Per capire certe cose devi tornare indietro, alle tue origini. Sting
Per migliorare, per capire, per innovare anche, bisogna guardare ciò che la Storia custodisce, seguire le nostre tracce indietro nel tempo fino a raggiungere l’inizio di tutto. Ecco, credo che sia proprio là l’essenza di ogni cosa, di noi, di ciò che siamo diventati. E di quel che potremmo ancora diventare.
Non esiste ancora, purtroppo, una storia del blogging in rete. Il primo blog è stato comunque creato da Jorn Barger il 17 dicembre 1997 e si chiamava Robot Wisdom (robotwisdom.com non è più raggiungibile). Il termine blog invece è stato coniato da Peter Merholz nell’aprile o nel maggio 1999.
Ecco cosa scrisse Peter il 17 maggio 2002 nel suo post Play With Your Words, parlando proprio di come avesse coniato quel termine:
For What It’s Worth I’ve decided to pronounce the word “weblog” as wee’- blog. Or “blog” for short.
Mi sono divertito a leggere alcuni articoli del suo blog, ma non gli ultimi, bensì i primi, quelli del 1998. Secoli addietro, vista la velocità con cui la tecnologia procede e la rapidità con cui invecchia tutto ciò che usiamo.
I primi narratori della rete
Riporto l’incipit del primo post di Peter:
May 7, 1998
I can’t keep my eyes off the new Apple Dodge Neon. I want the one in candied red.
Non notate nulla di strano? Di diverso rispetto a oggi? Io sì, il titolo del post: 7 maggio 1998. Non un titolo vero e proprio, ma una data, niente SEO, suppongo neanche esistesse in quel periodo. Una data. Perché a quel tempo il blog era proprio questo, un diario, lo sappiamo tutti.
Il primo post di Peter era lungo 81 parole, il secondo 65 e il terzo 162 e ne ho trovato uno di appena sei. Ma allora era normale, non c’era l’incommensurabile quantità di testi che esiste oggi. Mi spaventa l’idea di ciò che potremmo trovare fra 15 anni e mi chiedo come saranno i post il 25 novembre 2028. Quanto saranno lunghi? Che titoli dovremmo inventarci? Come dovremmo scrivere?
Vi invito a leggere l’archivio del 1998 del blog di Peter, ma anche quello del ’99. E, se ci riuscite, trovate altri blog vecchissimi e leggete i primi post. Sarebbe bello creare una sorta di archivio online – magari esiste, ma io non l’ho trovato – in cui riportare i link dei primi tempi del blogging.
I tempi puri del blogging. Quando il blogger era davvero la persona e non il personaggio. Quando scrivevi ciò che sentivi e non quello che ti suggeriva un sistema di statistiche.
Che cosa stiamo scrivendo, oggi?
Google Suggest, Google Alert, Google Analytics e altri sistemi automatizzati per conoscere ciò che pensano gli utenti. Plugin SEO per rendere i nostri post migliori degli altri. Ma vi rendete di quanto sia assurdo tutto questo? L’uomo crea programmi che gli suggeriscano cosa scrivere.
Grazie, ma preferisco pensare. Sono convinto che il mio cervello valga più di tutta quella roba messa assieme. Preferisco scavare nella mia conoscenza per sapere cosa scrivere. Preferisco dare ai lettori una parte di me pura e non qualcosa che appartiene metà a me e metà a un software.
Mi dispiace, ma credo che oggi coi nostri blog non stiamo proprio raccontando niente.
E se continuassimo a narrare?
Dopo aver letto alcuni di quei post mi è ancora più chiaro cosa facessero quei pionieri del blogging: narravano se stessi e la loro vita, magari tematizzando i loro articoli in base ai loro passatempi e alle loro attività. Ma raccontavano.
E se tornassimo ai quei tempi? Se tornassimo a raccontare come si faceva ai primordi del blogging? Quanto più pura sarebbe la nostra scrittura e quanto più puri sarebbero i nostri post?
Rifletteteci.
E fatemi sapere cosa ne pensate.
Marco
Mi preoccupo che i post siano corretti e interessanti, per il resto non ho mai avuto alcuna ossessione. Al di là di strategie e trucchi, è l’intelligenza delle persone che devi colpire. E non ci riesci con SEO & Co. Ti possono dare una mano, ma una zucca vuota è solo una zucca vuota.
