La scrittura inclusiva è in realtà il contrario di ciò che afferma di se stessa: è esclusiva, perché esclude la lingua dalla sua storia. – Robert Redeker
Oggi è sempre più frequente in rete (su social media e blog) – e purtroppo anche su alcuni libri – la diffusione di segni e simboli introdotti nella scrittura sia per combattere il presunto sessismo linguistico sia per creare una comunicazione che superi il “binarismo di genere della lingua italiana”.
Secondo alcuni il binarismo di genere rappresenta una “rigida distinzione tra maschile e femminile”. È quindi opportuno che queste persone leggano un libro sui mammiferi, la classe cui apparteniamo.
I segni introdotti nella cosiddetta “scrittura inclusiva” sono l’asterisco (*), quella che in italiano chiamiamo chiocciola (@) e lo schwa (ə) – che OpenOffice neanche inserisce fra i caratteri speciali – un simbolo grafico ebraico sottoscritto a un grafema consonantico (che quindi con la nostra lingua non c’entra nulla).
Forse la soluzione più operettistica è la reintroduzione del neutro, che molti paladini dell’inclusività propongono: la scrittura inclusiva, che ha la pretesa di essere innovativa, si dimostra passatista con la scelta del neutro, presente nel latino.
L’aberrazione inclusiva e il pericolo di questa deriva linguistica
Nel 2017 l’Accademia di Francia1 ha pubblicato una dichiarazione, adottata all’unanimità dai suoi membri, sulla cosiddetta scrittura inclusiva.
Nella dichiarazione si contestava la diffusione di quei segni che ho illustrato prima, perché creano un linguaggio disunito, confusione nei lettori e testi praticamente illeggibili. Asterischi, @ e schwa sono veri ostacoli alla scrittura e alla lettura, sia visiva sia ad alta voce.
L’Accademia di Francia ha detto che “di fronte a questa aberrazione inclusiva la lingua francese è ora in pericolo mortale”. E lo stesso dico io della lingua italiana, già rovinata dai continui e ingiustificati ricorsi all’inglese.
Anche quanto sostiene Redeker è applicabile al nostro paese: la scrittura inclusiva chiude il rapporto fra l’Italia e la sua letteratura. Dà un taglio netto all’intera sua storia letteraria, al suo passato culturale, cancellando per sempre secoli e secoli di opere letterarie (ricordiamo che viviamo in un secolo che ha inventato la cultura della cancellazione).
Neanche Marinetti, genio creatore del Futurismo e acerrimo nemico del passatismo e dell’accademismo, inventore della scrittura parolibera, avrebbe accolto con favore la scrittura inclusiva.
Pur nel suo anarchismo linguistico, Marinetti, impulsivo neologista e fervente difensore dell’italianità, non ha mai calpestato la lingua italiana, come stanno facendo i sostenitori del linguaggio inclusivo e gli anglomani.
La scrittura inclusiva – coi suoi ridicoli segni e le sue illogiche reduplicazioni – decostruisce l’italiano. È un dispotismo che non propone, ma impone. Deitalianizza la lingua, separandola dalla sua identità nazionale e dai suoi parlanti.
Il risultato è che «con la scrittura inclusiva l’anima della nostra lingua non sarà più la nazione, ma un’ideologia»2.
Come sostiene Redeker, la scrittura inclusiva è sia astorica, perché si pone al di fuori della storia della lingua, ne diviene indipendente, sia post-storica, perché supera la storia, in nome di un “progresso linguistico” che, di fatto, è una regressione storico-culturale.
È un danno per la nostra lingua e «danneggiare la lingua non è solo un atto linguistico, è un atto politico3».
L’impronunciabilità della scrittura inclusiva
Il fatto più grave in questa battaglia a favore della scrittura inclusiva è il totale menefreghismo non solo nei confronti dell’ortografia – tutt* non esiste come parola, né esiste escursionist@, né tanto meno il risibile ragazzu – e dunque della correttezza linguistica, ma anche nei confronti dei lettori.
Anni fa era nato il concetto di accessibilità per lo sviluppo dei siti web, specialmente se istituzionali. Iniziativa lodevole, perché tutti hanno il diritto di accedere alle informazioni dei siti istituzionali e usufruire dei servizi che offrono, compresi i disabili.
Provate ad ascoltare con un simulatore di browser vocale una frase scritta con linguaggio inclusivo. Io l’ho fatto e non si capisce nulla: l’asterisco non lo legge, ovviamente, e una parola con la @ finale l’ha resa totalmente incomprensibile.
