Il mio modello per scrivere una storia

Il mio modello per scrivere una storia

Quando ho incontrato una serie di problemi nella stesura di un lungo racconto, ho voluto prendere appunti per costruire una sorta di modello a cui attingere per le prossime storie. Uno schema che mi aiuti a far funzionare la storia da scrivere.

Si tratta di una serie di elementi che considero fondamentali all’interno di una storia, anche se esistono storie che difettano di uno o più di questi elementi e che si reggono in piedi ugualmente. Diciamo allora che sono elementi che a me piace trovare nei racconti e nei romanzi che leggo e che quindi voglio anche nei miei.

Idea

Considero l’idea un semplice appunto per una storia da sviluppare. Da tempo ormai ho smesso di affezionarmi alle idee. Col passare degli anni si sono accumulati file su file di idee per racconti e romanzi, ma senza nessuna nota aggiunta alla fine sono rimaste solo come titoli orfani.

Giorni fa ne ho cancellata qualcuna. L’idea per una storia, per me, è diventata nulla più dell’infatuazione del momento, come quando vedo una bella ragazza e poi passo oltre, perché non ci sarebbe alcuno sviluppo.

L’idea si accarezza mentalmente, quando giunge dalle insondabili profondità dell’io è come un panorama che lampeggi in un sogno a occhi aperti, senza il nome della località e nessun segreto da scoprire.

La lascio lì, qualche parola scritta su un documento o un pezzo di carta. Chissà che un giorno, rileggendo quelle parole, non si accenda qualcosa nel mio animo e inizi a lavorarci.

Un’idea non è una storia. Non lo sarà mai. Almeno finché l’autore non decida di trasformarla in una narrazione sensata.

L’abbozzo della trama

Che non è ancora una vera trama. È qualcosa che sta a metà strada fra l’idea e la trama vera e propria. Per passare alla trama devo ancora inserire e definire quegli elementi di cui ho parlato: perché sono loro, in fondo, che la influenzano.

Questo abbozzo mi serve per definire meglio l’idea, per avere la visione del messaggio – se ne voglio dare uno. Per concretizzare il contesto.

Quando ho avuto l’idea di R. (il romanzo breve di fantascienza), ho buttato giù alcuni appunti su carta, poi ampliati su un file. Poche frasi, che abbozzavano, appunto, la storia. Ma nessuna trama, ancora, nessun personaggio. C’era solo il tema che volevo affrontare.

Scelta del protagonista

Perché è chi porta avanti la storia. È il personaggio più importante. In R. il protagonista è abbastanza inusuale come personaggio, ma in quella storia per forza lui devo usare. È su quel tipo di personaggio che si basa tutto.

L’ho subito immaginato nella mia mente, ne ho immaginato il carattere, in parte le sembianze. E per lui volevo un nome che nella mia testa suonasse simpatico (è un personaggio buono).

Scelta dei nomi e del linguaggio

Come sapete, coi nomi sono fissato. Faccio ricerche su ricerche finché non sono soddisfatto. In questo caso ho scelto nomi di un paese estero europeo – e c’è un motivo preciso dietro questa scelta, che solo in parte ha a che fare con l’ambientazione – e ho quindi rovistato nel web fin quando non ho trovato siti autorevoli – scritti in quella lingua – che fornivano sostanziosi elenchi di nomi maschili e femminili.

Io non amo gli accenti nelle parole italiane, ma nei nomi stranieri, se ci vanno, mi piacciono molto, perché contribuiscono, almeno nella mia mente, a definire l’ambientazione e a dare un tocco esotico alla storia.

È stata subito evidente la difficoltà di scrivere alcuni di quei nomi, che prevedono segni e accenti anche nelle consonanti. Copiare e incollare ogni volta è un processo lungo, ma per fortuna ho scoperto la funzione “Opzioni di correzione automatica” nel menu Strumenti. E ora basta che scrivo il nome del personaggio, in minuscolo e senza accenti, che all’istante si trasforma nella giusta traslitterazione.

