Il content marketing nell’era del “not provided”

Not provided
Cosa scrivete da quando su Analytics non vedete più le parole chiave con cui gli utenti loggati su Google arrivavano al vostro sito?

Sul mio blog Penna blu il not provided ha una percentuale di oltre il 75% delle visite totali: 3 utenti su 4 sono quindi loggati su uno dei servizi di Google quando arrivano al mio blog. Una bella percentuale, no?

Ho letto diversi articoli che propongono soluzioni per aggirare il problema o perfino per sbloccare il not provided. Detto tranquillamente, a me queste scappatoie non interessano.

Io scrivo per chi mi legge.

Anzi, sapete una cosa? Vorrei che Google eliminasse proprio la voce Keyword da Analytics e anche dagli Strumenti per webmaster: finalmente inizieremo tutti a scrivere per le persone.

Però oggi ho voluto fare una cosa: ho pensato ad alcune soluzioni, ma non per aggirare o sbloccare, bensì per imparare a creare contenuti. Leggiamole insieme.

Conoscere il mercato

Ecco, questa è la prima regola per qualsiasi progetto online. Conoscere il mercato include conoscere la materia che si tratta e in un progetto di copywriting significa anche conoscere gli obiettivi e le esigenze del cliente.

I mercati sono conversazioni.

La prima tesi del Cluetrain Manifesto è ben nota e credo possa essere interpretata in vari modi. Non c’è possibilità di miglioramento se non c’è ascolto e non può esserci ascolto se non c’è conversazione, appunto, dialogo fra azienda e professionista e fra azienda e cliente.

Conoscere gli utenti

Oggi i clienti sono confusi perché tempestati dalle “storie” dei prodotti, inondati di messaggi personalizzati – su ogni canale di comunicazione disponibile – con i complimenti per la scelta effettuata, con l’invito a visitare il sito e le altre offerte selezionate per lui, con un codice sconto valido per il prossimo acquisto. Cinzia Di Martino in H2H: la nuova frontiera del marketing

E tutto questo non significa scrivere contenuti per il proprio sito, lo sappiamo bene. Aziende che agiscono in quel modo non hanno capito l’importanza del content marketing.

Qual è la soluzione? Ce lo spiega Cinzia più avanti:

comunicazione semplice, genuina, umile, con alti e bassi: da persona a persona, da umano a umano (from human to human).

Questa è la soluzione. Se parliamo alle persone, possiamo conoscere le persone e capire cosa vogliono, quali sono le loro necessità, quali i problemi.

Usare il supporto clienti

Io penso che qualsiasi azienda e professionista debba avere un supporto clienti. Ma io lo intendo in ottica fidelizzazione. Mi spiego: io ti aiuto, ti do un consiglio, anche se non hai ancora comprato nulla da me.

In fondo, quando apriamo un blog come professionisti, non è esattamente questo che facciamo? Non siamo di supporto a chi ne sa meno di noi? A chi ha bisogno di uno stimolo, di riflettere su un tema? Di risolvere un problema?

Questa frase latina non esiste. L’ho creata a partire dalla famosa do ut des. Ma a me non piace troppo questa locuzione, perché indica un dare con l’intenzione di ricevere. Certo, se scrivi nel tuo blog, vorresti avere qualcosa in cambio: contatti da clienti, proposte di collaborazione da colleghi.

Ma se questo viene visto in funzione del content marketing, allora tutto cambia. Allora scriverai meglio e con più passione. Ma io sto divagando, eravamo al supporto clienti.

Che deducete dai problemi che hanno i clienti? Perché quei problemi sostituiscono in pieno le parole chiave nascoste dal not provided. Quando vi chiamano, prendete appunti al telefono. Segnate tutto ciò che dicono e poi elaboratelo. Avrete contenuti mirati da creare.

Riflettere sulle richieste di preventivo

Cosa chiedono? Perché i clienti, digiuni della materia che trattiamo, fanno richieste strane. Che poi tanto strane non sono, alla fine. Sono richieste imprecise, incomplete, prive della giusta terminologia.

Sono richieste, però, e provengono da precise esigenze. Da problemi da risolvere. Nessuno strumento online, per quanto eccezionale, potrà darvi più suggerimenti della persona in carne e ossa con i suoi quesiti da risolvere.

