6 abitudini nella scrittura che uno scrittore dovrebbe avere

Abitudini nella scrittura

E che io non posseggo. O almeno non ne posseggo tutte. Le buone abitudini sono alla base di ogni successo, ma non intendo il successo come la fama o la ricchezza, lo intendo come semplice raggiungimento di un obiettivo: e nel nostro caso, di noi che scriviamo narrativa, quell’obiettivo è scrivere e pubblicare un libro.

Scriverlo, innanzitutto. Il problema primo dello scrittore è scrivere quel maledetto romanzo. Maledetto perché risucchia le energie come un buco nero a cui nulla può sfuggire, maledetto perché ci sono sempre nuove lacune che trovi via via che studi la tua storia, maledetto perché ti sembra di non arrivare mai alla fine.

Eppure basterebbe impegnarsi di più, anzi basterebbe prendere le buone abitudini, diventare uno scolaretto disciplinato e fare ogni giorno i compiti: i risultati arriveranno e il romanzo arriverebbe alla fine. Strano, ma vero.

1 – Fissare scadenze

Mi ricordo di un problema lavorativo che ho avuto tanti anni fa, quando realizzavo vignette e illustrazioni per vari clienti: molti di loro non mi davano una scadenza di consegna, mi dicevano “quando hai finito, mi mandi il disegno” oppure “quanto tempo ti ci vuole per finirlo?”.

Può essere un problema tutta questa libertà? Per me lo era, perché senza una scadenza di consegna io non iniziavo mai a disegnare, me la prendevo comoda, troppo comoda. Sicuramente è colpa mia che non mi so organizzare quando non ho scadenze, magari è un fatto psicologico, che ti porta a non iniziare mai un lavoro che puoi finire quando vuoi.

Ma resta un problema per me, e forse è il problema più grande che ho nella scrittura: quello di non riuscire a portare avanti un progetto che non abbia scadenze predefinite. Ognuno ha i suoi limiti e questi sono i miei.

Come fissare delle scadenze? Non ne ho idea e se ne avete voi, parlatene nei commenti, ché mi farebbero comodo.

Però sono convinto che nella scrittura creativa imporsi delle scadenze sia fondamentale. Stabilire una data entro la quale “consegnarsi” la trama, per esempio, un’altra per finire le schede dei personaggi, un’altra ancora per definire la struttura del romanzo e così via.

2 – Isolarsi

Per me la scrittura è l’attività più solitaria e asociale che esista. Ma lo è anche il disegno: io non riesco a disegnare se qualcuno mi guarda. Quando qualche amico o conoscente mi chiede di disegnargli qualcosa sul momento, a me dà fastidio, perché non so disegnare se qualcuno mi guarda. E non lo accontento, non posso accontentarlo, visto che sono impossibilitato a farlo.

Scrivere per me significa poter stare completamente solo, in silenzio totale. Non riesco a scrivere ascoltando musica e non so come facciano molti a riuscirci. Ho già parlato di quest’altro problema: ci ho provato diverso tempo fa e è finito che me ne stavo a battere il piede a ritmo con la canzone anziché scrivere. Però riesco a disegnare con la musica.

Non sempre posso isolarmi. E se un giorno dovessi avere una famiglia mia, con una serie di marmocchi che richiede la mia attenzione, isolarmi sarà ancora più difficile.

3 – Dimenticare la vita privata

Se hai pensieri in testa, specialmente se negativi, è difficile concentrarsi nella scrittura. Per me almeno lo è.

Scrivere dovrebbe essere un’attività piacevole che porta benessere mentale, ma diventa anche difficoltosa, perché la vita privata entra a forza nella mente e spegne il potere terapeutico della scrittura.

È possibile dimenticare la vita privata e concentrarsi totalmente nella scrittura? Se avete una risposta, siete i benvenuti.

4 – Considerare la scrittura un lavoro

Perché scrivere un romanzo è un lavoro. Non un lavoro come gli altri, non si viene pagati a fine mese, non c’è nessun contratto che ci impegni a scrivere – almeno finché non iniziamo a pubblicare e qualche editore ci “obbliga” a scrivere altri romanzi – non ci sono ferie pagate né mutua pagata.

È un lavoro perché richiede competenze, dedizione, serietà: è un lavoro concettuale e manuale. È un lavoro, soprattutto, perché lo scrittore è un creativo che realizza un prodotto vendibile, che poi qualcun altro venderà – se propone il manoscritto a una casa editrice – o che venderà da sé – se si autopubblica.

Anche se per tutti noi scrivere è un hobby, perché non ci dà da mangiare, non ci permette di vivere la scrittura creativa, considerare questa scrittura come un lavoro e mai come un hobby ci fa guardare al nostro romanzo come a un prodotto su cui riversare il meglio di noi.

Il nostro romanzo dovrà diventare un prodotto commerciale, da vendere al pubblico: ci sarà gente che aprirà il portafogli o si collegherà alla sua banca online per acquistare la nostra storia e leggerla.

Soltanto questo dovrebbe bastare per considerare la scrittura creativa un lavoro.

5 – Procedere per piccoli passi

Un romanzo si scrive alla stessa maniera con cui si costruisce una casa: partendo dal progetto e preparando poi le fondamenta, altrimenti la casa crollerà ancor prima che qualcuno ci possa abitare.

