L’intelligenza artificiale è un pericolo reale per la scrittura?

L’intelligenza artificiale è un pericolo reale per la scrittura?

La risposta più immediata e non troppo scontata è sì. L’intelligenza artificiale sta scrivendo al posto nostro: ci sono già stati licenziamenti in alcune aziende, che si servono ora dell’IA per scrivere articoli e altri contenuti per il web.

Qualcuno sostiene che è il progresso, che in fondo anche nell’agricoltura l’avvento dei macchinari ha fatto sparire molti lavoratori, soppiantati appunto da trebbiatrici e altri mezzi che hanno velocizzato i lavori in campagna, facendo risparmiare denaro nel lungo termine.

Il paragone è condivisibile, anzi corretto?

La risposta per me è no.

Mentre i lavori agricoli e industriali in generale sono di natura per lo più “fisica”, la scrittura è un’attività intellettuale, dunque prevede in massima parte la mente umana nello sforzo principale.

La sottovalutazione della scrittura

La scrittura – non come forma d’arte, ma come attività lavorativa – è sottovalutata da molti anni.

Quando realizzavo siti, le aziende pensavano ai testi dopo la creazione del sito, non prima, un fatto che mi aveva sempre meravigliato. Non c’era verso di far capire loro che i testi erano più importanti dell’aspetto grafico.

Con l’introduzione di piattaforme di intelligenza artificiale, come ChatGPT, molti ne hanno approfittato e quelle piattaforme sono ora in crescita. Una prova in più di come la scrittura sia sottovalutata.

L’attività di scrittura

Come prodotto dell’intelletto, l’attività di scrittura non è la mera azione di comporre parole e frasi, ma comporta la formulazione di concetti, lo sviluppo di idee, l’inserimento di opinioni e giudizi personali che nessun’intelligenza artificiale può fornire.

Nella scrittura di un testo – di un qualsiasi testo, sia esso un articolo per un blog o un comunicato stampa o la semplice descrizione di un prodotto – c’è una precisa volontà da parte di chi scrive: quella di sensibilizzare e stimolare il pubblico, per esempio, o di meravigliarlo e stupirlo, o di educarlo o istruirlo.

Volontà, appunto, che non è propria dell’intelligenza artificiale, basata invece su un enorme database di testi da cui preleva le informazioni in base alle richieste dell’utente.

Non è così che funziona la scrittura.

Possiamo accomunare il database di cui si serve l’intelligenza artificiale al cervello umano, e possiamo affermare che anche noi, quando scriviamo, analizziamo inconsciamente e automaticamente il nostro sapere per scrivere un testo in base agli obiettivi che abbiamo scelto.

Questa è solo la fase “meccanica” della scrittura. In realtà noi scegliamo le parole giuste, cerchiamo sinonimi per non essere ripetivi o per trovare il termine più appropriato, creiamo metafore, parallelismi, facciamo del sarcasmo quando occorre, una battuta per rendere meno noioso un testo, controlliamo di aver sviluppato a fondo l’idea.

Ragioniamo sul testo che stiamo scrivendo. La scrittura è il prodotto di un ragionamento.

È questa l’enorme differenza fra l’intelligenza umana e quella artificiale.

La parola a ChatGPT

«L’intelligenza artificiale può sicuramente rappresentare una minaccia per alcuni aspetti della scrittura» ha risposto ChatGPT alla mia domanda “L’intelligenza artificiale è un pericolo reale per la scrittura?”, aggiungendo che «c’è il rischio che l’IA possa sostituire gli scrittori umani, generando autonomamente contenuti di qualità sempre maggiore».

«Tuttavia» ha scritto poi «è improbabile che l’IA possa raggiungere lo stesso livello di creatività e originalità dell’essere umano, almeno per il momento».

Per il momento.

Usare ChatGPT per scrivere rende pigri

Oggi sono in molti a consigliare l’uso dell’intelligenza artificiale per scrivere. Può senz’altro essere utile per trovare qualche idea, perché in pochi secondi svolge lo stesso lavoro di altre piattaforme, ma genera testi mediocri, senza umanità, freddi, banali.

Secondo altri possiamo creare testi con l’intelligenza artificiale e poi revisionarli – leggi: riscriverli praticamente da capo. Ma allora tanto vale scriverli per conto nostro.

