Bella domanda. Molti autori non amano essere presenti sui social, al massimo hanno un blog e per loro va bene così. Gestire la promozione editoriale sui social media non è facile e implica una buona conoscenza del mezzo e anche tempo a disposizione, che non tutti hanno.
Il discorso, alla fine, si riduce alla fatidica domanda: essere sui social mi fa vendere più libri?
Una domanda troppo semplicistica, che non può trovare una risposta superficiale. Ho preferito allora intervistare sei autori indipendenti americani, tre uomini e tre donne (par condicio involontaria) e rigirare a loro quella domanda, anche se in una forma più elegante.
La tua presenza sui social media è stata un modo strategico/di successo per vendere più libri? Se sì, puoi spiegare in che modo?
Robert J. Crane
Devo dire che la mia presenza sui social media non è stata un ottimo modo per vendere o trovare nuovi lettori, ma è stata preziosa per comunicare con quelli vecchi per segnalare nuovi libri in uscita. Da questo punto di vista, lo considererei un successo, anche se non sarebbe consigliabile basarsi solo sui social media per comunicare nuove pubblicazioni o cercare di usarli per portare nuovi lettori alle mie opere. – Robert J. Crane
In questa situazione i social media sono serviti soltanto per mantenere un contatto con i lettori affermati. Robert dice bene: non puoi usare i profili sociali come unico canale per segnalare le tue pubblicazioni. Per quello cʼè anche e soprattutto il blog.
Acquisire nuovi lettori coi social? Perché no? Se riesci a creare buone relazioni, significa che le condivisioni dei tuoi contenuti sociali aumentano, quindi sei esposto a un pubblico maggiore. Un pubblico interessato. Sta allo scrittore fare in modo da attrarre persone interessate ai suoi libri.
Robert ha oltre 1.100 follower su Twitter e oltre 3.800 fan sulla fan page di Facebook.
Steena Holmes
Non guardo ai social media come a un modo per vendere più libri, ma piuttosto come a un modo per connettermi con più lettori. Penso che se li vedi soltanto come una piattaforma per vendere libri, allora stai perdendo i reali benefici e i risultati a lungo termine. Fra il lettore e lʼautore si sta creando una relazione che gli autori non hanno mai sperimentato prima – e il termine “relazione” è di fondamentale importanza se sei un autore che vuole continuare ad avere successo.
Hai bisogno di una connessione con i tuoi lettori se vuoi che prendano in considerazione il tuo prossimo libro – il mercato pullula di scelte per i lettori e è facile “perdersi” nella folla. Per evitare tutto questo crea una connessione, costruisci una relazione, così che, quando hai una pubblicazione, quando cʼè una vendita, quando vuoi attirare la loro attenzione, è facile farlo. I social media ti aiutano in questo. – Steena Holmes
Steena ha detto una cosa giusta: i benefici a lungo termine. Non si possono vendere libri sui social, perché la vendita diretta lì è fastidiosa e infruttuosa. Ma creare relazioni porta vantaggi. Grazie alle relazioni sui social media si possono innescare tantissimi meccanismi, dal semplice passaparola alla condivisione di schede libro.
Steena ha quasi 7.500 follower su Twitter e oltre 4.900 fan su Facebook.
Kristine Kathryn Rusch
Penso che aiuti a vendere alcuni libri più rapidamente del solito, perché informi di quei libri persone molto interessate. Almeno per quanto riguarda la narrativa. La miglior strategia, comunque, è la newsletter e un sito web statico (uno che non sia regolarmente aggiornato) con tutte le informazioni sulle tue opere, così che si possa facilmente conoscere cosa hai pubblicato.
I social media sono divertenti, ma stai davvero parlando a un minuscolo sottoinsieme di potenziali lettori.
Ottengo più lettori attraverso il blog aziendale sul mio sito e col racconto gratuito che pubblico ogni lunedì (e lo rimuovo il lunedì seguente). Ma questi lettori di solito non comunicano con me. Usano il blog e il racconto per avere un assaggio del mio lavoro e capire ciò che vogliono. – Kris Writes
Sulla narrativa credo abbia ragione. Anche io vedo che si parla molto più di narrativa che di saggistica o altro sui social. La newsletter è una strategia che funziona, lo dicono molti esperti. Ma anche in questo caso bisogna avere un piano editoriale. E non trasformarla in una vendita continua, ma alternare un contenuto promozionale con una serie di contenuti utili e gratuiti.