Questa è una similitudine che mi piace usare spesso. Per me il progetto del romanzo è irrinunciabile. Se provate a leggere le trame di qualche romanzo su Wikipedia, per esempio de Le avventure di Pinocchio, vedrete che sono molto dettagliate. In questo caso la trama è di oltre 3000 parole. Quella del mio P.U. è di poco più di 1000. Troppo corta, secondo me.

Il segreto, se vogliamo chiamarlo così, è trasformare la trama in un soggetto. La trama sviluppata come fosse un racconto. E si fa scrivendo la trama anche dei capitoli e unendo poi tutto in un discorso unitario.

Invidio gli scrittori come Stephen King e Bernard Cornwell che, dicono, abbiano tutto in testa e non sappiano come si evolva la loro storia. Io ho bisogno di vederla tutta, invece, di sapere anche come più o meno andrà a finire.

Procedere per piccoli passi ha un grande vantaggio: ogni giorno che passa la fine del romanzo sarà sempre più vicina. Garantito.

6 – Non avere fretta

Il primo problema incontrato con P.U. è stata la fretta di scrivere. La fretta è sempre nemica dell’arte, lo dicono anche i pittori.

Mai avere fretta. Se avete fretta, ricordate il punto precedente e procedete per piccoli passi. La scrittura di un romanzo richiede tempo, ancor più per noi che non possiamo dedicarle l’intera giornata.

La fretta ci porta a lavorare male. Un lavoro ben organizzato, invece, fatto di tappe e del giusto tempo, porta senz’altro a un risultato migliore. E sicuro, anche.

Queste, per me, sono le 6 buone abitudini nella scrittura creativa che dovrebbe possedere uno scrittore. Come riuscire ad averle tutte è un altro paio di maniche. Ne possedete qualcuna? O potete suggerirne altre?

74 Commenti

  1. Grilloz
    giovedì, 28 Aprile 2016 alle 7:37 Rispondi

    Mica facile, io infatti nutro una profonda stima per chi riesce a portare a termine un romanzo.
    Soprattutto la 1 è stata la mia nemesi ai tempi dell’università, sul lavoro vado un po’ meglio, ma la tendenza ad aspettare troppo mi è rimasta :P

    • Daniele Imperi
      giovedì, 28 Aprile 2016 alle 11:48 Rispondi

      Secondo me tutto sta a finirne uno, poi col secondo sono convinto che tutto sembrerà più facile.

  2. Luciano Dal Pont
    giovedì, 28 Aprile 2016 alle 7:45 Rispondi

    Buongiorno.
    1 e 6: due punti che, per quanto mi riguarda, potrebbero venire a trovarsi in netto contrasto fra loro. Se io mi do delle scadenze, poi sono portato a volerle rispettare a tutti i costi e, nel momento in cui mi dovessi rendere conto di essere anche solo leggermente in ritardo con una di esse, subentrerebbe la fretta, e la fretta non va bene. Ho provato a fissare una data entro la quale avrei dovuto terminare e auto pubblicare il mio secondo romanzo, ma quando mi sono reso conto che non ce l’avrei mai fatta ho cominciato a premere sull’acceleratore. Ora che ho deciso di proporre quello stesso romanzo alle grosse case editrici, lo sto revisionando da cima a fondo, cosa che avevo già fatto almeno cinque volte prima di caricarlo su Amazon, ma evidentemente lasciando ancora spazio per un notevole miglioramento. Ora ho semplicemente deciso che quando sarà okay, ma proprio come dico io, lo invierò agli editori, ma senza darmi alcuna scadenza, altrimenti so che poi subentrerebbe di nuovo la fretta.
    2: isolarsi. Assolutamente imprescindibile, io se non mi isolo totalmente dal resto del mondo, dal qui e dall’adesso, non riesco a redigere nemmeno la classica lista della spesa.
    3: dimenticare la vita privata. Si, anche questo è fondamentale per trovare la giusta concentrazione, e devo dire che ci riesco bene purché non ci siano dei problemi davvero molto gravi ad assillarmi. Se sono di cattivo umore, ad esempio, non riesco a scrivere nel modo più assoluto.
    4: considerare la scrittura un lavoro. Io non scrivo per hobby, io scrivo perché voglio affermarmi come scrittore e dunque, anche se attualmente la scrittura non mi consente di trarre grossi guadagni, mi viene comunque spontaneo e naturale considerarla ugualmente un lavoro. Un lavoro che mi piace, che mi appassiona e nel quale mi voglio affermare, certo non uno di quei lavori che fai al solo scopo di guadagnarti uno stipendio e che ti provocano la sindrome del lunedì, ma comunque un lavoro.
    5: procedere per piccoli passi. Si, sono abbastanza d’accordo con quanto espresso nell’articolo, anche se poi, all’atto pratico e dopo aver fissato la trama, le schede dei personaggi e tutto il resto, tendo spesso a deviare rispetto alla scaletta iniziale, lasciando molto spazio all’improvvisazione, all’ispirazione del momento.

    • Daniele Imperi
      giovedì, 28 Aprile 2016 alle 11:51 Rispondi

      Quando sono di cattivo umore neanche io riesco a scrivere. Lasciarsi all’ispirazione non è male, a meno che non ti faccia deviare dal progetto e ritardarlo.

