Scrivere la parola fine in un romanzo è forse l’operazione più difficile dell’intero lavoro di scrittura. Ricordo negli anni passati le mille domande che mi ponevo su come terminare la storia: volevo un finale sensazionalistico, perché ero convinto che così dovesse essere.
La settimana scorsa abbiamo parlato di come scrivere l’incipit in una storia fantastica, così oggi mi chiedo come scriverne la fine.
Partire dal finale per scrivere la storia?
“Non posso fare a meno di pensare che gli scrittori di romanzi, in genere, possano, di tanto in tanto, trarre profitto dagli insegnamenti dei cinesi che, malgrado costruiscano le loro case in pendenza, hanno sufficiente buon senso di iniziare i loro libri dalla fine.” — Edgar Allan Poe, Marginalia LXXXI
Scrivere il finale di una storia per poter scrivere l’intera storia. Non è la prima volta che si agisce così e questa citazione di Poe è già apparsa nel blog.
In un certo senso questo metodo funziona con qualsiasi romanzo, non necessariamente con il Fantasy. So che molti di voi scrivono la storia senza sapere come andrà a finire. Anche a me è capitato di prevedere un finale e poi di cambiarlo man mano che scrivevo.
Ma in linea generale dobbiamo avere una traccia. So già come finirà il mio P.U. e anche K. La fine è già nella mia testa e abbozzata con qualche appunto nei file. Forse cambierà, non lo so, però per me era importante sapere dove andare. E in P.U. non posso non sapere dove andare…
4 soluzioni per un finale fantastico
Ma anche 4 soluzioni per qualsiasi storia, forse. Ne parlo in ordine crescente di preferenza, almeno per i primi 3, l’ultimo è quello che amo di meno, perché mi dà l’impressione di essere un trucco per spezzare la storia in più storie.
Il finale epico
Usato e abusato. Il finale classico, quello da colossal. Io dico che finali del genere hanno stancato. Forse è colpa della mia mania del realismo. Guardiamo la realtà: vi risulta che qualsiasi cosa finisca in modo spettacolare, epico?
E vissero tutti felici e contenti.
Un finale da favola per bambini, forse quelli di un tempo. Mi chiedo come finiscano le favole moderne.
Un finale epico, secondo me, è una gabbia: costringe lo scrittore – e anche il lettore – a chiudere la storia, a rinchiuderla, anzi, entro un confine concettuale e temporale.
Secondo Philipp Pullman il vero finale non esiste: è solo il momento in cui lo scrittore decide di smettere di raccontare la storia. E ha ragione.
È un finale realistico questo prospettato da Philipp Pullman. Un finale aperto.
Il finale aperto
Il risveglio dell’ombra di Luca Trugenberger ha un finale di questo tipo: quando l’ho finito di leggere, ho avuto l’impressione che l’autore non avesse voluto porre la parola fine, ma si fosse lasciato la possibilità di scrivere un seguito. E così è stato: quattro anni dopo è uscito il secondo volume di una trilogia non ancora terminata.
Devo dire che apprezzo questo genere di finale, specialmente nel Fantastico, genere che si presta molto a trilogie e saghe. Diciamo che con un finale così lo scrittore ha una scusa per continuare la storia, ma anche per lasciarla morire al primo volume.
I finali aperti, a dire il vero, potremmo benissimo chiamarli finali in media res.
Il finale in media res
Non so se si può chiamare così, come l’incipit. Però ha lo stesso significato di ciò che accade in un incipit di quel tipo: il lettore si trova subito dentro l’azione, non esistono tempi morti in cui ambientarsi.
E così nel finale: il lettore non ha tempo di prendere fiato, la fine del romanzo è dinamica, prelude ad altri eventi, per ora o per sempre nascosti al lettore.
Ricordo ancora come finisce La spada di Shannara. Un finale che ho apprezzato e a quel tempo ho riletto varie volte. Nulla di particolare, anzi.
Curzad Ohmsford dovette aspettare per avere una risposta. I suoi figli già gli erano passati accanto correndo, attraverso la porta della cucina e poi giù per il corridoio verso l’atrio della locanda.