Poi è arrivato il problema del linguaggio. Dello stile di scrittura. Questa è un’altra mia fissazione: ogni storia per me deve essere scritta con lo stile più congeniale. In questa storia, come ho scritto nel post sui problemi del punto di vista, ho usato la terza persona, immersione lieve e profonda.

Ma in realtà mi sono accorto che in alcuni capitoli devo usare il narratore onnisciente, là dove non compare il protagonista. Mi serve per creare più distacco su quei personaggi.

Problemi da affrontare

Non c’è storia senza qualche problema lungo la strada. I problemi fanno parte della vita di tutti i giorni, quindi anche i nostri personaggi devono trovarne e affrontarli.

Quando mi sono accorto che nel racconto L.U.C. i personaggi se la cavavano con poco, mi sono fatto uno schema dei punti principali della storia, così da vederla nel suo insieme e migliorarla.

Nell’abbozzo della trama non inserisco ancora i problemi: quella è solo una traccia. Ma adesso io riprendo quella traccia e studio il problema più logico che si può presentare al mio protagonista per arrivare alla meta. In una storia, come nella vita, esistono un macroproblema principale e tanti microproblemi.

Il nemico

Ovvero l’antagonista. Nel mio R. l’ho subito individuato. È terribile spietato, temuto da tutti. Antagonista e macroproblema coincidono? Non sempre. Nella mia storia non coincidono. L’antagonista deve morire? Dipende. Non è detto.

Non credo che debba esserci per forza un nemico in una storia. Quando abbiamo un problema da risolvere, non c’è sempre un assassino sotto casa che ci aspetta, no? Quindi la scelta di inserire o meno un antagonista dipende essenzialmente dalla storia.

L’amico

Me l’ha fatto notare la mia lettrice beta nella storia L.U.C.: i miei personaggi non potevano fare tutto da soli. Avevano bisogno dell’aiuto di qualcuno. E aveva ragione, non avevo considerato l’enormità della loro missione. E così ho dovuto modificare e aggiungere dei brani. E dei capitoli.

In R. ho scoperto subito chi poteva essere un amico. Ma anche in questo caso potrebbe venire da chiederci: il protagonista ha bisogno davvero di un amico?

Difficile da rispondere. Ma forse sì. Lo chiamiamo in senso generico amico, ma può essere anche uno sconosciuto che aiuta il personaggio o qualcosa di simile.

Prendete La strada di McCarthy, romanzo o film, quello che volete. Lì il macroproblema era il mondo senza più risorse né cibo. Il nemico erano le bande che imperversavano in cerca di vittime. I microproblemi erano il freddo, il rifugio per la notte, ecc. E l’amico? Non ho visto amici, non c’erano. Anche se alla fine…

Quindi, in un certo senso, un amico c’è sempre, a differenza di un nemico.

Metodi futuri per scrivere una storia

Impiegare, dopo aver avuto l’idea e appuntato l’abbozzo della trama, due o tre giorni per immaginare quella storia nella testa. Figurarmi l’ambientazione, i personaggi, le difficoltà. Individuare i punti salienti della storia.

Una sorta di film girato nella mente ancor prima di scriverlo. Vedremo se funzionerà o, almeno, se mi faciliterà le cose.

E voi avete un metodo che seguite, quando scrivete?

40 Commenti

  1. Emanuela
    giovedì, 6 Ottobre 2016 alle 9:05 Rispondi

    Complimenti per l’articolo! Io pure considero tutti questi aspetti se voglio scrivere qualcosa oppure li cerco nel romanzo o racconto che leggo. Per me è essenziale che vi sia un conflitto che il protagonista deve risolvere, qualcosa che lo porterà inevitabilmente a un cambiamento. Spesso però noto che in molti romanzi questo cambiamento non c’è, e difatti faccio fatica a leggerli.

