stesura dei miei romanzi. La sceneggiatura ha delle regole più ferree e un metodo più rigido: aiuta a prendere coscienza di cose che più o meno si sanno già, ma bisogna sapere prendere solo quello che può essere utile, senza però scrivere libri che sembrino delle sceneggiatura estese come fanno in tanti ormai…

  6. Paolo
    giovedì, 4 Maggio 2017 alle 8:31 Rispondi

    Uno degli articoli sul mestiere dello scrittore più belli che io abbia mai letto; mi ritrovo molto tra le righe di questo pezzo e ti dirò la verità: mi ha aperto gli occhi. Grazie, Daniele.

    • Daniele Imperi
      giovedì, 4 Maggio 2017 alle 12:54 Rispondi

      Ciao Paolo, grazie e benvenuto nel blog.

  7. Elena
    giovedì, 4 Maggio 2017 alle 8:53 Rispondi

    Ciao Daniele,
    una riflessione che mi da l’impressione di un momento di svolta. Se è così, allora in bocca al lupo per i nuovi propositi.
    Io credo che l’affermazione di Derek “L’arte è inutile e dunque anch’io” sia una provocazione e come tale non significhi affatto ciò che afferma. Così infatti non può essere, datosi che molte generazioni di persone, compresa me, hanno imparato a vivere a superare momenti difficili, a conoscere aspetti, parole, comportamenti, cose che non conoscevano e che li hanno aiutati ad ampliare il cruscotto degli strumenti a loro disposizione per vivere. L’arte al contrario è utile, nel senso che serve sempre a qualcosa. Ma il termine inglese di utilità (useful) ha anche un’altra accezione: vantaggioso, nel senso che possa produrre profitti. Ecco credo, come poi tu stesso alla fine affermi, che l’indicazione di Derek sia questa: impedire alla nostra intenzione di scrivere di legarsi a doppia mandata con una logica economica: né per cavarci qualcosa economicamente, né per ottenere riconoscimento sociale. Ovvero ci invita a scrivere esclusivamente per noi stessi o meglio, per gli atri, ma attingendo solo da se stessi. Questa è la strada per l’originalità e l’onestà e se vuoi, l’autenticità, cosa cui io tengo molto.
    E qui veniamo alla seconda affermazione che mi lascia perplessa: può un giovane di 18 anni cominciare a scrivere? Occorre davvero aver letto molti libri prima? Possiamo giudicare a priori? No, penso di no. Mozart, grandissimo artista, cominciò a suonare a 5 anni. Aveva un paio di manine come le nostre ma si muovevano al ritmo della musica che non aveva studiato sugli spartiti ma che sentiva semplicemente dentro di sé. Se avesse avuto intorno pre giudizi non sarebbe andato in giro a suonare e chissà quanti altri scrittori in erba si sono trovati davanti allo stesso scoglio. Vuol dire che chiunque possa scrivere? Certamente no e tu chiarisci bene, qui e altrove, le caratteristiche di un buon scrittore, ma occorre provare.
    In definitiva, penso che chi scrive attinga all’esperienza di sé e se è capace di esternarla, di raccontarla, in modo semplice ed efficace, allora è uno scrittore.
    Deve avere una conoscenza minima della lingua e aver vissuto un pò, d’accordo. Ci sono persone che pur essendo adulte non hanno vissuto, semplicemente perché non si sono mai confrontate con la vita.
    Questo articolo è in realtà un grande invito a ciascuno di noi a scrivere e a raccontarsi, nei modi e nelle forme che possiamo concepire. Questo è in fondo il nostro destino

    • Daniele Imperi
      giovedì, 4 Maggio 2017 alle 12:57 Rispondi

      Ciao Elena, nessun momento di svolta, almeno credo :)
      Penso anch’io che la prima fosse una specie di provocazione di Derek. In fondo l’arte viene usata anche come terapia.
      Mozart era un genio, come lo era Dante, come lo era Galileo. I geni sono rari, quindi dobbiamo pensare di rientrare nella norma.

  8. Roberto
    giovedì, 4 Maggio 2017 alle 9:14 Rispondi

    Trovo tutto giustissimo. Scrivere e ‘riscrivere’, saper fare un passo indietro per poi farne due in avanti; non è semplice, ma fattibile. Però, i sogni ci sono sempre; la finalità di pubblicare c’è… oltre, al piacere personale di praticare la scrittura nel quotidiano, come il pianista si esercita per poi affrontare il concerto.
    L’Italia… non so. La amo e la odio, ma la amo, prima di tutto.
    Qualcuno mi ha detto: scrivi, fatti tradurre e parti dall’estero (un po’ come i famosi cervelli che espatriano…:-) Non so… ci vorrebbero degli ulteriori sforzi che non credo siano fattibili per uno che deve arrivare alla fine del mese.
    Mi metto davanti al mio computer e parto… lo stesso!
    Arriverà il momento di inviare il manoscritto agli editori, e si vedrà.

