Romanzi preconfezionati

Romanzi preconfezionati

Questo post mi è stato ispirato da un commento al mio articolo sulla via della scrittura. Ho voluto così approfondire il tema perché mi trovo d’accordo con quanto è stato scritto e credo valga la pena discuterne.

Parliamo dunque di editoria e di qualità di romanzi pubblicati. Parliamo di filoni di storie a non finire che cavalcano il successo altrui. Parliamo di imitazioni. Di scarsa originalità.

Che cosa recepisce il lettore

Le pubblicazioni degli ultimi anni hanno dimostrato più volte che il mercato editoriale si sia concentrato sui presunti gusti del pubblico. Perché presunti? Perché i lettori hanno amato un romanzo, che ha avuto quindi successo, e l’editoria ha pensato di riproporlo.

Non è lo stesso romanzo, ovviamente, ha cambiato titolo, autore, forse storia, ma non troppo, ha cambiato editore, ma ai lettori è stato riproposto lo stesso prodotto-libro. Ho letto perfino di annunci di case editrici che cercavano romanzi su precisi filoni.

Il risultato è una banale omologazione. Il libro si fa pecora e viene introdotto nel gregge che gli spetta. L’editore-pastore è ben attento che nessuna pecora sfugga, inquadra lo scrittore – che in molti casi si auto-inquadra – e gli chiede altre pecore.

È davvero questo che recepisce il lettore? Davvero il lettore vuole leggere la stessa storia?

Maturità del lettore

Credo sia un circolo vizioso:

  1. l’editore propone lo stesso romanzo perché sa – pensa di sapere – che il lettore lo vuole;
  2. il lettore legge lo stesso romanzo perché sa – pensa di sapere – che proverà le stesse emozioni del romanzo di successo letto prima.

Ne consegue un lettore immaturo, che anziché andare alla ricerca della buona letteratura e di nuove sensazioni, si fossilizza sul vecchiume, sul già letto. La sua esperienza di lettura ristagna, la sua cultura non evolve. Non c’è crescita. Non c’è sviluppo mentale.

L’editoria dovrebbe invece puntare alla maturità del lettore, offrendo romanzi di qualità e innovativi, proponendo nuove sfide e slegandosi da antiche pratiche di marketing. L’editoria dovrebbe essere la principale fonte del sapere, non una fabbrica di copie.

Collocare un’opera in un preciso genere letterario

Già il fatto stesso che ci si debba necessariamente collocare in un genere letterario preciso, seguendo standard e logiche preconfezionate, lo trovo aberrante e svilente.

Questa parte del commento di Cristiana va citata, perché mi trovo perfettamente d’accordo col suo pensiero. A me i generi letterari stanno un po’ stretti e più volte ho scritto qualcosa a riguardo. In molti siti di case editrici si legge “pubblichiamo fantasy, horror, weird, fantascienza”, quando dovrebbe esserci scritto soltanto “pubblichiamo storie”.

È proprio questa parte del commento che mi ha ispirato il post: l’editoria segue spesso standard e logiche preconfezionate, fraintendendo clamorosamente il concetto stesso di storia: quello di una narrazione senza vincoli né limiti.

Oltre i generi letterari

Lo scrittore, secondo me, deve scrivere storie che sente dentro di lui, deve creare realtà e mondi alternativi al nostro, anche se sta scrivendo una storia ambientata nei nostri giorni. Quello è comunque il suo mondo, che non esiste nel nostro.

I generi letterari sono etichette che fanno comodo all’editoria, ma non allo scrittore, che si sente ingabbiato in regole comportamentali che limitano la sua creatività. La scrittura è un’arte e non può né deve essere coatta, guidata, ma lasciata libera come libera è ogni forma d’arte.

Cosa pensate di queste storie preconfezionate che circolano ogni anno? Di tutti questi filoni alla Twilight, alla Signore degli Anelli, a chissà cos’altro? Volete far parte del gregge o essere pecore nere? Perché a me il nero è sempre piaciuto.

16 Commenti

  1. MikiMoz
    sabato, 28 Settembre 2013 alle 12:50 Rispondi

    Beh, è sempre successo che, trovata la miniera, la si sfrutti.
    Dopo Harry Potter, quanti maghetti e maghette abbiamo visto?
    Dopo il successo dei film della saga LOTR, quanti libri di quel genere si sono visti?
    Per non parlare della febbre -per fortuna passata: era davvero da poveracci- dei codici da vinci e via dicendo. Volumi su volumi di indagini varie tra storia e religioni… indagini improbabili, in molti casi.