Riguardo al sottoinsieme di potenziali lettori ha di nuovo ragione, secondo me. Se hai 1.000 follower su Twitter, non è detto che quelle persone siano tutte interessate a ciò che scrivi o che siano tutte disposte a comprare i tuoi libri.
Blog e racconti gratuiti: Kris ha detto bene. Grazie ai post e alle storie pubblicate nel blog i lettori potranno conoscere cosa pubblichi, “assaggiarti” e di conseguenza essere interessati a leggere i tuoi libri.
Kristine ha quasi 4.500 follower su Twitter, oltre 4.900 fan su Facebook e quasi 2.800 su G+.
Larry Brooks
I social media non hanno funzionato per me. Ho un blog e questo resta la mia principale presenza online. Che in realtà ha funzionato, anche se in termini di visite si è stabilizzato e la partecipazione dei lettori nei commenti si è ridotta in modo significativo. E tuttavia – lo so perché ho controllato con lettori obiettivi e fidati – i contenuti sono ancora forti, non è chiuso in se stesso (lo tengo aggiornato con nuovo materiale) e pubblico spesso. Creo alcuni, ma non molti, nuovi lettori per i miei libri e un afflusso costante ma modesto di nuovi clienti per i miei corsi di narrazione.
Per quanto riguarda gli altri social media, in particolare Twitter e Facebook (non uso né visito altri siti, tranne LinkedIn, non chiedermi perché)… non sono un appassionato. Il mio Facebook mostra 2.000 fan, che per la visibilità di uno scrittore sono inezie. La maggior parte di loro sono autrici di romanzi rosa, molto attive e veloci a cercare un “amico” e accettarlo. Sono impacciato a fare autopromozione lì… forse una delle ragioni per cui non ottengo successo. Ma ricevo quasi 10 segnalazioni di “nuovi libri” al giorno e, devo ammetterlo, non le guardo due volte, così immagino non lo facciano neanche i miei “amici”.
Per quanto riguarda Twitter… ci sono a malapena. Ho altri 2000 follower, ma il rumore è silenzioso come una tomba. Francamente non so davvero come usarlo… Non sono mai stato menzionato in un “tweet” di alcun tipo. Mando tweet di nuovi post e sporadiche promozioni di libri, ma non sento che facciano molto per me o per gli stessi libri.
In breve, la cosa che non mi piace affatto dei social media è questa: gli scrittori stanno provando a vendere le loro opere ad altri scrittori. Non ci sono lettori lì, solo altri scrittori. A nessuno di noi importa davvero dei programmi degli altri scrittori con cui siamo “amici”, siamo in contatto solo perché ci è stato detto che dobbiamo, nellʼingenua speranza che qualcuno noterà e risponderà a qualcosa che abbiamo pubblicato. Ogni volta che pubblico qualcosa del mio lavoro mi sento come se avessi bisogno di una doccia, non mi piace davvero la sensazione.
Potrei chiudere tutti quei profili, tranne il mio sito, e non perdere un momento di sonno. Proprio non funzionano per me, su tanti livelli. – StoryFix
Larry ha invece mostrato un quadro decisamente negativo dei social media. Ha scritto però di non essere appassionato. Il fatto è che si possono ottenere risultati sui social, ma bisogna essere veramente decisi ad averli. Senza passione non si fa nulla.
Per quanto riguarda il numero di contatti sui vari social, secondo me non è influente. Ciò che conta è il grado di coinvolgimento e interazione che si riesce a ottenere. Avere 10.000 fan su Facebook che se ne stanno muti e non interagiscono non farà vendere neanche una copia. Averne 500 con cui intrattenere rapporti continui e creare discussioni potrà farvene vendere 500.
Larry ha oltre 2.600 follower su Twitter, oltre 4.900 fan su Facebook e quasi 2.800 su G+.
Joanna Penn
Sono riuscita a usare Twitter per connettermi con altri autori del mio stesso genere letterario, che ha portato grandi opportunità per promozioni congiunte. Un esempio è stato Deadly Dozen, un cofanetto di cui ho fatto parte che è entrato nelle classifiche del New York Times e di USA Today e ha venduto oltre 100.000 copie. – The Creative Penn
Il caso di Joanna è forse unico. Però ha detto una cosa che fa riflettere: connettersi con autori che scrivono del suo stesso genere. Non dimentichiamo che un autore, prima di essere scrittore, è un lettore.
Joanna ha oltre 55.000 follower su Twitter, oltre 7.000 fan su Facebook, oltre 10.000 su G+, oltre 1.700 su Pinterest e oltre 4.900 su Youtube.
