3 tipi di editoria che non concepisco

Stampe su richiesta, raccolte fondi e edizioni anastatiche

Addirittura 3 tipi di editoria? Non esistevano soltanto l’editoria tradizionale (pubblicare con una casa editrice) e l’autopubblicazione?

Il primo tipo di editoria che contesterò riguarda proprio l’autopubblicazione, ma non l’autopubblicazione in sé, semplicemente uno dei formati per pubblicare un libro per conto proprio.

Il secondo tipo riguarda l’editoria tradizionale o, meglio, una pratica dell’editoria tradizionale in voga in questi ultimi anni.

Il terzo tipo fa sempre parte dell’editoria tradizionale, ma si riferisce a opere datate, già pubblicate, quindi. Non è roba che riguardi noi autori di oggi.

La stampa su richiesta

Più conosciuta come print on demand, perché in inglese funziona meglio, la stampa su richiesta è un servizio offerto da varie piattaforme, come per esempio Amazon o Youcanprint: stampano le copie che vengono ordinate.

Prendiamo Youcanprint: nel sito leggiamo che ha venduto oltre 3 milioni di copie. Un numero sensazionale, direte. Ma scrive anche che ha oltre 19.000 autori, il che fa in media meno di 160 copie vendute per autore. Non suona più così sensazionale.

Ho dei progetti per racconti lunghi da autopubblicare, ma ho deciso che saranno solo in ebook. Non mi va di leggere in un mio libro Printed in USA, come accade se pubblichi con Amazon.

Ma in genere la stampa su richiesta non mi dà la sensazione che il libro sia stato veramente pubblicato.

L’impronunciabile crowdblishing

Crasi di crowdfunding e publishing, che altro non è se non la raccolta fondi editoriale. Ma in inglese è più immediato…

Ho provato a cercare questo termine in frasi in inglese e Google mi ha risposto: “Sembra che non ci siano risultati molto pertinenti alla tua ricerca”. Non ce n’era proprio nessuno, anzi.

Insomma, noi italiani abbiamo creato un neologismo inglese talmente brutto che gli anglosassoni si sono risparmiati di crearlo. E in effetti loro lo chiamano semplicemente book crowdfunding.

Si tratta di proposte editoriali, precedentemente selezionate, sottoposte ai lettori: saranno pubblicate in base al loro apprezzamento e alle prevendite. Come per tutte le campagne di raccolta fondi, anche in questo caso la commerciabilità del libro si evince dalla somma raccolta.

Perché non mi piace? Perché i lettori acquistano a scatola chiusa, prima di tutto, e io non pagherei per un libro non ancora pubblicato. E poi perché non concepisco proprio l’idea di farmi dare soldi dagli altri per un mio progetto.

Alla raccolta fondi editoriale preferisco l’autopubblicazione.

Le edizioni anastatiche

Ho comprato varie volte le edizioni anastatiche di qualche opera. Tanti e tanti anni fa presi la prima: la copia anastatica del primo numero di Topolino.

Ultimamente ho acquistato altre due opere in edizione anastatica, saggi dei primi del Novecento.

Le edizioni anastatiche sono riproduzioni di vecchie stampe tipografiche e presentano difetti e lacune:

  • Mancano di una correzione di bozze: ho trovato libri con virgole fuori posto e puntini di sospensione in gran numero, refusi ed errori tipografici.
  • Mancano di un apparato di note a piè di pagina: si menzionano eventi e personaggi che non tutti conoscono e una nota esplicativa a fondo pagina aiuta nella comprensione del testo.

Non sono molto diverse dalle fotocopie. Il testo resta tale e quale, con tutti i suoi errori e le sue mancanze.

Perché, allora, si creano le edizioni anastatiche? Non ne ho idea. Forse perché è più comodo e veloce – e anche più economico – altrimenti bisognerebbe ribattere al computer il testo o usare un programma OCR (Optical Character Recognition), cioè un riconoscimento ottico dei caratteri a partire dalla foto o dalla scansione del testo.

Ma poi occorre rivedere il testo per correggere parole e frasi non riconosciuti. Per riportare in vita vecchie traduzioni dei racconti di Poe, pubblicate nei primi del Novecento, scatto una foto delle pagine con lo smartphone e le carico una per volta sul sito Online OCR. Seleziono la lingua e converto il testo.

