Cosa può imparare uno scrittore dagli scacchi

Scacchi

C’è una grande analogia fra la scrittura creativa e il gioco degli scacchi. In ogni racconto o romanzo che si scrive troviamo coinvolti quattro elementi:

  1. storia
  2. personaggi
  3. ambientazione
  4. scrittore

Sono gli stessi elementi che, in altra forma, si ritrovano negli scacchi. Con la stessa funzione. Ecco dunque un gioco che può far capire allo scrittore come gestire le sue opere. Giocando, in fondo. Perché scrivere è un gioco. Un gioco in cui lo scrittore deve vincere.

La storia è il gioco

Più volte ho sostenuto che in un racconto o in un romanzo l’elemento più importante è la storia. Lo scrittore deve pensare a una storia da scrivere, non a un personaggio da immortalare. È la storia che si narra ai lettori.

Negli scacchi ciò che svolge la funzione principale è il gioco in sé. Un gioco che può piacere o meno, ma nessuno dirà mai che preferisce la torre o l’alfiere, perché comunque servono entrambi. Dirà invece se ama giocare a scacchi o se preferisce altri giochi, così come il lettore dirà se ama la storia che ha letto o se ne preferisce altre.

La storia è il gioco da creare. Un gioco che deve coinvolgere il lettore. Un gioco che deve essere ricordato come un’esperienza unica. La storia è il gioco e su quel gioco lo scrittore scrive la sua fama.

I personaggi sono pedine

Un tempo costruivo le mie storie basandomi sui personaggi e venivano fuori storie che non erano storie, ma solo una sorta di inutile curriculum dei protagonisti. I personaggi vanno creati dopo la storia e in funzione della storia da scrivere.

I pezzi degli scacchi sono pedine che lo scrittore muove a suo piacimento per arrivare alla fine del gioco. Hanno sì la loro importanza, altrimenti il gioco non avrebbe senso. I protagonisti sono il Re e la Regina, con alfieri, cavalli e torri come coprotagonisti e pedoni come comprimari.

I personaggi sono pedine da far muovere nel gioco che è la storia. Pedine che il lettore deve trovare credibili, adatte alla storia. Pedine che il lettore deve ricordare perché solide, tridimensionali, vive.

L’ambientazione è la scacchiera

L’ambientazione nella storia è fondamentale per far capire al lettore in quale mondo è entrato, per immedesimarlo nei personaggi, per rendere la sua esperienza reale. Non si può pensare a una storia senza ambientazione: è in fondo il palcoscenico in cui recitano i personaggi.

Negli scacchi la scacchiera è l’ambientazione in cui si svolge il gioco. Il campo di battaglia in cui due schieramenti contrapposti si affrontano. È ben definita e ha le sue regole. I pezzi non possono muoversi come vogliono, ma entro determinati confini.

L’ambientazione è la scacchiera in cui i personaggi vivono la loro avventura secondo regole prestabilite dallo scrittore. Ogni personaggio ha un suo spazio a disposizione e non può sconfinare dai propri limiti.

Lo scrittore è il giocatore

Chi scrive deve imparare a giocare con le parole, la struttura del racconto, lo stile, la narrazione. Lo scrittore deve scrivere per creare una storia che impegni il lettore dalla prima all’ultima pagina. Non deve dare scampo a chi legge, deve portare avanti il gioco fino all’ultimo capitolo.

Gioca dunque contro il lettore lo scrittore? Sì.

  1. Se lo scrittore perde, significa che il suo gioco non è stato all’altezza del rivale. Se perde, la sua storia non è stata costruita su solide basi.
  2. Se lo scrittore vince, significa che il suo gioco è stato migliore dell’avversario. Se vince, la sua storia è stata realizzata in modo coinvolgente e convincente.

Lo scrittore è il giocatore che sfida il lettore in una battaglia senza armi né sangue, ma portata avanti a colpi di parole.