Ma era naturale: ogni parola è costituita da fonemi, cioè elementi sonori. Un simbolo come l’asterisco o la chiocciola non lo sono, perché sono appunto dei simboli (e con un uso specifico, aggiungo).
Chi è costretto a usare un browser vocale non capirà niente. Ma di questo, ai paladini della scrittura inclusiva, non frega nulla. Né frega che le loro soluzioni solecistiche costituiscano un inciampo nella lettura (e un fastidio al vederle). Nel loro discutibile altruismo dimostrano un totale egoismo.
La scrittura inclusiva non è una scrittura accessibile, né è una scrittura usabile dagli scriventi: non è così semplice trovare quei simboli adottati dagli inclusivisti, proprio perché sono simboli non usati spesso.
La deriva che sta prendendo la nostra lingua ne sta minando la storia, la bellezza, la poesia. È inoltre un’imposizione antidemocratica perché, accontentando una trascurabile minoranza di persone, crea problemi a una soverchiante maggioranza.
1 Académie française, Déclaration de l’Académie française sur l’écriture dite “inclusive”, 26 ottobre 2017.
2 «Il Foglio», “Per la civiltà, la scrittura inclusiva è paragonabile alla distruzione dei paesaggi”, 17 maggio 2021.
3 «Le Figaro», “Redeker: «D’un point de vue civilisationnel, l’écriture inclusive est comparable à la destruction des paysages»”, Robert Redeker, 13 aprile 2021.
Patrizia Belleri
Uno dei piccoli rituali piacevoli è leggere il giovedì mattina gli articoli di Penna blu.
Sono pienamente d’accordo su quello che argomenti oggi, Daniele, con la consueta chiarezza.
Non avevo mai pensato alle difficoltà di coloro che sono costretti a utilizzare un simulatore di browser vocale: speriamo che le tue parole siano uno stimolo alla riflessione.
Io intanto condivido l’articolo nella mia pagina Facebook.
Patrizia
Daniele Imperi
Grazie, Patrizia
È stata proprio l’impossibilità di leggere con i browser vocali quel tipo di scrittura che mi ha dato l’idea per l’articolo.
Sullo stimolo, conoscendo la natura umana, non faccio affidamento: il linguaggio inclusivo è diventato una specie di crociata.
Orsa
Nemmeno io avevo riflettuto sulle difficoltà di quella “minoranza” di persone costrette ad utilizzare il simulatore vocale, ecco che hai smascherato l’ipocrisia di una deriva puramente ideologica. Mi duole ammetterlo, ma i francesi sono più avanti di noi, d’altronde proprio il francese è stata per molto tempo la lingua che il Marinetti ha utilizzato per le sue riflessioni letterarie.
Lo condivido anch’io il tuo “aeropost”
PS: chiamatemi quando finalmente uccideranno il chiaro di luna
Daniele Imperi
Anche a me duole ammettere che i francesi sono più avanti di noi
Eppure hanno saputo cogliere appieno l’ipocrisia e il pericolo della scrittura inclusiva (a differenza dei norvegesi…).
Corrado S. Magro
La scrittura inclusiva è più che importante, credetemi! È lo stadio che precede la nostra metamorfosi (metà-morfòsi) in ermafroditi per poi trasformarci in auto-froditi e per finire in autofregati. Da autofroditi ci muoveremo con il medio in quel posto per tenerci in equilibrio. Scusate il linguaggio ma stimo che le pareti degli scarichi intasati dalla cloaca di genres, cancel-culture (ma come si può cancellare chiudere gli occhi? Rimuovendo un simbolo si prova a rimuovere la coscienza), simboli ecc., non resisteranno alla pressione. La crepa travolgerà la diga e allora belli e brutti, inclusivi ed esclusivi, maschi, femmine o indefinibili, innocenti e colpevoli, santi e peccatori verranno spazzati via. Si farà piazza pulita e applicando impiastri sugli squarci, chi sarà sopravvissuto proverà (ironia della sorte) a cancellare il ricordo del passato. Per me è arrivato il momento di chiudere gli occhi per sempre davanti a questi foruncoli, crateri cancerogini per la brama smodata di mettersi in vista, affermarsi cliccando su emoticon sulle strisce pedonali. Sono gli altri che dovranno rispettarmi, fare attenzione a me, IO degli altri me ne fo…o!