Usare ChatGPT e altre piattaforme di intelligenza artificiale rende pigri. Abbiamo già visto come l’abuso di certa tecnologia ha reso più pigre le persone. Anni e anni di testi striminziti e abbreviati sui social media hanno acuito l’analfabetismo funzionale.

C’è stata, e c’è tuttora, una disabitudine alla scrittura e alla lettura. L’intelligenza artificiale non farà altro che peggiorare questa tendenza.

L’intelligenza artificiale può generare testi con false informazioni

Sì, ChatGPT può talvolta creare testi con informazioni false – come potete scoprire nell’articolo “Conversazioni di scrittura con l’Intelligenza Artificiale” sul blog «WebNauta».

Ho deciso di fare anche io delle prove e ho chiesto a ChatGPT: “Qual è l’ultimo romanzo di Cormac McCarthy?” ed ecco la risposta:

L’ultimo romanzo di Cormac McCarthy è “The Passenger”, pubblicato nel 2021. Tuttavia, è importante notare che il romanzo è stato pubblicato sotto lo pseudonimo di “Benjamin Black”.

Doppiamente falso. The Passenger è stato pubblicato nel 2022 e con il vero nome dell’autore; “Benjamin Black” è lo pseudonimo dello scrittore irlandese John Banville.

Ci ho riprovato e ho chiesto a ChatGPT: “Qual è l’ultima opera di Filippo Tommaso Marinetti?”. Ed ecco la risposta:

Filippo Tommaso Marinetti è morto nel 1944 e la sua ultima opera pubblicata durante la sua vita è stata “Teoria e invenzione futurista”, pubblicata nel 1933.

Doppiamente falso. Marinetti sarebbe stato 11 anni senza pubblicare nulla? Dopo il 1933 ha pubblicato altre 16 opere. Teoria e invenzione futurista è un’antologia di testi futuristi uscita postuma, pubblicata da Mondadori nel 1968.

Non soddisfatto, ho voluto porre a ChatGPT una domanda a trabocchetto chiedendo: “Edgar Allan Poe a che età ha scritto il racconto “Catalessi”?”. E da ChatGPT è arrivata questa risposta:

Edgar Allan Poe ha scritto il racconto “Catalepsy” (in italiano “Catalessi”) intorno al 1836-1837, quando aveva circa 28-29 anni. Tuttavia, va precisato che il racconto “Catalepsy” non è stato pubblicato come una storia a sé stante, ma come parte di un romanzo intitolato “The Narrative of Arthur Gordon Pym of Nantucket”, pubblicato nel 1838. “The Narrative of Arthur Gordon Pym of Nantucket”è stato l’unico romanzo completo di Poe.

Triplamente falso.

  1. Poe non ha mai scritto un racconto intitolato “Catalepsy”;
  2. essendo nato a gennaio 1809, nel 1836-1837 aveva 27-28 anni;
  3. nel romanzo non compare mai la parola catalepsy. Di fatto quel romanzo non ha nulla a che vedere con la catalessi.

L’intelligenza artificiale è un pericolo reale per la scrittura? Altroché se lo è!

20 Commenti

  1. Marco Freccero
    giovedì, 16 Marzo 2023 alle 7:30 Rispondi

    Un’intelligenza del tutto incapace di relazioni umane, autentiche, è solo un ammasso di informazioni. Di questo si tratta. Chi batte le mani acriticamente farebbe a chiedersi che idea ha di sé e degli altri.

    • Daniele Imperi
      giovedì, 16 Marzo 2023 alle 14:08 Rispondi

      Ammasso di informazioni è la giusta definizione. Infatti lasciar scrivere un’intelligenza artificiale al posto proprio non è certo avere un’alta considerazione di sé.

  2. Franco Battaglia
    giovedì, 16 Marzo 2023 alle 8:02 Rispondi

    Arriverà il giorno in cui non riuscirai a sospettare che ciò che leggi non è umano. Ma sarà comunque una valutazione errata perché quell’ A.I. non si è costruita da sola. Agisce su parametri impostati da un uomo.