Jeff Goins
Sì. Ma non nel modo in cui si potrebbe pensare. Non spendo molto tempo o energie sui social media per promuovere i miei libri. Uso invece i social media per creare un rapporto di fiducia con le persone. E col tempo quella fiducia porta le persone ad apprezzare ciò che dico e le spinge in seguito a comprare i miei libri.
In pratica questo significa che uso i social per costruire relazioni, quindi incoraggio le persone a leggere il mio blog, che incoraggia le persone a iscriversi alla mia newsletter. Sulla newsletter chiedo alla gente di acquistare qualcosa… di tanto in tanto. – Goins Writer
Anche Jeff usa i social media nel giusto modo: per creare relazioni con le persone. Come potete vedere è riuscito a innescare un sistema valido per portare i suoi contatti ad acquistare i suoi libri: relazioni e fiducia hanno aumentato i lettori del suo blog, che a loro volta si sono iscritti alla newsletter, in cui Jeff occasionalmente propone i suoi libri. Una sorta di catena di montaggio.
Jeff ha oltre 55.000 follower su Twitter, oltre 27.000 fan su Facebook e oltre 8.500 su G+.
I social media vi hanno fatto vendere più libri?
Che ne pensate di queste esperienze dʼoltreoceano? Quale rappresenta la vostra attuale situazione?
Un ringraziamento a Francesca e Pierluigi per la consulenza linguistica. Tradurre dall’inglese americano all’italiano non è sempre un compito semplice.
Banshee Miller
Il quadro più realistico credo lo dia Larry Brooks. I social servono al massimo per comunicare, per allacciare pseudorelazioni, non di certo per vendere. Vero però che a lungo termine una relazione di “amicizia” potrà portare anche delle vendite. Anche dal punto di vista delle relazioni però, i social sono come delle feste. Io sono andato a un sacco di feste dove in teoria si dovrebbe conoscere un sacco di gente e non ho mai conosciuto nessuno.
Daniele Imperi
Anche a me il quadro di Larry sembra più realistico. Io ho conosciuto solo pochissime persone attraverso i social.
LiveALive
Ah, il post fazioso! Appena il buon Larry ha detto qualcosa con cui non concordavi subito lo hai accusato di non ottenere risultati solo perché, dici, non mette passione, come fosse qualcosa che si mangia, la passione!
…sì, ok, sto scherzando. Però credo davvero che Larry abbia ragione. Io sui social stringo amicizia solo con altri scrittori col solo intento di confrontarmi su questioni letterarie; ma non comprerei mai i loro libri! Certo possono essere delle eccezioni, ma, lo ammetto, solo perché l’autore è mio amico: leggere cosa scrivono gli amici mi interessa, sono curioso; degli altri, per quanta pubblicità possano fare, perché dovrei leggerli, se posso comprarmi un Tolstoj?
È, forse, inconsciamente, anche il motivo per cui non ho intenzione di promuovermi: non credo ci siano reali motivi per leggermi. Se uno proprio ci tiene anziché comprarsi qualche libro di qualità riconosciuta, prego, ma non sarò io a dare simili consigli.
Daniele Imperi
Perché non compreresti i loro libri?
Non esiste solo Tolstoj da leggere. Non puoi leggere solo i classici, o meglio puoi farlo, certo, ma sono limitati comunque.
LiveALive
Non li comprerei perché non capisco perché dovrei interessarmene. Certo, anche loro devono darsi da fare per farmi capire perché devo interessarmene.
No Tolstoj, no solo classici? Ok: c’è Philip Roth. C’è Michele Mari.
LiveALive
Potrei anche dire che c’è Genna, che c’è la Modigliani e la Mazzantini (di cui si parla male senza averle lette), che c’è Busi… Insomma, anche senza prendere i classici, ci sono così tanti libri pubblicati di buon livello che non viene automatico comprarsi il libro di uno sconosciuto solo perché si pubblicizza bene. Il segreto per me sta nella personalità: è quella che convince a rischiare sullo sconosciuto. So che è irrazionale, ma funziona così.
Daniele Imperi
Questi autori, Busi specialmente, non li leggerei mai. Credo siano lontano anni luce dalle letture che faccio.
Daniele Imperi
Il problema non è perché dovresti intesserti a quei libri, ma perché non dovresti. Io uso ogni canale per trovare libri interessanti.