Daniele Imperi
La cancellazione del passato è una vergogna di questo secolo. Che faranno, un giorno? Cancelleranno gli eventi anche dai libri di storia? Vieteranno la pubblicazione di libri su certi argomenti scomodi?
La scrittura inclusiva è figlia della cancellazione della cultura, perché cancella la nostra lingua dalla sua storia e dalla storia dell’Italia.
Corrado S. Magro
Arcipelago Gulag in una società che vorrebbe essere libera. Non abbiamo capito che la democrazia è si l’espressione del popolo che tollera anche il diverso ma non ammette che prevarichi. La democrazia non è policrazia!
DarkAlex1978
Leggere un libro sui mammiferi?! Quella è Scienza e la Scienza è razzista ed omofoba!
Scherzi a parte (“scherzo” purtroppo mica tanto: a quel che ho scritto quelli ci credono davvero) stiamo vivendo in una fase storica che in futuro, ne sono convinto, riceverà un nome specifico dagli studiosi: c’è stato il Rinascimento, l’Illuminismo mentre adesso tocca all’Imbecillismo.
Viviamo in un periodo dove gli imbecilli la fanno da padroni, non perchè siano aumentati rispetto a prima, ma perchè adesso hanno i mezzi che danno loro voce (impunemente).
Non mi sarei mai aspettato di considerare Marinetti “dalla mia stessa parte”, eppure eccoci qua: la situazione è davvero così brutta.
E detto per inciso, piuttosto di riuscire a farmi adottare il neutro nell’italiano fanno prima a spararmi.
Corrado S. Magro
Mammiferi! Sa di fobia. Dove stanno i pappiferi?
Daniele Imperi
Sì, purtroppo linguaggio e scrittura inclusivi stanno anche riscrivendo la Scienza.
Marinetti era un genio e, parte o non parte, non si discute
I mezzi di oggi danno a tutti la possibilità di esprimersi e, allo stesso tempo, la possibilità di diffondere idee distruttive per la nostra lingua.
Maria Teresa Steri
Sposo in pieno il tuo pensiero! Io proprio non li sopporto quei simboli, al punto che quando vedo qualcuno esordire con “ciao a tutti*” non leggo il resto. A volte mi sembra che con certi atteggiamenti rasentiamo il ridicolo, no forse siamo proprio ridicoli. L’ennesimo segno di deriva dei nostri tempi.
Daniele Imperi
Neanche io continuo a leggere quando vedo quei simboli, non ce la faccio proprio. In certi casi ho smesso di seguire persone che li stavano usando.
Ridicoli è l’unico aggettivo azzeccato, hai ragione.
Barbara
“Anni fa era nato il concetto di accessibilità per lo sviluppo dei siti web, specialmente se istituzionali.” E adesso è un obbligo di legge, secondo le linee guida dell’AGID – Agenzia per l’Italia digitale e il Piano triennale per l’informatica 2021-2023 (Fonte: https://www.agid.gov.it/it/design-servizi/accessibilita/linee-guida-accessibilita-strumenti-informatici). Purtroppo è il mio pane…
Sono d’accordo sul discorso che un’idea per l’inclusione si sta trasformando in esclusione. E hai detto bene: quei simboli non sono leggibili dagli screen reader, i software che rendono con audio sintetizzato il testo scritto per i ciechi e gli ipovedenti. E avete idea dell’impatto di cambiare sistema? Lo faranno anche con il Braille e il linguaggio dei segni?
La sensazione che ne ho io è che sia solo un gesto vuoto quella di inserire asterischi, schwa e chioccioline nel testo. Parole, ma non fatti. E quando ci sono di mezzo le persone e le loro emozioni, sarebbe meglio pensare ai fatti, a dimostrargliela sul serio quell’inclusività.
Che poi… l’altro giorno vado in un negozio di abbigliamento per un maglione da regalare. Nel mentre sto decidendo il colore, entra un giovane ragazzo, non credo arrivasse ai 30 anni, e chiede al volo alla commessa (reggetevi alla sedia, vi ho avvisato):
“Ce li avete i pantaloni classichi?”
La faccia della commessa era meravigliosa. Io ero girata dall’altra parte. E’ riuscita a non scoppiare a ridere, dopo che ha visto il terrore sul mio viso…
Daniele Imperi
Dubito che il linguaggio dei segni possa adeguarsi a quella deriva. Il Braille non saprei, ma sarebbe un casino anche lì. Ecco che sottolineo l’egoismo e il menefreghismo di questi paladini della (pseudo) inclusività.
