Edgar Allan Poe: non solo horror e paura

PoeTalvolta attorno a un nome si crea una sorta di atmosfera particolare, che conferisce al suo portatore un preciso carattere, una sorta di qualifica di cui sarà impossibile liberarsi. È ciò che è successo a Edgar Allan Poe. Si può forse pensare a questo geniale scrittore senza che la parola horror si formi nella nostra mente?

La risposta è no. È il Maestro del terrore. Lo è da sempre. Eppure Poe non ha scritto esclusivamente racconti dell’orrore. Neanche un terzo dei suoi racconti può essere classificato nel genere horror.

Ho conosciuto Poe tantissimi anni fa. Già da bambino, forse per qualche trasposizione cinematografica che era uscita, avevo questo nome in mente. E anche il suo volto, così serio, malinconico, con lo sguardo perduto in chissà quale mistero.

È quindi rimasta radicata in me l’immagine di Edgar Allan Poe come un sinonimo di terrore puro, e nella mia testa rievocavo cimiteri perduti e tombe vuote, fantasmi e case abbandonate e stregate.

La prima raccolta dei suoi racconti che ho letto conteneva ovviamente i più conosciuti, come I delitti della Rue Morgue, Una discesa nel Maelström, Il pozzo e il pendolo, Il barile di Amontillado e così via.

Racconti storici, polizieschi, avventurosi, drammatici: Poe ha narrato storie perfettamente probabili, ha creato situazioni magari assurde, ma pur sempre con elementi più che reali. Eccetto qualcuna, ma veramente poche, tutte le sue storie sarebbero potuto accadere.

Che cosa ha scritto, dunque, Poe di così orribile? Basti pensare a Berenice, secondo me uno dei racconti più tremendi e ben riusciti, in cui il lettore si ritrova sommerso dall’orrore di ciò che è accaduto soltanto nella frase finale.

Poe ha sondato un orrore interno, più psicologico che fisico. Anche se talvolta il turbamento interiore del protagonista sfocia in un delitto, non esistono forze soprannaturali che intervengono nella storia. Poe ha raccontato l’orrore dell’uomo, nato da un dramma e da un dolore. Poe ha forse voluto liberarsi della sofferenza che aveva dentro, regalandoci storie che resteranno sempre ben presenti nella letteratura.

Restando ancora fra i racconti, bisogna accennare a quelli di natura satirica, in cui si divertiva a prendersi gioco di un personaggio, di una rivista o di una moda dell’epoca. E qui dobbiamo parlare delle storie che hanno fatto scalpore, come The Balloon-Hoax (La beffa del pallone), pubblicato nel 1844 sul New York Sun. Racconto apparso senza titolo e scritto come un resoconto. E tale fu preso dai lettori.

Ma di tutto il resto della sua produzione si parla sempre poco, troppo poco, o quasi per niente. Delle sue poesie, circa un’ottantina, si ricorda soltanto Il corvo. Stupenda poesia, siamo d’accordo, ma perché non parlare de Le campane, che possiede un ritmo spettacolare?

Oppure di quelle poesie in cui vi ha nascosto dei nomi? Una sorta di enigmi in forma di poesia, come A Valentine. E da qui arriviamo a parlare anche di enigmistica e crittografia, di cui Poe s’è occupato.

E dalla crittografia come non arrivare alla calligrafia? Poe ha scritto un’interessante analisi calligrafica su alcuni personaggi del suo tempo, oltre un centinaio. Ne ha esaminato la scrittura e ne ha tirato fuori…

Poe fu anche uno spietato recensore. Ci andava pesante, quando un autore o un’opera letteraria non gli andava a genio. E veniva ripagato con la stessa moneta. Interessante è la raccolta chiamata Marginalia, ossia appunti che Poe scriveva a margine dei libri.

Di alcuni suoi saggi si parla, come Filosofia della composizione e La filosofia dell’arredamento, recentemente pubblicato in un piccolo volume. Il più famoso è naturalmente Eureka, un saggio sulla cosmogonia dell’universo.

E per concludere bisogna parlare dei romanzi. In realtà uno, Le avventure di Arthur Gordon Pym, un romanzo avventuroso, in parte autobiografico. L’altro suo romanzo è rimasto purtroppo incompiuto, Il diario di Julius Rodman, che nel sottotitolo recita Relazione sulla prima traversata delle Montagne Rocciose del Nord America compiuta da uomo civile. Poe ne scrisse solo sei capitoli.

Dunque un autore che ha voluto sperimentare diversi generi letterari e in tutti ha saputo dare il meglio. Leggendo Poe non si può non restare meravigliati della sua enorme cultura, della padronanza della lingua, della profonda malinconia che l’accompagnava e che non l’ha mai lasciato, fino alla morte.

Il suo ultimo mistero.

6 Commenti

  1. Michela
    martedì, 24 Maggio 2011 alle 8:39 Rispondi

    Hai fatto bene a approfondire il discorso su Poe, in effetti molti aspetti che hai spiegato non li conoscevo… a volte a uno scrittore resta legata un’imagine che però è riduttiva, come Stephen King – horror.

  2. Gianluca Santini
    martedì, 24 Maggio 2011 alle 9:48 Rispondi

    Sono d’accordissimo con la tua analisi, soprattutto quando sottolinei l’importanza psicologica dell’orrore di Poe. Ricordo che avevo analizzato nel mio saggio sul romanzo gotico proprio questo suo aspetto come sua precisa peculiarità e ricordo che in un saggio, mi pare “Storia della letteratura del terrore”, David Punter affermava che la coscienza popolare della psicoanalisi deve tanto a Poe quanto a Freud e Jung messi insieme.

    Ciao,
    Gianluca

    • Maria
      martedì, 11 Ottobre 2016 alle 14:35 Rispondi

      Interessante. Mi piacerebbe inserire questa citazione nella mia tesi sulle influenze di Poe sulla letteratura italiana. Potresti indicarmi le pagine in cui viene affermato ciò da Punter?

  3. Gianluca Santini
    mercoledì, 25 Maggio 2011 alle 19:53 Rispondi

    No aspe, ho appena realizzato una cosa. Sei stato una delle fonti della mia tesina delle superiori! XD (con edgarallanpoe.it)

  4. Daniele Imperi
    mercoledì, 25 Maggio 2011 alle 20:48 Rispondi

    Ma dai? Bella notizia :)

  5. Edgar Allan Poe: non solo horror e paura | Scrivere e leggere libri | Scoop.it
    mercoledì, 30 Novembre 2011 alle 11:02 Rispondi

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