  3. Alberto Della Rossa
    giovedì, 28 Aprile 2016 alle 7:36 Rispondi

    Daniele, faccio il copy anche io e ho iniziato a scrivere… Beh da quando ne sono stato in grado. I primi goffi tentativi di racconti credo risalgano ai 9 o 10 anni. E vorrei rassicurati: non sei solo nelle limitazioni che ti senti addosso. Mi sono ritrovato in tutte le tue affermazioni. Basti pensare che scrivo racconti proprio perché gestibili come scadenze e, invece, mi trovo completamente arenato sul versante romanzo. Troveremo la soluzione? Chissà. Di certo ammettere un problema è un punto di partenza, ma forse non basta: a volte l’ammissione virtuosa di un problema diventa alibi per procrastinare ulteriormente. I tuoi consigli sono oro colato proprio perché derivano da difficoltà percepite in prima persona.

    • Daniele Imperi
      giovedì, 28 Aprile 2016 alle 11:47 Rispondi

      Ciao Alberto, benvenuto nel blog. Con un racconto, proprio perché breve rispetto al romanzo, è più facile definire delle scadenze. Speriamo che conoscere il problema non renda tutto ancora più difficile :)

  4. Lorenzo
    giovedì, 28 Aprile 2016 alle 10:34 Rispondi

    Forse è implicita in quelle che hai scritto (o forse mi è più probabilmente sfuggita) però penso che un’abitudine fondamentale sia quella di scrivere tutti i giorni, anche solo poche righe, sia per cercare di non perdere contatto con la storia sia, più semplicemente, per avvicinarsi sempre di più al traguardo finale. Personalmente, se non scrivo anche per uno o due giorni, poi fatico un po’ a riallacciarmi a quello che avevo scritto.

    • Daniele Imperi
      giovedì, 28 Aprile 2016 alle 11:53 Rispondi

      Scrivere qualcosa ogni giorno fa senz’altro bene. Non l’ho messa perché la considero all’interno della 5: procedere per piccoli passi.
      Inizi comunque a scrivere quando hai tutto pronto, come documentazione, trama, personaggi, ecc.

  5. Martin
    giovedì, 28 Aprile 2016 alle 11:29 Rispondi

    Sono dei punti piuttosto personali, come hai anche fatto notare tu, ci sono scrittori – per carità, geniali – che non li rispettano.
    Vado a caso.
    1) Le scadenze sono importanti, ma dipende dal rapporto che si ha con un eventuale editore.

    2) La scaletta-trama-soggetto: è utilissima, ma se il punto 1) te lo permette.

    2) Isolamento: sarebbe il sogno, per me non sempre è possibile, quindi ho imparato ad adeguarmi

    Queste alcune delle mie considerazioni. In generale, però, sono abbastanza d’accordo con te… ;-)

    • Daniele Imperi
      giovedì, 28 Aprile 2016 alle 11:54 Rispondi

      Sì, sono senz’altro personali.
      1: in che senso?
      2: idem come sopra. Perché il punto 1 non dovrebbe permetterti di preparare trama, scaletta, ecc.?

  6. Renato Mite
    giovedì, 28 Aprile 2016 alle 12:19 Rispondi

    Mi ritrovo molto in quello che scrivi.
    Per me fissare scadenze è un incubo, non riesco a farlo, però cerco di mantenere una certa disciplina e tornare a scrivere o revisionare nonostante tutte le vicissitudini della vita privata. In questo senso vedo la scrittura come lavoro, ma come lavoro piacevole. Un’altra buona abitudine è quella di svagare la mente di tanto in tanto, così da poter avere una certa “rigenerazione” creativa.

    • Daniele Imperi
      giovedì, 28 Aprile 2016 alle 14:00 Rispondi

      Le scadenze sono un incubo anche per me. Lo svago è importante, ma su quello non ho problemi: sabato e domenica niente pc e quindi niente scrittura :)

  7. Elisa
    giovedì, 28 Aprile 2016 alle 12:21 Rispondi

    d’accordo sull’isolamento. Quando scrivo sono talmente immersa che non sento e non vedo nient’altro e quando un famigliare mi chiama è come essere svegliata d’improvviso nel bel mezzo di un sogno.
    Meno sulla scaletta: scrivo a “macchie” e poi metto tutto assieme, non sapendo ex ante la fine o il corpo.

    • Daniele Imperi
      giovedì, 28 Aprile 2016 alle 14:01 Rispondi

      Riesci a immergerti anche se hai gente attorno?
      Non riesco a scrivere a macchie, invece.

      • Elisa
        venerdì, 29 Aprile 2016 alle 12:03 Rispondi

        si. Un famoso pedagogista di cui non ricordo il nome aveva trattato proprio di quel particolare stato in cui sei talmente concentrato in un compito che ti fondi con esso, non sentendo più nè la fatica nè nulla.
        L’unica cosa che mi serve per scrivere è il non avere “pensieri” riferiti ad altri impegni prossimi futuri.

    • Agata Robles
      giovedì, 28 Aprile 2016 alle 19:52 Rispondi

      Elisa, hai tutta la mia più serena invidia….

      • Elisa
        venerdì, 29 Aprile 2016 alle 12:07 Rispondi

        per cosa? L’essere immersa o la scrittura a macchie?