    • Daniele Imperi
      giovedì, 6 Ottobre 2016 alle 13:22 Rispondi

      Grazie. Cerco anche io di trovare questi elementi quando leggo i romanzi. Il cambiamento non c’è sempre, infatti. In Suttree di McCarthy manca, ma a me è piaciuto lo stesso. Manca anche nel romanzo giapponese Io sono un gatto di Soseki. Mi capita raramente di non trovarne.

  2. Tiziana
    giovedì, 6 Ottobre 2016 alle 9:35 Rispondi

    Grazie. Molto utile il tuo metodo.

    • Daniele Imperi
      giovedì, 6 Ottobre 2016 alle 13:23 Rispondi

      Bene, mi fa piacere :)

  3. ombretta
    giovedì, 6 Ottobre 2016 alle 10:15 Rispondi

    Anch’io uso un metodo simile e inserisco sempre un personaggio che aiuta o consiglia il protagonista. Mi piace trovare queste figure di supporto anche nei romanzi che leggo e nei film.
    Pensavo di essere la sola con la fissazione per i nomi :-)

    • Daniele Imperi
      giovedì, 6 Ottobre 2016 alle 13:24 Rispondi

      Io do parecchia importanza ai nomi. In fondo una storia è fatta di personaggi e quindi i nomi servono per caratterizzarli, ma anche per ricordarli. Tu uno come Attila lo chiameresti Beniamino? :D

      • Nani
        giovedì, 6 Ottobre 2016 alle 16:42 Rispondi

        Guarda che Attila, in lingua gota, voleva dire “piccolo padre”. Figurati se lo chiamavano Grande padre, che succedeva! :D

        • Daniele Imperi
          giovedì, 6 Ottobre 2016 alle 16:57 Rispondi

          Ops, che figuraccia! :D
          Dovevo ricordarmi che c’era un’esperta di Goti nel blog…
          Ho visto che Beniamino significa “figlio prediletto”: quindi li ho accoppiati bene i due :)

          • Nuccio
            sabato, 8 Ottobre 2016 alle 12:10 Rispondi

            Dipende da chi guarda. Piccolo padre o flagellum dei? Tutto è relativo.

          • Nani
            martedì, 11 Ottobre 2016 alle 2:45 Rispondi

            :D
            Come hai ragione! E allora passerei ad un’altra considerazione: la potenza del nick name.

            • Daniele Imperi
              martedì, 11 Ottobre 2016 alle 8:21 Rispondi

              Ma dici per i personaggi o per l’autore?

  4. Roberto
    giovedì, 6 Ottobre 2016 alle 10:19 Rispondi

    C’è una parte pianificata e una parte che sopraggiunge inaspettata… Problemi, microproblemi ma anche backstory che, prima o poi, vanno affrontate per evidenziare meglio e, rendere plausibili, i rapporti tra i personaggi.
    Per quel che mi riguarda, mi lascio prima trascinare dall’istinto, poi approfondisco, scoprendo sottomondi.

    • Daniele Imperi
      giovedì, 6 Ottobre 2016 alle 13:26 Rispondi

      Sì, le parti inaspettate finiscono sempre per arrivare, ma credo capiti a tutti.

    • Pietro 57
      mercoledì, 26 Ottobre 2016 alle 23:53 Rispondi

      ,L’istinto in uno scrittore è una cosa molto buona, indubbiamente, su questo non ci sono dubbi,ma
      come tutte le cose buone, anche l’istinto deve essere indirizzato nella giusta direzione. Possiamo paragonarlo a un cavallo che può avere due personalità: quella selvaggia e quella di razza. Ora se lasciamo che il nostro istinto sia selvaggio e imprevedibile allora potremmo avere seri problemi nella narrazione, mentre se esso è di razza, cioè più calmo e riflessivo, di certo avremo dei chiari benefici da esso mentre scriviamo. Di solito in ognuno di noi prevale quasi sempre l’istinto selvaggio, quello senza freni e con la fantasia che gira a mille chilometri orari, ma esso non ci permetterà mai di avere dei limiti e dei confini, se lo lasciamo a briglia sciolta. Se invece lo dominiamo con una certa autorevolezza allora l’istinto sarà per noi un valore aggiunto, direi quasi fantastico che ci aiuterà molto nell’ideare una trama e nello scrivere di un qualsiasi soggetto. Avere istinto è un valore aggiunto, che non in tutti gli scrittori è naturale, ma viene in molti coltivato. Ma bisogna ricordarsi di dargli il giusto freno, con equilibrio e ragionevolezza, sarà così per noi scrittori un aiuto eccellente per le nostre storie. E decisamente non è per niente poca cosa, ma è qualcosa di veramente ottimo, se ce l’hai complimenti a te.
      Vi saluto.

