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Ho finito di scrivere il mio libro. No, non il romanzo di fantascienza, purtroppo: è segno che io debba terminare – e forse anche pubblicare – altri libri e di altra natura prima di quel romanzo.
Ma va bene così. La scrittura è libera e spontanea. E alle volte anche imprevedibile.
Lunedì ho terminato di scrivere il mio saggio politico. La stesura, che ho portato avanti con tranquillità e senza impormi di scrivere ogni giorno – eccetto negli ultimi mesi – è durata quasi 2 anni. Il file del manoscritto è stato infatti creato il 5 novembre 2019.
Un libro spontaneo e personale
È soprattutto questo il breve saggio: è nato come una sorta di diario su questo tema politico attuale, che fin dall’inizio mi ha appassionato. È anche una critica senza mezzi termini all’Italia di oggi.
Non è un libro nato come un progetto, non ho creato una struttura all’inizio: ho cominciato a prendere appunti, a segnarmi gli argomenti da trattare, creando i titoli provvisori dei primi capitoli.
Mesi fa ho scritto un intero capitolo di getto, e a mano: tanto per sottolineare la natura spontanea del libro. Non potevo attendere, finché avevo tutto in testa, così ho buttato giù pagine e pagine sulla carta da riciclo che ho sempre a disposizione.
Nel corso della stesura ho modificato alcuni titoli, ne ho eliminati altri, arrivando infine alla struttura definitiva: una premessa, un’introduzione, 7 capitoli, una bibliografia e una sitografia.
Il bello della bibliografia
Nessun libro si può scrivere senza documentazione: fin dall’inizio ho visto l’esigenza di consultare libri e articoli online, che mi sono serviti sia per documentarmi su alcuni aspetti del libro sia per citare brani utili alla trattazione.
Pian piano bibliografia e sitografia si sono arricchite, la prima arrivando a 50 titoli e la seconda a 34 fra articoli online e pagine web.
Sono solito cercare libri nei libri e anche in questo caso, man mano che leggevo e consultavo libri, vi trovavo citate opere interessanti. E le mie letture aumentavano (e anche la mia libreria…).
Brevità condensata
Il saggio è breve, è lungo 26.769 parole, esclusi ovviamente il titolo, l’esergo, la dedica e i 2 elenchi di bibliografia e sitografia.
Ma volevo un libro breve: è qualcosa di personale, che mostra la mia visione sul tema trattato, non doveva diventare un’enciclopedia.
Dentro c’è tutto ciò che avevo da dire. Un condensato di rimandi storici, di critiche odierne, di esempi di episodi contemporanei, di idee e considerazioni personali.
Che cosa si prova ad aver finito di scrivere un libro?
Voglio essere sincero: pressoché nulla. Anzi, il vuoto. Un vuoto che non si può descrivere.
Non voglio passare per l’Uomo-senza-emozioni, ma quando finisci di scrivere un libro, non hai finito il tuo lavoro. E molti di voi lo sanno bene.
La fine del libro, poi, è stata in un certo senso graduale: ho segnato i punti da completare o da scrivere da zero e ogni giorno ci lavoravo, finché lunedì, scrivendo l’ultimo pezzo – e anzi aggiungendo 2 paragrafi non previsti – ho terminato la stesura.
Non provo nulla perché restano ancora due scogli da superare:
- la revisione del testo, che inizierò forse la prossima settimana
- l’invio a una casa editrice, che ho già scelto
Se il primo scoglio non è difficoltoso, il secondo è un mistero, perché bisogna vedere se la casa editrice accetterà di pubblicare il libro.
Conviene pubblicare un libro politico?
Ogni volta che c’è di mezzo la politica, scoppiano le polemiche. Questo perché la “tolleranza” al 100% non esiste e non potrà mai esistere. Tutti sono bravi a parlare di libertà, ma è sufficiente esprimere una qualsiasi opinione su argomenti sociali e politici per essere attaccati.
Sull’argomento che ho trattato ci sono già state polemiche, soprattutto perché viene – volutamente o meno – frainteso. Se ne parla, insomma, in varie salse.
Ma c’è una cosa che mi sono ripromesso: io devo sentirmi libero di scrivere e pubblicare ciò che voglio. Come ognuno deve sentirsi. Non viviamo nel Medioevo. Mi piace scrivere, ho tante idee e progetti da portare avanti e intendo farlo, tempo e capacità permettendo.
Se con questo libro perderò lettori o contatti sui social media o aumenterò il parco delle antipatie, pazienza. Sinceramente non me ne curo. Non posso limitarmi perché a qualcuno non piacerà ciò che scrivo.
Mi sono divertito a scrivere questo breve saggio – la scrittura deve essere un’attività piacevole – e mi sono anche sentito caricato. L’ho visto come un modo per agire, per non restare indifferente e inattivo a ciò che è oggi l’Italia, a ciò che è diventata.
Scrivere, quindi, è stato anche un modo per incanalare il fastidio che sentivo, la rabbia anche, in una motivazione a continuare questo piccolo progetto.
Tutto il resto non conta.