Meglio non inserire ciò che è stato detto prima di quel brano, perché è proprio quel dettaglio che rende il finale entusiasmante.
Quando l’ho letto ho continuato la storia nella mia mente. Ho immaginato i due ragazzi e ciò che sarebbe accaduto dopo.
Il finale senza soluzione di continuità
Quando la trilogia non è una trilogia.
Finisci il romanzo e sai già che la storia non è finita. Non è servito a nulla leggere quel libro – ho esagerato apposta – perché a fine lettura non hai ancora terminato un viaggio.
Come ho accennato prima, a me questi finali sanno di trucco commerciale, a opera dell’editore o dello scrittore non importa. Un modo per vendere di più. Come le storie di Tex Willer, che non finiscono con un albo, ma continuano per altri due o tre. E alla fine mi sono stancato e non ho più letto quel fumetto.
Resto dell’idea che se la storia è una, allora deve stare in un unico volume. Se qualcuno ha problemi a leggere un tomo di 1000 pagine, sta barando: è la stessa cosa che leggerne 10 da 100 pagine l’uno. Non cambia nulla.
I finali delle vostre storie fantastiche
Quali dei 4 menzionati preferite? Ne possono esistere altri tipi, secondo voi?
Elisa
Odio cordialmente i finali del quarto tipo! Quando li trovo mi sento come truffata. Ho abbandonato diverse sagRe fantasy a causa loro. Un libro mi piace che sia una creatura autonoma e non un moncone. Shannara se non altro ha il pregio di essere una serie i cui libri sono appunto autonomi anche se collegati. Ora che ci penso però ho letto anche Eddings… beh c’è sempre l’eccezione. =)
In ogni caso come non concordare con Pullman? Al momento i finali che preferisco sono quelli in media res ma ho passato anche periodi in cui mi esaltavano i finali epici.
Daniele Imperi
Ho letto anche io Eddings, ma solo 2 romanzi di una delle mille saghe che ha scritto. Gli ultimi di Brooks, però, mi sa che hanno finali del 4° tipo.
Ivano Landi
Il finale “circolare” che introduce l’inizio. Come nella Ricerca del tempo perduto di Proust, che finisce con l’autore che si appresta a scrivere “Alla ricerca del tempo perduto”.
Daniele Imperi
Il finale circolare mi piace: non puoi usarlo sempre, però è interessante.
Michele Scarparo
A me, adesso, piacciono i finali a metà tra “in media res” ed “epici”: perché coniugano la possibilità di continuare la storia con il fatto di finire bene. Anche se uno scrive “per l’eternità”, le storie si leggono (e vendono) adesso: credo che in questi anni i lettori preferiscano storie che finiscono bene, perché a finire così così ci pensa già la vita…
Daniele Imperi
In un certo senso hai ragione: quando uno legge vuole almeno estraniarsi dalla sua realtà, quindi finali drammatici non ti fanno magari apprezzare il libro. Non so, dipende dalle storie, alla fine.
Luciano Dal Pont
Io non scrivo fantastico, ma penso che l’argomento trattato nel post si applichi benissimo a qualsiasi genere. Io, sia come scrittore che come lettore, prediligo i finali in media res.
Daniele Imperi
Sì, io ho puntato le luci sul Fantastico, ma quei finali si adattano a qualsiasi romanzo.
Katia Anna Calabrò
Non amo molto il fantastico ma credo che questi finali, come già detto da Luciano, si possano applicare a qualsiasi genere.
Odio il finale descritto al punto 4, mi fa sentire come “presa in giro”.
Media Res va bene, lo apprezzo e lo uso.
Anche il finale Circolare nominato da Ivano mi piace, moltissimo. E ne ho fatto uso.
Sul finale epico: trovo che a volte ci stia tutto, dipende dal genere e dal tipo di storia.
Spendo però due parole, sul finale “affrettato” e sulle pagine che conducono allo stesso. A volte leggi una storia, ti ci appassioni, segui mano a mano il suo evolversi, talvolta molto dettagliato, molto ricco di avvenimenti e situazioni diverse.