  5. Stefania Crepaldi
    giovedì, 6 Ottobre 2016 alle 10:53 Rispondi

    Sono fortemente convinta che ogni scrittore debba sviluppare un proprio modello, come l’hai definito tu, Daniele. Tutta la mia filosofia sulla progettazione narrativa si basa proprio sulla necessità di aiutare gli scrittori ad avere le idee chiare su tutto ciò che può essere utilizzato per la scrittura narrativa. Poi ogni autore sarà libero di scegliere e valutare ciò che gli serve per il suo caso specifico, selezionarlo e dare il via alla scrittura dopo aver progettato accuratamente le componenti.

    • Daniele Imperi
      giovedì, 6 Ottobre 2016 alle 13:28 Rispondi

      Questo infatti è il mio, che col tempo voglio perfezionare. Ognuno deve trovare la propria strada, il metodo che più lo aiuta.

  6. Emilia
    giovedì, 6 Ottobre 2016 alle 11:24 Rispondi

    Non ricordo chi abbia detto che scrivere è come costruire un palazzo, le fondamenta sono l’idea, i balconi la fantasia.

    • Daniele Imperi
      giovedì, 6 Ottobre 2016 alle 13:29 Rispondi

      Questa non l’ho mai fantasia. Ma a proposito di palazzi avevo idea di scrivere un post che ne parlava :)

  7. Bonaventura Di Bello
    giovedì, 6 Ottobre 2016 alle 12:48 Rispondi

    Il problema dei nomi non è secondario, infatti bisogna fare attenzione, almeno nei romanzi che hanno un’ambientazione storica riferita a una certa epoca, che i nomi scelti siano effettivamente plausibili per tale periodo storico. A proposito dell’ambientazione, nella tua descrizione del metodo non fai menzione specifica di questo aspetto, ma nella fase di progettazione mi pare sia fondamentale. A quale punto della progettazione lo affronti, per curiosità?

    • Daniele Imperi
      giovedì, 6 Ottobre 2016 alle 13:32 Rispondi

      Hai ragione, ogni epoca ha i suoi nomi. Qui ci aiutano i classici e le varie fonti storiche.
      L’ambientazione mi viene con l’idea e l’abbozzo della trama. Non ne ho accennato, infatti. Forse perché questo è più uno schema che uso per scoprire se funziona tutto.

  8. Luisa
    giovedì, 6 Ottobre 2016 alle 17:30 Rispondi

    Mi hai preceduta, volevo farti una domanda riguardoi nomi, per me è un problema e infatti uno dei personaggi l’ho chiamato con un nome di un paese estero

    • Daniele Imperi
      giovedì, 6 Ottobre 2016 alle 17:44 Rispondi

      Che problema ti dava quel nome?

      • Luisa
        giovedì, 6 Ottobre 2016 alle 22:53 Rispondi

        Intendo dire che quando devo mettere il nome al personaggio nasce l’indecisione e non so che nome mettergli, sicuramente un nome vale l’altro o no? C’è una regola in merito alla scelta dei nomi dei vari personaggi?

        • Daniele Imperi
          venerdì, 7 Ottobre 2016 alle 8:21 Rispondi

          No, un nome non vale un altro. Come dicevo prima a Nani, non puoi scegliere un nome simpatico per un assassino brutale. Il nome deve suonare bene, adattarsi perfettamente al personaggio e a ciò che rappresenta.

