Qualsiasi storia (come storia) ha bisogno che certe cose accadano, altrimenti non c’è storia che valga la pena di essere raccontata.
elemtilas
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Quando ho letto per la prima volta l’espressione “esigenze di narrazione”, in un romanzo storico di Bernard Cornwell, ho pensato che fosse uno dei soliti trucchi a cui ricorrevano gli scrittori per togliersi d’impaccio.
Cornwell ha scritto storie di personaggi immaginari che si muovono però in un contesto storico, cioè fanno parte di eventi realmente accaduti (penso che questo avvenga quasi in ogni romanzo storico). Mi pare di ricordare che in un romanzo abbia spostato una battaglia per esigenze narrative.
Ultimamente ho incontrato la stessa espressione nel romanzo L’acchiappasogni di Stephen King. Nel suo caso l’esigenza narrativa è stata più credibile: ha reso un fuoristrada Humvee un po’ più bestiale di quanto in realtà sia.
Che cosa sono le esigenze narrative?
Qualcosa deve accadere affinché la storia sia una storia e quel qualcosa è l’esigenza narrativa.
elemtilas
Detta così sembra che l’intera storia dipenda dalle esigenze narrative, o sia una lunga serie di esigenze di narrazione. No, le cose stanno diversamente. Che cosa è, quindi, un’esigenza narrativa?
Ce lo suggeriscono proprio Cornwell e King: una piccola modifica della realtà affinché la storia funzioni. Non stiamo parlando di scrivere qualcosa di impossibile, come far atterrare un Boeing come un elicottero o far sopravvivere un personaggio senza mangiare né bere dopo 2 mesi nel deserto.
Il dizionario Treccani ci dice che un’esigenza è “quanto è richiesto o giova al normale svolgimento di qualche cosa”.
Parafrasando, un’esigenza narrativa è quanto è richiesto o giova al normale svolgimento della storia.
Dobbiamo ricordare sempre che si tratta di scrittura creativa, di finzione, non di scrittura autobiografica o di saggistica. La realtà è a disposizione dello scrittore, ma soprattutto è a disposizione della creatività dello scrittore, che ha tutto il diritto di prendersi qualche piccola libertà.
L’arco narrativo non è un tabù, ma un’esigenza
Noi tutti ragioniamo per archi narrativi. Quando qualcuno ci racconta una storia – intendo un evento o un fatto accaduto – abbiamo bisogno di sapere “cosa sta succedendo”, cosa viene dopo un lecito preambolo.
Che cosa significa questo? Che chi racconta inserisce della suspense per farci incuriosire, per stimolare il nostro interesse.
Chi racconta crea un arco narrativo, il cosiddetto arco drammatico, cioè la costruzione della storia in 3 o 5 atti.
Perfino le barzellette sono costruite usando quest’arco: c’è una breve introduzione, una serie di piccoli eventi e infine la battuta finale. Una barzelletta non è altro che una storia in miniatura.
La nostra vita è piena di archi narrativi
C’è sempre un inizio, uno svolgimento e una conclusione nella nostra vita. Aristotele, nella sua Poetica, ha scritto che “il tutto è ciò che ha principio, mezzo e fine”.
L’arco narrativo, quindi, è l’esigenza narrativa per eccellenza.
Alla ricerca della realtà… o della plausibilità?
Una storia va vista sotto 2 punti di vista:
- Un insieme di eventi che parte da un incidente scatenante, raggiunge un culmine di tensione e arriva a un finale.
- Un insieme di esigenze narrative (incidente scatenante compreso, problemi e risoluzioni per protagonista e personaggi, ecc.) che porta il lettore a un culmine di tensione emotiva fino al finale.
Tutto questo ha ben poco a che fare con la realtà. Nella vita di tutti i giorni, al di fuori della narrativa, della finzione, ci sono storie prive di tensione, di emozioni, storie che non ha senso raccontare, perché non destano alcun interesse in un pubblico di ascoltatori.
Le esigenze narrative sono eventi che devono accadere, non che possono accadere: c’è un’abissale differenza.
- Nella realtà alcuni eventi possono succedere.
- Nella finzione alcuni eventi devono succedere.
Ci devono essere eventi che prima o poi devono verificarsi, affinché si arrivi a una determinata situazione o a una conclusione. Le esigenze narrative sono anche dei collegamenti fra una situazione e l’altra.
Siete bloccati a un punto morto della vostra storia? Allora dovete trovare (inventarvi) un’esigenza narrativa.
Un romanzo non rappresenta una vicenda reale, ma una vicenda plausibile. Uno scrittore non deve ricercare la realtà nella storia che racconta, bensì la plausibilità.
La storia è Re
Se una regola impedisce che la storia accada, allora la regola deve cambiare.
Separatrix
Nella scrittura per il web si dice che il contenuto è Re (Content is King, frase coniata da Bill Gates nel 1996, riferendosi a internet come a un mercato di contenuti), ma anche nella scrittura creativa è così: la storia, cioè il contenuto, è Re, comanda, detta le regole.
Vi siete mai meravigliati che i draghi volino? No, l’avete accettato e basta: i draghi volano. Vi siete mai chiesti perché riescano a volare? No, né ci interessa saperlo. Non dobbiamo leggere un libro di anatomia sui draghi.
Questo è un esempio estremo per ribadire il concetto che la storia viene prima di ogni altra cosa.
- È più credibile un drago che vola di un Boeing che atterra verticalmente come un elicottero.
- È più credibile Tex che esce sempre vivo e pressoché indenne da ogni sparatoria di un uomo che trascorre 2 mesi nel deserto senza cibo né acqua e sopravvive.
- È perfino più credibile Pinocchio che diventa un bambino vero del Boeing-elicottero e del sopravvissuto nel deserto.