Nota

Ho usato il termine “pedina” in senso figurato. Negli scacchi non ci sono pedine, ma pezzi.

26 Commenti

  1. Marco
    martedì, 30 Aprile 2013 alle 7:24 Rispondi

    Mai giocato a scacchi. Ma c’è somiglianza tra l’incipit di una storia, e la prima mossa quando si inizia una partita a scacchi. C’è un senso quasi definitivo; da lì in avanti la storia (e la partita) sono segnate. Per questo occorre studiare con attenzione le proprie mosse.

    • Daniele Imperi
      martedì, 30 Aprile 2013 alle 8:44 Rispondi

      Ottima intuizione: la prima mossa agli scacchi determina la partita. Da quel momento capisci se la storia funzionerà o meno.

  2. Neri Fondi
    martedì, 30 Aprile 2013 alle 9:43 Rispondi

    Ottimo e interessantissimo parallelismo, oltre che tanta stima per la precisazione finale sul termine “pezzi”.
    Mi permetto soltanto di aggiungere una grande e sostanziale differenza fra le due cose, che penso possa ampliare il discorso: negli scacchi, ormai, l’unico modo per poter giocare – a buoni livelli – è quello di conoscere tutte le varianti del gioco, tutte le aperture, i passaggi, le dinamiche che sono state codificate negli anni e racchiuse in tanti libri. Il buon giocatore ha studiato quei libri e sa mettere a frutto ciò che è stato fatto prima di lui.
    Anche lo scrittore trae insegnamenti da chi ha “giocato” prima di lui, ma la differenza sta nel fatto che non si limita a ricreare le stesse situazioni piegandole alle proprie esigenze di gioco. Lui può anche inventarne di nuove, perché la sua scacchiera è molto più ampia, anzi, infinita.

    Solo questo, e poi un ulteriore complimento per il fatto di aver scritto che lo scrittore gioca contro il lettore. Raramente mi sono trovato più d’accordo con un’affermazione.

    Complimenti, come sempre.

    Neri.

    • Daniele Imperi
      martedì, 30 Aprile 2013 alle 9:49 Rispondi

      Grazie, Neri :)
      Sulla differenza siamo d’accordo. Mi piace il fatto che la scacchiera sia infinita per lo scrittore, magari vale la pena scrivere qualcosa a riguardo. Ecco, forse m’hai dato un’idea per un post.

      • Neri Fondi
        martedì, 30 Aprile 2013 alle 9:59 Rispondi

        Lieto di averlo fatto :)

  3. Elisa
    martedì, 30 Aprile 2013 alle 10:22 Rispondi

    scrivere, scacchi…bellissima analogia..!!!!

  4. Sandra B.Ruberti
    martedì, 30 Aprile 2013 alle 10:31 Rispondi

    Mi hai fatto venire in mente che il 4 aprile scorso mi sono trovata a Marostica, riconosciuta città degli scacchi del Veneto. Mentre mi perdevo per le vie di questo luogo particolare mi sono accorta di una piccola libreria, sono entrata istantaneamente. Subito ho cominciato a scruttare la libreria con qualche idea in mente ma neanche molto precisa. Lì seduto c’era uomo un pò avanti con l’età che mi chiese:”Ma ha lei le piacciono i cani?”. Dopo la mia risposta positiva ma con tanti ma, mi ha consigliato di prendere un suo libro: “Tapum…quel cane” Storia di un uomo scelto da un cane. Quel giorno ho incontrato uno scrittore Franco Moresco che come attività principale, adesso pensionato, insegna nelle scuole gli Scacchi ai ragazzi. Ho comprato entrambi i suoi libri e lui mi ha regalato anche un suo libro di poesie.
    Devo ancora leggerli perchè sono in coda che aspettano ma lo farò presto. Penso che scacchi e scrittura siano un ottimo connubio anche perchè entrambi hanno a che fare con il gioco vita.
    Vorrei ricordare gioco in francese significa anche suonare, recitare e anche funzionare talvolta.
    ciao daniele