          • Luisa
            venerdì, 7 Ottobre 2016 alle 13:36 Rispondi

            Ah… quindi probabilmente è per questo che a livello intuitivo ci penso tanto a scegliere i nomi dei personaggi, bisogna fare uno studio anche sui nomi, la cosa si complica :-( le difficoltà fanno crescere
            Grazie Daniele

        • Pietro 57
          mercoledì, 26 Ottobre 2016 alle 23:18 Rispondi

          I nomi dei personaggi di una storia sono sempre importanti, come sono importanti tutti
          i vari componenti che andranno a formare un racconto o un romanzo. Per scegliere i nomi ci vuole impegno come per ogni altra parte della scrittura. Ma in questa scelta
          non bisogna farsi prendere dall’esagerazione o dall’ossessione del “nome appropriato a tutti i costi” non essendo mai contento del nome successivo o addirittura impiegando
          un tempo esagerato per tale decisione, a volte arrivando a una scelta che nemmeno ci
          soddisfa pienamente. Tutto questo potrebbe danneggiarci invece di spronarci a continuare il nostro lavoro, convincendoci inconsciamente che essendo il nome non
          appropriato secondo noi la storia stessa sarebbe in partenza già sbagliata o co-
          munque penalizzata da quel nome che abbiamo scelto, ma che ci pare inappro-
          piato.
          Sono stati dati vari consigli sulla scelta del nome da dare ai personaggi. E ognuno
          di noi può decidere se adoperarli oppure no. Il punto veramente importante è questo:
          “un nome non deve mai essere esageratamente e vistosamente inadeguato per la
          storia che si scrive”. Perché questo vorrebbe dire che lo scrittore o scrittrice non
          ha svolto un lavoro accurato. Mi spiego con un esempio. Immaginiamo di scrivere
          una storia su di una contadina che alleva galline. Non chiameremo la donna mai
          “Carla Gallinacci” o “Maria Galli” o “Gloria Allevatrice” e simili. Il nome andrebbe bene ma il cognome è poco consigliato. Perché il cognome si scontrerebbe con altri nomi
          che si assomigliano o sono della stessa famiglia di altri nomi simili. Passiamo ad un’altro esempio. In un romanzo poliziesco non chiameremo mai il poliziotto più
          bravo “Antonio Volponi” perché anche in questo caso il cognome enfatizzerebbe con
          un suo significato di “furbastro molto intelligente” la già citata bravura del protagoni-
          sta. E lo renderebbe quasi ridicolo.
          Passiamo alla sostanza. A mio parere un nome è si importante,ma non troppo.
          Mi spiego. Gli si deve dare la giusta ed equilibrata importanza che merita, nulla di più e nulla di meno. Ma come si fa a stabilire tale importanza? Osservando con attenzio-
          ne il ruolo che è affidato loro nella storia. I nomi più importanti sono quelli del prota-
          gonista principale, che sia uno o una o più personaggi che lo fanno. Poi vengono i
          personaggi secondari e dopo di loro tutti gli altri personaggi meno importanti. Ora pa-
          siamo al vero dilemma che in verità non ha nulla nè di drammatico e né di compli-
          cato. Come faccio a dire che questo nome è più importante o più appropriato di
          questo o di quello? Sarà solo ed esclusivamente lo scrittore a stabilirlo e nessun
          altro. Quindi se lo scrittore pronuncia il nome per il suo personaggio e sente che
          il nome Maria non và bene e quello di Mariarosa gli piace di più, gli mettera il secondo e non il primo. Ecco fatto, il nome è scelto e la storia può continuare senza
          inutili intoppi.
          Bisogna ricordare che in una storia non sono i nomi che rendono grandi e famo-
          si i personaggi che li portano, ma è esattamente il contrario, sono i personaggi che
          renderanno famosi con le loro gesta i loro nomi. E un nome diventa importante solo
          dopo che il personaggio che lo porta è diventato importante, mai prima. Quindi la
          scelta di un nome non deve essere mai un problema. Certo ci vuole un pò di ragio
          nevolezza nella scelta, tenendo conto dei vari aspetti già citati , come l’ambiente e
          l’anno temporale dove viene sviluppata la storia, se questa non appartiene ai nostri
          giorni e vari altri accorgimenti che in seguito potrei suggerirvi, per il resto basta che
          un nome suoni bene ai vostri orecchi e il gioco è fatto. Concentrarsi sul personaggio
          è molto più importante che concentrarsi per il suo nome, perché mentre il nome dato
          si può sempre cambiare durante la stesura del testo, cambiare il personaggio diventa
          già molto più difficile. Un errore sul nome ce lo possiamo permettere, un errore sul
          personaggio è meglio non farlo.
          Si deve trovare un nome a un personaggio? I tempi possono essere diversi da
          uno scrittore all’altro,o da una scrittrice all’altra. Ma non devono mai essere troppo
          lunghi. Possono andare da pochi minuti a poche ore o al massimo una giornata, no
          di più.Se il nome non lo sentite vostro lasciate perdere per qualche tempo e usate un
          “nome di passaggio” che potrete cambiare in seguito, e continuate la vostra scrittura
          come se nulla fosse, in seguito potrete ripensarci e sceglierne uno diverso che senti
          te più adatto al personaggio che lo porta. Forse facendo così vi verrà più facile tro-
          vare un nome adatto. Io quando scrivo per tutti i miei personaggi trovo un nome in
          breve tempo, massimo due o tre ore di lavoro. Nomi che posso “migliorare” o cam-
          biare, accorciare o allungare, eccetera, durante la stesura del testo o alla sua prima
          o seconda o terza revisione, o quando meglio mi pare. E i nomi che trovo mi soddi-
          sfano sempre. Mi auguro che possa essere così anche per voi.
          Cordiali saluti.

