Cosa pubblicare (e cosa no)

È necessario “dare alle stampe” tutto ciò che scriviamo?

Cosa pubblicare (e cosa no)

Prima di pubblicare un romanzo o un racconto è bene riflettere se sia pubblicabile o da cestinare. Il rispetto verso lettori e se stessi conta di più.

Il mese scorso ho ripreso in mano la revisione (terza o quarta, neanche lo ricordo più) di un lungo racconto di fantascienza (207.000 battute, poco più di 33.000 parole). Risale al 2016. L’ultima revisione è rimasta – e rimarrà – incompiuta: non sono neanche riuscito a finirlo di leggere.

Giorni fa ho riletto un altro racconto di fantascienza (circa 118.000 battute, poco più di 18.000 parole), che risale invece al 2018, deciso a farne qualcosa, ma finito di leggere ho deciso di non farne più niente.

Sono state queste due situazioni a darmi l’idea per questo articolo, ma soprattutto a farmi porre una domanda a cui dovevo per forza rispondere: sono pubblicabili questi due racconti?

No, è stata la risposta. Il primo mi ha annoiato, non so perché. Forse è trascorso troppo tempo, forse non lo trovo più valido. Il secondo è migliore, ma a me come storia non interessa più – e neanche avevo più tanta voglia di leggerla.

Come decidere cosa pubblicare e cosa no?

Non è facile rispondere, perché le variabili sono tante. È bello pubblicare qualcosa, è bello vedere i propri libri, le proprie storie in vendita. Ma c’è qualcosa di più bello, di più forte anzi, che dobbiamo sentire.

Il nostro legame con le storie che abbiamo scritto.

Quel legame, fra me e quei 2 racconti di fantascienza, si è spezzato tempo fa. Forse è colpa del tempo, o forse no. Forse il legame era debole e non ha resistito agli anni. O forse è colpa mia, che col passare del tempo divento più esigente.

Qualche volta è invece calato l’interesse nella storia. Ho racconti iniziati e mai finiti. Ho anche romanzi iniziati e mai finiti. Storie che risalgono a tanti anni fa e resteranno incompiute… causa perdita di interesse. A me non interessa più scrivere quelle storie. Sono state gli amori di un tempo e l’amore finisce, non si conclude sempre con un matrimonio.

Come decidere cosa pubblicare e cosa no?

Io l’ho capito dalla svogliatezza nel leggere quei racconti, e prima ancora dalla dimenticanza di avere iniziato racconti e romanzi.

Riempivo fogli protocollo e tabulati e poi li abbandonavo, ma succedeva senza una ragione apparente: da ragazzo mi stufavo spesso dei romanzi che iniziavo a scrivere e così prendevo e ne iniziavo un altro, destinato a fare la stessa fine dei precedenti.

Da adulto non è che sia cambiato molto: è cambiato il supporto, non più carta, ma un documento virtuale. E la mia cartella “Scripta” si va riempiendo di storie morte sul nascere, è un cimitero di storie. A perenne memoria.

L’inventario delle storie da scrivere

Mi piace questa parola: inventario. Viene dal latino inventarium, da invenire: trovare cercando. E per le storie il significato si addice: lo scrittore trova idee cercandole nella sua vita, nelle sue esperienze, nel suo ambiente, nelle sue letture. Nella sua testa.

L’inventario delle storie raccoglie le storie inventate, ma ancora da scrivere. Come per le mercanzie, anche per le storie si prende nota della data (priorità di stesura), del luogo (genere letterario) della descrizione (trama o sinossi).

Ho iniziato a fare l’inventario delle mie storie da scrivere. A dire il vero, come ho detto più volte nel blog, da ragazzino avevo già creato l’inventario dei romanzi che volevo scrivere, anche se non l’avevo chiamato così, né sapevo che non avrei mai scritto quei romanzi.

M’era però piaciuta l’idea di raccogliere in un foglio i romanzi che mi erano venuti in mente (in realtà solo i titoli) e quell’idea è rinata qualche settimana fa, quando ho scartabellato dentro la cartella “Scripta” e definito una “linea” da seguire.

Un elenco di storie – romanzi e racconti – che stanno resistendo al tempo e che, almeno per ora, sono intenzionato a portare avanti.

