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Tempo fa Seth Godin scrisse che «il blocco dello scrittore è stato “inventato” negli anni ’40. Prima di allora, non solo non c’era una parola per definirlo, ma esisteva a malapena».
In realtà, cercando su Google Libri, l’espressione inglese writer’s block si trova in diversi libri dei primi del ’900. In Italia l’espressione “blocco dello scrittore” è apparsa invece alla fine degli anni ’70.
Secondo Godin il motivo dell’assenza del blocco dello scrittore era il basso rischio che comportava la scrittura come impresa: non c’erano gli scrittori che ci sono oggi. Con il proliferare degli scrittori si è alzata la posta in gioco e è aumentata la paura di fallire, di non essere all’altezza.
Spesso è la paura di pubblicare testi mediocri, banali a frenare i nuovi autori. La paura di ricevere pesanti critiche. I libri in circolazione sono milioni, oggi, e ci sono molti più lettori di ieri: è il paragone con i “buoni libri” pubblicati a spaventare.
La paura del confronto smorza le aspirazioni di chi scrive. Il blocco dello scrittore nasce dalla convinzione che la propria scrittura sia imperfetta.
Una scrittura imperfetta
Qualche anno fa Godin scrisse che «le persone con il blocco dello scrittore non hanno problemi a digitare. Hanno problemi a convivere con una cattiva scrittura, una scrittura imperfetta».
Quando abbiamo iniziato a scrivere, a muovere i primi passi nella creazione di storie, anche la nostra scrittura era imperfetta. In realtà la scrittura non è mai perfetta, perché non esiste la perfezione: è soltanto una parola creata per definire qualcosa che non può esistere.
Scrivere è un’arte e come tutte le arti necessita di pratica. All’inizio la scrittura è imperfetta, come lo sono la pittura, la scultura, il canto, la musica, la danza, la recitazione. Come lo sono tutti gli sport.
L’unico modo per non convivere «con una cattiva scrittura» è scrivere ogni giorno e rendere così la propria scrittura meno imperfetta, meno cattiva.
La paura di scrivere male
Ancora un pezzo memorabile di Godin, del 2021: «Non esiste il blocco dello scrittore. C’è semplicemente la paura di scrivere male».
Ha ribadito un concetto già espresso, è vero, ma ha introdotto il concetto di paura. Chi ha paura di scrivere male scriverà sempre male, perché è quella stessa paura che impedisce di andare avanti – di continuare a scrivere – e di migliorare.
Tutti noi abbiamo scritto male, agli inizi. Non per questo abbiamo smesso. Io non ho smesso. E non l’ho fatto perché a me piaceva, e piace tuttora, scrivere.
Scrivere male è parte del normale processo della scrittura. Non è infatti sufficiente scrivere, ma riscrivere, riscrivere, riscrivere ancora. È incorretto dire di aver scritto un libro; è più corretto dire di aver riscritto un libro.
Ammettere di scrivere male è un passo avanti, continuare a scrivere nonostante quella convinzione, nonostante quella paura, è indice di maturità. Chi raggiunge questa maturità non potrà che migliorare, perché lo sforzo, l’impegno, la dedizione, lo studio, l’autocritica alla fine ripagano.
Il valore di una scrittura imperfetta
È controproducente denigrare la propria scrittura quando è imperfetta: è invece opportuno scoprire le cause di quell’imperfezione:
- se la scrittura è imperfetta quando siamo agli inizi, l’imperfezione rientra nella normalità;
- se la scrittura è imperfetta anche dopo molto tempo, significa che abbiamo scritto poco, che non siamo stati costanti…
- … oppure siamo i classici “scrittori che non leggono” (ricordiamo sempre il mantra di Stephen King).
In ogni caso la scrittura imperfetta ha un grande valore, che non tutti colgono: ci dice che siamo agli inizi, certamente, ma soprattutto ci dice che ci siamo finalmente incamminati lungo la strada di quella forma d’arte, ci dice che ci siamo lasciati alle spalle il sogno di scrivere e, anziché sognare, abbiamo deciso di scrivere.
E stiamo scrivendo.
La scrittura imperfetta ci dice che possiamo soltanto migliorare, non tornare indietro.
Marco
Inoltre scrivere è un apprendistato che non ha mai fine.
Daniele Imperi
Vero. Scrivere è sempre fare pratica.
Fabio Amadei
Ciao Daniele,
anch’io non ho mai creduto al blocco dello scrittore. Non conoscevo le parole di Seth Godin e credo ci sia una grande verità in ciò che afferma.
È innegabile che ci voglia costanza e determinazione nello scrivere.