    • Daniele Imperi
      giovedì, 4 Maggio 2017 alle 13:02 Rispondi

      I sogni ci sono sempre, basta che non prendano il sopravvento. Io anche amo e odio l’Italia, ma non so dirti chi vinca fra i 2 sentimenti.
      Ho pensato anche io a far tradurre qualcosa – ovviamente da un traduttore madrelingua – ma le traduzioni costano parecchio. Un esperimento vorrei farlo, però.

  9. Tenar
    giovedì, 4 Maggio 2017 alle 9:30 Rispondi

    Devo dire che mi ritrovo molto nel tuo post. Di più, penso che la scrittura si nutra di vita e quindi sia necessario vivere, uscire di casa, lavorare in un mondo altro rispetto a quello della scrittura, confrontarsi con gli altri. Il rischio, se no, è quello di una scrittura autoreferenziale, in cui si parli sono di scrittori o di aspiranti scrittori, editori o editor. E sai che noia per il lettore che non appartiene a quel mondo?

    • Nuccio
      giovedì, 4 Maggio 2017 alle 11:31 Rispondi

      Infatti gli autori citati da Daniele hanno avuto delle esperienze pratiche che hanno saputo trasfondere nei propri scritti.

      • Daniele Imperi
        giovedì, 4 Maggio 2017 alle 13:04 Rispondi

        Come, penso, gran parte degli autori classici italiani e stranieri.

    • Daniele Imperi
      giovedì, 4 Maggio 2017 alle 13:03 Rispondi

      Sai che p… ehm, che noia estrema, sì, leggere romanzi che parlino solo di scrittori :)
      Ogni tanto mi capitano, ma per fortuna sono state belle letture.

  10. Chiara Mazza
    giovedì, 4 Maggio 2017 alle 9:51 Rispondi

    Leggendoti sembra che con un po’ di volontà e applicazione tutti possano essere scrittori. Io non so se sono d’accordo. Molti scrivono da bene a benissimo, molti pubblicano, spesso anche schifezze, ma sono per questo scrittori (a parte se per “scrittore” si intende semplicemente uno che scrive regolarmente)?
    Ragiono da un po’ su una qualità che mi pare essenziale per esser scrittore: un sano e insistente egocentrismo. Diciamo che senza questa qualità un po’ narcisistica uno si accontenterebbe di scrivere a casa sua sul suo diario, o sul suo blog. Se si cerca una pubblicazione in qualche modo si crede che il proprio scritto apporti qualcosa ai lettori, possa, almeno in senso molto lato, cambiare il mondo, averci un impatto.
    Il problema forse dell’epoca attuale è che molti sistemi di comunicazione, tipo i social network, ma anche i blog, hanno avuto grande impatto sul narcismo delle persone e quindi – esagero un po’, ma non tanto – l’avventore medio del web pensa che la dichiarazione di quel che ha mangiato a cena sia di grande interesse e quindi da pubblicare assolutamente. Per me questo fenomeno ha reso molto più difficile lo scovare di quegli scrittori che invece valgono la pena perché, se non ti direbbero mai quel che han mangiato a cena, ti comunicherebbero invece qualcosa che ha senso e apporta un valore al mondo.

    • Nuccio
      giovedì, 4 Maggio 2017 alle 11:33 Rispondi

      Anche il menù della cena può destare interesse…

      • Daniele Imperi
        giovedì, 4 Maggio 2017 alle 13:07 Rispondi

        Specialmente se stai a digiuno da ore…

        • luisa
          venerdì, 5 Maggio 2017 alle 0:58 Rispondi

          O da giorni :-) Tasto dolente…quando abitavo vicino Ostia facevo certe belle mangiate di pesce fresco…Adesso le sogno … sì, sì hai letto bene …sogno di fare ancora quelle belle mangiate, specialmente da Michelino all’Infernetto (se non lo conoscete andateci non ve ne pentirete).

          • Daniele Imperi
            venerdì, 5 Maggio 2017 alle 7:41 Rispondi

            Io e il pesce (mare incluso) non andiamo d’accordo :)

            • luisa
              venerdì, 5 Maggio 2017 alle 23:23 Rispondi

              Da escludere per un pò … di anni, prodotti che vengono dai castelli e dintorni, dopo quello che è successo oggi mentre ero sul cotral una enorme nuvola nera si dirigeva da quelle parti

    • Daniele Imperi
      giovedì, 4 Maggio 2017 alle 13:07 Rispondi

      No, assolutamente, non volevo far passare quel messaggio, perché neanche io penso che chiunque possa essere scrittore.
      Se vuoi pubblicare, allora un po’ egocentrico devi essere, ma nel senso positivo della parola.
      Oggi si pubblica con estrema facilità, ma non ritengo pubblicazione la semplice condivisione di un pensiero sui social.

