Nell’unica tenebra che ammanta i cieli di Turais, il pianeta dalla vita ineffabile, mi addormentai stanco dopo una ricerca durata giorni. In realtà era il mio viaggio immaginario, che mi portava lontano, al di là delle sfere conosciute dello spazio e del tempo, dove l’ansia e la malinconia della mia vita terrena non potevano allungare le loro spire. Quel fastidium vitae che attanagliava la mia anima e mi rabbuiava i pensieri trovava conforto in quelle scorribande mentali, frutto della mia fantasia infantile. Eppure era l’unica cura contro il virus che mi distruggeva a poco a poco, consumando ogni mia energia.
Sotto i cieli di Turais sognai di Mekar1, il satellite silente, e i suoi Mari che avevano ritrovato la voce per invocare il mio aiuto. Sapevo che avrei dovuto recarmi sul pianeta principe per riuscire nell’impresa e nell’informe esistenza che conducevo a milioni di parsec mentali di distanza sulla Terra chiusi gli occhi, isolando la mia mente dalla vanità che mi circondava.
Fu allora che Turais e le sue creature mi parlarono con immagini chiare e evocative. Lampi di conoscenza scaturirono dalle nubi blu cobalto della volta celeste e emozioni in forma di fiamma penetrarono nel mio cuore con la forza di un’eruzione solare.
Era la sofferenza di Mekar che adesso era il mio dolore. E la pioggia che scese su Turais, in quella portentosa notte di veglia, era il pianto d’un’antica vita che languiva nell’estremo flebile sospiro.
Non restava che una sola decisione da prendere, che rallegrò il mio animo oltre ogni immaginazione. Non restava che recarmi ancora una volta a Mekar, sotto la superficie dei Mari Silenti, tuffarmi nelle sue acque senza calore, sempre più giù negli Abissi più antichi del tempo.
Quando riaprii gli occhi, sorrisi. E li chiusi ancora, per l’ultimo viaggio.
E per l’ultima volta.
luigi leonardi
Dilaga un bisogno di libertà inattuabile sulla terra. Quel fastidium vitae, o quel male di vivere, per dirla come Montale, ci dà lo struggimento, lo sgomento di occasioni perdute, e di soluzioni di cambiamento che non ci sono. Qui tutto ci afferra e ci rinchiude tra le maglie sempre più fitte dei nostri affanni.
Un senso di evasione totale scaturisce da questo racconto; una volontà non tanto di recuperare un tempo perduto, quanto di abbandonarlo.
E’ così?
Ciao Daniele.
Daniele Imperi
Hai perfettamente ragione, Luigi.
PS: domani parlerò di te su Libri da leggere
luigi leonardi
Ti ringrazio.
Ashgör, di là dal tempo – Un racconto di 300 parole
[…] 1 – Vedi il racconto Sotto i cieli di Turais. 2 – Vedi il racconto Le spiagge di Mekar. Tweet Pin It Archiviato in Racconti il […]