    Ma si sa, succede sempre così… forse si potrebbe cavalcare il filone con genialità, no?^^

    Moz-

    • Daniele Imperi
      sabato, 28 Settembre 2013 alle 15:42 Rispondi

      Hai letto il mio vecchio post sul Codice segreto dei libri? :D

      • MikiMoz
        sabato, 28 Settembre 2013 alle 19:32 Rispondi

        Ahahaha, letto adesso! Ammazza, ti eri fermato a 50 e secondo me dal 2011 ad oggi almeno altri 10 li troviamo!
        L’hai finito il Codice Machiavelli?

        Tanti saluti da Il Codice Protocuccioli

        Moz-

  2. Alessandro Madeddu
    sabato, 28 Settembre 2013 alle 13:20 Rispondi

    Esiste un segmento del mercato, costituito da lettori fortissimi – nel senso che leggono veramente tanto, compulsivamente. E questo segmento, vera miniera d’oro per gli editori, gradisce le storie di maghetti, di vampiri, di elfi con la pleurite.

    Molti editori semplicemente pensano: “Se gli elfi con la pleurite non glieli do io, glieli darà qualcun altro. Tanto vale che glieli do io e mi metto in tasca i soldi.” Non me la sento di dar loro torto, devono pur mettere insieme il pranzo e la cena.

    Anzi, c’è quasi da ammirarli… di certo non si può dire che manchino di un progetto editoriale :D

    • Daniele Imperi
      sabato, 28 Settembre 2013 alle 15:43 Rispondi

      Il ragionamento che fai sta in piedi. Esiste però un’altra fetta di mercato, di lettori più intelligenti, che non ne più di libri-spazzatura :)

      • Alessandro Madeddu
        sabato, 28 Settembre 2013 alle 18:37 Rispondi

        Direi che trovare bei libri è l’ultimo dei problemi :) ce ne sono a iosa, ovunque, pure gratis.

  3. Katia Anna Calabrò
    sabato, 28 Settembre 2013 alle 13:52 Rispondi

    Io sono una lettrice fortissima, nel senso che leggo davvero tanto. Tantissimo. In casa ho la televisione rotta da oltre un anno e non sento la necessità, non ho voglia di rimpiazzarla. Ho i libri, la musica.

    Maghi, maghetti, vampiri, orchi o licantropi, non sarebbero un problema di per se si trovasse altro negli scaffali. Invece… :(

    Come per ogni segmento di mercato, cavalcare l’onda di quello che funziona, senza prendersi il rischio di investire e scommettere sul nuovo o diverso, è diventata la regola. Nell’editoria, che sempre più annaspa, nella musica, nel cinema, in tv. Nessuno investe, le industrie di riferimento fanno fatica a stare al passo con i tempi, sfidate da nuove tecnologie, nuovi media.

    Nascondono la testa nella sabbia e invece di cercare nuove strade, investendo in qualità e innovazione, spremono fino in fondo quanto hanno già per le mani. In questo modo stanno uccidendo il loro segmento di mercato, ogni giorno un po’ di più. Si stanno finendo di scavare la fossa.

    Triste. Ah, consigliatemi un titolo, devo comprare libri :-)

    • Daniele Imperi
      sabato, 28 Settembre 2013 alle 15:46 Rispondi

      Hai ragione: manca il coraggio di investire, di puntare sul nuovo, sul diverso. L’editoria ha bisogno di un rinnovamento.

      Libri? Io appena preso I mille autunni di Jacob de Zoet di David Mitchell, La città e la città di China Mièville e L’ombra dello scorpione di Stephen King :)

  4. Fabrizio Urdis
    sabato, 28 Settembre 2013 alle 18:31 Rispondi

    Visti alcuni miei commenti precedenti non penso ti sarà difficile credere che sono d’accordo con te al cento per cento.
    Catalogare il genere letterario del mio manoscritto è stata la spina nel fianco che tornava a far male ogni volta che volevo proporlo,
    Non riuscendo a trovare di meglio ho deciso che in fin dei conti si trattava di “narrativa”.

  5. Romina Tamerici
    sabato, 28 Settembre 2013 alle 21:16 Rispondi

    Pecore nere, ovvio.
    Sperimentare nuove strade e vedere dove si va!