Sfruttare le newsletter

Su cosa cliccano maggiormente? Se usate un sistema di statistiche professionale, potrete tracciare i comportamenti dei vostri iscritti. Ci sono contenuti su cui cliccano di più.

Se usate l’email marketing, potrete analizzare i risultati delle conversioni e capire quale contenuto è stato più apprezzato.

Pubblicare sondaggi

Chiedete direttamente ai vostri utenti cosa vogliono. Lo consigliano in molti questo approccio al blogging. Ma può essere usato in qualsiasi contesto di produzione di contenuti.

Sì, come copywriter consiglierei a un cliente di creare un sondaggio. Attraverso una buona scrittura persuasiva possiamo invogliare gli utenti a parteciparvi.

Un sondaggio colloquiale, secondo me, è più efficace di un box anonimo in cui lasciare un voto. No, adesso le persone vogliono il dialogo con l’azienda, vogliono parlare. Essere partecipi, protagoniste.

Analizzare i segnali sociali

Tutti. Cosa chiedono nelle vostre comunità? Seguite i vostri fan su Facebook, seguite i vostri follower su Twitter e accerchiate i vostri fan su Google Plus. Dovete spiarli? No, dovete ascoltarli.

I mercati sono conversazioni.

E le conversazioni avvengono ovunque. Se siete tagliati fuori da quelle conversazioni, non riuscirete mai a creare contenuti utili per i vostri clienti.

Risorse

Jim Burch ha scritto un post interessante su Problogger, Life After Keywords (Not Provided): What’s Next For Bloggers?

Che cosa pensate del “not provided”?

Come ho già scritto, a me non ha cambiato nulla questa scelta di Google. Ma a voi? Vi ha creato problemi nella produzione di contenuti? Che altro potete aggiungere alla mia lista?

8 Commenti

  1. Francesco
    venerdì, 7 Marzo 2014 alle 11:03 Rispondi

    Anche a me non ha cambiato nulla, ma ad altri si: molti scrivono esclusivamente pensando al post perfetto in ottica SEO e concentrandosi poco sul cliente. Penso sia importante scrivere bene e far sentire il cliente sempre al centro di tutto.

    • Daniele
      venerdì, 7 Marzo 2014 alle 11:21 Rispondi

      Sì, è così. Anzi, quelli che si sono lamentati sono proprio quelli che non sapevano creare contenuti utili.

  2. Monia
    venerdì, 7 Marzo 2014 alle 11:08 Rispondi

    La tua fanta-frase “do ut discas” mi è stata d’ispirazione per un’altra “creazione”: do ut des… aliis
    Do a te affinché tu dia qualcosa a altri.
    E ne esistono tanti di “altri” a cui un’azienda potrebbe desiderare un proprio cliente si rivolgesse.

    Ti do qualcosa di unico, qualcosa che ti è realmente utile, che ti coinvolge, che ti piace, in modo che poi tu possa dare agli altri il tuo parere su di me. Opinione che a questo punto sarà naturalmente positiva.

    Ti do quello che altrove non trovi così tu alle altre imprese, mie concorrenti, non presterai particolare attenzione perché avrai impressa in testa l’ottima impressione che io ho fatto a te.

    Ti do quello di cui hai bisogno. Anche se a volte, almeno nelle prime battute, non coincide con ciò che vuoi. O che credi di volere. (Un po’ come quando, di fronte a richieste imprecise e magari anche controproducenti di clienti che sanno dove vogliono arrivare ma che non sanno che il modo in cui vogliono arrivarci li porterebbe altrove.) Ti do ciò che ti serve e tu in cambio che mi dai? L’onere ma soprattutto l’onore di essere sempre io a rispondere ai tuoi bisogni.
    Eh, rispondere. Per rispondere, che ci sia o non ci sia il “not provided” è sempre necessario che ascolti.

    • Daniele
      venerdì, 7 Marzo 2014 alle 11:24 Rispondi

      Bella anche la tua creazione :)
      Il percorso che hai fatto, con i vari “ti do affinché”, è proprio interessante e soprattutto vero.