    • Daniele Imperi
      giovedì, 16 Marzo 2023 alle 14:10 Rispondi

      Errata fino a un certo punto. D’accordo che le informazioni sono inserite dall’uomo, ma a creare i testi sarà pur sempre una macchina.

  3. Orsa
    giovedì, 16 Marzo 2023 alle 11:50 Rispondi

    Curioso che sulla domanda di Marinetti sia saltato fuori il numero 11!
    Sì, il rischio è quello di abbandonarsi completamente a un qualcosa che, come vediamo, si è rivelata abbastanza inaffidabile. So che l’algoritmo è fermo al 2021, prova a chiedere qualcosa in merito alla presenza sul territorio di colonnine di ricarica per le auto elettriche! O sul bonus 110 😂
    Mah, io dico che non c’è nulla da temere, e per fortuna al momento (e spero di non esserci quando sarà) Skynet è solo roba da film :P

    • Daniele Imperi
      giovedì, 16 Marzo 2023 alle 14:11 Rispondi

      Sì, è fermo al 2021. Le colonnine di ricarica per le auto elettriche a Roma le ho viste vari anni fa e manco mi ricordo più dove.

  4. Corrado S. Magro
    giovedì, 16 Marzo 2023 alle 12:20 Rispondi

    A noi tutti, se predominanti ma soprattutto a chi ha il potere di gestire (imporre) il multimediale, l’onestà intellettuale tende ad affievolirsi. L’AI (che personalmente detesto) non è in sé né buona né cattiva. Determinante è l’uso e l’applicazione. Nel campo culturale (non creativo), una volta raggiunta la maturità fra qualche anno, potrebbe essere il deambulatore per chi non riesce più a muoversi tra grammatica e sintassi. E di questi, fonte di affari, il mondo è pieno. Forse l’AI potrebbe essere un mezzo efficiente per ripulire refusi ed errori ma non oltre. E se a qulcuno balena il desiderio di ritenerla fonte di guadagni che faccia pure, tanto sarà anch’essa, come il resto, il cavallo di legno o il bastone che cavalcavamo da piccini senz’avere eliminato i pannolini.

    • Daniele Imperi
      giovedì, 16 Marzo 2023 alle 14:13 Rispondi

      Hai ragione, è determinante l’uso e l’applicazione dell’intelligenza artificiale, nella scrittura e altrove.
      Potrebbe essere utile per una correzione superficiale del testo, almeno per ora.

  5. MikiMoz
    giovedì, 16 Marzo 2023 alle 15:44 Rispondi

    Anche io, nel mio campo, ho fatto una prova con la chat e mi ha risposto con molti errori.
    Penso che semplicemente questa nuova frontiera farà in modo da mettere un muro tra la qualità e la meccanica; chi scrive dovrà sforzarsi un po’ di più per fare del proprio meglio; chi si accontenta della meccanica con errori sono quelle persone che già oggi accettano articoli zeppi di refusi e imprecisioni, o peggio… di falsità.

    Moz-

    • Daniele Imperi
      giovedì, 16 Marzo 2023 alle 15:50 Rispondi

      Qualità e meccanica: concordo, c’è una vera barriera fra i due. Testi sfornati a quella velocità, una manciata di secondi, non possono essere di qualità.
      Gente che oggi paga pochi euro articoli per il blog trova nell’intelligenza artificiale, se non proprio la stessa qualità, almeno un bel risparmio.