Il risultato in genere è buono, se la foto è nitida e a fuoco e la pagina abbastanza chiara. Ma devo comunque intervenire qui e là per sistemare quei caratteri che il programma non ha riconosciuto.

E l’editoria a pagamento?

Non esiste. È un termine errato per tipografia.

Cosa pensate dei 3 tipi di editoria illustrati? Quale di questi vi incuriosisce?

23 Commenti

  1. Corrado S. Magro
    giovedì, 16 Giugno 2022 alle 10:22 Rispondi

    In sintesi nessuna delle tre. Esistono però anche opere valide (del passato) che alcuni editori hanno trasferito con cura nel digitale. Io ho deciso per il digitale e fino al presente sono riuscito a restare fedele alla scelta. A chi chiede la stampa su richiesta comunico l’indirizzo delle tipografie senza andare oltre. Resto povero ma conseguente. Quanto alle valutazioni (per i concorsi) estratte dal giudizio di lettrici/lettori di ginnasio e liceo, sarebbero da tenere in considerazioni se non fossero spesso direttamente o indirettamente influenzate. Come accettarne quando una docente rodata di liceo, t’invia un testo da pubblicare dove errori e refusi, senza parlare dei contenuti, si manifestano come la reazione effervescente del bicarbonato aggiunto al limone? Cosa dovrebbero/potrebbero valutare gli student-i-esse🧐😟? E il finanziamento in anticipo, il “crudo dal fondo dei crauti”? Pensabile se chi scrive è una penna apprezzata e conosciuta che a quel punto… se ne fo…

    • Daniele Imperi
      giovedì, 16 Giugno 2022 alle 12:54 Rispondi

      Trasferire con cura nel digitale va bene, ma non sempre succede. E riguardo agli errori, purtroppo essere laureati oggi non è una garanzia, visto quello che gira nei blog.

  2. Kukuviza
    giovedì, 16 Giugno 2022 alle 10:58 Rispondi

    Io, come già ti dissi, vedo un senso nel Print on Demand. Se un lettore preferisce leggere su carta anziché in digitale, è giusto che possa farsi stampare una copia del libro che intende leggere. Io ci vedo meno sprechi, le copie stampate saranno effettivamente lette.
    Se il futuro dell’editoria sarà nel digitale (non lo so per certo, ma può essere), credo si debba andare oltre il concetto del libro fisico, che se non c’è quello non hai pubblicato davvero. Io lo vedo davvero come un discorso ecologico.
    La raccolta fondi editoriale non la capisco nemmeno io, anzi la capisco nel senso che mi sembra di vedere spuntare come funghi minicase editrici che con l’avvento del digitale, non fanno altro che frapporsi tra gli autori e le piattaforme tipo Amazon, ecc. Ho l’idea che non investono praticamente niente e nemmeno facciano granché per gli autori. Se guadagnano qualcosa bene, altrimenti non ci hanno perso perché non ci hanno investito. Se qualcuno può smentirmi, lo faccia pure.
    Il terzo caso credo sia una cosa per “collezionisti”, questa riproposta di edizioni vecchie così com’erano. O forse un modo per fingere di fare una nuova edizione senza in realtà metterci mano.

    • Daniele Imperi
      giovedì, 16 Giugno 2022 alle 12:57 Rispondi

      Il discorso ecologico mi sta bene, ma si può stampare su carta riciclata e con inchiostri ecologici.
      Se la raccolta fondi editoriale funziona come dici, allora è ancora peggio. Ma finché la porta avanti un autore, mi sta bene, è una sua scelta. Che provenga da una casa editrice allora no, mi sa proprio di non voler investire su un libro.
      Le edizioni anastatiche potrebbero avere una ragione nel collezionismo, ma non possiamo considerarle come una nuova edizione.

      • Kukuviza
        giovedì, 16 Giugno 2022 alle 14:23 Rispondi

        Certo, stampare in maniera il più sostenibile possibile va bene e dovrebbe essere fatto in ogni caso, ma comunque credo che quando si stampino molte copie da piazzare nelle librerie, rimangano tante copie invendute (per tante intendo che il numero in sé potrebbe anche essere basso 10-20 a libreria che però viene moltiplicato per tante librerie e per tanti libri). E comunque è uno spreco energetico stampare un libro, ancorché ecologico, per poi riciclarlo. Non è meglio evitare quel passaggio se è evitabile?
        Comunque al momento attuale credo che il print on demand riguardi all’atto pratico solo il self e appunto queste piccole case editrici che ben poco “pubblicano”, secondo il significato stretto del termine.
        So di bookabook che si definisce casa editrice in crowfunding. per il discorso che facevo su altre case editrici, non credo che funzionino in crowfunding ma secondo me fanno solo da cuscinetto tra autore e piattaforme.