  11. Martin Rua
    giovedì, 4 Maggio 2017 alle 10:23 Rispondi

    Come spesso mi accade quando leggo i tuoi interessanti post, caro Daniele, sono quasi in tutto in disaccordo con te. E, in questo particolare post, con Derek.
    Rispondo un po’ in sintesi e in maniera sparsa ai vari punti.
    L’arte non è inutile, si capisce che questa è una provocazione: senza arte saremmo aggregati di cellule senza sentimenti e anima. Anche quando non ce ne accorgiamo, l’arte agisce su di noi. Inoltre l’arte non è mai stata fine a se stessa, ma ha sempre avuto anche una ricaduta economica.
    Questo mi porta alla seconda considerazione: scrivere per se stessi prima di tutto. In prima battuta è quel che ci dà lo stimolo per scrivere, ma poi bisogna andare oltre, se non ci si vuole limitare a tenere un diario o a scrivere per gli amici. Scrivere per tentare di pubblicare; scrivere per tentare “anche” di guadagnarci.
    E però scrivere bene.
    Questo è un punto sul quale siamo in accordo e non potrebbe essere diversamente. C’è troppa robaccia in giro, troppa approssimazione, troppa presunzione di essere pronti a essere pubblicati solo perché si ha una particolare sensibilità e si riesce a mettere tre parole in fila su un foglio. Ho incontrato tanti aspiranti scrittori che avevano questa arroganza e che neanche riconoscevano l’importanza di leggere e studiare prima di mettere le dita sulla tastiera.
    Parliamo del successo, di arrivare secondi o terzi e di vivere di scrittura.
    Sono d’accordo, non è necessario vincere la medaglia d’oro ogni volta, ma un paio di bronzi aiutano. Se poi si diventa bravi (o si è fortunati) tanto da beccare l’oro, ben venga. Quello è il successo, ma non esiste una vera formula per ottenerlo.
    L’obiettivo a mio avviso, però, deve essere di riuscire a vivere di scrittura, se vuoi farlo per lavoro e se il richiamo è così forte. Bisogna puntare in alto e lavorare per riuscirci, nonostante gli immensi ostacoli (che non sono solo italiani), sapendo però che la chiave per non impazzire è sapersi accontentare.
    Io scrivo e pubblico, come tu sai, ancora non sono indipendente con il mio lavoro di scrittore, ma so che è possibile riuscirci. Conosco molti che ci riescono. Accontentandosi.
    Ecco, su questo ultimo punto non saremo mai d’accordo!
    Un abbraccio

    • Daniele Imperi
      giovedì, 4 Maggio 2017 alle 13:10 Rispondi

      Aspettavo proprio il tuo commento :D
      Scrivere per se stessi, per me, è inteso scrivere farsi travolgere dalle speranze di pubblicazione o dalle manie di grandezza, ma scrivere in modo naturale. Ovvio, poi, che se aspiri a pubblicare e vendere, allora la tua scrittura deve essere appunto vendibile.
      Che intendi per accontentarsi?

  12. Antonio Alfiere
    giovedì, 4 Maggio 2017 alle 10:29 Rispondi

    Mi ricorda una storiella zen:

    Un sacerdote incontrò un giorno un maestro zen e, volendo metterlo in imbarazzo, gli domandò: ”Senza parole e senza silenzio, sai dirmi che cos’è la realtà?”. Il maestro gli diede un pugno in faccia.

    Alla fine dell’articolo mi sono sentito come il sacerdote che ha ricevuto un pugno in faccia chiamato “Siamo in Italia”.

    • Daniele Imperi
      giovedì, 4 Maggio 2017 alle 13:11 Rispondi

      Ciao Antonio, benvenuto nel blog. Bella la storiella zen, non la conoscevo.
      E benvenuto in Italia, anche :)

    • Andrea
      giovedì, 4 Maggio 2017 alle 21:05 Rispondi

      Cavoli ho scritto una storiella molto simile qualche anno fa. I protagonisti erano proprio maestro e allievo, dove quest’ultimo domandava cos’era la realtà e il maestro rispose prima con uno schiaffo e poi con la spiegazione.
      È stato il giapponese a copiarmi lo giuro :)

      • Daniele Imperi
        venerdì, 5 Maggio 2017 alle 7:38 Rispondi

        Fagli causa, allora, ma prima parati la faccia, ché quello è di pugni facili :D

      • Antonio Alfiere
        venerdì, 5 Maggio 2017 alle 8:56 Rispondi

        Aspetta che chiamo il giapponese che ti ha copiato e gliene dico quattro sul copyright :D

  13. Amanda Melling
    giovedì, 4 Maggio 2017 alle 10:40 Rispondi

    Vivere di scrittura può essere rigirato un po’ come si vuole. Se il punto è accontentarsi, qualsiasi casalinga che scrive un romanzo può definirsi scrittrice a tempo pieno. Per essere scrittori che campano su quello che scrivono, non è valido barare. Significa che devi vendere almeno 2/300.000 copie, perché devi pararti il sedere anche per gli anni successivi, nel caso di un possibile flop. In Italia chi raggiunge quelle cifre?

    • Daniele Imperi
      giovedì, 4 Maggio 2017 alle 13:13 Rispondi

      Infatti. Devi avere delle vendite continuative. Un solo romanzo non basta, a me che non venda migliaia e migliaia di copie l’anno. Ma è appunto impossibile, specialmente qui.