L’inventario delle storie è flessibile: nessun titolo ha il diritto di restarvi e altri titoli possono immettersi, sostituendosi o aggiungendosi.

La responsabilità dell’autore (verso gli altri e se stesso)

Il pensiero di pubblicare a pagamento una storia di cui io non sia soddisfatto al 100% mi spinge a pormi quella fatidica domanda: è pubblicabile questa storia? No, perché, appunto, non mi soddisfa al 100%.

Uno scrittore non scrive per i lettori – sì, scrive anche per i lettori, perché saranno i lettori a comprare e leggere le sue storie, d’accordo – ma scrive per se stesso: scrive ciò che vorrebbe leggere.

Ecco a che serve soprattutto la revisione: a farci capire se la storia che abbiamo scritto ci piace ancora, se vorremmo rileggerla, se ne siamo soddisfatti. È una questione di responsabilità.

Su quella storia c’è il nostro nome: e solo questo dovrebbe bastare a farci cestinare il 90% di ciò che scriviamo. O vogliamo forse essere additati per strada? «Guarda, è lui, quello che ha pubblicato quella storia del tubo!»

A me non piacerebbe essere apostrofato così. E neanche a voi, immagino.

La responsabilità è verso i lettori, che spendono soldi e tempo, e verso noi stessi, verso la nostra dignità di autori e persone.

È necessario pubblicare tutto ciò che scriviamo?

No, assolutamente. È necessario pubblicare storie con cui abbiamo stretto un forte legame, storie in cui ci riconosciamo, storie che ci facciano ricordare e che entrino nella mente dei lettori.

Da oggi per me saranno queste le storie che pubblicherò.

E voi? Date “alle stampe” tutto ciò che scrivete? Avete mai fatto il vostro inventario di storie da scrivere?

30 Commenti

  1. Emilia Chiodini
    giovedì, 14 Maggio 2020 alle 8:51 Rispondi

    A monte del tuo discorso, che rivela totale insoddisfazione delle tue capacità di narratore, dovrebbe essere indicato il motivo per cui scrivi, se per vanità di successo o perché ti urge dentro qualcosa che vorresti trasmetterlo agli altri. Io, ad esempio, scrivo consapevole dei miei limiti ma con la volontà di superarli, scrivo per riflettere, meditare, fantasticare, per dare un contenuto creativo alla mia esistenza, a volte per sfogare la rabbia che mi rode dentro. Perciò chiedo al mio lettore di seguire questa traccia perché non si perda nella ricerca di una prosa raffinata che non c’è, che non esiga da me dei messaggi che non ho da dargli. Ma prima di pubblicare, il buon senso, il rispetto per il lettore, suggeriscono all’aspirante scrittore di rivolgersi a persona competente che lo aiuti a sfoltire, limare, omettere quanto è noioso e ridondante nella sua prosa. Non so se tu pubblichi racconti o romanzi ma pubblichi post e la gente ti legge volentieri, ti esprimi già come scrittore, non ti dovrebbe bastare?

    • Daniele Imperi
      giovedì, 14 Maggio 2020 alle 14:53 Rispondi

      No, totale insoddisfazione di quei racconti :)
      Non scrivo né per vanità di successo né per trasmettere qualcosa agli altri. Ma solo perché sento di dover scrivere.
      Per ora non pubblico né racconti né tanto meno romanzi.
      E no, pubblicare e far leggere i miei post non mi basta per niente :)

  2. Marco
    giovedì, 14 Maggio 2020 alle 10:18 Rispondi

    Le mie prime storie non le pubblicherò mai. Resteranno tranquille sul disco rigido. Erano e restano brutte, insignificanti. Né ho voglia di metterci mano.
    Due anni fa avevo una storia (completata al 60%, forse un poco di più), però l’ho abbandonata per il #progettoIOTA. Non mi convinceva, era troppo “complicata” e alla fine rischiavo di farla finire come volevo io.

    • Daniele Imperi
      giovedì, 14 Maggio 2020 alle 14:55 Rispondi

      Ah, anche le mie :D
      Quando passa troppo tempo è difficile rimettere mano alle storie, la voglia se n’è andata, si perde l’interesse.