  8. Tiziano
    giovedì, 28 Aprile 2016 alle 12:38 Rispondi

    Dipende da ciò che si vuole scrivere.
    Dazai ha scritto dei capolavori senza avere neppure una di queste sei abitudini. Penso inoltre che molti scrittori dissentirebbero proprio per esperienza personale.

    • Daniele Imperi
      giovedì, 28 Aprile 2016 alle 14:09 Rispondi

      Penso che siano considerazioni personali, ognuno poi trova le sue abitudini.

  9. PADES
    giovedì, 28 Aprile 2016 alle 12:45 Rispondi

    Il punto 5 e, a seguire, il punto 1 sono fondamentali. Stendere il progetto aiuta anche a capire subito se la storia regge e vale la pena continuare. Sarò scettico, ma credo poco a chi dice di scrivere di getto un intero romanzo (di sucesso!) senza pianificare.
    Gli altri punti sono veri ma più personali. Da giovane, interessato alle filosofie orientali, feci un corso di “concentrazione”: ora riesco a estraniarmi da tutto, ma prima anche per me il punto 2 era un grosso problema. La musica mi ispira molto, ma prima. Durante la scrittura anch’io la rifiuto, anche perché non la sentirei. :-)

    • Daniele Imperi
      giovedì, 28 Aprile 2016 alle 14:11 Rispondi

      Non credo molto neanche io alla scrittura di getto. Alcuni punti, come vedi, sono ancora più personali di altri, come la musica, tu non la sentiresti, quindi saresti più concentrato a scrivere, io invece non scriverei :D

  10. Marina
    giovedì, 28 Aprile 2016 alle 12:54 Rispondi

    I punti 1,2 e 3 spiegano bene perché il mio romanzo sia ancora in una fase embrionale di sviluppo, nonostante ci stia lavorando da quest’estate. Sono d’accordo con il prefissarsi una scadenza, ma poi anche la buona volontà va a farsi benedire quando si mettono di mezzo impegni familiari e vita privata.
    Il non avere fretta diventa spesso un alibi per giustificare la perdita di tempo.
    Resta il fatto che scrivere un romanzo richiede caratteristiche di cui, forse, non posso disporre in questo momento: tempo, ordine mentale, metodicità, costanza.
    E rimando.

    • Daniele Imperi
      giovedì, 28 Aprile 2016 alle 14:12 Rispondi

      Forse è vero anche quanto dici tu: che in questo momento alcuni non hanno quelle specifiche caratteristiche. Ma se non le avressi mai, che faresti?

  11. Alberto Lazzara
    giovedì, 28 Aprile 2016 alle 12:54 Rispondi

    Vero, è più facile rispettate le scadenze decise da altri che quelle che ci imponiamo noi in modo più o meno arbitrario. Come fissare dunque una tempistica che ci sproni nel lavoro? Un modo, banalmente, potrebbe essere partecipare a un concorso letterario. È una specie di compromesso tra le nostre esigenze (perché siamo noi a sceglierci il concorso, quindi la scadenza ultima) e quelle altrui. In un modo o nell’altro, è necessario impostare un programma a tappe se si vuole terminare entro la data utile. Però non bisogna cadere nell’errore di usare il concorso solo come un pretesto per concludere il romanzo senza che crediamo davvero, o meglio vogliamo davvero partecipare a quel concorso, altrimenti si finisce per non farcela ugualmente.

    • Daniele Imperi
      giovedì, 28 Aprile 2016 alle 14:14 Rispondi

      Noi facciamo la legge e noi ci sentiamo in diritto di infrangerla :D
      Dici di partecipare a un concorso letterario che richiede la scrittura di un romanzo?

      • Alberto Lazzara
        giovedì, 28 Aprile 2016 alle 15:04 Rispondi

        Purtroppo è vero. Si, intendo un concorso che richiede la scrittura di un romanzo

        • Daniele Imperi
          giovedì, 28 Aprile 2016 alle 15:08 Rispondi

          Eh, però in quel caso potrebbero richiedere un romanzo che a te non interessa scrivere o, come quasi sempre accade, limitato a un numero massimo di parole.

    • Elisa
      venerdì, 29 Aprile 2016 alle 12:14 Rispondi

      l’ho fatto per un racconto dove – almeno per me – i tempi per presentarlo erano stretti, gli impegni intellettuali di altro tipo tanti, la stanchezza si faceva sentire per entrambi. Ce l’ho fatta ma non lo farei mai per un romanzo, dove la solidità della struttura e la cura per lo stile sono molto più complessi di un racconto.

  12. Gabriele
    giovedì, 28 Aprile 2016 alle 13:22 Rispondi

    Buongiorno a tutti…
    Quando ho letto l’articolo, e più nello specifico, il problema dettato dal “prendersela comoda” visto che non ci sono scadenze mi sono detto: allora non sono l’unico!
    Articolo molto bello e molto vero, hai scritto verità che normalmente si fa fatica ad ammettere e, cosa ancor più deprimente, a dire ai nuovi aspiranti scrittori.
    Io appartengo a quella categoria di scrittori (o sedicenti tali) che deve vedere la propria storia tutta intera, dall’alto, prima di mettersi davanti al foglio ed iniziare a battere. Ammiro e invidio chi parte di getto, ma ho capito che non è quello il mio procedere.
    Bella l’immagine del piede che tiene il tempo se ascolti musica…anche in questa mi sono ritrovato (forse aver suonato pianoforte per tanti anni ha deformato un po’ la mia mente eh eh).