  14. Emilia
    giovedì, 4 Maggio 2017 alle 10:44 Rispondi

    Di tutto il tuo interessante, consolatorio post riprendo solo un concetto: se l’arte non è utile, mi chiedo, che cosa è invece utile fare nella vita? E’ utile giocare a carte, a tennis, andare al cinema viaggiare, eccetera, eccetera? Scrivere è un piacere, non rientra nelle categorie dell’essenza, ma sproloquiando potrei dire che a livello alto produce una catarsi, e, a livello medio alto non arrugginisce la mente. Il successo è un premio riservato a talentuosi, agli assi pigliatutto, sempre presenti sugli schermi. :

    • Daniele Imperi
      giovedì, 4 Maggio 2017 alle 13:15 Rispondi

      Quella di Derek era una provocazione. Qualsiasi svago è utile, anche gli altri mammiferi si svagano, non soltanto l’uomo.

  15. hesham
    giovedì, 4 Maggio 2017 alle 10:54 Rispondi

    La mia paura è non avere tempo per imparare e scrivere, sono un pensionato da tre anni. Dopo tanto perigrinare sono riuscito a pubblicare la prima raccolta di racconti in cartaceo con un piccolo editore, sensoinverso di Ravenna e mi accingo a pubblicare la seconda raccolta, è vero che non si vive di scrittura in Italia, purtroppo in America sì. Io sono contento così, ripeto la mia paura è di non avere tempo non per scrivere ma per vivere abbastanza da scrivere tutto quello che voglio scrivere.

    • Daniele Imperi
      giovedì, 4 Maggio 2017 alle 13:18 Rispondi

      La stessa paura che ho io. Ma non c’è una soluzione, purtroppo.

  16. Maria Pia Rollo Wild Woman
    giovedì, 4 Maggio 2017 alle 11:03 Rispondi

    Ciao Daniele, bellissimo articolo!
    Dovrebbero leggerlo tutti quei diciottenni che hanno pubblicato e stanno pubblicando per grandi editori, e credono di aver scritto un capolavoro, quando in realtà é una ciofeca disgustosa.

    • Daniele Imperi
      giovedì, 4 Maggio 2017 alle 13:24 Rispondi

      Ciao Maria Pia, grazie. Finora non credo di aver letto opere di diciottenni, almeno non di questa epoca.
      Se pensi che Foscolo aveva solo 20 anni quando scrisse le “Ultime lettere di Jacopo Ortis”…

      • Maria Pia Rollo Wild Woman
        giovedì, 4 Maggio 2017 alle 14:02 Rispondi

        E non era un youtuber.

  17. Alberto
    giovedì, 4 Maggio 2017 alle 11:07 Rispondi

    A mio modesto parere per scrivere meglio è importante, per non dire essenziale, intercalare sapientemente le sessioni di scrittura con lo svago, quando per svago intendo dire attività distensive svolte fuori delle mura domestiche, magari all’aria aperta, come una passeggiata in solitudine o in piacevole compagnia. Anche praticare attività fisica è utile allo scopo. La parola chiave è moderazione, o senso della misura che dir si voglia, da adottare in qualsiasi cosa facciamo, anche in ciò che riteniamo preminente nella nostra vita. Destinare il 100% del proprio tempo libero ad attività sedentarie come la scrittura e la lettura non è moderazione, e non è salutare sia per il corpo che per la mente. Non è importante scrivere sempre e comunque, ma lo è tornare regolarmente alla scrittura tra una pausa di distensione (opportunamente dosata) e un’altra.

    • Daniele Imperi
      giovedì, 4 Maggio 2017 alle 13:26 Rispondi

      Concordo, non riuscire mai a scrivere per ore e ore di continuo e tutti i giorni.

  18. Stefano Dalpian
    giovedì, 4 Maggio 2017 alle 11:47 Rispondi

    Condivido quanto scritto. Vorrei sottolineare il terzo consiglio: trovatevi un lavoro fisso, meglio non troppo impegnativo. Se volete fare carriera non dovete fare gli scrittori, dovete fare carriera. Un lavoro fisso (a meno che non siate ricchi) vi darà quella tranquillità indispensabile per mettervi regolarmente davanti alla tastiera.

    Non sono d’accordo sui classici, o meglio, lo sono ma in senso lato: se scrivete di genere, leggerete soprattutto quel genere, per lo meno le pietre miliari. Se poi avete tempo per leggervi i classici russi tanto meglio…

    Forse un altro consiglio lo darei: scrivete di ciò che amate, ma ricordatevi che siete italiani. Tanti scrittori in erba raccontano storie ambientante a Los Angeles o a New York. Ci sono già tanti autori americani che lo fanno e molto bene. Potete anche ambientare il vostro romanzo in Nord America, ma se scrivete in italiano cercate sempre un legame con l’Italia (Ad esempio la storia di due immigrati italiani nella New York degli Anni Venti…).

    Per chi vuole confrontarsi e crescere (e ha due soldi da parte) consiglio anche due scuole di scrittura: “La bottega di narrazione” a Milano e la “Scuola Omero” a Roma. Che io sappia sono le uniche che meritano una menzione.

