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Oggi cade il Dantedì, una giornata dedicata a Dante Alighieri nel supposto giorno in cui iniziò il suo viaggio all’Inferno, il 25 marzo.
E quest’anno cadono anche i 700 anni dalla sua morte, e per la precisione la notte del prossimo 14 settembre.
Se Dante vedesse in che inferno è precipitata la lingua italiana, fra analfabetismi funzionali, inglesume continuo e linguaggio inclusivo, si rivolterebbe nella tomba.
Ecco perché ho scritto che questo potrebbe essere un giorno per migliorare l’italiano. Ma si può migliorare il proprio italiano in un giorno? Ovviamente no.
Però, almeno, si può prendere atto da più parti – e mi riferisco in particolare al mondo giornalistico, politico e dei vari professionisti del web – delle condizioni disastrose in cui verte la lingua italiana.
C’è stato un momento in cui ho temuto volessero uscirsene con Dante Day. A quel punto avremmo dovuto sostituire anche il Tricolore con la bandiera tricrociata britannica.
Dante inventava le parole
Qualcuno, commentando su Linkedin uno che criticava l’uso sfrenato e illogico dell’inglese nell’italiano e metteva di mezzo Dante, se ne uscì che “Dante inventava le parole”. Come a voler giustificare l’inglesume che impazza da anni nella nostra lingua: se perfino Dante, 7 secoli fa, si inventava le parole a suo comodo, oggi possiamo fare lo stesso inventandoci lockdown, recovery fund, jobs act, founder, mood, care giver, competitor e altre oscenità del genere.
Certo, le inventava. Ma un conto è inventare una parola e un altro è sostituirla con una inglese. Perché oggi è questo che sta accadendo: una lenta, inesorabile sostituzione di molti termini italiani a favore dei corrispettivi inglesi.
Da cosa era formato il plurilinguismo dantesco? Era composto da:
- latino e latinismi
- grecismi
- volgare
- settentrionalismi
- sicilianismi
- forme umbre (o toscane meridionali) letterarie
- francesismi
E qui già immagino qualcuno obiettare: “Noi introduciamo gli inglesismi nell’italiano, ma sor Alighieri ha introdotto i francesismi”.
Sì, ci sono francesismi nella sua opera, per esempio:
- Ostello, dal provenzale hostal, dal francese hôtel, dal latino hospitium.
- Dolzore, dal provenzale dolsor, dal latino tardo dulcor.
- Pareglio, dal francese antico pareil, dal latino par.
- Ploia, dal provenzale ploja, dal latino pluvia.
Un cerchio che si chiude, un ritorno alla nostra lingua madre. Direi che è cosa ben diversa da call, feedback, location, mission, runner, speech, tone of voice, ecc.
C’è una rubrica interessante che l’Accademia della Crusca pubblica ogni giorno per tutto il 2021: Parola di Dante fresca di giornata. Uno sguardo sul lessico dantesco e sulla sua eredità linguistica.
E un modo per tornare all’italiano, all’italianità, imparando parole nuove che, nonostante i secoli, possono tornare ancora utili nel nostro linguaggio.
Noi, oggi, non inventiamo le parole, le storpiamo semmai, o le creiamo fregandocene dell’etimologia e delle sue regole, con la scusa infantile che la lingua è viva e è quella parlata a dettar regole alla lingua scritta.
Dante, con la sua lingua scritta, coi suoi versi, ha invece dettato le regole per la nostra lingua parlata e per quella scritta. E forse impallidirebbe leggendo paninoteca, hamburgeria e altre squisitezze lessicali degli ultimi decenni.
Come si studia Dante a scuola?
Non lo so, ma chi bazzica da queste parti può lasciare il suo contributo. Posso però dire come si studiava quando andavo al liceo, nei fantastici anni ’80.
Non si studiava quasi per niente. O, almeno, si studiava male. Ricordo ancora una scena al I liceo in cui un nostro compagno di classe si infuriò con il professore di Italiano perché eravamo indietro con la lettura dell’Inferno.
A me non piaceva studiare Dante. Né Manzoni. Ma a me non piaceva studiare in genere, e non era solo colpa mia. Le materie vanno fatte amare, non odiare. E io odiavo l’ora di Dante e quella de I promessi sposi al liceo.
Le odiavo perché non me le hanno fatte amare. Da adulto, parecchi anni dopo la maturità, ho comprato una bella edizione de I promessi sposi e qualche anno dopo ho letto il romanzo. E ho comprato anche un’edizione in 3 volumi della Divina Commedia e una economica della Vita Nuova (letture che ancora non affronto), acquisti che mai mi sarei sognato di fare da studente.
Come festeggiare il Dantedì?
O almeno questo dantesco 2021?
- Proponendosi di leggere più autori italiani, magari classici.
- Sforzandosi di scrivere in italiano, limitando gli inglesismi a quelli storici.
- Leggendo un’opera di Dante (magari mi dedico al Vita Nuova).
- Inventando parole nuove, ma alla maniera dantesca.
- Scrivendo articoli sulla letteratura italiana e su Dante.
Altri miei contributi per il Dantedì
E buon Dantedì a tutti.
Franco Battaglia
L’italiano attuale è spesso ricco di forme convenzionali derivanti da abusi colloquiali. Un esempio per tutti: il “piuttosto che” utilizzato come congiunzione reiterata da praticamente tutti. Ecco, Dante inorridirebbe, ma anche la mia prof.ssa di Lettere..😁
Daniele Imperi
Il “piuttosto che” purtroppo si sente spesso, specie in tv, anche da giornalisti e politici.
