Editing: cosa succede al tuo manoscritto?

Intervista all’editor Alessandra Zengo

Editing: cosa succede al tuo manoscritto

Oggi si torna a parlare di editing. Ho voluto quindi porre sei domande a una editor professionista per capire come viene letto e migliorato un testo di narrativa. Questa fase della pubblicazione a me sta molto a cuore e ancora una volta l’intervista è mirata a sfatare il mito dell’editing come una spersonalizzazione dell’autore e una scrittura a 4 mani.

È quindi ospite del blog l’editor Alessandra Zengo, che ha risposto alle mie domande. A lei la parola e a voi nuove domande da porre.

In che modo legge un editor?

Ogni editor legge a suo modo, a seconda di gusto, esperienza e idiosincrasie. Rispetto a un lettore normale, però, ha uno sguardo professionale: è come se vedesse la struttura profonda di quello che sta leggendo. Questo rende molto più difficile godersi la lettura, perché viene naturale notare errori, incongruenze, etc.

Quando comincio un nuovo editing, la parte difficile è proprio quella iniziale: mentre leggo devo entrare nel mondo del libro, capire lo stile dell’autore, ma anche ambientazione, storia e personaggi. I miei consigli devono essere coerenti con il tessuto narrativo che mi si presenta davanti. E, in ultimo, da editor devo valutare le potenzialità del testo e dell’autore e fare richieste adeguate. Insomma, quando leggo un testo cerco di “vedere” come potrebbe – e dovrebbe – essere.

Che genere di correzioni o modifiche suggerisci all’autore?

I suggerimenti e le correzioni dipendono molto dal testo. Tuttavia nei manoscritti degli esordienti/emergenti spesso si trovano gli stessi problemi e ingenuità. Leggo e valuto parecchi testi per le case editrici e a volte ho qualche difficoltà a scrivere schede di valutazione perché il rischio è sempre quello di ripetersi, dato che gli errori sono comuni anche se le storie sono diverse.

Il line editing si occupa di contenuto, stile e utilizzo della lingua a livello di singola frase e paragrafo.

Quando seguo un autore esordiente il primo obiettivo è fornire un nuovo metodo di lavoro (che parte, sì, anche dalla formattazione) e poi insistere moltissimo sul line editing, per abituare lo scrittore ad avere cura delle parole, qualsiasi sia il genere letterario.

In generale le correzioni e modifiche riguardano qualsiasi aspetto del libro, dallo stile alla struttura del romanzo, ai personaggi, etc.

Che tipo di lavoro di scrittura si richiede all’autore dopo l’editing?

Se possibile, preferisco occuparmi di editing affiancati, così per ogni capitolo riesco a fare diverse revisioni (minimo tre) e controllare subito come l’autore corregge. Si continua così finché non si è soddisfatti del capitolo. Dopo questo lavoro sulla prima parte del romanzo, di solito chiedo all’autore di rivedere da solo i capitoli successivi, perché può già intervenire correggendo gli errori evidenziati all’inizio e migliorando la scrittura. Poi, a mano a mano che lo scrittore rivede il testo in autonomia, si continua con l’editing affiancato, a cui seguono una rilettura finale e le ultime modifiche. Terminato questo lunghissimo lavoro, se l’autore intende auto-pubblicarsi c’è bisogno di una correzione di bozze, fatta però da una terza persona.

Soprattutto all’inizio insisto molto affinché l’autore recepisca bene i nodi fondamentali a cui prestare attenzione, i limiti del libro e della scrittura. Deve interiorizzarli per poterli riconoscere quando rilegge ed evitarli anche nei romanzi successivi. Per me, l’editing è tirare fuori il meglio di un libro e del suo autore.

L’editor riscrive brani di testo?

Non dovrebbe. Uso il condizionale perché ogni editor opera in modo diverso, anche in base alle esigenze della casa editrice per cui lavora. L’editor è una guida e il suo compito non è quello di sovrapporsi o sostituirsi allo scrittore. Editor non è sinonimo di ghostwriter, sebbene talvolta riscrivere sia la soluzione più semplice e veloce e, paradossalmente, quella che richiede meno impegno per entrambe le parti. Inoltre, un editor che riscrive non è, sul lungo periodo, un vantaggio per lo scrittore, che non ha capito dove ha sbagliato e non ha quindi gli strumenti per migliorarsi.

Che cosa si intende per “editing invasivo” e quando è necessario?

Non so se sia corretto usare l’aggettivo “invasivo” per l’editing (almeno per come io lo intendo), che non deve mai snaturare il testo o apportare cambiamenti non in linea con le intenzioni dell’autore. L’editing è prima di tutto cura – e in questo senso un “lasciar essere” –, dunque tutti gli interventi sono suggeriti affinché il testo diventi il migliore possibile (non ci deve essere mai sproporzione tra le richieste e le possibilità reali del romanzo).

Detto questo, un manoscritto che richiede un editing profondo può avere problemi a livello di scrittura e stile, e quindi è opportuno che l’editor segua passo passo la riscrittura, oppure di contenuto, riguardanti sia la struttura della narrazione (trama e intreccio) sia la caratterizzazione dei personaggi. Ogni libro ha esigenze particolari.

Editing e correzione bozze sono ancora due lavori differenti?

Lo sono. Per tagliare i costi, alcune case editrici comprimono i due momenti. Il risultato è un editing superficiale e una correzione poco precisa. A farne le spese è la qualità, quindi non è mai una cosa consigliabile.

Editing: cosa è successo al vostro manoscritto?