La storia è Re.
I 6 elementi fondamentali di una storia secondo Terry Pratchett
Terry Pratchett è stato uno scrittore di fantasy umoristico, scomparso 5 anni fa. Secondo lui una storia è fatta di 6 elementi:
- Terra, fuoco, aria, acqua: i 4 elementi naturali del mondo reale, del mondo fisico.
- Sorpresa: perché in una storia che si rispetti non può né deve mancare.
- Causalità narrativa o narrativium: secondo Pratchett è l’elemento più comune nel suo Mondo Disco, ma non esiste nel Mondo Tondo (cioè il nostro). È l’elemento che assicura che tutto funzioni. Il narrativium è il collante della narrazione. È ciò che ci fa concentrare su ciò che è meglio per la nostra storia.
La realtà è la realtà, una storia è una storia
Fin da quando ho iniziato a cimentarmi con la scrittura creativa mi sono sempre domandato quanto fosse credibile ciò che stavo scrivendo. E per credibile intendevo realistico.
È qui che sbagliavo: credibile significa plausibile, niente di più. Un romanzo e un racconto sono storie plausibili, non realistiche.
È il lettore a chiederlo: se volesse una storia realistica, se ne resterebbe nella vita reale, quella che vive e osserva tutti i giorni. Se sta leggendo un romanzo, allora vuole qualcosa di diverso, vuole una storia con un arco narrativo.
In fondo non si legge per evadere dalla realtà?
Rebecca Eriksson
Credo molto di più nella coerenza della trama che nel verosimilismo storico. Leggo più per essere intrattenuta che per documentarmi.
Quindi anche se in un romanzo i fatti storici vengono lievemente cambiati per esigenze narrative non lo trovo importante. Se volessi un’attendibilità al 100% mi leggerei la biografia di un qualche personaggio.
Ho apprezzato molto l’esempio dell’arco narrativo con la barzelletta: rende molto chiara la sua importanza, specialmente se penso a tutti coloro che le barzellette non le sanno raccontare proprio per la mancanza di elementi narrativi.
Daniele Imperi
Una trama non coerente si nota più di qualche piccolo dettaglio non troppo realistico.
Nelle barzellette contano anche i tempi. Se ti dilunghi troppo, fai perdere l’effetto. In una storia idem: troppi dettagli e troppe parentesi finiscono per diluire una scena e farle perdere spessore.
Marco
Dipende, se fai vincere all’asse la seconda guerra mondiale devi raccontare com’è stato spartito il mondo, la gestione etc, specie se non è ambientato subito dopo la guerra ma magari anni dopo o nel 20XX
Corrado S. Magro
Riflessioni ottime sulle quali vale riflettere ripetutamente. All’autore, alla sua capacità narrativa, il compito “vissuto” di tessere gli elementi che dal “possono” trasferiscono gli eventi al “devono” facendogli acquistare la “fantastica naturalezza logica” che il lettore fa propria.
Daniele Imperi
La “fantastica naturalezza logica” mi piace: combina la fantasia con la logica.
Corrado S. Magro
Perdonate il ” riflessioni su cui riflettere”, meglio “soffernarsi”
Ferruccio
Nel mio romanzo Il male tra gli ontani ho preso dei serpenti velenosi australiani e li ho messi in un parco naturale tra le Orobie, tutto per esigenze narrative. Quindi non posso che essere d’accordo
Daniele Imperi
E nel tuo caso i serpenti australiani potevano essere stati importati e poi liberati o fuggiti.
Kukuviza
Credo che ci siano autori che distorcano un po’ le esigenze narrative facendo avvenire fatti fondamentali in maniera troppo casuale. Personaggi che si incontrano in modo poco verosimile, scoperta casuale di fatti fondamentali, ecc. A me pare un uso non corretto, come se questi autori non sapessero come far progredire altrimenti la storia.
Daniele Imperi
In questi casi, infatti, più che di esigenze narrative, parlerei di trovate che non reggono, per incapacità del narratore, come dici, o perché non s’è sforzato più di tanto a cercare modi migliori.
Grazia Gironella
Magari non si legge sempre e soltanto per evadere dalla realtà – a me piace molto anche capirla e capire le persone attraverso i personaggi – ma di sicuro la storia ha bisogno di essere plausibile, non realistica. In caso contrario le pastoie sarebbero così strette che scrivere diventerebbe molto meno divertente.
Daniele Imperi
Penso anche io che attenersi rigorosamente al realismo faccia sentire lo scrittore in una gabbia. Ci vuole quindi un certo bilanciamento: una scena non deve far esclamare il lettore (o lo spettatore in un film): “Ma dai, è impossibile, che scemenza”, come m’è capitato.
STEFANO TARTAGLINO
Documentazione e intrattenimento spesso vanno di pari passo: è così dall’alba dei tempi, dall’Odissea almeno e forse già da prima. Quanto alle esigenze narrative, sono pienamente d’accordo: io sono uno storico, ma non mi disturba se ne “Il Gladiatore” Marco Aurelio viene ucciso da Commodo invece che morire di malattia, come fu. E’ un cambiamento che serve alla storia, a mostrare quanto (nel film) è cattivo Commodo, e quindi ci sta. Comunque l’autore deve sempre essere conscio dei cambiamenti che mette in scena: persino un romanzo fantasy non può essere campato per aria. La famosa “sospensione dell’incredulità” non si improvvisa, né la si ottiene con facilità, ma con fiducia.
Daniele Imperi
A me invece quel dettaglio disturba. Come quando la versione TV de I promessi sposi ha fatto morire Don Rodrigo a cavallo e non senza forze sul letto del lazzaretto.
No, secondo me non ci sta quel cambiamento, perché stravolge la storia.