Da anni il blog si è trasformato in una macchina per produrre efficienza, quando bisognerebbe ricordare che nasce per condividere idee e pensieri. Questo mi pare sia finito in secondo piano, ma non mi turba. Continuo a fare quello che voglio io
Daniele Imperi
Hai ragione: un blog il più delle volte è visto proprio come una macchina sforna-contenuti. Continuo a fare anche io quello che voglio.
Alessandro Pozzetti - APclick
Buongiorno Daniele.
Come sai ho iniziato da poche settimane a curare un blog ma ho sempre avuto l’idea che debba essere su misura (personale ed originale), articolo per articolo, nonostante il tema sia il Web Marketing.
“Raccontare e trasmettere al lettore, in maniera personalizzata e piacevole, ciò di cui si vuole parlare.”
Daniele Imperi
Il motto che citi è condivisibile: si tratta proprio di trasmettere qualcosa al lettore e lo fai solo se racconti.
Acrossnowhere
Se tornassi indietro ai miei inizi (Giugno 2004), dovrei ricominciare a scrivere di Marco che pensavo mi “stesse dietro” e invece ora esce con la “Vale bionda”. Effettivamente scrivevo per me, per i miei lettori all’epoca (i miei amici che ci tenevano proprio a sapere delle mie disavventure amorose), ma credo che il tempo sia passato proprio per una ragione. Scrivo ancora per i miei lettori, ma è cambiato il mio stile e il tipo di contenuti. Fortunatamente ad un certo punto l’adolescenza è finita.
Penso che guardare indietro non sia salutare. Nel 1997 i siti web erano molto meno, i blog si contavano sulle dita di una mano ed è per questo la SEO aveva meno peso. All’epoca i social erano forum e chat e i link si pagavano. Nel 1997 Google non lo conosceva nessuno e in televisione c’era la pubblicità di Lycos.
Insomma i blogger sanno già che devono scrivere per i loro lettori, che a volte è meglio essere soggettivi, ma non si può tornare indietro così tanto. Troppe cose sono cambiate nel frattempo. E non è un male. Come lettori abbiamo più scelta. Come blogger dobbiamo sempre essere in fase evolutiva. Per me è un miglioramento
Daniele Imperi
Ciao Elisa, benvenuta nel blog.
Certo che cambia lo stile e cambiano i contenuti. Ma per tornare indietro non intendo a come scrivevo ai primi tempi, ma l’atteggiamento che c’era a quell’epoca: la voglia di raccontarsi.
Glauco
Ho cominciato a bloggare nel lontano 2005, e i miei post non si discostavano tanto da come descrivi gli antenati. Poi tutto è mutato, per me, lentamente, fino all’apertura – nel 2007 – di 31 Ottobre, che doveva essere un blog che raccontava per filo e per segno la mia esperienza di pubblicazione di quel romanzo… e che poi mutò in un blog per esordienti scrittori quando decisi di istituire una sorta di angolo della posta – ovvero dei post che rispondevano alle mail che ricevevo – per non dover rispondere in modo ripetitivo alle tante mail che mi arrivavano. Da l’, poi, 31 Ottobre è mutato di nuovo, accorpando articoli sugli editori, e le novità editoriali e bla bla bla… in poche parole, non lo riconoscevo più. E così, poco dopo, più o meno quando il mio libro è andato esaurito dopo la prima ristampa, l’ho chiuso! (era il 2010).
Oggi bloggo in modo un po’ anomalo, recensisco i libri che leggo, e i film nella mia dvdteca. In più aggiungo dei post personali… è una sorta di ritorno al passato, per certi versi. E lo si vede dal numero di seguaci, che da diverse centinaia di 31 Ottobre, si contano in poche decine.
Forse… non è più possibile tornare indietro, se si vuole “ascolti”, ma è possibile se si vuole che il proprio blog torni a essere un web log, ovvero un diario online.
Daniele Imperi
Il calo di visite che hai avuto è dovuto al fatto che prima il tuo blog era una risorsa per gli scrittori esordienti e ora forse è più personale.
Ma al di là dei temi trattati, che ovviamente influiscono sulle visite dei lettori, è il modo che a me è piaciuto di scrivere: anche quando parlavano della loro nicchia, lo facevano raccontando. Scrivevano in modo più personale, secondo me.