Vi ritrovate nelle parole di Alessandra? Che esperienze avete avuto con l’editing e come è cambiata la vostra scrittura dopo i consigli di un editor?

 

54 Commenti

  1. LiveALive
    mercoledì, 30 Settembre 2015 alle 6:46 Rispondi

    Sono d’accordo su tutte le risposte, però c’è una questione”filosofica” che non mi ha mai convinto: la natura del libro. Gli editor che conosco parlano spesso della natura di un libro, che va individuata per non snaturarlo; ma non riescono mai a dirmi come fare a individuarla. In realtà, parlando di natura, in genere si sta intendendo la finalità. E individuarla in un libro non è difficile, è impossibile, perché il libro non ha una finalità in sé stesso, non ha un come-deve-essere, e i diversi sguardi dei lettori possono attribuirgli varie finalità, ovvero varie nature. La questione secondo me non è “come faccio a rispettare la natura del libro?”, ma “chi devo accontentare?”. Intendo: io posso chiedere all’autore cosa voleva ottenere da quel capitolo, che effetti voleva suscitare con quella frase, e cercare di conseguenza di ottenere quegli scopi in un modo che, secondo il mio occhio, mi pare migliore. Ammettiamo però che io lavori per una casa editrice, e questa ha visto nel romanzo in questione un ottimo testo erotico, e vuole che si espandano le scene piccanti; l’autore, al contrario, voleva un libro elegante, e vorrebbe tagliarle. Poi può esserci anche il gusto dell’editor stesso, secondo cui invece, in base all’attuale gusto dominante e al canone occidentale, pensa che il libro sia già equilibrato così e modifiche del genere lo sbilancerebbero. Qui diventa un problema.

    • nani
      mercoledì, 30 Settembre 2015 alle 10:52 Rispondi

      Io la vedo cosi’: cosa fa un buono scrittore quando crea i personaggi? Esce dalla sua pelle ed entra nella pelle dei personaggi. Cerca di vedere il mondo con occhi non suoi, di parlare con parole non sue, di sentire gli avvenimenti con sensibilita’ non sue.
      Cosa deve fare un editor?
      Deve leggere un testo dimenticandosi delle proprie preferenze stilistiche, di genere o altro e entrare nella pelle del romanzo. Ma, soprattutto, credo che Alessandra Zengo abbia ragione da vendere quando dice che l’editor dovrebbe suggerire, non correggere. Anche quando ci sono errori pesanti, l’idea non dovrebbe essere quella di mostrare la frase o la parola migliore secondo te, ma costringere lo scrittore a fare uscire quella frase, quella parola, che sicuramente non e’ la stessa che hai pensato tu. Certo, suggerimenti, riflessioni su aspetti poco chiari o imprecisi del testo, queste sono tutte cose che ci stanno, ma senza violentare lo scrittore a fare cio’ che il tuo gusto considera il meglio.
      Se poi ci si rende conto che per far funzionare il testo bisogna stravolgere tutto, e soprattutto, che lo scrittore non e’ in grado di fare un simile stravolgimento, allora vuol dire che non funziona, lo scrittore non e’ maturo o non e’ affatto uno scrittore. E qui nasce la questione: tu, editor indipendente, pagato dal poveraccio che ti sottopone il manoscritto, cosa fai? Rifiuti il testo garbatamente e gli accenni al fatto che forse la carriera letteraria non e’ la sua strada o ti accanisci su un testo non tuo, lo violenti e lo rendi presentabile al pubblico?
      Io premierei l’onesta’, ma sai quanto poco guadagna un editor con una coscienza?

      • LiveALive
        mercoledì, 30 Settembre 2015 alle 11:44 Rispondi

        Io ho una mente molto scientifica: il romanzo non ha alcuna pelle in cui entrare. Ognuno può leggerci la finalità che gli pare meglio: avendo il testo più percorsi semantici possibili (e questo è assodato da una lunga tradizione critica), i diversi percorsi portano anche a diverse mete, e quindi anche la natura del testo cambia in base al percorso che si sta guardando. Guardarli tutti, non si può, è disumano. In qualche pelle, sì, bisogna entrare. Ma quale? Quella dell’autore? Quella dell’editore? Di un ipotetico lettore modello (che chissà se esiste poi)?
        D’accordo sul resto: nessuno dice di imporre correzioni. Però qui dipende dall’editore: ho letto diverse volte lettere che accettavano la pubblicazione solo con determinati cambiamenti.

        • nani
          mercoledì, 30 Settembre 2015 alle 13:14 Rispondi

          Sai che mi fa fatica capirti?
          Sono d’accordo che un testo di alta qualita’ abbia diversi percorsi semantici, come li chiami tu, ma secondo me mantiene sempre un suo “sapore” oggettivo, un’atmosfera, o come vogliamo chiamarlo. Deve averlo, perche’ altrimenti non sarebbe degno di essere pubblicato. Pensa a D’Annunzio e dimmi se non saresti in grado di riconoscerlo tra mille. O anche Stephen King, se non vogliamo un classico. E perche’ li riconosci? Perche’ usano certe parole, certi giri di frasi, certe scene strutturate in certi modi, certe immagini, insomma, perche’ attraverso tutti i mezzi a loro disposizione, dalla punteggiatura al modo di strutturare la materia narrativa, riescono a creare una particolare atmosfera o… sapore, come lo chiamo io. L’editor non ha bisogno di vedere in quanti modi l’opera si presta ad essere decifrata. Quello lo fa il critico e, se vogliamo, il lettore attento. L’editor deve solo capire il tono del testo, comprendere da cosa e’ dato e cercare di lavorare con lo scrittore verso un testo migliore che non ne stravolga l’essenza. Guai se un editor cercasse di indirizzare il testo verso una delle sue interpretazioni. E’ un lavoro che non spetta a lui. Tu potrai dirmi che capita, inevitabilmente, perche’ anche l’editor e’ un lettore alla fine. Io ti dico che non sono sicura e che comunque, se davvero l’editing viene fatto in due (editor e scrittore), non puo’ succedere, a meno che lo scrittore non sia d’accordo.
          Tu prima facevi l’esempio della casa editrice che vuole un testo erotico e l’autore che lo vuole piu’ elegante: in questo caso l’autore non ha trovato la casa editrice che fa per lui. Io, se mi venisse una richiesta del genere, eviterei di pubblicare con loro, al costo di fare come te, che ti stampi e rileghi i libri a casa tua. :)