  6. ben apfel
    domenica, 29 Settembre 2013 alle 2:07 Rispondi

    Ciao Penna Blu come immagini la cosa mi tocca personalmente. I generi sono il paravento dietro cui si nascondono editori incapaci di rispondere a domande come: “è bello questo libro?” o persino “mi piace, questo libro?” I generi danno a editori (o intermediari terrorizzati all’idea di perdere il posto per aver proposto libri “diversi” rivelatisi flop) la possibilità di dare agli scrittori in attesa di responso, risposte surreali, come “il suo libro è molto interessante ma “incollocabile”. I lettori, che come dicevi, si trovano a leggere sempre lo stesso libro “protetti” dallo shock di scoprire altro, da editori “coscensiosi”. Purtroppo in questa maniera gli editori si precludono la possibilità di scoprire nuovi talenti e persino nuovi “fenomeni” commeciali. Ma quel che mi premeva dire è che ho creduto per anni che i pochi lettori italiani, vittime di questo circolo vizioso fossero ridotti a un pugno si trogloditi indottrinati. Ma negli ultimi tre mesi ho scoperto che mi sbagliavo. L’Italia dei lettori non è una repubblica fantasma, ma un paese abitato da individui straordinariamente vivaci e curiosi, emancipati ed entusiasti. Proprio là dove li si dava per estinti, in Italia ci sono tanti lettori pronti a farsi spiazzare, stupire, sorprendere da scritti inusitati e scelte azzardate. e tutto questo è, francamente, un sollievo.

    • Daniele Imperi
      domenica, 29 Settembre 2013 alle 8:01 Rispondi

      Hai ragione, ci sono molti lettori pronti a leggere altro, il problema però è che gli editori dovrebbero pubblicare altro.

  7. Tenar
    domenica, 29 Settembre 2013 alle 17:32 Rispondi

    Io tutto sommato continua a pensare che la scelta per il lettore sia molto variegata. Nella libreria del mio paese si può comunque spaziare dalle 50 sfumature a Euripide. Certo, a volte ci sono scaffali dove sembra che nessuno si sia soffermato da anni, ma una buona libreria ha comunque un’ampia scelta. Che ciò che vende di più stia in vetrina temo sia fisiologico.

  8. Il mondo di Dru
    lunedì, 30 Settembre 2013 alle 12:56 Rispondi

    Ciao Daniele,
    ti confesso che, ogni tanto, leggendo il tuo blog, mi sembra di vivere da un’altra parte. Oppure di essere veramente molto diversa. Perché sì, ho notato anche io che ci sono filoni su filoni, ma francamente non riesco nè a prendermela nè a entusiasmarmi o altro. Ci sono. Ok. Lo prendo come un dato di fatto, senza altri stati d’animo. Non vedo proprio il motivo di soffermarmi su simili considerazioni. Io sono una lettrice molto variabile e passo da Dante e Galilei a libri molto commerciali e preconfezionati. Non ho mai avuto difficoltà a trovare un testo diverso, particolare o innovativo quando ne ho cercato uno (sempre tenendo presente che tali definizioni sono, in parte, soggettive). Per questo rimango stupita davanti a post come il tuo (e anche ad altri, è un argomento molto comune): per me è qualcosa che non costituisce neanche argomento e cado un po’ dalle nuvole quando se ne parla. Probabilmente è perchè ho studiato economia: se qualcosa ‘vende’ è normale che chi lavora in quel settore cavalchi l’onda. Succede ovunque, non solo nell’editoria.
    Io non difendo il settore e le loro scelte, ma vorrei comunque girare la medaglia: la maggior parte delle persone, quando trova qualcosa che gli piace, tende a cercare cose simili. Se gli viene proposto un qualcosa di nuovo, tenderà ad ignorarlo. Io l’ho fatto per anni. Leggevo gialli e thriller, schifando tutto il resto. Viaggiando in treno parlo con tanti lettori, molti di loro sono molto chiari: leggo queste cose perchè la sera sono stanco e non ho voglia di impegnarmi in cose difficili. Dove per difficile non si intendono cose da Dialogo sui massimi sistemi, ma semplicemente cose nuove, diverse dall’abitudinario, perchè richiederebbero, almeno la prima volta, più attenzione. Con il rischio che possa non piacere affatto.
    Inoltre, leggendo di tutto, anche io sono capitata sui filoni. E mi sono capitati dei bei libri, pur se molto simili ad altri.
    Ciò che mi dispiace vedere è la scarsa cura con cui vengono pubblicati quei libri: pessime traduzioni, refusi, errori di grammatica, errori lessicali, chi più ne ha più ne metta. Poi una bella copertina, un titolo accattivante (che spesso non è neanche appropriato al contenuto) e via. Questo sì, m’infastidisce.
    Per quanto riguarda l’etichettatura di un romanzo non so se prendermela o ammirarne l’immane sforzo. In linea generale trovo davvero arduo etichettare un libro come appartenente ad una sola categoria, soprattutto perché ci sono diversi tipi di catalogazione: per genere, per argomento, per età di lettura, per età dei protagonisti. Con tutte le declinazioni e le eccezioni.
    Se io chiedo un distopico, non mi danno 1984 o Fahrenheit 451. Eppure lo sono! Vengono considerati i capostipiti del genere.
    Molto più brutto è imbrigliare lo scrittore. Anche qui si potrebbero vedere facce opposte perchè da un lato è brutto chiedere solo un determinato tipo di storia, dall’altro uno scrittore che pur di pubblicare qualcosa si adatta a scrivere a richiesta invece di ciò che sente, non ricuote la mia simpatia.
    Mi rendo conto di essere sempre logorroica. Mi dispiace.
    Un saluto.
    Ho letto la tua domanda dell’altro post. Mi chiamo Francesca