LiveALive
Busi, secondo me, potrebbe essere considerato il più grande autore italiano vivente. Sarà che io ho gusti particolari XD Chiaro poi che il giudizio sull’uomo va lasciato fuori dal giudizio artistico.
Perché non dovrei interessarmene? Immagina un attimo: da un lato ho Mario Rossi, di cui nessuno ha mai sentito parlare, che mi chiede di acquistare il suo libro; dall’altro, ho il nuovo libro di un autore di comprovata abilità come Philip Roth. Che faccio? Rischio il nuovo Mario Rossi, o compro Philip Roth? Naturalmente Roth. Insomma, se ho dei soldi disponibili sul momento, preferisco spenderli in qualcosa che ha alte probabilità di piacermi.
Nel concreto, chiaramente, io ho delle possibilità per vedere se un libro di un autore sconosciuto può piacermi: posso sfogliare il testo e leggere la sinossi, è chiaro. Se sono fortunato poi magari troverò anche qualche recensione. Credo sia per questo che Philip Roth ha venduto la prima copia, no?
Però quando tu mi parli di questo uso dei social media, quello che io immagino è un autore (meglio: io immagino un dato gruppo di autori che probabilmente conoscerai pure tu; alcuni commentavano anche qui) autopubblicato su amazon che ogni tanto condivide il link di un suo libro chiedendo di comprarlo, oppure evidenzia qualche recensione interessante, eccetera. Ora, io apro facebook, e vedo questo annuncio. Perché dovrei acquistare il suo libro? Ma ammettiamo che questo tipo sia molto bravo con la retorica, e che mi faccia nascere l’improvvisa voglia di comprare un libro nuovo (con tutti gli arretrati che ho da leggere? Ma vabbè, sono cose irrazionali…). Prendo la mia carta di credito, vado su Amazon, e mi leggo la scheda di questo libro, leggo le recensioni, leggo l’anteprima… Quasi sicuramente l’anteprima non mi piacerà, visto che se da un lato l’editoria tradizionale pubblica un sacco di porcherie, dall’altro di sicuro di roba bella autopubblicata se ne trova meno dell’1%. Ma ammettiamo che questo autore sia davvero abile, e che l’anteprima mi sia piaciuta. Poi però, accidenti, l’occhio mi cade su un libro di John Williams che non ho. Anche lì, stessa cosa, leggo le recensioni, leggo l’anteprima… Quasi sicuramente un Dio come John Williams mi piacerà molto di più; ma ammettiamo che avesse scritto quel libro in stato di ebrezza, e che così mi piaccia solo tanto quanto l’altro. Bene, devo scegliere: che compro? …io so che comprerò John Williams, per il semplice fatto che già lo conosco, che ha una abilità riconosciuta, e che insomma c’è meno rischio.
Ecco, il problema sostanzialmente è questo.
Marina
Credo che il pensiero scoraggiato e scoraggiante di Larry Brooks sia quello più realistico. Io ho 1184 followers su Twitter e sarei già ricca e famosa (per modo di dire) se tutti avessero acquistato e letto il mio romanzo. Personalmente non uso i social network per pubblicizzare ciò che ho scritto, ogni tanto propongo il mio libro, lo faccio con qualche foto intuitiva, modello messaggio subliminale, ma solo a Natale mi sono esposta chiedendo apertamente di acquistare il mio romanzo. L’esito mi è sconosciuto: qualcuno mi ha detto “l’ho comprato” o “lo comprerò, senz’altro” (diffido sempre dell’entusiasmo della gente). E comunque, io sono la prima che non si sofferma sui titoli dei romanzi promossi con tanta verve sui social!
Daniele Imperi
Il pensiero di Larry ha colpito un po’ tutti. “Lo comprerò, senz’altro” mi sa tanto di frase buttata lì
Ferruccio
Dubito che i social aiutino a vendere direttamente un libro o prodotto, ma continuo a pensare che siano importantissimi in quanto a visibilità e promozione dell’autore stesso. Non si può fare a meno di farsi vedere. Jeff Going mi pare la persona con le idee più simili alla mie, benché io non sia così “aggressivo” marketing parlando.
Daniele Imperi
I social non aiutano la vendita diretta. La parte di Goins mi è piaciuta molto. Bisognerebbe metterla in pratica.
animadicarta
Io sono un pessimo esempio di come un autore possa promuoversi attraverso i social, eppure nel mio piccolo confermo che sono canali attraverso i quali si possono trovare nuovi lettori. Quando è uscito il mio primo romanzo, ero su Facebook da poco e avevo una piccola cerchia di amicizie online che si è dimostrata subito interessata al mio romanzo. Forse se avessi messo più impegno avrei ottenuto risultati migliori. Non ho mai creato una pagina fan né tormentato i miei contatti ogni istante con link e affini, e non credo sia una buona pratica. Sono del parere che la strada giusta sia quella tracciata da Jeff Goins.