          • LiveALive
            mercoledì, 30 Settembre 2015 alle 14:04 Rispondi

            Qualsiasi testo, anche un opuscolo sulla sagra della castagna, ha più percorsi semantici. è una caratteristica che il linguaggio non può non trasportare, è proprio intrinseco.
            Ovviamente ogni autore ha il suo stile, ma la sua finalità non è determinabile in questo modo. Per esempio: che le donne siano tutte piatte e sottomesse, è importante o no per il sapore di d’Annunzio? Secondo me sì, perché lui non rappresenta il mondo reale, vuole fondere ideali moderni e classici, veri e ideali; secondo altri no, ed è un difetto. Esistono diverse visioni, infallibilmente.

      • Daniele Imperi
        mercoledì, 30 Settembre 2015 alle 14:21 Rispondi

        Anche per me l’editor deve suggerire e non correggere.
        E sono d’accordo che bisogna avere l’onestà di dire all’autore che il suo testo non è presentabile, se non c’è nulla che possa essere salvato.

      • Alessandra
        mercoledì, 30 Settembre 2015 alle 18:24 Rispondi

        Nani, un editor freelance non solo può scegliere i manoscritti su cui lavorare ma deve, secondo me. Essere costretti a lavorare a cose che non ci interessano inficia il risultato finale e non è un bene per lo scrittore. Quindi, prima regola aurea: mai accettare tutte le proposte che arrivano.
        Quando si edita, poi, bisogna tenere presenti diverse cose: come si presenta il libro (non sempre è un lavoro appena terminato), il livello dell’autore, il genere del libro, le intenzioni dell’autore e sì, anche il mercato editoriale. L’editor discute di tutte queste cose con l’autore, che ha bisogno di un confronto per poter fare delle scelte, anche strutturali.

    • Daniele Imperi
      mercoledì, 30 Settembre 2015 alle 14:17 Rispondi

      Sulla natura del libro non so dirti. Non so che intendano, magari Alessandra saprà dircelo.
      Sulla finalità non è detto, magari qualche autore scrive un libro per un fine preciso, per lanciare un suo messaggio, anche non dicendolo chiaramente.
      Se il libro è erotico, non porno, c’è poco da sviluppare scene piccanti :D

      • LiveALive
        mercoledì, 30 Settembre 2015 alle 14:45 Rispondi

        Però, quel che intendevo, è che lo scopo dell’autore non sempre è un assoluto. A volte, come dicevo, ci sono editori che offrono la pubblicazioni sono se vengono fatte alcune modifiche, e queste modifiche rappresentano la volontà dell’editore, o del mercato, ma potrebbero anche essere opposte a quelle dell’autore. a volte è difficile trovare un equilibrio.

        • Daniele Imperi
          giovedì, 1 Ottobre 2015 alle 8:14 Rispondi

          Se le scelte dell’editore sono contrarie alle mie, ai miei valoiri, alle mie idee, io abbandono l’editore, mi pare ovvio.

  2. Vanda Teodonno
    mercoledì, 30 Settembre 2015 alle 7:39 Rispondi

    Ho pubblicato un romanzo (autobiografico ma sembra di fantasia) e l’editore mi aveva avvisato che ci sarebbero potute essere correzioni o cambiamenti forse anche nel testo ma alla fine, a parte qualche consiglio su un capitolo o su una frase, non ricordo), non c’è stato praticamente nulla. Pensa che sia stato fatto un editing superficiale?

    • LiveALive
      mercoledì, 30 Settembre 2015 alle 8:25 Rispondi

      L’editing lo si fa assieme a te: se c’è stato o no lo sai tu. La profondità dell’editing dipende: è anche possibile che davvero fosse già tutto a posto, ma bisogna vedere.
      Non esiste testo che non sia autobiografico perché non puoi che rielaborare ciò che già conosci. Di contro Franzen dice che neanche la tua biografia è biografia perché tutto è filtrato e rielaborato dalla forma.

    • Daniele Imperi
      mercoledì, 30 Settembre 2015 alle 14:23 Rispondi

      Ciao Vanda, benvenuta nel blog.
      Secondo me è stato molto superficiale l’editing. Alessandra saprà riposnderti meglio.

    • Alessandra
      mercoledì, 30 Settembre 2015 alle 18:04 Rispondi

      Ciao Vanda,
      senza leggere il testo in questione e verificare gli interventi è difficile farsi un’idea chiara. Di solito, però, anche solo con una correzione di bozze normale le segnalazioni sono più di un paio. Nel tuo caso non credo nemmeno si possa parlare di editing.