Marco
È vero. Dopo che hai terminato di scrivere non provi grandi emozioni. Hai terminato il tuo lavoro, forse c’è solo un po’ di stanchezza se l’impegno è stato gravoso.
L’invio alla casa editrice è un atto di coraggio. O di follia
Daniele Imperi
L’emozione scatta una volta pubblicato e aumenta se riceverà buone critiche
L’invio alla casa editrice può esser visto anche come un atto di coraggio, di follia non saprei. Speriamo in bene.
Barbara
Sono curiosa di leggere il tuo saggio! Considerato l’argomento, sei un coraggioso, a prescindere dal contenuto specifico.
Daniele Imperi
Grazie per la curiosità, ma aspetta di conoscere il tema
Corrado S. Magro
La parola fine alla chiusura di uno scritto di qualsiasi genere, dà inizio al dopo, un dopo più impegnativo del prima. Senso di vuoto o altro? Non saprei. Forse ansia per quello che seguirà ma anche la soddisfazione per aver potuto chiudere. Insomma se in tutti noi c’è il ragazzino che vive con le sue avventure ed è contento di approdare, in chi scrive ce ne sta forse più di uno. Dopo un lungo respiro la nuova avventura ci attende. Esporci, essere segno di dardi velenosi, guai a temerli, rinnegheremmo noi stessi.
Daniele Imperi
Ansia per il dopo sì, ci sta tutta.
Concordo sull’ultimo pensiero: se temi critiche pesanti o ti astieni dallo scrivere ciò che senti, è come rinnegare te stesso.
Fabio Amadei
Hai la mia stima. Scrivere saggi politici di questi tempi vuol dire avere un grande fegato. E se è come penso, il tuo saggio andrà controcorrente. Ti faccio i miei complimenti.
Daniele Imperi
Grazie Fabio
Controcorrente lo è senz’altro. Ma di quale corrente?
Maria Teresa Steri
Complimenti, prima di tutto. Tagliare un traguardo simile è sempre da festeggiare!
Però ti capisco, mettere la parola fine a un libro non è detto che porti emozioni forti, io per lo più mi sento sollevata. E inevitabilmente preoccupata per il “dopo”, per il lavoro che ancora mi aspetta.
In ogni caso, scrivere un saggio politico è una mossa coraggiosa, hai fatto benissimo a tirare fuori quello che volevi comunicare, a prescindere da quale sia il tuo pensiero.
Daniele Imperi
Grazie
Sì, sollevato in un certo senso sì. Anche perché non ero sicuro di riuscire a completarlo, all’inizio.
Mentre lo scrivevo pensavo alla sua futura accoglienza e a eventuali “detrattori”, come si sogliono chiamare, ma ho continuato a scrivere perché, se avessi lasciato perdere il progetto, me ne sarei pentito. E non sarebbe stato un punto a favore dell’autostima.
Orsa
Provare il vuoto è possibile, certo, mica è obbligatorio emozionarsi? Allora lasciaci emozionare al posto tuo… che belli infatti i messaggi dei tuoi lettori, mi unisco a loro nel farti i complimenti!
Ad maiora semper.
Daniele Imperi
Ah, speriamo che qualcuno si emozioni, se sarà pubblicato
Grazie.
Massimiliano
Ahia …due anni quasi corrisponde con l’inizio della pandemia .
Vabbè comunque non credo che tu possa diventare più antipatico di quello che già sei o non sei per il tuo schieramento politico.
È una scelta coraggiosa.
In bocca al lupo.
Daniele Imperi
No, con la pandemia non c’entra nulla, neanche viene nominata. Inoltre è un tema medico e sociale, più che politico.
Sull’antipatia chissà? Ma, come ho scritto, non ha importanza.
Barbara Businaro
Cosa si prova ancora non lo so, spero di scoprirlo tra un anno, se le cose si assestano e riesco a prendere i ritmi giusti col nuovo lavoro.
Daniele Imperi
Se sai già quanto ci metterai a scrivere il libro, è buono, puoi pianificare i lavori… lavoro permettendo.
stefano
Non ci avevo mai pensato ma è vero alla fine si prova solo un po’ di stanchezza. È tipo quando un atleta vince una gara felicità per un attimo ma poi arriva la domanda: e ora? E scatta un po’ di tristezza.
Daniele Imperi
Tristezza no, almeno nel mio caso. Ho iniziato la revisione, quindi è come se non avessi davvero finito di scrivere il libro.
L’atleta, alla fine della gara vinta, deve solo continuare ad allenarsi per vincere la prossima
Grazia Gironella
Se la prima stesura del saggio non ti è costata particolare fatica, forse è normale che la soddisfazione arrivi in una fase più avanzata del percorso. Solo un editore come obiettivo? Non hai trovato altri candidati che ti piacessero, oppure è una scelta precisa? In ogni caso ti auguro il meglio.
Daniele Imperi
Più che fatica è costata molto in termini di documentazione. Ma è differente dallo scrivere un romanzo: nel caso di questo saggio ho solo dovuto mettere per iscritto ciò che avevo dentro.
In realtà ho pensato anche ad altri 2 editori. Deciderò alla fine della revisione.
Grazie