    A presto!
    Gabriele

    • Daniele Imperi
      giovedì, 28 Aprile 2016 alle 14:16 Rispondi

      Ciao Gabriele, grazie e benvenuto nel blog. Le verità scomode non si ammettono quasi mai :D
      Io finora ho scritto di getto soltanto i racconti bonsai, troppo brevi per poterli progettare, ma avevo comunque in mente tutta la ministoria.

      • Gabriele
        giovedì, 28 Aprile 2016 alle 20:24 Rispondi

        Racconti Bonsai…questa te la rubo!

  13. Romina Tamerici
    giovedì, 28 Aprile 2016 alle 13:43 Rispondi

    Io dico solo che le scadenze sono un’ottima abitudine: io non concluderei più niente in nessun campo se non mi imponessi delle scadenze!

    • Daniele Imperi
      giovedì, 28 Aprile 2016 alle 14:16 Rispondi

      Riesci a importele e a rispettarle?

  14. monia74
    giovedì, 28 Aprile 2016 alle 15:05 Rispondi

    Ah, andare a piccoli passi e senza fretta! Non sono proprio io! :) Io inizio il lavoro metodico dopo che ho buttato giù almeno tutta una bozza.
    Sì, professionalità significa darsi una tempistica, pianificare e non prendersi ferie.
    Il fatto di isolarsi è sacrosanto. Purtroppo non sempre facile, e purtroppo la famiglia non capisce che basta solo alzare gli occhi per dire si o no, e la concentrazione va a farsi benedire, per non parlare dell’ispirazione.
    Sul dimenticare la vita privata a me viene spontaneo accantonare i problemi di ogni tipo mentre mi immergo in quelli letterari :) . Uno scaccia l’altro.
    Pensa che un’autrice che seguo un giorno ha pubblicato su Facebook la notizia del funerale di un genitore, e nonostante tutto ha continuato a postare nei giorni successivi gli avanzamenti del suo libro. Se lo tratti come un lavoro, non ci sono scuse.

    • Daniele Imperi
      giovedì, 28 Aprile 2016 alle 15:10 Rispondi

      Le ferie servono, se le prendi non sei poco professionale :)
      Riguardo all’autrice, cose come il funerale dei familiari per me sono fatti personalissimi che non metto in piazza. Anche al lavoro, quando hai una perdita grave in famiglia, non sei tenuto a essere presente.

      • monia74
        giovedì, 28 Aprile 2016 alle 15:17 Rispondi

        Sono d’accordo, ma forse aveva bisogno della vicinanza del suo fan club… è stata una cosa molto sobria, nessun dramma e credo dipenda dal carattere delle persone.
        In ogni caso quello che volevo evidenziare è che con molta probabilità io avrei smesso di scrivere per almeno un mese, fregandomene di tutto e di tutti, mentre al lavoro ci sarei andata, dopo i canonici tre giorni (o settimana). La differenza è che lei considera la scrittura il suo lavoro e io no, e questo fa una differenza enorme, in come ti poni, come ti organizzi, e nella motivazione e nella forza di volontà. :)

        • Daniele Imperi
          giovedì, 28 Aprile 2016 alle 15:27 Rispondi

          Sì, dipende dalle persone. Tu reagisci in un modo, lei in un altro. Non la vedo come considerare la scrittura un lavoro o meno.

  15. Nani
    giovedì, 28 Aprile 2016 alle 23:06 Rispondi

    La notte in cui mori’ mio padre la passai pianificando una storia. Ho cominciato a considerarmi Una scrittrice all’indomani di una profonda crisi personale, o meglio, nel momento in cui la combattevo. La scrittura, pur non essendo quasi Mai influenzata direttamente dal mio vissuto personale, e’ parte dei miei meccanismi di sopravvivenza. :)

    • Daniele Imperi
      venerdì, 29 Aprile 2016 alle 6:21 Rispondi

      E hai scritto poi quella storia?
      Come vedi, ognuno reagisce a modo suo a certi eventi.

      • Nani
        venerdì, 29 Aprile 2016 alle 8:36 Rispondi

        Noooo, Avevo 18 anni, a quell’epoca ero abbastanza inconcludente :D
        Si’, ognuno trova il suo modo. :)

  16. Chiara
    venerdì, 29 Aprile 2016 alle 7:15 Rispondi

    Fra queste abitudini, la 5 e la 6 mi appartengono di sicuro.
    Riesco a mettere in pratica anche la 3, perché se sono troppo avvinta dai miei problemi personali rinuncio a scrivere a priori: di conseguenza è inevitabile che quando mi metto al pc sono concentrata. Ho sempre detto che per me la scrittura è una forma di meditazione.
    Per quel che riguarda la 2, ormai mi sono abituata a scrivere con mio marito che lavora con il suo computer seduto dall’altro lato del tavolo, però sa che NON DEVE ASSOLUTAMENTE RIVOLGERMI LA PAROLA. Dopo un paio di improperi, ora comunica con me solo quando mi alzo o mi vede in pausa. La musica, però, non la ascolto neanch’io.
    Darmi scadenze? Non ci sono mai riuscita perché mi fa venire l’ansia.
    Considerare la scrittura un lavoro? Quando ci ho provato, mi sono esaurita. Per il momento quindi (almeno finché avrò ancora il mio “lavoro ufficiale”) la vivo come un hobby. So che non sarebbe giusto, però non posso far altrimenti.