  9. Andrea
    giovedì, 6 Ottobre 2016 alle 21:28 Rispondi

    Leggendo il tuo metodo mi sono accorto di essere molto carente in un punto. Ogni storia deve avere il suo stile di scrittura hai detto. Cavoli se è vero, e cavoli se è difficile cambiare stile, perché il mio stile è il mio stile. Bisognerebbe lasciarsi appunto guidare dalla trama, ma questo credo sia solo un effetto dell’esperienza. Una domanda: ma tu conosci già tutto (o quasi) della tua storia, o c’è una buona parte che preferisci scoprire scrivendo? A me piace molto questo lato della scrittura, ovvero quello di sorprendere se stessi con gli sviluppi inaspettati di ciò che si scrive e mentre lo si fa.

    • Daniele Imperi
      venerdì, 7 Ottobre 2016 alle 8:18 Rispondi

      Secondo me si sente sempre lo stile dell’autore in ogni suo libro. Cambia il linguaggio, più che lo stile. Non saprei come spiegarlo, ma per me non puoi scrivere un horror come scriveresti una storia sentimentale.

    • Luisa
      venerdì, 7 Ottobre 2016 alle 13:43 Rispondi

      Si! Una storia prende Il “sapore” di ciò che si vuol mettere in luce , anche una storia tragica può essere raccontata in modo quasi divertente o viceversa, quindi l’autore dovrebbe chiedersi : cosa di questa storia voglio trasmettere al lettore? il successo è quando riesci a trasmettere ciò che veramente vuoi che riceva, anche quì è un qualcosa che va da te a lui/lei

    • Pietro 57
      giovedì, 27 Ottobre 2016 alle 0:17 Rispondi

      Avviso: stavo scrivendo intorno allo “stile” di uno scrittore e allo “stile” letterario quando all’improvviso lo scritto è scomparso dal tuo riquadro. Ora non ho tempo. Devo scrivere per me. Spero non sia un problema del sito. Ti saluto cordialmente.