Mi alleno ogni giorno cinque, sei ore, dichiara lo sportivo nelle interviste su stampa e televisione. Quando sento queste parole resto sempre basito e anche ammirato. Ma per scrivere bene sono sufficienti impegno e costanza? Forse no. Secondo S. King ci sono quattro categorie di scrittori: quelli cattivi, che sono la maggioranza, i competenti, a seguire i bravi e al vertice i grandi scrittori, quelli dotati di talento innato, veri e propri geni. Alla base di questa piramide i cattivi scrittori non hanno speranze, neppure di salire di grado e ottenere la “targa” di competenti. Quello che si può fare è portare uno scrittore competente a diventare uno scrittore bravo. Inutile dire che al vertice ci sono i fuoriclasse.
Cosa ne pensi della classificazione di King?
Daniele Imperi
Ciao Fabio, non ricordavo la classifica degli scrittori di King. Ne parla nel suo saggio “On Writing”.
Sul fatto che non si possa diventare geni ha ragione. Leonardo era un genio. Non puoi diventare come lui. Non so perché un cattivo scrittore non possa diventare competente.
Per scrivere bene non bastano solo impegno e costanza: deve esserci anche la buona conoscenza della lingua e la voglia di migliorare. Se non leggi per niente, ma ti impegni e sei costante a scrivere, non scriverai mai bene.
Orsa
Quello che sto sperimentando io è un blocco assai singolare, ho tanta voglia di scrivere, tante idee, ho tantissime bozze (complete anche all’80%) in cui parlo di argomenti che mi appassionano, ma niente… come apro la schermata dell’editor di testo la richiudo furiosamente. Forse hai centrato il problema, la mia è paura di scrivere male? Ultimamente pretendo troppo, pensa che non riesco neanche più a scrivere uno straccio di tweet per paura di essere banale o addirittura offensiva (sai, l’annosa questione dei lettori sensibili). È uno strano letargo mentale quello in cui è caduta l’Orsa…
Daniele Imperi
Il tuo blocco infatti è strano. La paura di scrivere male non ha senso, perché scrivi bene e perché sono anni che scrivi. Pretendere di scrivere meglio è bene, pretendere troppo no, perché appunto finisci per non scrivere.
Completa un articolo e con un sano menefreghismo pubblicalo. Il rischio è proprio dei combattenti!
Orsa
Il tuo incoraggiamento è prezioso, tra l’altro sai come fare breccia usando similitudini e terminologie militari 😆
Ci riprovo e vediamo. Grazie, apprezzo tanto! 😊
Pades
Non conoscevo il pensiero di Seth Godin ma ammetto che ha ragione sulla paura. Nel mio caso la scrittura imperfetta mi blocca poco, direi per il 30%, il resto del blocco riguarda le idee che mi sembrano sempre poco originali, deboli o poco guizzanti, vista l’immensa offerta di ottime storie già pubblicate. Per consolarmi chiudo l’editor e mi metto a leggere libri bellissimi, ammazzando ancora di più la mia autostima. Magari è anche per il fatto che il mio metodo di progettare le storie mi fa capire subito se rischio di produrre una schifezza, e quasi sempre mi fermo in tempo, e anche qui parte il blocco. Poi ho amici che nonostante la scrittura imperfetta, le idee deboli e i miei tentativi di dissuasione autopubblicano lo stesso, producendo libercoli degni del rogo… in loro il blocco non lo vedo mai, sono proprio immuni.
Daniele Imperi
È pieno di idee poco originali: dipende da cosa scrivi e da come scrivi. Da tempo si dice che tutto è ormai stato scritto. Quindi non ci pensare e buttati.
Qual è il tuo metodo di progettare le storie?
In molti autori non c’è il blocco perché pensano di aver prodotto capolavori
Pades
Il mio metodo non è niente di speciale, è una specie di progettazione narrativa, devo sapere ancora prima di iniziare a scrivere come inizia, come si evolve e come finisce la storia. Se anche solo qualcosa non mi convince il progetto viene accantonato in attesa di soluzione, e se dopo un po’ di tempo i nodi non si risolvono, viene scartato.
Daniele Imperi
Più o meno anche per me è così, anche se nel corso della stesura capita che cambi qualcosa.
Luciano Cupioli
Anche io non credo al blocco, eppure passo settimane senza scrivere, ma solo perché col mio lavoro il tempo è sempre poco. Tempo a parte, rallento molto quando voglio cambiare qualcosa del mio modo di scrivere. Allora rifletto, torno indietro e finisco per rivedere tutto. È sempre un riscrivere: avevo finito il mio romanzo un anno fa e oggi mi ritrovo al capitolo quattro. Mania di perfezionismo? Insicurezza? Voglia di migliorare? Penso tutte queste cose insieme. Il lato positivo è che ogni volta sono più soddisfatto, e prima o poi la soddisfazione dovrà essere totale… o no?
Daniele Imperi
Anche io spesso rileggo e modifico qualcosa. Non può però diventare una mania, altrimenti non finirai mai il romanzo.