    Direi anche di continuare a seguire questo blog. Non è una sviolinata, è che certi consigli li ho trovati solo qua e non solo per la scrittura, ma anche per tutto ciò che sta intorno alla scrittura.
    Grazie
    Stefano

    • Daniele Imperi
      giovedì, 4 Maggio 2017 alle 13:31 Rispondi

      Fisso e non impegnativo sarebbe il lavoro perfetto.
      Per quanto riguarda la letteratura di genere, bisogna senz’altro leggerne le pietre miliari, ma secondo me non bisogna fossilizzare la lettura con un solo genere.
      Ho già pronta la trama per un romanzo su due immigrati italiani nella Chicago degli Anni Venti ;)
      Ho appena visto i costi di uno di quei corsi che citi: 700 euro. Quanti posso permetterselo? Anni fa frequentai 3 anni di scuola del fumetto, ma non sono mai riuscito a fare il fumettista.
      Grazie per il complimento finale :)

  19. Il Palombaro (Immersività blog)
    giovedì, 4 Maggio 2017 alle 12:04 Rispondi

    Sottoscrivo al 100% la prima parte. Siamo in Italia, siamo Italiani e parliamo Italiano, perciò dobbiamo confrontarci con questa realtà, volenti o nolenti, e lottare per emergere.
    Sono anche d’accordo sui vari punti. In particolare:
    1) L’arte è inutile.
    Capisco ciò che intende Derek. Sappiamo tutti che l’arte non è affatto inutile, e l’abbiamo sperimentato sulla carne. Né credo che Derek si riferisca al concetto di utilità come di necessità, ovvero di sopravvivenza, altrimenti il 99% delle cose che siamo e che facciamo si potrebbero definire “inutili”. E ciò sarebbe inutile.
    Credo che Derek, più precisamente, intenda dire che l’arte debba essere tale per chiamarsi arte: non finalizzata, dunque, se non all’arte. In Inglese si dice “art for art’s sake”; in Francese si dice “l’art pour l’art”. La vera arte, secondo questo concetto, sarebbe scevra da ogni funzione didattica, morale, utilitaristica.
    E sono completamente d’accordo. Lo scrivo in maiuscolo, per farti capire quanto sia d’accordo. SONO D’ACCORDO! Le opere didascaliche, moraleggianti o politicheggianti sono sempre state vomitevoli, nella mia esperienza. Quando si scrive un romanzo con uno scopo che non sia quello di narrare una bella storia e di emozionare il lettore, il romanzo è immancabilmente una cagata. Scusa il linguaggio, ma è così.
    L’arte non è inutile, quindi. L’arte, come tale, non è finalizzata, ma è arte.
    2) Imparare il mestiere.
    Quant’è vero. Ma non mi riferisco soltanto alla lettura; non basta leggere per saper scrivere. Bisogna scrivere, scrivere, scrivere, e studiare, studiare, studiare. Puoi aver letto anche un milione di libri, ma se hai scritto solo 100’000 parole non potrai che essere una schiappa. L’esperienza è fondamentale, come in tutti i mestieri. In più, ci sono tante cose che vanno curate. C’è una tecnica, ci sono regole. Per esempio, bisogna imparare a gestire il Punto di vista e la focalizzazione; il ritmo della narrazione; la struttura della storia; mostrare e non raccontare; la sintassi corretta; le norme redazionali più usate; la formattazione… eccetera eccetera

    • Daniele Imperi
      giovedì, 4 Maggio 2017 alle 13:33 Rispondi

      Leggere fa bene alla scrittura, ma insieme ci vuola anche parecchio esercizio di scrittura. Altrimenti è solo teoria e niente pratica.

  20. Renato Mite
    giovedì, 4 Maggio 2017 alle 13:24 Rispondi

    Concordo in parte, soprattutto col primo punto, perché riesco a scrivere solo storie che sento di dover esprimere, ma questo non significa che l’arte sia inutile. L’arte è utile proprio perché mira a giovare all’essenza stessa delle persone, la loro mente, la loro creatività, il loro divertimento, e cosa ci può essere di più utile che nutrire e realizzare la parte più profonda di noi esseri umani?
    Sul resto sono d’accordo sul fatto di dover imparare e migliorare, testando e sbagliando, e raccogliere le piccole vittorie, ma, anche qui, bisogna continuare a sognare in grande, puntare all’oro, per poter conseguire anche piccole vittorie.

    • Daniele Imperi
      giovedì, 4 Maggio 2017 alle 13:34 Rispondi

      Puntare all’oro nel senso di dare il meglio di sé nella scrittura è un bene, ma puntare all’oro e pretendere solo quello no.

      • Renato Mite
        giovedì, 4 Maggio 2017 alle 13:41 Rispondi

        No, infatti, per conseguire anche piccole vittorie.