  3. Orsa
    giovedì, 14 Maggio 2020 alle 11:36 Rispondi

    Requiescat in pace ogni tua storia che non verrà mai più riesumata.
    No, non è per niente necessario pubblicare tutto, ma secondo me nella tua cantina ci sono tantissime storie invecchiate bene.
    Sei tu che hai assaggiato un Romanée-Conti e al confronto il vino della (tua) casa sembra che abbia il sapore dell’inchiostro.
    Semplicemente hai alzato il livello, sei diventato più severo e fiscale. Una brutta bestia da un lato ma un impulso a vinificare meglio dall’altro.
    Detto questo, quando ci inviti per la degustazione di un nuovo racconto? :P
    PS: non ne capisco niente di vino e neanche mi piace…
    PPS: circa l’inventario, va bene ispirarsi alla vita, alle esperienze, alle letture e alla fantasia. Ma alla fase REM no. A quella NO! 😂

    • Daniele Imperi
      giovedì, 14 Maggio 2020 alle 14:57 Rispondi

      Guarda che neanche io capisco niente di vini, io bevo birra :D
      La degustazione di nuovi racconti forse non ci sarà più.
      Forse ho deciso di alzare il livello. Ma preferisco così.
      Niente fase REM, tranquilla ;)

  4. Andrea Perin
    giovedì, 14 Maggio 2020 alle 12:01 Rispondi

    Ciao Daniele.

    Ti espongo il mio punto di vista senza girarci attorno.

    Io lo percepisco come un ragionamento un po’ limitante; non capisco perché complicarsi la vita(?)

    Con le possibilità del giorno d’oggi puoi pubblicare con estrema facilità, a costo zero, (se lo vuoi). Se lo scrivo, spero che poi sia letto.
    Detto ciò, a me è successo che un testo che non consideravo un gran che e a cui non ero affezionato, è piaciuto molto. Mi pare che questa cosa sia accaduta anche a grandi scrittori, pittori e compositori. Chiamalo successo di pubblico, chiamalo fattore C, ma penso che sia un elemento da considerare, spesso sottovalutato.

    Tempo fa, parlavo con un prof di lettere su un mio libro pieno di errori e un po’ troppo difficile; insomma potevo far di meglio.
    Ricordo che lui stava dipingendo, (la sua passione). Ascoltando le mie intenzioni di farlo sistemare da esterni mi disse:
    ”Andrea, vedilo come un dipinto. L’hai fatto? Bene. Piacerà? Fregatene, passa a un altro!” Ovviamente, al pennello, bisogna esserci un po’ portati.

    Daniele, abbiamo circa la stessa età… tic-tac-tic-tac…

    Ciao! (Spero di non essere stato offensivo, sempre un piacere leggerti)

    • Daniele Imperi
      giovedì, 14 Maggio 2020 alle 15:00 Rispondi

      Ciao Andrea,
      cosa ha di limitante?
      Appunto perché oggi si pubblica con troppa facilità io faccio questo discorso. Sai la spazzatura che c’è in giro? Non voglio contribuire ad aumentarla.
      Non concordo con il tuo prof di lettere.
      Riguardo all’età: vuoi dire: sbrigati a pubblicare, ché il tempo passa? Se sì, la risposta mia è no: se non arriverò alla pubblicazione, pazienza. Ma ci voglio arrivare come dico io.

      • Andrea
        giovedì, 14 Maggio 2020 alle 16:05 Rispondi

        Uffa🙄 ti avevo risposto e con fatica visto che sono al cell. Qualcosa è andato storto. Vabbe’! Non cambia nulla.
        Ciao 🙂

  5. MikiMoz
    giovedì, 14 Maggio 2020 alle 12:22 Rispondi

    Sono molto critico con me stesso (come dirò in un post tra un paio di giorni), quindi puoi immaginare.
    Ci mettiamo la faccia, ed è vero: perché rischiare di essere additati come coloro che hanno scritto porcherie?
    Che siano racconti o anche articoli.
    In ogni caso, sai… puoi dare una “confezione” diversa a quello che non ti convince: ossia, presentarlo proprio come cosa che non ti convince, opera “immatura” :)

    Moz-

    • Daniele Imperi
      giovedì, 14 Maggio 2020 alle 15:01 Rispondi

      Ecco: ci mettiamo la faccia e oggi nel vero senso della parola.
      Non mi convince questa cosa di presentare una storia che non mi convince come cosa che non mi convince :D