        • Daniele Imperi
          giovedì, 16 Giugno 2022 alle 14:26 Rispondi

          Il problema principale forse riguarda più i piccoli editori, che magari non riescono a vendere tutto quello che stampano. Bisognerebbe fare una ricerca al riguardo.
          La stampa su richiesta si trova nelle piattaforme che aiutano gli autori nell’autopubblicazione e su Amazon.

  3. Orsa
    giovedì, 16 Giugno 2022 alle 11:46 Rispondi

    La media delle 160 copie è una bordata che ha demolito il castello! :D Purtroppo crowdfunding e soprattutto on demand sono modelli che hanno rivoluzionato l’economia e società. Dai contenuti televisivi ai mezzi di trasporto fino al lavoro. E ora leggo anche l’editoria.
    Il crowdblishing poi è una scemenza colossale “proposte editoriali precedentemente selezionate sottoposte ai lettori”. Quali lettori decideranno se un’opera sia meritevole? Si tratta di una “giuria” qualificata o composta da una squallida platea raccattata via social?
    La stampa anastatica nasceva col nobile scopo di riprodurre tipograficamente testi antichi e rari, ma oggi la trovo una paraculaggine priva di senso logico e di utilità. Tanto più che gli OCR speso e volentieri fanno dei veri macelli ;)
    Ho paura che niente sarà più come prima, nemmeno l’editoria… tutto confluisce in questa maledetta bolla del globalismo. Ma io ho fede, presto o tardi scoppierà.

    • Orsa
      giovedì, 16 Giugno 2022 alle 11:48 Rispondi

      A questo punto l’autopubblicazione pare essere veramente il male minore.

      • Daniele Imperi
        giovedì, 16 Giugno 2022 alle 13:01 Rispondi

        Alle 3 forme di editoria è preferibile sì l’autopubblicazione, se fatta bene.

    • Daniele Imperi
      giovedì, 16 Giugno 2022 alle 13:00 Rispondi

      Nella raccolta fondi editoriale non so quali lettori, ma credo chiunque ne venga a conoscenza. Visiona il progetto editoriale e ne prenota una copia. Se poi non venisse stampato il libro, suppongo si venga rimborsati.
      Un tempo la copia anastatica aveva un senso, è vero, ma oggi con il digitale non ha senso.
      Gli OCR devono interpretare il testo da un’immagine: più il testo è chiaro e grande e la stampa pulita e meno errori commettono.

  4. Maria Teresa Steri
    giovedì, 16 Giugno 2022 alle 12:17 Rispondi

    Il crowdfunding applicato ai libri non mi fa impazzire, la trovo l’ennesima maniera di spennare gli autori mentre non vedo vantaggi per i lettori che come hai giustamente detto acquistano a scatola chiusa. Delle edizioni anastatiche non ero invece a conoscenza e in effetti non hanno molto senso.
    Non sono d’accordo invece sul print on demand che secondo me è un’ottima cosa. Lo trovo un sistema sensato per realizzare cartacei, anche considerando i tantissimi sprechi di carta di tutte le copie invendute che finiscono al macero. Perché dunque non usufruire di questa modalità? Un sacco di lettori leggono ancora su carta e non c’è neanche grande attesa perché spesso Amazon fa stampare delle copie in anticipo e le spedisce all’occorrenza.

    • Daniele Imperi
      giovedì, 16 Giugno 2022 alle 13:03 Rispondi

      Non so se nella raccolta fondi editoriale si chiedano contributi agli autori, ma non credo. Diciamo che gli autori rischiano di perdere tempo e basta.
      Le copie vendute che finiscono al macero non le ho mai concepite: perché non spedirle alle biblioteche, alle scuole, ai carceri, perché non regalarle anche?

      • Kukuviza
        giovedì, 16 Giugno 2022 alle 14:25 Rispondi

        sul regalare libri a biblioteche, scuole ecc, so di aver letto in giro che gente che ci ha provato ha dovuto davvero sputare pallini per riuscirci e forse manco c’è riuscita, perché queste istituzioni non accettano cose molto facilmente, hanno paletti, restrizioni ecc.