    • Daniele Imperi
      venerdì, 29 Aprile 2016 alle 7:47 Rispondi

      Ecco, io non so se riuscirei a scrivere con mia moglie seduta all’altro capo del tavolo…
      Vedere la scrittura come un lavoro per me significa considerarla come qualcosa di importante e non solo come un passatempo da fare e non fare.

  17. Salvatore
    venerdì, 29 Aprile 2016 alle 7:25 Rispondi

    Ho tutto tranne la prima. Decisamente non mi piacciono le scadenze…

    • Daniele Imperi
      venerdì, 29 Aprile 2016 alle 7:50 Rispondi

      Per la rivista di Mondadori non ne hai?

  18. azzurropillin
    venerdì, 29 Aprile 2016 alle 9:17 Rispondi

    io ho imparato la disciplina nella scrittura dalla corsa.
    ti dai degli obiettivi realistici e li porti a termine. ad es. correre per 3 volte a settimana per 30 minuti. e ci saranno le volte in cui non vedrai l’ora di farlo (pochissime) e le volte che ti costringerai a farlo e inizierai di malavoglia ma poi le gambe andranno e alla fine sarai soddisfatto.
    nella scrittura ho imparato a fare lo stesso. costringermi a mettermi davanti al file anche se non ne ho voglia. i chilometri si accumulano come le pagine e la disciplina paga.
    anch’io ho il difetto della fretta.
    l’unico modo, per me, per pensare di scrivere un romanzo, è concentrarmi a portare a termine quella pagina/quella mezz’ora di scrittura. (avendo prima in mente almeno un’ossatura della trama che man mano che procedo viene arricchita e dettagliata)

    • Daniele Imperi
      venerdì, 29 Aprile 2016 alle 10:35 Rispondi

      Io devo riuscire a darmi più disciplina nella scrittura. Il paragone con lo sport regge, forse dovrei vedere la scrittura come uno sport :)

  19. Chiara
    venerdì, 29 Aprile 2016 alle 11:45 Rispondi

    Io allora dovrei viverlo come lo shopping… su quello sono disciplinatissima! :D

    • Daniele Imperi
      venerdì, 29 Aprile 2016 alle 11:56 Rispondi

      Provaci, magari funziona :D

  20. Silvana Ceruffi
    venerdì, 29 Aprile 2016 alle 12:27 Rispondi

    Non mi sento in grado di dare consigli in merito, ma di sicuro mi sono riconosciuta in ogni parola ;-)

    • Daniele Imperi
      venerdì, 29 Aprile 2016 alle 13:13 Rispondi

      Ciao Silvana, benvenuta nel blog. Ti sei riconosciuta nel senso che hai tutte queste 6 abitudini o vorresti averle? :)

  21. Barbara
    venerdì, 29 Aprile 2016 alle 13:36 Rispondi

    Il punto 1 “Fissare scadenze” ed il punto 6 “Non avere fretta” per me sono in antitesi, o l’uno o l’altro. Se vuoi possiamo fonderlo nel “Fissare delle scadenze congrue”, raggiungibili senza andare a discapito della qualità che si vuole ottenere.
    Isolarsi, mi riesce molto bene. Se sto scrivendo, mentalmente o con la penna in mano, possono chiedermi tutto quello che vogliono che tanto è solo rumore di sottofondo. Io sono proprio da un’altra parte.
    La questione musicale per me è più complessa. Ci sono canzoni che lavorano sulla mia predisposizione d’animo per quella o quell’altra scena, a volte l’hanno anche ispirata. Quindi l’ascolto, scrivo mentalmente la scena. La scrittura vera è in silenzio. Parte della revisione è con la musica.
    Dimenticare la vita privata è impossibile. Per 3 anni, impegnata in ospedali e scartoffie, non ho scritto una riga. Ma ho letto di più, almeno quello.
    Considero la scrittura un “lavoro”, nel senso che lo faccio con impegno, ma non tale da considerarlo un “obbligo”. Cerco di farlo considerare agli altri attorno a me un lavoro (stasera devo lavorare, dico quando devo chiudere il post per il blog o sento di avere un racconto da scrivere), ma la risposta acida che segue mi demoralizza parecchio (non è lavoro, non è pagato…) Materialisti del cavolo: il benessere psicofisico è un valore, se evito di spendere 200 euro in medicine ne ho già avuto un guadagno!
    Procedere per piccoli passi: è quello che sto facendo, sperando di non avere i piedi di piombo…

    • Daniele Imperi
      venerdì, 29 Aprile 2016 alle 13:42 Rispondi

      Non vedo quei punti in antitesi, anzi. Se ti fissi una scadenza, non significa che devi scrivere un romanzo di fretta. Per me la fretta è quando vuoi bruciare le tappe.
      Io mi distraggo di continuo, peggio dei gatti.
      Concordo sul benessere psicofisoco :)

  22. Nuccio
    sabato, 30 Aprile 2016 alle 13:11 Rispondi

    S’i’ fossi foco arderei ‘l mondo!