      • MikiMoz
        venerdì, 15 Maggio 2020 alle 16:57 Rispondi

        La si fa passare per quello che è: opera immatura ma che già annunciava il potenziale futuro^^

        Moz-

  6. Maria Teresa Steri
    giovedì, 14 Maggio 2020 alle 13:55 Rispondi

    La noia che prende quando leggiamo o rileggiamo un nostro scritto è un segnale forte da non sottovalutare mai. In pratica è un test molto valido per capire cosa non pubblicare, perché se ci annoiamo noi che l’abbiamo scritto, figuriamoci gli altri…
    D’altra parte è vero che il legame con una storia si allenta fino a spezzarsi del tutto, con il passare del tempo. Forse proprio per questo si può essere più obiettivi.
    Per quanto mi riguarda, ho un romanzo che scrissi a diciotto anni e che non pubblicherei male perché per molti aspetti conteneva delle ingenuità. Se dovessi decidere di riprenderlo in mano, ci sarebbe troppo lavoro da fare e non ne vale la pena.
    Inventari di storie da scrivere invece non mi piace farne, ho solo appunti sparsi in attesa di incontrare la giusta ispirazione per essere sviluppati.

    • Daniele Imperi
      giovedì, 14 Maggio 2020 alle 15:04 Rispondi

      Ecco: se annoia me, può benissimo annoiare anche altri. Che poi potrebbero annoiarsi comunque, com’è capitato a me anche con titoli famosi.
      I primi scritti sono sempre pieni di ingenuità, è normale.
      L’inventario è personale: a me piace come l’ho fatto, per te vanno bene gli appunti sparsi.

  7. Patrizia Valotti
    giovedì, 14 Maggio 2020 alle 17:06 Rispondi

    Ciao Daniele, sei molto critico con te stesso in questo post, o almeno questo è il messaggio che ho recepito fra le righe, nelle tue parole. Purtroppo però hai ragione…non basta aver voglia di scrivere…a volte rileggendo il mio lavoro mi fermo e cestino tutto ma nel frattempo continuo a leggerti e così ora ne approfitto per ringraziarti perché mi piace come scrivi.
    Bella l’idea dell’inventario delle storie da scrivere, io non l’ho mai fatta perché sono disordinata.
    Alla prossima !

    • Daniele Imperi
      giovedì, 14 Maggio 2020 alle 17:18 Rispondi

      Ciao Patrizia, non avevo in mente un messaggio, però ho usato l’autocritica per riflettere sulla questione delle pubblicazioni. Cestinare tutto mi sembra però esagerato, ma dipende dalle condizioni del testo.

  8. Corrado S. Magro
    giovedì, 14 Maggio 2020 alle 18:56 Rispondi

    Stavolta mi hai costretto a riflettere più del normale. L’autocritica non la possiamo lasciare dietro l’uscio. Valutare, giudicare secondo il proprio impulso, presenta anche dei limiti: “Nemo judex in causa propria”. Contare su una “cavia” valida e in grado di dire ciò che pensa senza perifrasi, sarebbe una fortuna. Ho goduto una tale prestazione e a volte quello che ritenevo nullo o bello assumeva un aspetto diverso. Dolente che la malattia me ne abbia privato. Certo, se il filo conduttore, l’argomento, il modo in cui è espresso puzza di obsoleto, va annientato. Confesso però che è molto raro che avvenga. Le “vecchie” tematiche in sospeso e su cui ho puntato da anni, le vedo ancora attuali. Poca roba cestinata. L’inventario? Nasce da sé.

    • Daniele Imperi
      venerdì, 15 Maggio 2020 alle 8:06 Rispondi

      La cavia in questione può solo essere un editor, che va pagato. E io mi ritroverei a spendere soldi senza alla fine pubblicare nulla. Inoltre devi trovare un editor affidabile e non uno che accetta un lavoro impubblicabile.