  10. Simona
    sabato, 8 Ottobre 2016 alle 11:01 Rispondi

    Ma se le accumuli, le idee, forse è perché non te ne attrae una in particolare. In caso contrario continuerebbe a ballarti in testa, giorno e notte,

    • Daniele Imperi
      lunedì, 10 Ottobre 2016 alle 8:07 Rispondi

      Accumulo idee perché mi vengono in mente e le metto in cantiere. Non posso trasformarle tutte in storie in un attimo.

  11. Lucia Paolini
    martedì, 11 Ottobre 2016 alle 11:51 Rispondi

    I nomi…i nomi per me sono sempre un problema…mi rendo conto della loro forza e apprezzo tantissimo i nomi che abbiano un senso nella storia. In generale, quando leggo, se un nome non mi “attrae” o non mi colpisce in qualche modo, mi rendo conto che non lo “leggo”, lo “vedo” e basta. Riconosco il personaggio dall’immagine dei caratteri che formano il nome, ma di fatto non lo leggo e non lo memorizzo come suono, ma solo come immagine.

    • Daniele Imperi
      martedì, 11 Ottobre 2016 alle 12:12 Rispondi

      Mi succede più o meno lo stesso. Ai nomi bisogna dedicare tempo e scegliere quello più adatti ai personaggi.

  12. Anna
    giovedì, 13 Ottobre 2016 alle 0:02 Rispondi

    Ciao! Sono un’utente molto giovane che deve ancora raggiungere i quindici anni (ma che scrive da quando ne ha quattro), seguo il tuo blog da un certo periodo di tempo e ho colto in questo post un pretesto per ringraziarti; gli spunti di riflessione in ciò che scrivi mi aiutano sempre parecchio con le mie storie e spesso sono una traccia valida per fare ordine in testa, se così si può dire.
    E fra l’altro, anche io impiego moltissimo tempo a trovare i nomi più adatti ai miei personaggi, perché sono abbastanza fissata con le etimologie!

    • Daniele Imperi
      giovedì, 13 Ottobre 2016 alle 8:33 Rispondi

      Ciao Anna, benvenuta nel blog. Anche io sono fissato con le etimologie e ogni tanto me ne servo per trovare info o parole nuove, ma vanno anche bene per cercare il nome giusto a un personaggio.

  13. Mrs. Plonery
    martedì, 25 Ottobre 2016 alle 23:31 Rispondi

    Il metodo per scrivere una storia… di solito arriva prima il personaggio, il protagonista. Poi gli appunti per abbozzare la sua vicenda. Quindi una riflessione, la maturazione finché – prima nella testa – la trama si annuncia quasi per intero. La scrittura dopo, dopo tutto questo.

    • Daniele Imperi
      mercoledì, 26 Ottobre 2016 alle 8:22 Rispondi

      Ciao Mrs. Plonery, benvenuta nel blog. In alcuni casi anche per me arriva prima il personaggio. Nelle ultime due storie che sto portando avanti, invece, è arrivata prima la situazione.