“Classichi” va a braccetto con asterischi e compagni: due forme di ignoranza
Grazia Gironella
Tocchi un argomento che mi disturba molto. Voler correggere il passato e operare forzature insensate sul presente non può portare niente di buono, al di là delle intenzioni pregevoli. Sono solo simboli con cui menti vacue si illudono di essere migliori e di avere un’efficacia sulla realtà. C’è ben altro da fare per migliorare il nostro mondo.
Daniele Imperi
Hai sintetizzato alla perfezione l’intera questione della scrittura inclusiva. Il passato non si può correggere e non tutto ciò che appartiene al passato è stato un male. Quei simboli sono delle forzature, come trovo una forzatura dire “care lettrici e cari lettori”, perché una minima parte non si sente “inclusa” in lettori.
Concordo inoltre sull’intenzione di quelle persone di apparire migliori di altre facendo uso di quel linguaggio incomprensibile, come a sottolineare la loro sensibilità verso le minoranze e, allo stesso tempo, una totale indifferenza verso la maggioranza.
Grazia Gironella
Rileggendo il mio commento mi rendo conto di essermi espressa in modo troppo crudo anche rispetto a ciò che penso. Strano, non avevo bevuto… Le “intenzioni pregevoli” delle persone di cui parlavo ovviamente hanno un peso, quindi definire quelle persone “menti vacue” non rende loro giustizia. La mia opinione sulle acrobazie per correggere il passato e produrre dal nulla un nuovo presente, però, resta.
Daniele Imperi
Intenzioni pregevoli che di fatto non hanno alcun pregio, visti i problemi maggiori che creano nella lettura. L’uso di quei simboli lo vedo come una sorta di etichetta di cui queste persone amano fregiarsi: sono inlcusive, quindi migliori degli altri.
Grazia Gironella
Intendevo pregevoli nelle motivazioni teoriche, non nella declinazione nella realtà. Qualunque ideale, per quanto giusto, deve confrontarsi con il buonsenso. Voler reinterpretare il passato in nome dei criteri di oggi per me è follia pura. In questo periodo però non si scappa da questa tendenza, pare. Penso anche alle aspre critiche di cui è già oggetto la produzione Amazon di The Rings of Power. Mi sembra incredibile che sia diventato centrale inserire in ogni storia riferimenti all’inclusività, a prescindere dal contesto. Bah.
Daniele Imperi
Concordo, manca il buonsenso.
E l’enorme sbaglio che commettono oggi è proprio giudicare il passato – perché questo fanno – con gli occhi e la mentalità di oggi.
Ho letto proprio ieri della serie sull’opera di Tolkien con attori africani che interpretano gli elfi. Quelle sono creature che fanno parte della mitologia nordica, non di quella africana. Ma questo finisce per passare per il razzismo che non è.
L’inclusività sta diventando un’imposizione e una forzatura, con un totale menefreghismo del rispetto della storia e dei miti propri di ogni paese. Ma hanno iniziato da anni, con i film su Robin Hood, per esempio.
vonMoltke
Sono così d’accordo che non saprei cos’altro aggiungere a questo bellissimo articolo. Fra l’altro leghi l’uso di anglicismi superflui e a sproposito insieme alla sedicente scrittura inclusiva, e questo lo trovo molto acuto: intanto perché entrambi sono processi di distruzione della lingua, dato che non aggiungono né costruiscono nulla, ma eliminano e vandalizzano l’italiano a favore di una visione ideologica della lingua, fatta non più per comunicare concetti ma per veicolare una certa visione della realtà (che personalmente trovo obbrobriosa). E poi perché entrambe sono di provenienza straniera, estranee all’evoluzione della nostra lingua e quindi avulse dai processi vivi che sono gli unici da cui dovrebbero provenirne i cambiamenti.
Daniele Imperi
Grazie. Hai scritto una verità assoluta: anglicismi superflui e scrittura inclusiva non aggiungono né costruiscono nulla, ma rovinano l’italiano.
Altro aspetto interessante: la provenienza straniera, che non può, né deve, partecipare all’evoluzione della lingua. Soltanto gli ignoranti possono giustificare queste derive con la scusa che la lingua si evolve, cambia, perché è viva. Ma l’italiano proviene dal latino, e il “nuovo” italiano, l’italiano del futuro, non può derivare dall’introduzione forzata di inutili termini inglesi né tanto meno da storpiature linguistiche proprie del linguaggio inclusivo.