Comunque, bel post
Daniele Imperi
Grazie
La pagina fan su ogni libro che pubblichi mi pare esagerata, anche perché poi andrà a morire. Al massimo puoi creare un profilo personale e uno come scrittrice o una fan page su te come scrittrice.
Giovanna
Tirando le somme pare esserci un filo conduttore nelle esperienze di questi scrittori.
I social non servono a vendere libri, ma a creare relazioni sia con i lettori che con altri scrittori. Ogni esperienza poi, è appunto un’esperienza a sé, in cui la passione e la voglia di usare i social (nonché la conoscenza del mezzo) ha un ruolo determinante.
Che altro dire se non “Amen” (e ottimo post).
Ciao!
Daniele Imperi
Grazie
In effetti ogni esperienza andrebbe vista a sé, come dici, e non solo in un quadro più generale. Ci sono tanti fattori che entrano in gioco.
Salvatore
Be’ interessante direi. Anch’io ho intuito che il modo migliore di usare i social media sia quello di creare relazioni, che poi è quello che succede anche con i blog. Creare relazioni, un bel modo di intendere la vendita.
Non serve neanche proporre l’acquisto. Se sei apprezzato, se hai creato buone relazioni con i tuoi lettori, dovrebbe succedere automaticamente.
Daniele Imperi
Blog e social, alla fine, sono simili: non puoi fare sempre e solo promozione diretta.
Penso anche io che l’acquisto possa diventare automatico se hai lavorato bene. Il problema è che molti vogliono risultati subito, senza attendere e senza impegno.
Gloutchov
Premetto che non amo fare molta pubblicità alle mie pubblicazioni. Un tempo ci davo dentro parecchio ma oggi lascio che sia ‘il flusso’ a lavorare per me. I canali di diffusione principali su cui mi promuovo sono Twitter e il blog. Entrambi li uso in modo poco invadente perché ho sempre dato poca fiducia all’oste che afferma quanto sia buono il vino della casa.
Però è evidente che un lettore, per leggere un tuo lavoro, deve sapere che esiste. Di conseguenza un pochino di promozione ci vuole.
Quindi, dicevo, Twitter e il blog. L’account Twitter è legato a Facebook, per cui ciò che cinguetto finisce anche su FB. Mentre il blog è legato sia a Twitter (e di conseguenza a FB per quanto ho spiegato prima), sia a G+.
Non è che guardo molto da dove arrivano gli acquisti, però è difficile che qualcuno compri da Facebook e G+ (ammetto che su questi due social son presente solo di rimbalzo, li frequento davvero poco, se non per nulla, specie G+). Twitter è invece un canale che funzionicchia. Se non altro i miei cinguettii vengono spesso ritwittati, e ogni tanto ottengo qualche click sui link allo store.
Però… se guardo le statistiche, il traffico proveniente dai social sul bookstore diventa davvero interessante quando faccio delle promozioni gratuite, o degli sconti sui prezzi già molto bassi. Altrimenti tutto tace.
Rimane il passaparola, la comunicazione con altri scrittori, con giornalisti, con curiosi e interessati. Il che è sempre una cosa utile, se non altro per la crescita personale.
Daniele Imperi
Con l’invadenza non ottieni risultati, ma solo fastidio
Riguardo a collegare Twitter a Facebook, quello è un errore. Twitter vuole un tipo di messaggio che non funziona su FB. Soprattutto, si vede che è un messaggio spontaneo su Tw e automatico su FB. Devi invece adattare il messaggio alla piattaforma. Su Facebook non hai limiti di caratteri.
Io ho eliminato ogni automatismo. Soltanto i miei post finiscono in automatico sulla fan page del blog, ma ormai non posso farci più niente, perché non sono iscritto a FB da tempo e l’account fake creato anni fa è stato bloccato: amen
Gli sconti attirano… ma non puoi farli sempre.
Gloutchov
Beh… diciamo che gli automatismi li uso perché non ho il tempo di essere presente ovunque. Tra lavoro, impegni personali, problemucci, eccetera eccetera, invidio quelli che hanno il tempo di seguire i social con attenzione, di commentare nei blog, di aprire dibattiti… non so proprio come facciano. Beati loro.