    • Alessia
      lunedì, 30 Settembre 2013 alle 13:44 Rispondi

      Mi trovo abbastanza in linea con il pensiero di Francesca. La catalogazione dei generi letterari credo sia davvero l’ultimo dei problemi dell’editoria. Non dimentichiamo che la casa editrice vende un prodotto e in quel prodotto deve credere, promuoverlo, sponsorizzarlo. Sono cose che le case editrici a pagamento non fanno, ma che fanno tutte le altre case editrici. E’ ovvio che se un prodotto vende, per legge di mercato si cercherà di fare il bis. Dopo Twilight quanti vampiri abbiamo trovato in libreria? Quanti Mr. Darcy fanno colazione da Tiffany oggi? Tanti, tantissimi.
      Da lettrice ho la possibilità di scegliere e lo faccio.
      E’ un mio diritto, ma come lo è per me lo è per ogni altro lettore.
      Se non voglio leggere il filone Twilight, o 50 Sfumature di grigio, posso evitarlo. L’editoria è piena zeppa di classici e bei libri che attendono di essere letti e scoperti. Personalmente evito i casi editoriali, perché so che nel 90% dei casi non incontreranno i miei gusti, indipendentemente dal genere letterario. Ci sono lettori che amano sperimentare, altri che sono sedentari, altri ancora che sono onnivori e onnipresenti.
      Detto ciò, non posso condannare l’autore che scrive la storia simil-Twilight, perché magari l’ha scritta sei anni fa e trova spazio solo ora in libreria. Maggiore è la colpa della casa editrice, se vogliamo, ma se si considera il discorso iniziale riguardo all’aspetto economico, allora non riesco a dare la colpa nemmeno a loro. Lo scrittore vive la scrittura come una passione, e come tale non accetta l’aspetto tecnico-economico. Io non trovo aberrante né avvilente la catalogazione dei generi letterari per un motivo molto semplice: le belle storie si trovano dappertutto. Ed è innegabile che se una storia parla di fantasmi sarà un romanzo gotico, o horror magari. Io, da lettore, posso solo ringraziare che mi sia agevolata la ricerca di nuove storie da leggere se sono appassionata di un particolare del genere.
      Ora, voi non siete mai entrati a colpo sicuro in libreria tuffandovi nel reparto del settore che più vi aggrada?
      Io la penserei più come una cosa meramente “pratica” che morale.

    • Daniele Imperi
      lunedì, 30 Settembre 2013 alle 21:00 Rispondi

      Ciao Francesca,

      graze intanto per aver svelato il tuo nonme :)

      Ti sembra di essere da un’altra parte? Non in senso positivo, a quanto ho capito.

      Parlo di questi argomenti perché a me piace riflettere su tutto. Hai ragione sui filoni e sui prodotti che vendono. Anche io mi ero fissato su questi, tanti anni fa, dopo aver letto La spada di Shannara e Il signore degli Anelli. Ma ora cerco altro. Mi reputo un lettore più maturo ed esigente.

      Non sei logorroica, ognuno commenta quel che ha da dire ;)

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