  3. sandra
    mercoledì, 30 Settembre 2015 alle 9:10 Rispondi

    Trovare un editor che lavora in perfetta sintonia e sinergia con l’autore può portare a grandi risultati.
    Volevo sapere se Alessandra Zengo è la stessa Alessandra Zengo che anni fa gestiva “Diario di pensieri persi” se sì, le mando molto volentieri un caro saluto, perchè la sua collaboratrice Valentina aveva recensito il mio primo romanzo e al di là dell’opinione lusinghiera, avevo trovato un team veramente dotato di grande professionalità ed empatia.

    • Alessandra
      mercoledì, 30 Settembre 2015 alle 17:01 Rispondi

      Ciao Sandra, è un piacere trovarti qui. Sono proprio quella Alessandra e mi ricordo ancora di te.
      Grazie per i complimenti, la redazione ne sarà molto felice!

      • sandra
        mercoledì, 30 Settembre 2015 alle 18:29 Rispondi

        :) adoro le carrambate! Buon editing, allora!

  4. Salvatore
    mercoledì, 30 Settembre 2015 alle 11:56 Rispondi

    Pensando alla mia esperianza con Giulio Mozzi, l’editing è sempre un’esperienza invasiva. In alcuni casi capovolge completamente la natura del testo. Mozzi riesce a tirare fuori dall’autore quello che voleva davvero raccontare, ma non ne aveva il coraggio (o la consapevolezza). Forse, però, sono due cose diverse. Non ho altre esperienze nel paniere.

    • LiveALive
      mercoledì, 30 Settembre 2015 alle 12:36 Rispondi

      Dipende da come lo intendiamo. È invasivo nel senso che abbiamo la mente X (lettore) applicata a un affresco della mente Y (autore). Inevitabilmente ci sono delle differenze, per quanto si possa cercare di capire, e questo può apparire “invasivo” (ma non impositivo). Se non ci fosse questo ovviamente non si potrebbe neanche fare editing. A volte la mentalità diversa permette di notare cose che quella autrice non poteva, in quanto tale, notare, e si rende conto di condividerle. È anche possibile però trovare menti incompatibili.

    • Daniele Imperi
      mercoledì, 30 Settembre 2015 alle 14:24 Rispondi

      Se riesce a tirare fuori il meglio, tanto di guadagnato no? Non sono sicuro che si possa definire invasivo.

    • Alessandra
      mercoledì, 30 Settembre 2015 alle 17:45 Rispondi

      Salvatore, la penso come Daniele: se è un processo che tira fuori il meglio di uno scrittore (e lo scrittore è soddisfatto del risultato e dei progressi), non vedo problemi. Tuttavia ho sempre delle riserve verso chi riscrive i testi altrui (e non fa il ghost ma l’editor).

    • Il Pierpo
      sabato, 3 Ottobre 2015 alle 16:29 Rispondi

      Stravolgere il significato di una frase o di un paragrafo, ti assicuro che non significa riuscire a tirare fuori ciò che realmente si vuole dire, anzi, molte volte significa che chi edita non ha capito una cippa di ciò che stai scrivendo.E andiamo alla superficialità dell’editing e all’idiosincrasia a cui fa riferimento Ale (mi si permetta quest’abbreviazione) nell’intervista.
      E te lo dico con cognizione di causa (ho “provato” almeno 4 editor). Addirittura l’ultimo editing, pensavo fosse della stessa persona (pur avendo cambiato servizio editoriale) del primo che ho affidato.
      Esempio. Scambiare il nome di un personaggio, o lasciare refusi non corretti, indica scarsa attenzione nella lettura e di conseguenza nell’editing, nella compilazione della scheda ecc. A quel punto tocca all’autore rivedere completamente il lavoro e quindi aver buttato soldi e tempo.

  5. Tenar
    mercoledì, 30 Settembre 2015 alle 14:34 Rispondi

    Leggendo il post (ahimè, velocemente perché il tempo è tiranno) ho avuto l’impressione di un lavoro fin troppo “profondo” sul testo. Se si arriva a tre stesure di un capitolo che l’autore considerava già pronto è quasi una scrittura a quattro mani (anche se l’editor si limita a suggerire). Le mie esperienze di editing sono state di sicuro meno importanti, riassumibili con “qualche suggerimento qua e là”. Mi chiedo, la mia è una curiosità, non una polemica, se, con l’aprirsi del mercato del self gli editor non cerchino di salvare in qualche modo anche testi dalle forti carenze strutturali e linguistiche, finendo per fare i salti mortali per ottenere un lavoro leggibile.

    • Alessandra
      mercoledì, 30 Settembre 2015 alle 17:35 Rispondi

      Per quanto riguarda le revisioni: il “peso” di ognuna – ovvero la quantità di correzioni/suggerimenti etc – varia a seconda del testo. Possono sembrare molte, ma tieni presente che a ogni step la revisione diventa via via sempre più leggera e specifica. L’editing affiancato, però, non sfocia mai in una scrittura a quattro mani (che non è editing, appunto), te lo posso assicurare.
      Nel caso di libri con forti carenze strutturali e linguistiche l’unica soluzione, secondo me, è una riscrittura. In questo caso l’editor diventa un (quasi) ghostwriter. Tuttavia, se parliamo di self-publishing, non so quale editor sia disposto a fare un lavoro simile considerata la limitata disponibilità economica degli scrittori. Banalmente, gli editori tradizionali pagano di più.

      • Daniele Imperi
        mercoledì, 30 Settembre 2015 alle 17:37 Rispondi

        In effetti penso anche io la stessa cosa: un conto è suggerire correzioni, un altro è riscrivere tutto da capo, che è un lavoro più lungo e articolato. Dovresti chiedere parecchi soldi che l’autore potrebbe non ammortizzare mai.