        • Daniele Imperi
          giovedì, 16 Giugno 2022 alle 14:28 Rispondi

          E che paletti dovresti mettere?
          Certo, in una scuola media dubito che si possano portare libri per adulti, ma a parte questo non vedo quali altri paletti, almeno per biblioteche (che dovrebbero avere ogni tipo di pubblicazione) e carceri.

          • Kukuviza
            giovedì, 16 Giugno 2022 alle 15:23 Rispondi

            Metti che in una città ci siano 15 librerie, quante biblioteche ci saranno? Altrettante? Forse meno. Carceri ancora meno. Se di un titolo specifico avanzano 50 copie in tutta la città come le piazzi? Metti anche che ne piazzi 10, ti avanzano 40.
            Si può provare con le scuole, ma non è che puoi regalare ogni tipo di libro e inoltre credo che in ogni istituzione ci siano problemi di spazio.
            Non dico che sia impossibile tout court, ma non è così semplice.

  5. Grazia Gironella
    sabato, 18 Giugno 2022 alle 19:30 Rispondi

    Sicuramente mi hai incuriosita con l’edizione anastatica, che non avevo mai sentito nominare. Il crowdfunding per i libri mi sembra fuori posto. Poteva avere un senso quando non esisteva la possibilità dell’autopubblicazione gratuita, per dare la possibilità di essere conosciuta a una storia particolare; oggi non c’è bisogno di chiedere ai lettori di mettere mano al portafoglio. Che bonus aggiuntivi puoi offrire ai sottoscrittori, poi? Perché sennò nessuno ha motivo di partecipare.

    • Daniele Imperi
      lunedì, 20 Giugno 2022 alle 8:10 Rispondi

      L’unico bonus, credo, è avere prima degli altri la copia del libro, magari autografata. Non mi sembra un bonus originale né che faccia gola.

  6. Luciano
    domenica, 19 Giugno 2022 alle 10:06 Rispondi

    È evidente che l’autopubblicazione trova il punto d’incontro tra la voglia di un autore di pubblicare il suo libro senza passare attraverso le case editrici, con sicure perdite di tempo e probabilissimi dinieghi, e l’idea imprenditoriale di fare soldi con i libri rischiando poco o niente. La stampa su richiesta diventa quindi la sublimazione del concetto sopra espresso. È tuttavia anche figlia dei nostri tempi, dove ormai sempre piu aziende di qualsivoglia settore non fanno quasi più magazzino, e realizzano il prodotto finito solo dopo che il cliente ha firmato il contratto. Tutto questo è dovuto soprattutto alla persistente crisi economica e alla necessità che hanno le imprese di tutelarsi per non rischiare di fallire. È bello comunque osservare che risulti anche ecologico.

    • Daniele Imperi
      lunedì, 20 Giugno 2022 alle 8:12 Rispondi

      Fare soldi con i libri è un’utopia.
      L’unico pregio della stampa su richiesta è il lato ecologico, per me.

      • Luciano
        lunedì, 20 Giugno 2022 alle 9:21 Rispondi

        Non gli scrittori, ma con questo sistema Amazon e Youcanprint i soldi li fanno…

  7. Luz
    mercoledì, 22 Giugno 2022 alle 13:10 Rispondi

    Sono perplessa riguardo al crowdfunding, perché di esempi d’eccellenza in Italia non penso di averne visti. C’è una casa editrice che pubblica solo mediante questa modalità, ma poi non fanno niente per la distribuzione. Misteri del perché le persone si affidano a questo tipo di editoria. Un esempio virtuoso però a mio parere c’è, quello americano di Storie della buonanotte per bambine ribelli.

    • Luz
      mercoledì, 22 Giugno 2022 alle 13:11 Rispondi

      *si affidino

    • Daniele Imperi
      mercoledì, 22 Giugno 2022 alle 13:24 Rispondi

      Esempi d’eccellenza in Italia neanche io ne ho visti. Se non fanno distribuzione, che pubblicano a fare? Se tutto resta nelle mani dell’autore, tanto vale autopubblicarsi.
      Non sapevo che le “Storie della buonanotte” fossero nate in crowdfunding. Ho appena visto che hanno raccolto “675.614 $ su un obiettivo di 40.000 $”. Ma in quel caso ha vinto il tema del libro, e anche la lingua inglese che si parla ovunque.

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