  21. samanta giambarresi
    giovedì, 4 Maggio 2017 alle 14:40 Rispondi

    Ho letto come sempre con molto interesse questo post. Devo dire che sono d’accordo con tutti i punti. Forse perchè lavorando nella piccola editoria (per non dire minuscola) da dieci anni molte cose le ho apprese, altre le ho lette o sentite dire e alla fine ho constatato essere giuste (purtroppo).
    Ero ragazzina quando lessi un’intervista a Dacia Maraini che affermava che non riusciva a mantenersi col mestiere dello scrittore e quindi doveva occuparsi di altro.
    L’arte è inutile: ho una laurea in filosofia con una tesi in ermeneutica filosofica quindi so di cosa si sta parlando. Provocazione? In parte sì. L’arte è importante ma non vitale, nel senso che si sopravvive anche senza vedere una mostra di Andy Warhol o addirittura senza conoscerlo.
    Nel post si parla di mestiere di scrivere. Appunto è un mestiere e come tale va trattato anche se part time. Leggere di ragazzine che si vantano di scrivere 6 romanzi l’anno mi fa stare male. Se cerchi di capire di cosa hanno realmente scritto ti dicono che loro riescono a scriverne così tanti perché sono brave e io mi chiedo: “come cavolo ha fatto Nabocov a perdere 6 mesi della sua esistenza per il paragrofo del barbiere in Lolita?”.
    Andiamo alla parte più interessante: le medaglie
    Penso che ottenere una medaglia d’oro sia molto bello. Quello che mi fa riflettere, soprattutto per lo sport e l’arte è che, spesso l’oro possa arrivare presto e far perdere la testa all’altreta/artista e quindi non poter più essere un campione. Se prendi più bronzi vuol dire che hai lavorato e sudato e che ami veramente quello che fai e poi, la scrittura è bella perché puoi scrivere anche a 70 anni e tempo per la medaglia d’oro c’è!

    • Daniele Imperi
      giovedì, 4 Maggio 2017 alle 14:59 Rispondi

      6 romanzi l’anno? Chi sono questi geni? :)
      Il successo troppo presto anche secondo me fa perdere la testa a molti.

  22. Andrea
    giovedì, 4 Maggio 2017 alle 20:54 Rispondi

    Una delle peggiori azioni che possiamo compiere è trasformare ciò che ci piace fare in un lavoro. Anche a me piacerebbe farmi pagare per creare ciò che mi appassiona, ma se poi sono costretto a fare solo quello per otto ore al giorno, be’, sarebbe un inferno.
    Per fortuna non ho mai voluto diventare uno scrittore famoso anche se non mi dispiacerebbe recitare quel personaggio :)

    • Daniele Imperi
      venerdì, 5 Maggio 2017 alle 7:38 Rispondi

      Una volta la pensavo all’opposto, ma adesso anche io sono convinto che un lavoro è un lavoro e un hobby è un hobby.
      Non ho mai avuto alcuna gratificazione a disegnare vignette per lavoro e a realizzare siti web per lavoro, neanche economicamente m’è convenuto.

  23. luisa
    venerdì, 5 Maggio 2017 alle 0:42 Rispondi

    Se vuoi fare quella cosa la fai e basta a prescindere “dal premio o medaglia”
    Non sono d’accordo con Derek : “Inutile non significa senza valore, specifica Derek nel suo articolo. Ma l’arte non serve a nulla, è puro intrattenimento per occhi, orecchie, mente. Scrivere un romanzo non ha alcuna utilità, sebbene quel romanzo potrebbe diventare un’opera di estremo valore”
    Scrivere non è sempre detto che quel dato libro sia di valore o che sia inutile, ci sono libri molto utili anche se si parla di romanzi

    Nel manoscritto mandato all’editore ho scritto nella breve biografia: ” Ho scoperto che mi piace e diverte scrivere, a prescindere se mi verrà data l’opportunità di pubblicare”
    Premessa
    Facendo una ricerca di mercato presso le librerie sono venuta a conoscenza che l’argomento da me menzionato nel romanzo,non è ancora stato trattato da nessuna casa editrice.
    Quindi il mio racconto potrebbe essere una reciproca opportunità?
    Vediamo se rispondono, comunque continuo a scrivere e a mio vedere trovo “la penna” un’ arma da combattimento :-) altro che inutile, Voi cosa ne pensate?

    • Daniele Imperi
      venerdì, 5 Maggio 2017 alle 7:41 Rispondi

      Penso più o meno la stessa cosa: la scrittura può diventare un’arma, se ben usata.
      Mi pare buona la premessa che hai scritto per il tuo racconto :)

  24. Lucia Paolini
    domenica, 7 Maggio 2017 alle 9:55 Rispondi

    Bella riflessione. Si adatta a molte forme di arte. Di mestiere faccio “l’artista di strada”, nome pretenzioso per un concetto ampio. Anche noi ragioniamo sugli spettacoli, quali ti danno da mangiare e quali sono veramente “espressioni artistiche” e solitamente le due cose non coincidono. Credo pertanto che il titolo del tuo articolo, potrebbe tranquillamente essere : Come essere artisti in Italia, oggi.
    Sulla collocazione temporale non sono sicurissima, ci devo ragionare ancora un po’.

    • Daniele Imperi
      lunedì, 8 Maggio 2017 alle 7:16 Rispondi

      Grazie. Sì, quello che ho scritto penso si adatti a ogni altra forma d’arte, ma qui dovevo parlarne nel contesto della scrittura.