  9. Grazia Gironella
    giovedì, 14 Maggio 2020 alle 21:11 Rispondi

    A oggi avrò pubblicato il trenta-quaranta per cento di ciò che ho scritto. Ho in mente di fare uscire ancora una parte del rimanente, previa nuova revisione, ma una parte resterà nel famoso cassetto, mentre scriverò altre storie. Secondo me però è molto difficile valutare una storia che si è scritta dopo diversi anni. A quel punto si rischia di non sentire più il nucleo fondante della storia – quello che ci aveva acceso l’interesse all’inizio – non perché non sia valido, ma perché noi siamo passati oltre. Per questo credo che la creazione di un romanzo dovrebbe avere una certa compattezza: una prima stesura, qualche mese di decantazione, magari un anno, poi la revisione intera, e via, verso il suo destino. In quel caso, dopo lo stacco riesci a valutare il romanzo senza ancora avere perso interesse. E poi ci sono i beta reader a fare da punti di riferimento.

    • Daniele Imperi
      venerdì, 15 Maggio 2020 alle 8:09 Rispondi

      Io penso di aver pubblicato l’1% di quanto ho scritto :D
      Un anno a me basta per farmi perdere l’interesse in una storia. Ma dipende dalla storia. Il mio sofferto romanzo di fantascienza ancora mi interessa dopo quasi 6 anni.
      I lettori beta vanno bene per darti qualche consiglio, ma la decisione finale, se pubblicare lo scritto o meno, spetta a me.

  10. Barbara
    venerdì, 15 Maggio 2020 alle 12:43 Rispondi

    Pubblicare tutto è un problema tanto quanto non pubblicare niente (inteso non perché non si trovi una casa editrice ma, come dici tu, perché non lo si ritiene pubblicabile). :)
    Poi un conto sono le idee, le probabili trame abbozzate, un’altra cosa racconti e romanzi terminati, quelli effettivamente pronti (al massimo gli manca una revisione) per essere pubblicati. Per quanto riguarda i racconti, la cernita la faccio già sulle idee, ne ho quaderni pieni. A volte appunto solo una frase. Occasionalmente vado a rileggermi le idee e capita che prendano vita da sole. Se lo fanno, decido di starci dietro e le pubblico (sul blog, anche se sono racconti gratuiti li scrivo come se dovessero essere pagati). Di quelli pubblicati finora, rileggendoli a distanza di tempo, sono comunque soddisfatta (refusi a parte). Certo mi è capitato sottomano un racconto scritto la bellezza di 24 anni fa…( :O !! ) ed è di un’ingenuità disarmante. Lo tengo solo come ricordo personale. :D

    • Daniele Imperi
      venerdì, 15 Maggio 2020 alle 12:54 Rispondi

      Sulle idee siamo d’accordo: ho anche io lunghi elenchi e file creati con solo il titolo. Non mi decido a cancellare tutto ancora, ma in realtà ho fatto già una cernita: sono idee vecchie di anni che non mi danno alcuno stimolo.
      Sui racconti già scritti solo raramente a distanza di tempo mi piacciono ancora.

  11. Stefania
    domenica, 24 Maggio 2020 alle 11:22 Rispondi

    Grazie, Daniele di questo tuo post. Dal punto di vista di un editore che deve selezionare a proprie spese i manoscritti da pubblicare (anche la pubblicazione a proprie spese), se gli autori si impegnassero un po’ di più quando scrivono (per loro, per chi vuoi che scrivano?) e inviassero i manoscritti solo dopo essere passati per un’agenzia letteraria, per un editor attento, per un talent scout imparziale, ci sarebbero più possibilità di imbattersi in un buon libro.

    • Daniele Imperi
      domenica, 24 Maggio 2020 alle 11:33 Rispondi

      Ciao Stefania, benvenuta nel blog.
      Non sono d’accordo sull’editor: l’editing spetta alla casa editrice, non all’autore. Un romanzo di 500 pagine può costare qualche centinaio di euro all’autore per l’editing, romanzo che comunque può essere respinti da ogni editore e l’autore butterebbe i suoi soldi. Ma anche se venisse pubblicato, quando si potrà rifare di quella spesa?
      Il talent scout chi è? Credo faccia parte delle agenzie letterarie, se non sbaglio.
      Sulle agenzie letterarie mi trovi in parte d’accordo: ma adesso molte, se non tutte, si fanno pagare. Stesso discorso di prima.
      Come scrivere un buon libro? Questa è la tua domanda non proprio implicita. Magari provo a rispondere nel prossimo articolo.