  6. Antonio Zoppetti
    giovedì, 16 Marzo 2023 alle 16:14 Rispondi

    Tra i rischi di queste tecnologie c’è anche il loro imporsi come modello e punto di riferimento per chi non ha gli strumenti per approfondire (o è pigro e non lo vuole fare). Vedo che spesso, soprattutto tra le nuove generazioni, la consultazione di un dizionario è abbandonata (a volte risulta per loro persino difficoltosa), e davanti a un dubbio la cosa più veloce è quella di cercare con Google; ma spesso le risposte pescate dalla Rete a questo modo sono approssimative, poco corrette e tavolta includono strafalcioni inaccettabili. L’accuratezza di questi strumenti è bassina rispetto alle fonti più ponderate. Lo stesso si può dire dei correttori ortografici, che fnzionano al 90 percento, ma non sono sempre affidabili. Il problema è che se questi strumenti diventano le fonti principali usate dalle masse, finiscono con il generare una pseudocultura che poi si propaga e alimenta di informazioni non corrette, ma anche di bufale che finiscono per prendere il sopravvento. La “verità”, si sarebbe detto un tempo, non sta nella media e nell’uso di cui si nutrono gli algoritmi, ma si ricerca (visto che la verità non esiste) con ben altri processi. Oltre a ciò c’è poi il rischio dell’appiattimento, delle espressioni stereotipate e meccaniche: se le fonti diventano queste finisce che tutti si abbeverano da lì e ne riproducono gli stilemi (ed è pericolo perché spesso è l’uso a fare la norma); un po’ come avviene per le traduzioni automatiche che da una parte sono una risorsa utile, ma se non si hanno gli strumenti per elaborarle finiscono per diventare il modello dell’appiattimento stereotipato e massificato. La mia impressione è che chatGPT costituisca un salto verso questo decervellamento che permetterà a tutti di non pensare, c’è l’intelligenza artificiale che lo fa per te. Il che porta alla stupidità artificiale di un mondo dove ti vendono oggetti sempre più “smart”, ma dietro questa intelligenza delle tecnologie che preordinano al tuo posto non c’è la semplificazione delle vita, bensì la trasformazione dell’uomo in automa, passivo, controllabile, prevedibile e funzionale ai mercati,

    • Daniele Imperi
      giovedì, 16 Marzo 2023 alle 16:20 Rispondi

      La tecnologia digitale ha stimolato la pigrizia in vari campi. Quindi credo anche io che certe innovazioni si impongano come modello.
      Il rischio che paventi è condivisibile. E pseudocultura è il termine giusto per definire la massa di informazioni incorrette o anche false che potrebbero circolare (e che già ora circolano).
      Concordo anche sull’appiattimento. A quanto ho visto c’è un vocabolario molto limitato nelle risposte fornite. Voglio provare con domande più complesse. L’uso fa sì la norma, lo vediamo con gli anglicismi, in fondo…
      L’uso e l’abuso delle IA elimina il ragionamento.

  7. Grazia Gironella
    giovedì, 16 Marzo 2023 alle 21:17 Rispondi

    Non credo sia utile incoraggiare la pigrizia, ma è pure vero che l’IA si avvale di contenuti umani, combinati in base a criteri che possono essere gli stessi usati da noi. Sono però contenuti amorfi, che non portano con sé il bagaglio di emozioni e la personalità di un essere umano specifico. Il prodotto non sarà quindi originale come quello della mente umana, ma credo che in molti contesti le sue prestazioni risulteranno sufficienti… al netto delle scemenze che hai riportato.

    • Daniele Imperi
      venerdì, 17 Marzo 2023 alle 8:26 Rispondi

      Sì, si avvale di contenuti umani, anche se non ho capito ancora come tecnicamente prende quelle informazioni. Ieri ho chiesto “Qual è stata la prima opera di Mario Carli?”. La risposta di ChatGPT: “Mario Carli è stato uno scrittore, poeta e giornalista italiano del Novecento. La sua prima opera letteraria pubblicata è stata la raccolta di poesie intitolata “L’alba dei morti viventi”, pubblicata nel 1922.”
      Insomma, a me questo apprendimento automatico fa ridere.
      Le prestazioni dell’IA, anche se sufficienti, vanno quindi controllate.