Salvatore
Per alcuni è ancora così…
Daniele Imperi
Hai ragione, Salvatore
MikiMoz
Bellissimo post, Dani, che capita a fagiuolo proprio mentre io ho in attivo sul MoC un post che ho scritto come fossi agli albori della mia vita da blogger… Non so, la sensazione è stata quella, il parlare quasi di una cerchia ristretta e in modo privato… è stata una bella cosa.
Per quanto concerne i blog nella loro totalità, credo che oggi quel modo di fare blog è stato assorbito da Twitter (che è, appunto, un sistema di microblogging, no?).
Non so nemmeno io come potrà essere un blog del 2028, quello che so è che il Moz o’Clock ci sarà, cercando di essere sempre puro, forse un po’ meno acerbo e più smaliziato… chissà.
Il 2028 dopotutto è già domani, qui sulla rete.
Moz-
Daniele Imperi
Grazie, Miki.
Sì, Twitter è considerato microblogging. A quel tempo si parlava ovviamente a una ristretta cerchia. Ma abbracciare quell’atteggiamento, oggi, significa solo ridonare purezza e naturalezza al blog, secondo me.
MikiMoz
Beh, se può valere qualcosa, io cerco sempre di mantenere lo spirito degli esordi…
Moz-
Daniele Imperi
Vale eccome
Alessandro Cosimetti
Doverosa osservazione che condivido. I primi blog erano prettamente personali, poeticamente “ingenui” e non finalizzati a scopi di business.
Forse è per questo che pur gestendo un blog dedicato al corporate blogging mantengo “vivo” il mio blog personale.
Daniele Imperi
Non credi che si possa gestire un blog aziendale mantenendo un tono personale, poetico e “ingenuo”, per usare le tue parole?
Alessandro Cosimetti
Lo credo eccome!
Luca Sempre
Ecco. Bravo.
Perchè aprire un blog oggi? Esattamente la domanda da cui sono partito quando parecchio tempo fa ho cominciato a pensare al mio nuovo blog.
In realtà c’è una verità davvero molto banale che sta dietro il concetto di fare blogging, e come tutte le verità banali alla fine diventa scontata.
E cosa accade quando una verità diventa scontata?
Beh, in genere si percorrono due strade:
1) O si fa di tutto per metterla in secondo piano, cercando a tutti i costi l’originalità suggerita da altri guru (spesso a scapito dell’immediatezza).
2) Oppure la si dimentica.
La verità banale è che scrivere in un blog vuol dire – essenzialmente – SCRIVERE. Quindi mostrarsi, fa sentire la propria voce.
Quando non c’era il web, i grandi giornalisti erano grandi anche perchè “riconoscibili”. Oggi invece basta lanciare 25 tweet anonimi in un’ora con le ultime notizie ANSA per definirsi giornalisti o… blogger.
Si possono dare notizie utili anche parlando di sè e del proprio mondo. Anzi, soprattutto.
E’ molto più incisivo.
Daniele Imperi
Concordo, scrivere alla fine dovrebbe significare proprio ciò che dici: mostrarsi e far sentire la tua voce.
Tosca
Una riflessione interessante. Comunque c’è sempre un’alternativa: fregarsene della SEO e puntare sulla qualità dei contenuti, poi se uno non ha niente da dire alla fine il blog collassa… o forse no?!? Certo se nel blogging valgono gli stessi principi che ci sono oggi nell’editoria, allora saremo sommersi da blog brutti ma spinti da un forte marketing… be’ almeno non vengono abbattuti alberi per i blog…
Daniele Imperi
Grazie, Tosca.
Senz’altro: se non hai da dire nulla, con la SEO ci fai poco. Quella sugli alberi è bella e soprattutto vera
Cambiare direzione nel blog
[…] tutti la storia del blogging: i primi blog erano una sorta di diari personali, ma poi si sono evoluti diventando il mezzo di comunicazione di […]
radioSempre – fra megafoni e microfoni | secondosempre
[…] di com’è cambiato il modo di fare blogging dagli inizi ad oggi, riporto qui un estratto dell’articolo di Daniele su Penna […]
Perché dovrebbero leggere il mio blog
[…] farlo come dicono gli esperti, ché una volta tanto anche loro dicono cose sensate: con la tua voce, quella nuova di cui abbiamo parlato […]
La bolla del blogging
[…] ricordate i primi tempi del blogging? Forse qualcuno di voi era troppo piccolo – adesso impersono la parte del vecchio saggio… […]