  23. Matteo Rosati
    domenica, 1 Maggio 2016 alle 19:36 Rispondi

    Concordo con tutti i sei punti: un romanzo l’ho concluso, quindi posso dirlo (sto cercando una casa editrice, però l’ho concluso).
    Una cosa che potrei aggiungere, che forse rientra nel “procedere a piccoli passi”, è che a volte è necessario scrivere anche quando non si sa bene cosa. Meglio cioè compilare capitoli interi e poi scartarli, che restare fermi, perché in ogni caso anche le pagine sbagliate offrono spunti, magari mostrando soltanto piste da non percorrere oppure illuminando possibilità che a priori difficilmente sarebbero potute venire in mente… E poi scrivere è sempre meno frustrante che restare immobili ad arrovellarsi davanti alla pagina bianca.

    • Daniele Imperi
      lunedì, 2 Maggio 2016 alle 8:16 Rispondi

      Non sono sicuro che scrivere comunque, anche se non sai cosa, sia positivo, ma magari può funzionare.

  24. Cristina
    lunedì, 2 Maggio 2016 alle 12:11 Rispondi

    Il proverbio dice “Presto e bene non stanno insieme” come da tuo punto 6. Infatti in genere non mi piace lavorare con scadenze troppo ravvicinate, si crea un ritmo convulso e si rischia di sbagliare e non si ha il tempo di controllare. Molti romanzi sono stati progettati, scritti e riscritti durante moltissimi anni, come la tela di Penelope.

    La progettazione comunque è essenziale per quanto mi riguarda, perlomeno a grandi linee: si rischia meno di buttare via scene su scene, dopo, e si perde anche meno tempo. Per noi che abbiamo la giornata occupata dal lavoro, è essenziale! E non è vero che la progettazione toglie il piacere e il gusto della sorpresa nello scrivere.

    • Daniele Imperi
      lunedì, 2 Maggio 2016 alle 12:22 Rispondi

      La progettazione a grandi linee è quella che adopero più spesso. Troppo nel dettaglio rischia di non finire mai, ma non penso nemmeno che sia così utile. Però devo sapere come procede la storia, altrimenti davvero finisce che devi riscrivere gran parte del romanzo.

  25. Fabio Amadei
    lunedì, 2 Maggio 2016 alle 11:09 Rispondi

    Secondo Giulio Mozzi è fondamentale, quando abbiamo un’idea per una storia, prima di buttarla giù, è necessario studiare, osservare e costruire questa intuizione nella mente. Iniziare a scriverla può essere deleterio, in quanto risulta molto difficile poi cambiarla o modificarla. E di conseguenza ci si arena, non sapendo dove “andare a parare”. Trovo questo consiglio molto utile e veritiero (ma sicuramente non è vero per tutti) e l’ho potuto sperimentare in diversi racconti. Conoscere in precedenza la storia, l’inizio, lo sviluppo e la conclusione, aiuta a liberare la fantasia e la creatività. Rettificare e rivedere c’è sempre tempo.

    • Daniele Imperi
      lunedì, 2 Maggio 2016 alle 11:22 Rispondi

      Studiare e osservare: suppongo intenda costruire una trama, ecc., prima di mettersi a scrivere.

  26. Ilario Gobbi
    sabato, 7 Maggio 2016 alle 19:10 Rispondi

    Ciao Daniele,
    grazie per questo approfondimento, in effetti ho notato che nella scrittura spesso gli ostacoli provengono da piccole abitudini quotidiane che cozzano con l’aspirazione di terminare un libro, come le distrazioni o la tendenza a dedicarsi ad altre attività meno produttive.
    Invece, con ordine, pazienza e perseveranza, i risultati mano a mano si vedono.
    A presto! ^_^

    • Daniele Imperi
      lunedì, 9 Maggio 2016 alle 6:26 Rispondi

      Ciao Ilario, non avevo pensato alle piccole abitudini come ostacoli, ma sono proprio d’accordo.

  27. Fulvio
    lunedì, 16 Maggio 2016 alle 15:27 Rispondi

    Mi fa paicere leggere ciò che ho letto. Così non mi sento solo. La difficoltà nel trovare gli spazi è oggettiva, tra un lavoro che mi assorbe totalmente (la mia segreta aspirazione è di smettere di lavorare per avere la testa più libera) e la famiglia che esige i suoi spazi e che io non sono capace di mettere da parte. Ma penso anche che sia una questione di disciplina. Io mi occupo di project management e che cos’è un libro se non un progetto? Esistono regole per sviluppare un progetto, regole che nel mio lavoro seguo puntigliosamente. Perchè nello scrivere un libro non riesco a seguirle? Dovrei chiedere a me stesso perchè, ma la risposta potrebbe essere dolorosa…

    • Daniele Imperi
      lunedì, 16 Maggio 2016 alle 15:39 Rispondi

      La questione degli spazi è senza dubbio oggettiva. Sul progetto non so che dirti, devi scoprire da solo perché non riesci a progettare il libro :)

  28. Valentina
    mercoledì, 25 Maggio 2016 alle 19:33 Rispondi

    Deve divertirsi. Cioè nel complesso stai di m…. (visto che sono fissata con McCarthy ha ragione lui sulla storia del suicidio :) ) ma quando ti metti lì e scrivi, e annienti tutto intorno, devi “godere”. Cioè devi scrivere anche perché non puoi farne a meno secondo me :D

    • Daniele Imperi
      giovedì, 26 Maggio 2016 alle 8:45 Rispondi

      Sì, è così, se non ti diverti, se non puoi fare a meno di scrivere, significa che non ti interessa scrivere.