  25. Guagliardi M. Letizia
    domenica, 7 Maggio 2017 alle 15:47 Rispondi

    Seguo da molto tempo il tuo blog e anche stavolta ho apprezzato il tuo post, anche perchè mi sono riconosciuta in tante cose che hai scritto.
    Sono un’insegnante (quindi ho un posto fisso) e, poco più di 2 anni fa, un ergastolano che io stavo preparando per un esame universitario (sono volontaria in un carcere di massima sicurezza) mi chiese di aiutarlo a scrivere la sua storia.
    Ho detto subito di sì, pur non avendo mai scritto un libro in vita mia, però leggo da quando ho imparato a farlo. Ho cominciato a scrivere perchè volevo essere utile a Francesco (il protagonista del libro), poi ho continuato perchè ho scoperto che mi piaceva scrivere, altrettanto come leggere. Ho studiato le tecniche di chi è molto bravo in questo campo, ne ho seguito i consigli, mi sono informata, ho fatto domande a chi poteva rispondermi perchè volevo fare un buon libro. Ho incontrato tanti ostacoli, li ho superati tutti, non ho pensato al guadagno (se dovessi guadagnarci qualcosa lo darò in beneficenza). L’ho scritto perchè mi ha fatto sentire bene, perchè mi piace provare sempre nuove strade, perchè ogni sfida che ritengo utile mi alletta.
    Il 5 maggio il libro è stato pubblicato e da domani sarà distribuito in tutta Italia. So di essere stata molto fortunata, ma sono anche un’ottimista e credo nei piccoli miracoli di ogni giorno.

    • Daniele Imperi
      lunedì, 8 Maggio 2017 alle 7:23 Rispondi

      Ciao Letizia, benvenuta nel blog. In poco più di due anni tirare un fuori un libro del genere non è poco, secondo me. E questo è solo il primo, ormai il battesimo della pubblicazione c’è stato.

  26. Guagliardi M. Letizia
    lunedì, 8 Maggio 2017 alle 13:42 Rispondi

    Grazie, Daniele. Continuerò a scrivere e a seguire i tuoi post, sempre utili per chi, come me, vuole migliorarsi e imparare cose nuove.

  27. Fabio
    giovedì, 11 Maggio 2017 alle 17:44 Rispondi

    Salve a tutti, seguo da parecchio questo blog poichè lo trovo sempre stimolante e illuminante per chi, come me, ama scrivere. Concordo su tutti i punti dell’articolo, tranne sul fatto del rifiuto editoriale paragonabile ad un test. Parlo per esperienza e confido molto poco negli editori italiani, perchè inviare un manoscritto e non ricevere alcuna risposta, o riceverne altre con proposte di pubblicazioni (sotto compenso) non credo giovi ad uno scrittore. Capisco che gli aspiranti scrittori aumentino sempre più (forse inversamente proporzionale al numero dei lettori) e pertanto un editore può ritrovarsi sommerso da lavoro, ma secondo me un rifiuto editoriale ha quanto meno un obbligo morale di motivare tale scelta. Solo in quel caso sarebbe un buon test e servirebbe ad un esordiante a migliorarsi.

    • Daniele Imperi
      venerdì, 12 Maggio 2017 alle 7:16 Rispondi

      Ciao Fabio, benvenuto nel blog. Sono d’accordo sul fatto che un rifiuto dovrebbe essere motivato, cioè un autore ha diritto a una risposta. Non so quanti manoscritti ricevano gli editori. Il problema si pone se una grossa casa editrice ne riceve 100 al giorno, ma mi sembra inverosimile, significherebbe che ne riceve 36.500 l’anno. Un po’ troppi, considerando anche l’alto numero di gente che scrive.

  28. Andrew Next
    giovedì, 11 Maggio 2017 alle 18:56 Rispondi

    Bene. Il succo è “sii consapevole” dei tuoi meriti e delle tue possibilità. Il 6 non è un brutto voto e prendere tutti 6 dall’inizio alla fine di un anno scolastico equivale a passare senza problemi all’anno successivo. Lavora e i risultati possono solo migliorare. Bene, ottimo.
    Ora qualcuno mi dica come si fa a mettere la foto sull’avatar che è da un anno quasi che ci provo e ancora non ci sono riuscito.

    (e rosico).
    A.V.

    • Daniele Imperi
      venerdì, 12 Maggio 2017 alle 7:17 Rispondi

      E come fai a prendere 6?
      Per la foto nell’avatar devi iscriverti a gravatar ;)

  29. Andrew Next
    venerdì, 12 Maggio 2017 alle 8:23 Rispondi

    Prendi la sufficienza se invece di diventare la nuova Rowling, finisci comunque pubblicato e riesci a conquistare un pubblico.

    Gravatar… sono iscritto a gravatar, mo’ ricontrollo sul profilo :-)

  30. Barbara
    lunedì, 15 Maggio 2017 alle 16:23 Rispondi

    Avevo già commentato l’articolo da Serena, dicendo che sì ha ragione Derek, ahinoi. Nel frattempo ho iniziato a colloquiare con qualche aspirante/scrittore self oltreoceano che confermano che nemmeno là c’è poi quel mercato florido ci sembra di vedere da lontano… Sono pochi anche negli US che vivono di scrittura.

    • Daniele Imperi
      lunedì, 15 Maggio 2017 alle 16:26 Rispondi

      Forse negli USA vivono di scrittura gli autori famosi che da tempo pubblicano con case editrici.