Orsa
Non solo impallidirebbe, vituperebbe proprio con un: “Considerata la vostra s(C)emenza, fatti foste a viver come bruti” Ecco ho rovinato lo spirito del Dantedì, tu invece l’hai tributato con onore!
Io invece ero innamorata di Dante e di tutta l’epica classica, avrei studiato quella e basta.
Grazie, non conoscevo la rubrica dell’Accademia, vado subito a farla mia!
PS: anch’io mi sono servita delle terzine che hai piazzato nell’immagine… ma per un motivo meno nobile
Daniele Imperi
Da come parlano e scrivono oggi altro che bruti che abbiano in Italia.
Poi mi spieghi come hai usato quelle terzine
Corrado S. Magro
Eho! La sapete l’ultima?
L’associazione Dante Alighieri, in occasione del settimo centenario lancia una iniziativa per la promozione dell’italiano nel mondo e … sapete come la chiama?
“DANTE GLOBAL”.
Daniele Imperi
Ma per l’Italia? Mi sa che il nome è per l’evento di New York.
Corrado S. Magro
A che io sappia per il mondo intero Italia compresa.
Michela Milani
Ahimè, devo dire che stavolta mi sento chiamata in causa. Ammetto che mi capita spesso di usare parole prese direttamente dall’inglese, forse -anche- perché nel mio settore -il turismo- questo è così normale che persino i libri all’università erano pieni di termini stranieri. Comunque, Dante a scuola si studia molto male, lui come tanti altri autori. Lavoro come insegnante privata e secondo me il problema sta nel programma immenso che gli studenti devono affrontare. Con le poche ore scolastiche dedicate alla letteratura, anche i professori più preparati riescono a dare solo un’infarinatura generale, vai a capire poi cosa rimane di qualche informazione striminzita su migliaia di autori. Prima di commentare il tuo articolo, ho dato un’occhiata ad alcuni libri di letteratura che ho a casa e seguono tutti la stessa impostazione. Qualche paragrafo sugli autori e le opere principali e, se va bene, tre o quattro brani o terzine di quelle più conosciute. Secondo me si dovrebbero rivedere i programmi e puntare sulla qualità delle informazioni, oggi invece si preferisce la quantità. Purtroppo, aggiungerei, perché i pessimi risultati sono sotto gli occhi di tutti.
Daniele Imperi
Forse dipende anche dall’indirizzo scolastico. Io, avendo fatto il liceo classico, avevo Dante e Manzoni nell’orario scolastico, ma magari in altri tipi di superiori non ci sono.
Però hai ragione sull’infarinatura: non serve a nulla e non ti resta nulla.
Il settore del turismo – che non si sa per quale motivo oggi sia diventato il “travel” – un tempo non usava termini inglesi. Mi domando cosa sia cambiato.
Pirkaf
Paradossalmente io odiavo le lezioni sulla Divina Commedia perché mi facevano quasi addormentare e praticamente la si faceva un’ora a settimana, il che alla fine per l’Inferno si arrivava a fine anno a studiare manco la metà dei capitoli.
Ed andò anche peggio per Purgatorio e Paradiso.
Durante un’estate noiosa di quei tempi mi misi di buona lena a leggermi l’opera da solo e ne ricavai un gran bel gusto alla lettura.
Mi successe lo stesso ai tempi delle medie con I Promessi Sposi.
Daniele Imperi
I Promessi Sposi alle medie? Io alle superiori li ho letti, per modo di dire, perché si saltavano vari capitoli, le grida, ecc.
stefano
Ciao Daniele, ho gli stessi tuoi ricordi del liceo. La lettura di Dante ci terrorizzava. Avevamo un professore fissato con la metrica e con grande passione per i classici. Studiavo per l’interrogazione .. Una cosa bella però me la ricordo. Con alcuni compagni di classe avevamo riscritto alcuni versi dell’Inferno facendo la parodia di alcuni compagni di classe e professori
p.s. Mi sembra una buona idea quella che hai lanciato su come festeggiare il Dantedì: leggere più classici e un’opera di Dante.
Daniele Imperi
Al ginnasio invece un mio compagno aveva riscritto l’inizio dell’Eneide
Non sempre è colpa degli studenti se non studiano e non amano studiare.
Davide
Ciao Daniele! In occasione del Dantedì ti mando questa nuova petizione da firmare e condividere riguardo la proposta di legge per la tutela della lingua italiana. Io ho già firmato.
https://attivisti.italofonia.info/proposte/legge-vivalitaliano-2021/
Daniele Imperi
Ciao Davide, ho letto e condiviso prima
Rebecca Eriksson
Se non viene affrontano bene Dante in un liceo, pensa in un istituto professionale come quello che ho frequentato io.
Tu non hai idea di quanto odi l'(ab)uso di inglesismi, spesso adattati alla bene e meglio.
L’ultimo assurdo che sto incontrando adesso è l’adattamento di anti-climax come “anticlimatico”.
Dal greco passando per l’inglese, andando verso la meteorologia.
Daniele Imperi
Purtroppo è vero, se nel liceo classico Dante si studia poco e male, negli altri istituti sarà per forza peggio.
Anti-climax mi mancava…