    • Daniele Imperi
      martedì, 30 Aprile 2013 alle 11:29 Rispondi

      Beh, è curiosa la storia dello scrittore incontrato in libreria. Un esempio di marketing editoriale che funziona :)

  5. Lucia Donati
    martedì, 30 Aprile 2013 alle 10:41 Rispondi

    Credo che un qualsiasi gioco da tavolo possa avere una simile funzione (gioco dell’oca, monopoli); comunque l’idea è interessante. Forse negli scacchi alcuni pezzi, non facendo un movimento lineare, rendono il gioco più coinvolgente.
    Bella la sfida lettore-scrittore…

    • Daniele Imperi
      martedì, 30 Aprile 2013 alle 11:30 Rispondi

      Su qualsiasi gioco non saprei, almeno quelli che hai accennato non mi danno idee. Sì, forse è proprio la mancanza di linearità a essere più vincente.

      • Lucia Donati
        martedì, 30 Aprile 2013 alle 13:22 Rispondi

        Tempo fa ho scritto un post sui giochi con le carte e la scrittura…

        • Lucia Donati
          martedì, 30 Aprile 2013 alle 15:14 Rispondi

          Non sono la carte da gioco ma carte appositamente segnate con frasi o indicazioni ad hoc per un libro. Sai che adesso non mi ricordo neanche il titolo del post? Se ti può interessare lo rintraccio.

  6. KINGO
    martedì, 30 Aprile 2013 alle 13:52 Rispondi

    Se due computers del futuro giocassero a scacchi uno contro l’altro, quello che tiene il bianco, prima ancora di iniziare la partita, direbbe qualcosa tipo “Matto in 165 mosse”.

    Anche le storie che uno scrittore puo’ scrivere sono finite, semplicemente perche’ il cervello umano e’ limitato. Puo’ immagazzinare relativamente poche informazioni e le puo’ combinare in pochi modi.

    Tutto sommato, forse sarebbe meglio paragonare la scrittura a una partita a briscola. Anche li’ le carte sono poche, ma non essendo un gioco a informazione completa come gli scacchi (a meno di non giocare a carte scoperte), ci da l’illusione che possa esistere il caso.

    • Daniele Imperi
      martedì, 30 Aprile 2013 alle 14:12 Rispondi

      Sì, ma i giochi con le carte sono in massima parte questione di fortuna, poi di abilità a giocare quelle giuste. Ci vedo poca analogia con la scrittura, nel senso che lo scrittore decide cosa mettere in campo, con le carte è solo il caso a scegliere.

  7. franco zoccheddu
    martedì, 30 Aprile 2013 alle 13:04 Rispondi

    Scacchi e letteratura, scacchi come metafora, narrazione come gioco (magari pericoloso e mortale, ma gioco). Grande e bellissima metafora, Daniele!
    Gli scacchi sono deterministici (regole certe), ma non sono d’accordo sul fatto che la prima mossa determina il destino: tutt’altro! Gli scacchi sono un tipico esempio di determinismo in cui però il risultato si allontana esponenzialmente dall’inizio all’aumentare del numero di mosse. Dopo venti mosse il tuo destino è imprevedibile: una enorme e meravigliosa metafora della libertà e del valore dell’individuo anche sotto la peggiore delle dittature. Non è un caso che gli scacchi facciano parte (con gli specchi e l’ombra) delle grandi metafore dei narratori.

    • Daniele Imperi
      martedì, 30 Aprile 2013 alle 13:18 Rispondi

      Grazie, Franco.
      Devo rivedere la mia opinione e condividere quello che hai scritto: in fondo se la prima mossa-l’inizio della storia determina la partita-romanzo, allora l’avversario-lettore sa subito come andrà a finire. Una partita e un romanzo devono essere imprevedibili sempre.