Cerco di essere presente come posso… poi, come ho scritto nel mio commento precedente, FB e G+ non mi attirano granché. Hanno potenzialità, ma ho la sensazione che chi li frequenta cerca uno svago immediato. Twitter, invece, mi pare più vicino alle vecchie telescriventi, a un flusso di notizie continuo, e i fruitori di questo servizio mi paiono più attenti al contenuto di quei 160 caratteri, rispetto a quanto accade sugl’altri social, dove il limite non esiste. Non è un caso che FB e G+ stiano un po’ copiando la filosofia di twitter, acquisendo l’uso degli hashtag e modificando il funzionamento della loro struttura.
Avendo poco tempo, preferisco dedicarmi al social che più si avvicina alla tipologia di pensiero che più apprezzo.
Poi… ammetto che sotto sotto sto immaginando nuovi modi per propormi: tipo pubblicare foto di gattini che leggono il mio ebook (non posso permettermi modelle in carne e ossa, e forse i gattini tirano di più)! Ovviamente è uno scherzo… ma mica tanto poi!
Daniele Imperi
Sui gattini sui social tutti i professionisti ne parlano male, ma io su Instagram, per esempio, pubblico spesso foto di gatti che trovo in giro
Tenar
Anch’io credo che i social servano per comunicare. Sono nati per quello, no?
Si chiacchiera, ci si conosce e magari vien voglia di acquistare il libro di quello che ormai è diventato un amico. Ho l’impressione che queste vendite rimangano comunque una porzione esigua del totale (ammesso, però, di avere altri canali di comunicazione più tradizionali e una buona visibilità del libro nelle librerie/piattaforme).
Il passaparola si genera in modo automatico non tanto per imput dell’autore. Se un lettore che magari non mi conosce segnala il mio libro perché gli è piaciuto sui social o a voce ad amici che hanno gusti affini ai suoi può generare più vendite di un’azione diretta dell’autore.
Daniele Imperi
Sì, sono nati per comunicare
I social forse servono più a consolidare la tua fama e la tua presenza. Il passaparola sui social, quello spontaneo che citi, è un ottimo mezzo. Tutto sta a farlo innescare.
Lisa Agosti
Il commento di Jeff Goins mi è piaciuto molto e infatti il suo sito è stato uno dei primi che ho iniziato a seguire quando ho deciso di scrivere. In realtà dopo un po’ mi è sembrato ridondante, ma lui in fondo cerca di attirare sempre nuovi followers quindi deve riparlare dei soliti temi basici riguardanti la scrittura.
Complimenti per la bella idea, questo post è molto originale e interessante.
Daniele Imperi
Grazie
Molti blog oggi appaiono ridondanti. Non solo sulla scrittura creativa, anche su altri temi come blogging, copywriting, content marketing. Alla fine riciclano concetti già detti.
Ryo
Forse è come domandarsi se il personal branding faccia vendere. Sicuramente farsi conoscere è un primo passo; per vendere con i social probabilmente devi già essere un big.
Daniele Imperi
Sì, hai ragione. Essere sui social fa parte del personal branding. Diciamo che se non sei famoso, ti servono per avere una base da cui partire. Il resto arriva col tempo.
Grazia Gironella
Ottima intervista! Sento il ronzio del tuo focalizzarti su argomenti nuovi.
Mi piace il blog e uso diversi social (sicuramente non al meglio), ma ritengo abbiano un’utilità solo indiretta: creano rapporti, quindi ti fanno anche vendere, ma meno di quanto ti aspetti. I numeri, per esempio, non hanno senso. Puoi avere tremila likes su FB, ma vendere cinquanta copie dei tuoi libri. C’è di tutto in giro, e ogni autore usa più o meno le stesse strategie, perciò l’attenzione che le persone dedicano a questo genere di cose è minima. Per avere un impatto diverso credo che si debba essere molto originali nella promozione e dedicarle molto tempo. Teniamo presente che i contatti di un buon blogger americano si contano a migliaia, se non decine di migliaia… per noi è un po’ diverso.
Daniele Imperi
Grazie.
Mmm… no, non mi sto focalizzando su argomenti nuovi
Hai ragione sull’utiltà indiretta e anche sui numeri. Secondo me va fatta una promozione specifica per ogni libro. E per fare questo ci vuole tempo, ovvio.
Purtroppo l’italiano è parlato solo da noi. Con l’inglese ti rivolgi a tutto il mondo, quindi da quel punto di vista sei più avvantaggiato.