  8. LUCIANO
    domenica, 19 Marzo 2023 alle 5:55 Rispondi

    Quando non c’erano i computer e mancava internet, si scriveva consultando riviste, libri o enciclopedie. Si andava in biblioteca, si prendeva in prestito un libro da un professore o un amico, si acquistavano riviste. Abbiamo così imparato che scrivere richiede impegno e ricerca, oltre naturalmente alle inevitabili capacità e conoscenza. Con internet e wikipedia abbiamo trovato strumenti più facili da consultare per scrivere, e abbiamo così perso l’abitudine di fare ricerca, recarsi nelle biblioteche, cercare vecchi testi, in quanto tutto è diventato a portata di un semplice click. Era inevitabile che oggi arrivassimo a questo, ma è una cosa che fa veramente paura. A rischio è la cultura mondiale, a partire dai giovani che sono i più inermi e pronti ad abbracciare le nuove tecnologie che semplificano la vita. Tra trent’anni potremmo non essere più capaci di scrivere da soli una frase a senso compiuto! L’elenco di errori che hai evidenziato però mi conforta, e mi riporta alla memoria un vecchio film con Spencer Tracy e Katherine Hepburn in cui l’ufficio quesiti di un’azienda formato da donne molto intelligenti che sapevano rispondere a tutto (un lavoro sostanzialmente mnemonico), sta per essere rivoluzionato dall’arrivo di un mega computer destinato a prenderne il posto. Di quel film ricordo i dialoghi, serrati e brillanti: chissà come li scriverebbe l’IA, senza quell’interazione umana che è esperienza imprescindibile per riuscire a renderli piacevoli alla lettura e credibili, ovvero verosimili, nei contenuti. Forse potrebbe aiutarci a scrivere solo come risponde un computer all’uomo, con tutti gli errori e i difetti del caso. Come hai detto tu, potranno perfezionarla in tante cose, ma non riusciranno a dargli un’anima, quella cosa che permea ogni parola e frase della scrittura umana.

    • Daniele Imperi
      lunedì, 20 Marzo 2023 alle 8:26 Rispondi

      La ricerca su internet va bene, a patto che si cerchi su fonti valide. Io ho fatto ricerche per un saggio su libri acquistati e altri presi in biblioteca, Su internet ho letto articoli e libri visualizzabili per intero su Google libri.
      Quindi per scrivere va bene cercare su internet, ma non solo e soprattutto su testi affidabili.

  9. Barbara
    domenica, 19 Marzo 2023 alle 22:14 Rispondi

    Grazie della citazione. :)
    Interessanti anche le tue domande, con le quali anche tu hai visto gli errori madornali compiuti da questa Intelligenza Artificiale. Non ho avuto altro tempo per applicarmici (sto cambiando lavoro, quindi sono stata presa dal passaggio di consegne nel vecchio ufficio) ma avrei provato proprio a verificare i dati “storici”. Come diamine fa a sbagliare tanto?! Spesso sento denigrare Wikipedia come fonte di ricerca, ma caspita in Wikipedia puoi trovare delle informazioni senza fonte o delle opinioni personali scritte come fatti, ma sbagliare titoli di romanzi, attribuzione dell’opera, data di uscita, età di uno scrittore… non riesco a capirlo. Parrebbe (mera ipotesi) che attinga ai forum di discussione, alle pure conversazioni (“ma ti ricordi quando ha pubblicato tizio?” “eh forse era il 199X…” “no aspetta, ho letto ora che era il 200X, postumo” “il titolo è sbagliato, ti confondi con…”) e le considera fonti attendibili, al pari dell’Enciclopedia Treccani.
    E pensano di sostituire copywriter e giornalisti con questa tecnologia?!
    Penso che alla fine, dopo l’entusiasmo iniziale, si arriverà a voler certificare un testo scritto da essere umano, su richiesta degli utenti stessi, e i motori di ricerca giungeranno ad abbassare il ranking ai contenuti generati da Intelligenza Artificiale.

    • Daniele Imperi
      lunedì, 20 Marzo 2023 alle 8:30 Rispondi

      Non so proprio come faccia a sbagliare in quel modo: gli errori storici sono veramente gravi. Uno su LinkedIn mi ha risposto che su internet esistono migliaia di Mario Carli: in realtà no, se cerchi quel nome esce soltanto lo scrittore e ardito Mario Carli, che con una “raccolta di poesie intitolata “L’alba dei morti viventi” non c’entra proprio nulla.
      Concordo che su Wikipedia strafalcioni come quelli che ho trovato non si vedono. Mi auguro che i testi futuri siano certificati con la dicitura “Scritto da un essere umano”.

  10. Marco
    sabato, 25 Marzo 2023 alle 10:05 Rispondi

    Se l’IA di scrittura non è così forte(per ora) un problema sono le altre IA: audio e video, sono in grado ormai di ricopiare quasi perfettamente la voce umana e fare agire le persone in video ad hoc… Molto preoccupante…

    • Daniele Imperi
      domenica, 26 Marzo 2023 alle 9:34 Rispondi

      Sì, hai ragione, ho visto alcuni video in proposito.

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