      • Tenar
        mercoledì, 30 Settembre 2015 alle 17:44 Rispondi

        Allora è un sollievo sapere che ci sono ancora editori che si occupano di fornire ai lettori testi che sono passati attraverso tre revisioni da parte di un editing. Da come descrivi il tuo lavoro, nessuno dei miei testi ha subito un editing tanto accurato. Penso che sarebbe interessante provare, per un autore si tratta senza dubbio di un’opportunità.
        Certo, prima devo trovare un editore disposto a investire così tanto su un mio testo…

        • Alessandra
          mercoledì, 30 Settembre 2015 alle 17:53 Rispondi

          Sarebbe molto bello se tutti gli editori mettessero la stessa cura nella produzione di un libro. Inoltre credo che il self-publishing stia avendo successo proprio perché molti piccoli/medi editori non riescono a essere abbastanza competitivi. Io sceglierei una piccola casa editrice, pur con una distribuzione carente, solo se riuscisse a garantirmi un lavoro serio sul testo e una buona confezione a livello di impaginazione e grafica. Se queste esigenze minime non vengono soddisfatte (non ho nemmeno parlato di promozione), quale vantaggio concreto avrei dal pubblicare con loro?

  6. Davide
    mercoledì, 30 Settembre 2015 alle 19:45 Rispondi

    In realtà bisogna trovare un editor che abbia una certa esperienza “in quel genere”, mi spiego meglio. Tempo fa ho contattato una professionista per fare l’editing di un libro fantasy, ma questa signora si è rivelata completamente inesperta sul fantasy. Un editor non fa solo correzioni, ma studia anche la forma più adatta per un determinato libro e il tempo migliore. Ad esempio, in un testo fantascientifico servono termini che non useresti mai in un fantasy. Un editor onesto dice al cliente se se ne intende di un certo genere oppure no.

    • Daniele Imperi
      giovedì, 1 Ottobre 2015 alle 7:29 Rispondi

      Ciao Davide, benvenuto nel blog. Anche secondo me deve esserci conoscenza ed esperienza nel genere letterario.

    • Alessandra
      giovedì, 1 Ottobre 2015 alle 14:00 Rispondi

      Sono d’accordo, è necessario un professionista che conosca il genere del tuo romanzo. Inoltre, come dicevo prima, sta anche all’editor saper scegliere bene i manoscritti su cui lavorare.

  7. Piter57
    mercoledì, 30 Settembre 2015 alle 21:00 Rispondi

    Se davvero la Zengo fa tutto quello che ha detto di fare come editor, e preciso pur non conoscendola che io credo che lo faccia, allora è da apprezzare molto. Detto questo vorrei spendere qualche parola sul lavoro di un “ottimo” editor. Per fare ciò devo soffermarmi un poco su qualcosa di molto importante che a volte viene dimenticato da molti scrittori, soprattutto da quelli che scrivono da poco tempo. Sto parlando dei “lettori” cioè di coloro che infine andranno a leggere il libro che si vuole pubblicare. Uno scrittore può scrivere di tutto e nella forma che più preferisce, e su questo non si discute, ma scrive solo per se stesso oppure desidera che il suo libro sia letto con interesse da altre persone? Se scrive solo per sè il discorso si chiude qui, e non ha bisogno di nessun editore, ma se scrive perchè vuole essere letto, apprezzato, stimato e anche ricompensato con qualche “soldino”, allora un editor è un passaggio obbligato di cui non si può fare a meno, a meno che lo scrittore stesso non sia anche un bravo editore. Premesso ciò e se lo scrittore trova un editore molto professionale, basta visionare i lavori che ha svolto in precedenza , deve affidarsi al suo giudizio di editor con molta serenità e dormire fra due guanciali. Lo scrittore deve ricordare che molto spesso tutto ciò che esce dalla sua penna lui lo considera importante come lo è una sua mano, un suo piede, la sua mente e perfino il suo stesso cuore, e tutto ciò è comprensidile.

    Quindi quando un editor toglie qualcosa o corregge il testo originale del libro lo scrittore può considerarlo come se gli venisse portato via qualcosa di importante e prezioso quasi come una parte della sua vita, e qui può cominciare la tragedia, con dissensi, malumori, jngiuste accuse, litigi e a volte il ritiro dell’opera. Se si giunge a tutto questo vuol dire in molticasi che lo scrittore non è maturo per pubblicare una sua opera. Lo scrittore deve ricordare che chi fa l’editor guarda il libro da pubblicare con gli occhi dei “lettori” futuri, e deve anche ricordare che deve volere fortemente che chi ha comprato il suo libro, chiusa l’ultima pagina alla fine della sua lettura, dica:”E’ stata una bella lettura”. E quando andrà in libreria e vedrà il nome dello stesso scrittore su un altro libro lo comprerà perchè penserà:”Di certo sarà un’altra bella lettura”.In questo modo si “darà” qualcosa al lettore. Ma se lo scrittore pensa solo a se stesso, ai suoi sentimenti forse feriti o forse non capiti secondo lui da un editor molto esigente, questo vuol dire che non ha capito il lavoro dell’editor e deve informarsi un pò meglio. Il bravo editor se vi sono delle correzioni, dei tagli, degli spostamenti o altro da fare sul testo li farà, per rendere il testo di facile comprensione, pur rispettando la profondità di pensiero o dei sentimenti espressi, rendere il testo scorrevole, più preciso, più chiaro eccetera…Ben vengano quindi i bravi edirtor, ma solo quelli “bravi” davvero. E ogni scrittore deve sempre imparare, se è ò no alle prime armi, ad esseresempre un pò modesto e accettare i consigli di chi lo farà crescere nella sua arte, se questi consigli arriveranno da un editor o da chiunque altro. Tutti noi abbiamo sempre bisogno di imparare qualcosa, e se ci fermiamo un attimo per ascoltare e accettare i consigli di un bravo editor di certo stiamo impiegango il nostro tempo in modo ottimale. Un bravo editor non snaturerà mai il senso del tuo testo, ma di certo se ce ne fosse di bisogno con le sue correzioni lo renderà più esaltante, e forse più vicino a quello che “volevi dire” più di quanto ti sia avvicinato tu con le tue parole scritte in quel paragrafo. A volte succede anche questo. E un pò di fiducia non guasta mai, di certo l’editor che incontrerai ne sarà gratificato e lo farai lavorare con più serenità.