  8. Tenar
    martedì, 30 Aprile 2013 alle 14:08 Rispondi

    Come sai non sono pienamente d’accordo sui personaggi-pedine. Si può iniziare a pensare a una trama come “una storia con ….” oppure “una storia di…”In entrambi i casi può uscire una narrazione avvincente. Io inizio a pensare ai personaggi e poi a ciò che capita loro e anche quando leggo tendo a prestare comunque più attenzione ai personaggi che non alla trama, tanto che non amo le narrazioni corali o le trame cervellotiche e fredde (amo i gialli, ma solo se mi colpisce il protagonista).
    Credo che sia un’impostazione mentale dello scrittore, non una questione di giusto o sbagliato. E’ vero, tuttavia, che molti manuali sconsigliano di iniziare creare la storia dal personaggio, cosa ritenuta più difficile.
    Anche per l’ambientazione, la considero più di uno sfondo davanti al quale si muovono le pedine, secondo me una storia deve essere percepita come possibile solo in quel determinato luogo e tempo. Pertanto l’ambientazione influenza la trama, i personaggi e anche lo stile.
    E chiaramente tutto ciò è sono una notazione personale desunta dal mio modus operandi, senza alcuna pretesa di verità rivelata

    • Daniele Imperi
      martedì, 30 Aprile 2013 alle 14:14 Rispondi

      Sull’ambientazione siamo d’accordo: anche nella realtà il luogo in cui siamo nati e viviamo influenza le nostre vite e le nostre scelte. Sulla questione personaggi tornerò fra qualche settimana.

  9. Cristiana Tumedei
    martedì, 30 Aprile 2013 alle 16:47 Rispondi

    Per pudore eviterò di scrivere che ero certa di aver già commentato questo post…

    Una riflessione interessante che ha dato vita a un confronto stimolante nei commenti. Questo mi ha fatto pensare a un aspetto legato alla gestione dei contenuti (scusa se vado fuori tema per un attimo): insistiamo sempre con l’asserire che siano i temi caldi a generare maggior coinvolgimento nel lettore. Allo stesso modo, ci sforziamo di intasare il web con sterili (non sempre, ovvio) contenuti in stile manuale (i cosiddetti how-to, per intenderci).

    Ecco, io ho sviluppato un’opinione diversa nel tempo: i contenuti che fanno maggiore leva sul lettore e che incentivano lo scambio di opinioni sono proprio quelli in cui noi autori esprimiamo la nostra idea rispetto ad un argomento particolare. Sono le riflessioni a colpire perché anche i punti di vista nuovi o diversi dai nostri ci aiutano a riflettere e a trarre beneficio da quello che leggiamo.

    Ora, è probabile che tu dica: “Tumedei, guarda che era cosa già nota”, ma a me pare un aspetto particolare sul quale riflettere. Ora mi fermo per evitare di andare oltre. Tu cosa ne pensi Imperi? Ha senso quello che ho scritto?

    • Daniele Imperi
      martedì, 30 Aprile 2013 alle 17:05 Rispondi

      Sorvoliamo sulla tua memoria e passiamo al commento :D

      Hai ragione, la penso così anch’io. I post miei che ricevono più commenti mi sono accorto che sono proprio le riflessioni, quelle che pensavo generassero meno interesse.

      Bisogna ragionare meglio su questo aspetto della scrittura e sviluppare contenuti in questo senso. Brava :)

      • Cristiana Tumedei
        martedì, 30 Aprile 2013 alle 17:07 Rispondi

        Sai una cosa Imperi? Sarebbe interessante un post sui falsi miti della scrittura per il web. Ci pensi tu?

  10. Romina Tamerici
    martedì, 7 Maggio 2013 alle 23:38 Rispondi

    Mi piacciono gli scacchi anche se non gioco da un bel po’.
    Bello questo parallelo tra scrittura e scacchi.

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