  14. Pietro-57
    mercoledì, 26 Ottobre 2016 alle 4:14 Rispondi

    Rispondo a: “Il mio modello per scrivere una storia”.
    Inizio col darti i miei saluti, dato che è da un pò di tempo che non mi facevo vivo, e mi scuso per l’assenza.
    Detto ciò, inizio col dire che ogni scrittore deve trovare un suo modello personalissimo per inizia-
    re a ideare un racconto, lungo o corto che sia, o un romanzo. Dopo “aver trovato il suo metodo”
    credo che sarà come dice il proverbio: “chi bene inizia è già a metà dell’opera”. Naturalmente
    si possono imitare anche i modelli di cui sentiamo parlare un pò ovunque così come stiamo
    facendo noi qui. Reputo che “ogni modello” che ognuno adopera per scrivere possa andare
    bene se “porta a dei risultati lodevoli e concreti”, ma se ciò non succede lo scrittore deve
    abbandonare subito “il metodo che non porta frutti” e cercare subito di adottarne uno nuovo,
    che dia i frutti sperati.Soprattutto non fissiamoci con i modelli che usavano i grandi scrittori
    del passato o che usano quelli moderni. Se il loro modello ci pare piacevole e ci è utile nel
    dare alla luce un bel racconto o romanzo allora possiamo usarlo a piacimento, ma se non
    ci serve a molto allora abbandoniamolo di corsa, per non rimanere impantanati come nelle
    sabbie mobili e impossibilitati ad andare avanti.
    Passiamo ora sul concreto. Io personalmente ho sviluppato “un mio modello per scrivere
    una storia”. Ma prima vorrei ricordarvi che lo scrittore o scrittrice che sia deve fare molta
    attenzione a un aspetto di vitale importanza sia per un racconto che per un romanzo. Di
    cosa si tratta? Sto parlando “della passione”, si lo scrittore deve essere avvinto e amare
    quello che sta per scrivere. e lo deve desiderare molto. Così si inizia con la giusta “spinta”
    e con la giusta “attitudine mentale”. Quindi io quando mi accingo a scrivere valuto ciò che
    in quel momento mi piace molto (i motivi in ognuno di noi sono soggettivi). Ipotizziamo che
    in quel momento mi piace, per scelta o per interesse vario, il genere letterario della Fanta-
    scienza. Quindi definisco la mia passione e decido di scrivere un racconto su tale genere.
    Mi faccio girare in testa le letture fatte di tale genere, i film che ho visto, le discussioni
    avute sull’argomento, insomma ogni cosa che sappia di fantascienza O di qualsiasi altro
    genere letterario su cui ho deciso di scrivere. Se non conosco l’argomento posso fare le mie
    dovute ricerche mirate per conoscere bene l’argomento specifico che andrò ad affrontare.
    Fatto questo farò attenzione affinchè la mia storia non scopiazzi altre storie già scritte,
    sarebbe imbarazzante sentirsi dire da qualcuno che “è già stata scritta”. Poi con tutto questo
    pensare alla fantascienza nasce la storia che andrò a scrivere. La trama della storia che
    vado a progettare inizialmente è molto semplice.Ecco un esempio: “Quattro astronauti partono
    dalla terra per andare a esplorare la Luna. Mentre stanno per atterrare sulla Luna succede un imprevisto. La loro navetta spaziale viene risucchiata dal vortice provocato da un ammasso di
    Asteroidi impazziti nello spazio, che trascinano nella loro scia la navetta. Poi dopo una breve folle corsa uno dei tanti frammenti di asteroide colpisce la navetta che esce dal gruppo e
    viene scaraventata nello spazio infinito con gran velocità e senza più una meta precisa”. Come
    vedete applicando questo metodo semplice e lineare ho iniziato ad ideare una trama mentre
    stavo scrivendo adesso. E poi si può continuare… Reputo che dopo aver scelto il genere lette-
    rario da scrivere la Trama sia per me la cosa più immediata da ideare. anche se è solo
    abbozzata o appena accennata. I particolari li esamino e li invento poi su ciò che ho già ideato
    allargando la trama fino a renderla completa nel suo “insieme generico”. I particolari li invente-
    rò in un secondo momento. Specifico che la Trama è ancora generica e informe, ma che mi
    dà lo spunto per continuare e poi allargarmi man mano che le idee mi vengono. Questo è
    un mio inizio. Io lo trovo molto prolifico e pratico. Spero possa essere utile a qualcuno di
    voi.Per me lo è stato, e anche molto.
    Vi saluto cordialmente.

    • Daniele Imperi
      mercoledì, 26 Ottobre 2016 alle 8:24 Rispondi

      Ciao Pietro, sono d’accordo che ciò che vuoi scrivere ti debba piacere molto, altrimenti non riuscirai a dare il meglio di te nella scrittura.

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