    • LiveALive
      mercoledì, 30 Settembre 2015 alle 21:09 Rispondi

      Chiariamo però che l’editor di suo non ti toglie niente: si discute, si ragiona assieme. Non è che l’editor farà tagli o spostamenti: l’editor non fa proprio niente, casomai consiglia all’autore, e poi lui vede cosa vuole fare (ciò nonostante l’intoccabilità della mano dell’autore è un mito moderno: un tempo lo scriba non si faceva problemi a modificare a suo gusto una pagina di aristotele per farla “più bella” e soprattutto “più cristiana”; e io sinceramente sarei per l’opera collettiva). Quindi di norma l’autore non dovrebbe sentirsi come se gli si portasse via un piede: se proprio non si condivide niente, evidentemente è l’editor sbagliato per lui, una mente con cui non può esserci accordo (quando l’editor dovrebbe aiutare a comprendere anche il proprio stesso gusto: sono convinto che un editor non possa lavorare ugualmente bene su tipi di testo opposti).
      Detto questo, ricordiamo che comunque pubblicare non è per forza una operazione “di massa”: ci sono libri che vengono pubblicati appositamente per poche persone. Il Nome della Rosa inizialmente doveva essere stampato solo in poche centinaia di copie di lusso, dedicate agli specialisti della materia. Poi sappiamo che la previsione di Eco si è rivelata sbagliata, ma non è che non si possa pubblicare qualcosa per i pochi. Certo in questo periodo è quasi impossibile, e poi dipende dall’editore.

      • Ulisse Di Bartolomei
        giovedì, 1 Ottobre 2015 alle 14:43 Rispondi

        Salve LIVEALIVE

        non sono d’accordo che i lettori possano attribuire diverse finalità o nature a un testo. Se questo si verifica, lo scrittore usa un metodo ambiguo e sleale nel descrivere. Se da una mia frase in cui menziono dei fiaschi, il lettore vi ravvisa dei fischi, le cose sono due: o sono disonesto oppure incapace. Vi possono stare delle motivazioni di “conforto esegetico” per così dire, per aiutare il lettore a non incagliarsi in un archetipo che lo mette a disagio richiamandolo in prima persona, offrendogli degli scantonamenti argomentali, ma la scrittura liberamente interpretabile e quella di chi vuole piacere in ogni caso, anche se ha nulla da dire! La dialettica dei politici, insomma…

        • LiveALive
          giovedì, 1 Ottobre 2015 alle 17:20 Rispondi

          Sinceramente: non si può dire che non sono possibili diversi percorsi semantici. È in critica letteraria l’equivalente della termodinamica in fisica: la base assoluta che non si può non conoscere. Il problema, oggi, non è se il testo abbia più percorsi, ma, avendoli oggettivamente (e qualsiasi testo ne ha, anche la ricetta della pasta al pomodoro), se questo delegittimi la critica “interpretativa” (il commento, per capirci), o in che limiti la renda legittima.
          Detto questo, il romanzo può essere inteso (e lo è davvero) come una macchina che genera significati. Ci sono testi creati appositamente con questo scopo: il Finnegans Wake, per esempio, è fatto apposta per generare il maggior numero si significati possibili, e in genere si riesce ad individuare in ogni singola frase fino a 7 livelli di interpretazione.

    • Ulisse Di Bartolomei
      giovedì, 1 Ottobre 2015 alle 14:26 Rispondi

      Salve PITER57

      In riferimento all’affermazione “basta visionare i lavori che ha svolto in precedenza”, come faccio a farlo? Dovrei chiedere all’editor di mostrarmi un manoscritto “grezzo” e ovviamente uno pessimo, come ricevuto dall’autore, e quello che ne è scaturito dalla sua correzione. La mia non è polemica, ma soltanto curiosità.

      • Daniele Imperi
        giovedì, 1 Ottobre 2015 alle 14:48 Rispondi

        Hai ragione, solo con un confronto dei due testi puoi capire. Però c’è un modo migliore: alcuni editor nel loro sito hanno scritto chiaramente di fare delle prove con l’autore, magari su una pagina, così c’è un costo limitato.