    • luisa
      lunedì, 30 Maggio 2016 alle 17:45 Rispondi

      disegno -pittura e scrittura se non fosse per queste attività che mi tengono occupata…al contrario di Daniele riesco a scrivere anche quando la mia vita è caotica. Ho iniziato il romanzo mentre avevo lo sfratto di abitazione”scappavo” in un bar affollato e scrivevo, scrivevo, se non fosse stato per l’inizio del manoscritto non avrei potuto “reggere” l’irruzione dell’ufficiale giudiziario più altre sei persone, poliziotti inclusi, che hanno messo i sigilli all’appartamento. Tutto si è svolto con molta civiltà…Ed io ringrazio il romanzo che stavo scrivendo.
      I punti 1 e 4 secondo me sono due punti forti
      Bella anche la scrittura a “macchie” come dice Elisa
      La musica?Come dice Barbara: Ci sono canzoni che lavorano sulla mia predisposizione d’animo per quella o quell’ altra scena, a volte l’hanno anche ispirata.
      Sì! a volte ispira scene altre volte c’è bisogno di silenzio.
      Bello anche portare con se un libricino di appunti e scrivere quando viene in mente un qualcosa e poi sviluppare il concetto

      • Valentina
        lunedì, 30 Maggio 2016 alle 18:23 Rispondi

        Ciao Luisa :) Leggendo il tuo commento pensavo “cavolo, riuscissi a fare anch’io così scriverei molto di più!” O forse starei molto meno rintanata in casa :D Perché ammiro le persone che come te riescono a scrivere ovunque e con qualsiasi sottofondo, per me è proprio impossibile. Non solo che ci siano altre persone ma ne basta una per distrarmi. Tollero solo il mio cane :D
        Musica non se ne parla… Pensa che io vivo in campagna e non ci sono tanti rumori qui, ma quando la domenica mattina di questi periodi arriva da lontano il rumore di qualche tagliaerba, io metto i tappi ;)
        Il taccuino per me è fondamentale (però quando lo apro sia dove sia divento una specie di silenziosa disadattata! ). Ho letto da qualche parte qui (credo) che la Rowling scriveva in un pub… Magari voi avete capito tutto :D

        • Luisa
          martedì, 31 Maggio 2016 alle 0:36 Rispondi

          Ciao Valentina, la Rowling l’ammiro molto, mi basterebbe avere 1% del suo talento, per me è la prima esperienza, non so ancora come potrà procedere questa bella avventura editoriale, ma ho scoperto strada facendo che scrivere mi piace e mi diverte, però se dovessi sentirmi “costretta” da un contratto non so, forse non avrei più idee? Ci sono già in “mente” quattro racconti da scrivere,il piacere -divertimento per me deve sovrastare la fatica…che effettivamente c’è perchè dopo ore e ore che scrivo ho bisogno di liberare la mente con una passeggiata.
          Tu hai già pubblicato qualcosa di tuo,cosa?

          • Valentina
            martedì, 31 Maggio 2016 alle 9:23 Rispondi

            Ciao Luisa, no, non ho pubblicato niente.

  29. Fulvio
    giovedì, 26 Maggio 2016 alle 16:39 Rispondi

    Non concord…o almeno non è quello che accade a me. Io godo, e molto, nel rileggere quello che ho scritto, naturalmente quando mi piace. Altrimenti soffro: soffro per lo sforzo di scrivere, soffro perchè non dedico alla scrittura il tempo che vorrei, soffro perchè non scrivo come vorrei, soffro perchè la storia non va come vorrei…e non credo che ciò sia sbagliato. non a caso si parla di sforzo creativo!!

    • Daniele Imperi
      giovedì, 26 Maggio 2016 alle 17:04 Rispondi

      Una volta anche io ci godevo a leggere quello che scrivevo, ora non più. Mi piace nel momento in cui scrivo, finché non passa parecchio tempo.

    • Valentina
      lunedì, 30 Maggio 2016 alle 18:10 Rispondi

      Ciao Fulvio, piacere di conoscerti :) Secondo me stiamo dicendo la stessa cosa…tutta questa sofferenza di cui parli c’è, ci deve essere, fa parte dello “sforzo creativo” come lo chiami tu, anche secondo me. Anzi potrei continuare ad aggiungere punti alla lista della sofferenza :D
      Io parlavo del piacere che si prova nel momento stesso in cui si scrive. Deve essere una cosa che ci fa stare bene, che ci riempie, che ci scarica, non so. Non è sempre così. A volte io non ho provato piacere nell’atto stesso di scrivere (può succedere per tanti motivi), non ero tranquilla. Non deve mai essere percepito come una “forzatura” secondo me. Cioè a conti fatti tra lo stare male se scrivi e lo stare male se non scrivi, per me vince la seconda. :D

  30. Giada
    mercoledì, 1 Giugno 2016 alle 5:04 Rispondi

    Anch’io ho il problema delle scadenze! Quando non ne ho è sempre: “tanto posso farlo più tardi, mica mi corrono dietro”. Devo sentirmi un po’ sotto pressione quando scrivo: rendo meglio!

    • Daniele Imperi
      mercoledì, 1 Giugno 2016 alle 8:17 Rispondi

      Le scandenze funzionano sempre per lavorare bene :)

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