      • stefania
        domenica, 24 Maggio 2020 alle 11:44 Rispondi

        Certo che l’editing spetta alla casa editrice, ma si dovrebbe partire almeno da un buon livello di scrittura invece ti assicuro che arrivano manoscritti che cestini alla seconda pagina. Quello che volevo consigliare agli autori è di non saltare il passaggio con le agenzie letterarie prima di inviare i manoscritti agli editori. La mia domanda non è come scrivere un buon libro, io i libri non li scrivo, li leggo. Però continuerò a leggere i tuoi post.

        • Daniele Imperi
          domenica, 24 Maggio 2020 alle 12:10 Rispondi

          All’agenzia letteraria avevo pensato, ma dipende dai costi.
          Sono convinto che molti manoscritti vengano cestinati subito: me ne accorgo da come mi scrivono in privato molti neoautori, email piene di strafalcioni, di errori di punteggiatura, c’è di tutto.
          Lo so che non era la tua domanda, l’ho creata io quando hai parlato di spedire buoni libri a una casa editrice :)
          Ma a questo punto ti faccio io una domanda: nel tuo caso perché cestini i manoscritti alla seconda pagina? Qual è il problema più comune di questi manoscritti?

          • stefania
            domenica, 24 Maggio 2020 alle 12:31 Rispondi

            Li cestino subito quando capisco che non sono in linea col mio catalogo. Li leggo tutti però e se fossi Mondadori, mi accontenterei di un buon testo, ma poiché sono costretta a una selezione strettissima, devo tener conto di altri fattori:
            – buon livello di scrittura (come ti ho già detto)
            – contenuto che non sia solo la storia della famiglia dell’autore, ma che sia condivisibile dal popolo di lettori. Insomma un lettore deve poter anche immedesimarsi nella storia, e soprattutto deve imparare qualcosa da quel libro
            – vendibilità (sigh, purtroppo è così)
            Il problema più grande secondo il mio modesto parere è proprio che chi scrive lo fa per soddisfare un bisogno personale (che abbiamo tutti) mentre dovrebbe scrivere anche per gli altri, dare qualcosa e non solo ricevere la soddisfazione della pubblicazione. La maggior parte dei manoscritti che ricevo non mi danno questa sensazione. Gli autori (certo, non tutti) pensano che un libro sia pubblicabile solo perché a loro piace. Ma questo è solo il punto di vista di un micro-editore che nelle tante difficoltà si concede almeno il lusso dell’indipendenza e della libertà di scegliere cosa pubblicare :)

            • Daniele Imperi
              domenica, 24 Maggio 2020 alle 12:48 Rispondi

              Catalogo: se intendi che molti spediscono a occhi chiusi, senza neanche vedere cosa pubblica una casa editrice e cosa no, sono sicuro anche di questo.

              Scrittura: d’accordo anche su questo.

              Contenuto: mi è capitato di ricevere email di autori che volevano pubblicare qualcosa del genere, testi cioè troppo personali, che potrebbero interessare soltanto ai loro familiari.

              Vendibilità: senza purtroppo, i libri si devono vendere, lo sappiamo tutti. E sappiamo anche che non tutti digeriscono questa verità.

              Grazie per le risposte, ne terrò conto nell’articolo :)

  12. Rebecca Eriksson
    martedì, 2 Giugno 2020 alle 8:50 Rispondi

    Mi ritrovo in molto di ciò che hai scritto.
    I miei incompiuti sono dovuti principalmente al cambio di interesse verso un genere, una mente creativa difficilmente rimane ferma in una sola idea.
    In realtà poco di ciò che ritrovo nel mio archivio lo classifico brutto, per lo più è ingenuo. Quindi non lo reputo totalmente inpubblicabile, ma sicuramente l’idea base ha bisogno di una buona revisione.

    • Daniele Imperi
      martedì, 2 Giugno 2020 alle 9:00 Rispondi

      Il cambio di interesse nel mio caso si è verificato spesso nei primi anni in cui tentavo di scrivere. O sviluppi subito l’idea, se è buona, o alla fine quell’idea muore.
      Ingenuo è la parola giusta, hai ragione.

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