    • Alessandra
      venerdì, 2 Ottobre 2015 alle 10:50 Rispondi

      Una discussione lunghissima! Cerco di andare per punti e rispondere alle cose fondamentali.
      1. Esiste davvero qualcuno che scrive solo per se stesso (a parte i propri diari, forse)? La scrittura è comunicazione, quindi come dice Piter57 l’editor è un passaggio obbligato. A mio parere un bravo editor deve conoscere benissimo il mercato editoriale, così da poter consigliare nel modo giusto lo scrittore. E non solo per la scelta tra self-publishing e case editrici tradizionali (e quali), ma anche per come il libro è costruito/scritto.
      2. Anche secondo me non è possibile semplicemente “visionare i lavori che ha svolto in precedenza”, perché come fanno notare Ulisse e Daniele bisognerebbe fare un confronto tra il prima e il dopo.
      3. L’editor non interviene direttamente senza l’approvazione dello scrittore. Almeno, io come editor non lo faccio. Non prendo un testo, faccio taglia-cuci-riscrivi e poi lo riconsegno. Ogni cosa è segnalata e discussa con l’autore, perché vorrei che capisse il mio punto di vista.
      4. Tuttavia credo anche io che lo scrittore debba superare la sua fase solipsistica (comunque normale e comprensibile). Altrimenti non credo possa andare molto lontano. La parte difficile è sempre quella iniziale, anche per chi è preparato. Se è la prima esperienza seria di editing, è ovvio che non sia piacevole vedere ogni pagina colorata e piena di commenti e correzioni.

  8. Ulisse Di Bartolomei
    giovedì, 1 Ottobre 2015 alle 14:58 Rispondi

    Salve Daniele

    Delle prove limitate è già meglio. Bisogna però fidarsi che la perizia investita in quella pagina, venga adoperata in tutto il testo. I grandi editori non avranno problemi in quanto “pagano con soldi veri”, ma chi si autopubblica come fa a fidarsi di qualcuno a cui offre la mancia… Ho usato qualche iperbole ma si capisce…

    • Daniele Imperi
      giovedì, 1 Ottobre 2015 alle 15:08 Rispondi

      Se l’editor ci tiene al lavoro e anche alla reputazione, metterà lo stesso impegno anche nel lavoro, secondo me.

  9. Grazia Gironella
    giovedì, 1 Ottobre 2015 alle 21:56 Rispondi

    L’idea di migliorare il testo e contemporaneamente aiutare l’autore a riconoscere i suoi punti deboli e trovare il giusto metodo di lavoro è molto positiva. Deve essere un piacere lavorare con un editor che ha questo tipo di approccio. La mia esperienza personale è molto limitata, comunque positiva, ma non a questi livelli.

    • Ulisse Di Bartolomei
      venerdì, 2 Ottobre 2015 alle 0:52 Rispondi

      Salve Grazia Gironella

      in quel caso però, l’editor finisce per produrre un servizio di consulenza. Partendo da una prospettiva che lui lavora per guadagnare, temo che conciliare le due funzioni divenga complicato. Avrebbe sicuramente dei clienti che tentano di “estorcergli” delle dritte per poi proseguire da soli! Io purtroppo penso sempre al peggio…

      • Grazia Gironella
        venerdì, 2 Ottobre 2015 alle 9:35 Rispondi

        E’ proprio come dici, infatti non pretenderei mai un servizio simile dal mio editor… ma se me lo offrisse non direi di no!

    • Daniele Imperi
      venerdì, 2 Ottobre 2015 alle 7:35 Rispondi

      Una lettrice del blog sta facendo un lavoro di editing a un mio racconto che pubblicherò qui. Non è un editor, ma secondo me ha tutte le qualità per farlo. Grazie a quei suggerimenti sto scoprendo parecchie cose che non funzionavano o erano da migliorare nella mia storia.
      Quindi posso dire che, fatto in quel modo, l’editing è più che positivo.

      • Ulisse Di Bartolomei
        venerdì, 2 Ottobre 2015 alle 8:22 Rispondi

        Buongiorno Daniele

        Aspetto con interesse quest’articolo. Il mio ultimo libro è in sostanza un documentario autobiografico, che ha le caratteristiche di un romanzo. Ultimamente in parecchi mi hanno criticato il registro dialettico troppo articolato o “accademico” della mia scrittura, e qualche idea può far comodo. La questione però sta che lo stile espositivo matura in una vita intera e non è facile modificarlo. Per un editor invece è altra cosa, in quanto se fa quel lavoro ne ha acquisito le caratteristiche circospettive adeguate e maturate constatando un quantità di “nefandezze”. Nel tuo caso però, è differente in quanto tu hai già delle caratteristiche avanzate di tecnico della scrittura e quindi ti relazioni con un editor alla pari, per così dire… Uno scrittore “normale” solitamente “getta” sulla carta il suo bagaglio emotivo strutturandolo come meglio può, ma infine per produrre un risultato organico occorre l’approccio di uno specialista. Comunque seguo con attenzione…

    • Alessandra
      venerdì, 2 Ottobre 2015 alle 10:32 Rispondi

      Ciao Grazia, sono contenta che l’idea ti piaccia. Un editing affiancato richiede molti mesi di lavoro, quindi è inevitabile che anche lo scrittore migliori. E sì, per me il metodo è fondamentale, credo dia allo scrittore una impalcatura a cui appoggiarsi per fare un lavoro migliore.

      Ciao Ulisse, cosa intendi per “estorcergli”? Avendo già pagato per il servizio, perché dovrebbe fuggire? L’unica perdita di tempo, in questo senso, possono essere le prove di editing per i nuovi clienti.

      • Ulisse Di Bartolomei
        venerdì, 2 Ottobre 2015 alle 12:09 Rispondi

        Salve Alessandra

        Non conosco esattamente come gli accordi possono intercorrere tra editor e scrittore, ma nel caso di un pagamento concordato per l’intero testo, ovviamente la questione non si pone. Però prima di arrivarci può succedere che lo scrittore chieda… “Che cosa ne pensi della mia scrittura? Ha bisogno di revisione o va bene così?” In quel caso se l’editor comincia a menzionare cosa non va, può succedere che gli spunti dove intervenire già bastino allo scrittore oppure lui ritiene così. Si raccontava dell’avvocato Taormina, che appena un cliente entrava nel suo studio, prima che aprisse bocca gli diceva “Io costo così, mi puoi pagare?” e dopo aver posato qualche centone sulla scrivania, poteva esporre il suo caso. Ebbene, non credo questo nella presente questione, ma solitamente qualsiasi professionista che svolge servizi così delicati, si pone il dilemma della demarcazione tra approccio iniziale, consulenza e lavoro effettivo.