      Come dici giustamente, se il “not provided” si estendesse a tutte le chiavi, ci sarebbe più ascolto. L’unica cosa che non deve mancare per creare contenuti.

  3. Daniele Carollo
    venerdì, 7 Marzo 2014 alle 12:57 Rispondi

    Ciao Daniele,

    voglio darti un punto di vista diverso, almeno credo.

    Forse per certi versi sono un po’ di parte, vista la mia passione per la SEO e il fatto che ultimamente mi occupo principalmente di questo. Ma oggi voglio risponderti solo in ottica content marketing, perché è di questo che stiamo parlando.

    Mi rifaccio a questa tua frase: ” Vorrei che Google eliminasse proprio la voce Keyword da Analytics e anche dagli Strumenti per webmaster: finalmente inizieremo tutti a scrivere per le persone.” Concetto sicuramente validissimo per chi utilizza questo dato solo per creare l’ennesimo contenuto ridondante di determinati parole chiave in base ai risultati analizzati.

    Ma il “not provided” se fosse “totalmente provided” come era una volta, sarebbe una spettacolare informazione anche in ottica content marketing. Conoscere le parole chiave che hanno generato visite al mio sito vuol dire (se si ha un minimo di capacità) anche capire cosa vogliono sapere i lettori e cosa stanno cercando. Sapere che gli utenti cercano “pinco pallino” e finiscono su un mio articolo, mi può dare lo spunto e la voglia di scrivere un fantastico contenuto sull’argomento pinco pallino, senza alcuna implicazione SEO. Si può trattare solo di un’informazione del tipo “chi è arrivato su quest’articolo, cosa aveva cercato? Quando ha digitato quelle parole chiave, probabilmente cosa voleva trovare? E l’articolo su cui è finito, ha risposto in maniera esaustiva alle sue (potenziali) domande?”

    Se sì, posso pensare a espandere l’argomento in maniera diversa o con ulteriori informazioni. Se no, ho già l’idea per un possibile articolo che fornisca ai lettori le risposte che stavano cercando. E in tutto ciò non c’è nulla di SEO, o meglio, c’è un utilizzo SEO moderno, di chi sta utilizzando le parole chiave non scrivere un altro articolo che ripeta 35 volte quelle parole per posizionarsi meglio, ma di chi sfrutta un’interessante informazione per creare un contributo interessante.

    D’altra parte, non è forse quello che fai quando parli di come sfruttare newsletter, sondaggi e preventivi?

    • Daniele
      venerdì, 7 Marzo 2014 alle 13:17 Rispondi

      Ciao,

      sì, ho capito cosa vuoi dire e hai ragione. Se il “provided” fosse usato in quel modo, allora avrebbe senso eccome. E sarebbe inerente il content marketing, perché usato in ottica utente e non SEO.

      Volevo essere un po’ provocatorio, perché ho letto parecchio scontento per quella decisione.

      Resta comunque da vedere se, approdando sul nostro articolo con quelle chiavi, ha trovato quello che cercava.

      • Daniele Carollo
        venerdì, 7 Marzo 2014 alle 13:29 Rispondi

        Beh, rimane comunque un’importante fonte d’informazioni lato SEO, è indubbio.

        Sulla tua ultima frase, è proprio quello a cui mi riferivo quando ho scritto “se sì…se no…”: se non ha trovato ciò che cercava, può essere lo spunto (sempre che ciò che cercava è di nostro interesse e può essere utile) creare un nuovo contenuto ad hoc. Ovviamente lì rientra l’abilità del comprendere l’intenzione iniziale di chi ha scritto su google, ma d’altra parte è anche la direzione che sta cercando di prendere google. Mi fermo, altrimenti ripartiamo coi guest post :)

        • Daniele
          venerdì, 7 Marzo 2014 alle 14:12 Rispondi

          Ecco, hai una cosa che sfugge a molti: “sempre che ciò che cercava è di nostro interesse e può essere utile”.

          Quanti si soffermano su questa questione?

          E per la lunghezza del commento nessun problema, scherzavo :D

Lasciami la tua opinione

Nome e email devono essere reali. Se usi un nickname, dall'email o dal sito si deve risalire al nome. Commenti anonimi non saranno approvati.