  31. Skorpio
    martedì, 23 Maggio 2017 alle 22:36 Rispondi

    Dimenticare i sogni. Diventare più bravi. Lo si fa per la gloria.

  32. Scrivente
    martedì, 30 Maggio 2017 alle 11:41 Rispondi

    Ciao Daniele, ti leggo da qualche tempo ma è la prima volta che intervengo. Io penso che scrivere storie serva a capire la vita; leggo una storia e alla sua fine saprò come comportarmi, o come non comportarmi, qualora mai mi trovassi in una situazione simile. Storie come guida di comportamento, insomma; mi chiedo perché nessuno le consideri come tali. Cosa ne pensi?

    • Daniele Imperi
      martedì, 30 Maggio 2017 alle 12:25 Rispondi

      Ciao Alessandro, benvenuto nel blog. Dipende dalla storia. Alcune storie fantasy e di fantascienza, per esempio, sono troppo lontane per considerarle in quel modo :)

      • Scrivente
        martedì, 30 Maggio 2017 alle 13:38 Rispondi

        Ciao Daniele, capisco quello che vuoi dire. Io ritengo che una storia, anche di fantascienza, è spesso una metafora della vita.

        In Guerre Stellari, per esempio, Luke è sempre impegnato a testare se stesso (diventerò mai un pilota spaziale?; ma quanto dura questo allenamento Jedi?) mentre l’insegnamento che gli propugna Obi-Wan Kenobi è di lasciarsi andare una buona volta (Luke, fidati della Forza!).

        E’ chiaro che, nella nostra vita di tutti i giorni, nessuno di noi avrà a che fare con la Forza; ma forse avremo a che fare con la pazienza, no?

        • Daniele Imperi
          martedì, 30 Maggio 2017 alle 13:46 Rispondi

          Sì, se la storia contiene un messaggio, come in Guerre stellari, allora sono d’accordo.

  33. Ilario
    martedì, 6 Giugno 2017 alle 12:57 Rispondi

    Ottimo articolo pieno di spunti e che fa riflettere.

  34. Federico Magni
    lunedì, 19 Giugno 2017 alle 8:44 Rispondi

    Buongiorno Daniele,
    leggo saltuariamente il tuo blog e oggi ho finalmente deciso di intervenire.

    Personalmente scrivo molto solo per necessità del mio lavoro online e non per una “passione” come mi sembra di capire dai tuoi scritti.

    Come hai scritto in questo articolo, “Il richiamo della scrittura è una voce che arriva a molti” ma almeno per me è solo una necessità.

    Complimenti per il tuo punto di vista che offri nei contenuti di PennaBlu.

    Buon lavoro

    • Daniele Imperi
      lunedì, 19 Giugno 2017 alle 12:08 Rispondi

      Ciao Federico, benvenuto nel blog. Io scrivo più per passione che per lavoro, se è questo che intendevi.

  35. Gianluca Picco
    domenica, 1 Luglio 2018 alle 23:57 Rispondi

    Concordo sul pessimismo di fondo. Qualche considerazione. Perché pensare di scrivere solo per l’Italia? Gli statunitensi o gli inglesi non pensano così. Perché non pensare che anche le storie possono essere utili e servire a qualcosa? I libri di successo, vero, toccano gli animi, allargano gli orizzonti, spesso hanno livelli diversi di lettura, sono senza tempo, cioè eterni. Così per dire…

    • Daniele Imperi
      lunedì, 2 Luglio 2018 alle 7:19 Rispondi

      Ciao Gianluca, benvenuto nel blog. Dici che gli scrittori italiani non scrivono storie utili e che servano a qualcosa? Non ho capito questo punto di vista.

      • Gianluca
        giovedì, 12 Luglio 2018 alle 17:11 Rispondi

        Volevo dire che molti scrivono storie che possono essere utili e servire ma magari hanno un linguaggio noioso e piatto. La forma può modificare la sostanza.

        • Daniele Imperi
          venerdì, 13 Luglio 2018 alle 7:39 Rispondi

          Ciao Gianluca, benvenuto nel blog. Sì, è importante anche il linguaggio, anzi è una delle cose fondamentali nella scrittura.

  36. Agnese
    domenica, 4 Agosto 2019 alle 13:11 Rispondi

    Ciao, Daniele!
    È la prima volta che m’ imbatto in “Penna blu” e mi ha fatto un gran bene leggere queste tue riflessioni: sono pienamente d’accordo su tutto, specialmente sul fatto che, in primis, si debba sempre scrivere per se stessi.
    Per noi che avvolgiamo sempre una penna fra le dita, è un pensiero da ripetersi quotidianamente come un mantra, è un promemoria da attaccare allo specchio, lasciandolo fisso lì: a guardarlo e a guardarci, mentre ci laviamo i denti o ci facciamo la barba. Grazie di cuore!

    • Daniele Imperi
      lunedì, 5 Agosto 2019 alle 7:06 Rispondi

      Ciao Agnese, benvenuta nel blog. Esatto: scrivere per se stessi, come se fossimo noi i nostri lettori.

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