        • Alessandra
          venerdì, 2 Ottobre 2015 alle 15:04 Rispondi

          Grazie mille per la spiegazione, ora ho capito cosa intendi. Effettivamente sì, c’è questo rischio. Io ho scelto di mettere il mio tariffario nel sito per dare già la possibilità a chi è interessato di vedere i prezzi e capire se sono alla sua portata. Fa risparmiare tempo a entrambi.

  10. Samantha
    martedì, 6 Ottobre 2015 alle 8:15 Rispondi

    Io ho avuto un’esperienza molto positiva con l’editor Michelangelo Zizzi. Lui ha proposte delle modifiche al testo, rivedendo la base dei dialoghi per esempio, oppure un capitolo che secondo lui andava completamente ristrutturato. Ho seguito il suo lavoro nei primi capitoli, ma io ho riscritto. E mi sono trovata a seguire alla fine delle vere e proprie lezioni. Ha seguito il mio stile, il mio marchio di fabbrica. ( anche i puntini di sospensione, tre e i punti interrogativi messi a manciate di tre). Io mi sono trovata molto bene, poi ho lavoricchiato con un altro editor che invece spostava, cancellava, e metteva le frasi come voleva lui. Eravamo un paio di scrittori e ci siamo accorti che le correzioni erano le stesse e i nostri racconti pur narrando cose diverse sembravano fatti con lo stampino. Ecco questo modo non mi è piaciuto, perchè sembrava confezionasse torte tutte uguali con un gusto leggermente diverso ma alla fine tutte uguali.

    • Daniele Imperi
      martedì, 6 Ottobre 2015 alle 8:23 Rispondi

      Non ho capito la parte sui puntini e i punti interrogativi. Se ti ha lasciato mettere 3 punti interrogativi, per me ha sbagliato, perché grammaticalmente è un errore. Non accentua il tono della domanda l’aumento dei punti.
      Il modo del secondo editor non è editing.

  11. Romina Tamerici
    sabato, 17 Ottobre 2015 alle 19:49 Rispondi

    Un’intervista davvero molto interessante!

  12. alessandro grignaffini
    mercoledì, 27 Aprile 2016 alle 8:57 Rispondi

    A mio avviso l’editing non andrebbe fatto .Non vi piace ciò che uno scrittore ha prodotto o come lo ha espresso?Non pubblicatelo! Il lavoro di editing ,in qualsiasi modo lo si voglia intendere,rappresenta un’alterazione del pensiero dell’autore e delle sue capacità espressive . Dove sta scritto che le modificazioni introdotte dall’editor sono migliorative rispetto al testo originale?Ammesso anche che lo siano ,non è più identificabile la capacità espressiva autentica dello scrittore e il suo originale modo di vedere e rappresentare . In realtà l’editing ha una sola ed esclusiva funzione ,quella commerciale .Rendere un testo maggiormente appetibile nei confronti di un fruitore medio e di conseguenza aumentare le possibilità di vendita del prodotto finito ,questo è l’unico vero scopo dell’editing. Basti pensare a quale editing sarebbe possibile nei confronti di uno scrittore che adopera il flusso di coscienza come tecnica narrativa. Non c’è bisogno di fare nomi ,perchè sono noti a tutti . Il mio consiglio rivolto soprattutto agli editori :non accettate testi che non vi piacciono ,respingeteli piuttosto di stravolgerli. Limitatevi alla correzione delle bozze!

    • Daniele Imperi
      mercoledì, 27 Aprile 2016 alle 11:43 Rispondi

      Ciao Alessandro, benvenuto nel blog.
      Non è detto che l’editing sia un’alterazione del pensiero dell’autore. L’editing magari ti fa trovare delle lacune nella narrazione, che tu non avevi visto.

      • Alessandro
        lunedì, 23 Maggio 2016 alle 17:52 Rispondi

        Rispondo a Daniele Imperi .
        Hai ragione Daniele ,non sempre il lavoro di editing altera il pensiero dell’autore ,però è anche vero che, se uno non è in grado di esprimersi, è meglio che non scriva e soprattutto che non venga pubblicato .Ho forti dubbi a credere che un editore riesca a trasformare uno scrittore mediocre in uno bravo .Forse a questo scopo,per migliorarsi, sono più adatte le scuole di scrittura o i testi che insegnano a scrivere . Bisogna però riflettere anche sul fatto che a volte succede( ed è successo anche in passato) che certi stili che in prima istanza appaiono poco gratificanti o addirittura sgradevoli ad un lettore medio ,a lungo andare se rappresentativi della personalità dell’autore e idonei a farla emergere in tutta la complessità espressiva ,possono diventare addirittura piacevoli e accattivanti.

        • Daniele Imperi
          martedì, 24 Maggio 2016 alle 9:13 Rispondi

          Ciao Alessandro, benvenuto nel blog. Anche per me se non stai scrivere ed esprimerti è inutile passare all’editing e alla pubblicazione. Non puoi inventare uno scrittore. Non sono però convinto dell’utilità delle scuole di scrittura: puoi insegnare la tecnica, ma non puoi insegnare a scrivere.

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