Tutto resta sospeso, fin quasi alle ultime pagine del libro e tu ti rendi conto che c’è ancora tanto che deve essere rivelato o che deve accadere e poi, puff! Fregata! 350 pagine di libro, si chiudono in una affrettata corsa alla conclusione, dove nel giro di massimo 10-15 pagine succede di tutto, non hai tempo di assorbire le novità e le rivelazioni o gli avvenimento. Brutto, brutto, brutto.
Quando mi succede una cosa così, perdo almeno il 50% del gusto provato nel leggere il libro ed il lavoro stesso, nel suo insieme, perde di valore. Il finale è delicatissimo, è l’ultima impronta della storia che porti via con te, dentro di te
Daniele Imperi
Il finale affrettato è sbagliato, è vero. E mi è anche capitato di scriverne di quel genere. Si nota molto, poi.
Esiste una curva che rende bene l’andamento che deve avere una storia. Non mi ricordo come si chiama, è la rappresentazione della trama. Il finale, in pratica, deve essere l’ultimo gradino di una scala che scende.
Michele Scarparo
Che bella questa cosa della curva…
Salomon Xeno
Un po’ circolare e un po’ aperto, direi, in modo da evitare che il lettore sia infastidito dall’aver letto qualcosa di inconcludente e al tempo stesso evitando la frenesia di chiudere tutte le sottotrame, cosa che viene fatta spesso in modo un po’ troppo artificioso. Condivido anche il parere di Pullman.
Daniele Imperi
Alle sottotrame non avevo pensato, sai?
Audrey
Ciao,
sono passata perchè ho letto l’intervista nel blog di Moz e mi sono incuriosita. In verità non è la prima volta che leggo il tuo blog, adesso che sono qua me ne sono resa conto. Credo però di non aver mai commentato, mah!! questo non riesco a ricordarlo.
Io sono per i finali aperti. Quelli epici sono belli perchè ti fanno sognare e credere che il felici e contenti per tutta la vita esiste però, come dici anche tu, sono poco reali.
buona serata a presto
Daniele Imperi
Ciao Audrey,
sì, avevi commentato il mio post sul crossblogging a ottobre
Leggi l’ultima pagina? Ma così rischi di rovinarti tutta la storia.
Audrey
ah, ecco una volta ti ho commentato
no, non mi rovino la storia… non riesco a scegliere se non leggo l’ultima pagina e non so di cosa parla.
Audrey
ah, dimenticavo!! io per scegliere un libro leggo l’ultima pagina secondo me racchiude tutto se non mi piace sicuramente non mi piacerà nemmeno il libro
Tenar
Io faccio fatica anche solo a ipotizzare di iniziare a scrivere senza conoscere il finale della storia, ma io sono una pianificatrice e so che il mio metodo non è l’unico che può funzionare, è l’unico che funziona per me.
Per quanto riguarda il finale, da lettrice mi piacciono le storie in cui, alla fine, sento di essere cambiata io, nel mio rapporto con la lettura e, se possibile, nella mia visione del mondo. È difficile leggere storie così, figuriamoci scriverle.
Nelle storie fantastiche quali finali mi hanno colpito di più?
Sicuramente quello della Trilogia dei Mistborn, di Sanderson, uno di quei finali che fa riconsiderare tutta la storia dal principio.
Alla fine de La Mano Sinistra delle Tenebra della Le Guin ho pianto, ero stremata e straziata quanto il protagonista.
Anche il finale de La Grotta di Cristallo di M. Stewart mi colpì molto per la sua inaspettata amarezza.
In generale non mi piacciono i finali troppo aperti, mi sanno di presa in giro. Anche se il romanzo in questione è parte di una saga più lunga, secondo me il finale dovrebbe sempre essere tale da dare un senso, magari fittizio o ingannevole, a quella porzione di storia.
Daniele Imperi
Scrivere cercando di cambiare la vedo dura. Magari cambiando il visione del mondo e della lettura senz’altro.
Condivido il pensiero sui finali delle saghe: comunque la fine di quella porzione della storia deve esserci.