Il self-editing è possibile?

Viaggio semiserio fra correzione di bozze, revisione e editing

Il self-editing è possibile?

C’è chi sostiene che un autore debba provvedere da sé a fare editing sulle proprie storie. Sono stati perfino scritti dei libri sul self-editing, ma la gente scrive libri su tutto.

Secondo voi un autore ha le competenze necessarie per trovare tutto ciò che stona nella sua storia? O forse è troppo addentro alla sua scrittura, troppo coinvolto per riuscire a vedere i problemi reali del suo manoscritto?

Per me c’è bisogno di un paio di occhi esterni, di occhi che sanno dove guardare. Di occhi non affezionati a quella storia.

Eppure troverete parecchi consigli, e anche gratis, su come fare self-editing. Vediamoli insieme.

Ciò che editing non è

In alcuni blog esteri ho trovato una serie di suggerimenti su questo fantomatico self-editing. Più o meno dicono tutti le stesse cose e ho voluto raggrupparle in questo elenco.

  • Lasciar riposare il manoscritto per un certo periodo di tempo: certo, ma serve per la revisione, non per l’editing. Per quanto tempo possa passare, l’autore ricorderà sempre tanto della sua storia. E se lasciamo passare un anno, per quanto mi riguarda perdo interesse per quella storia.
  • Stampare il manoscritto o leggerlo ad alta voce: idem come sopra. Ho sempre odiato leggere ad alta voce davanti agli altri, ma magari da solo riuscirei a farlo. Vedremo. Comunque ho iniziato a stampare ciò che devo revisionare.
  • Controllare ortografia e grammatica: se un autore ha seri problemi con la grammatica, forse dovrebbe lasciar stare la scrittura e concentrarsi sulla lettura… di un libro di grammatica. Qualche lacuna e disattenzione sono ovviamente concesse, ma sono correzioni da revisione.
  • Eliminare le ripetizioni: è sempre un lavoro da revisione. Io ho il terrore delle ripetizioni. Appena finita una storia, con la funzione “Cerca” di Open Office cerco quelle parole che ho inserito almeno due volte.
  • Eliminare parole superflue: sempre quando si revisiona, altrimenti a che serve la revisione?
  • Eliminare le ridondanze: quali ridondanze? Qualcosa tipo “Applaudì con le mani” (e con cosa vuoi applaudire?), “Annuì con la testa” e via dicendo.
  • Eliminare i doppi spazi: ma siamo seri. È un lavoro di editing, questo, o forse di correzione delle bozze?
  • Limitare l’uso degli avverbi: quanto odio quelle continue rime in “mente”. Anche in questo caso, durante la revisione, cerco “mente” nel testo, poi lo grassetto e seleziono il colore rosso. Per poi rabbrividire e fare strage di avverbi.
  • Controllare la punteggiatura: abbiamo messo le giuste virgole agli incisi? Quanti punti esclamativi abbiamo usato per sottolineare le urla del personaggio? Ci sentiamo soddisfatti dopo aver inserito 5 o 6 puntini di sospensione?
  • Non eccedere nell’uso di “disse” nei dialoghi: perché alcune volte sono superflui e poi perché esistono tantissimi altri modi per sostituire il verbo dire.

Tutto ciò non è editing, ma un lavoro di revisione.

Ciò che editing potrebbe essere

Ho pensato ad alcuni problemi che possiamo riscontrare nella nostra storia, che a una lettura veloce sfuggono e sono rintracciabili soltanto con una lettura concentrata e approfondita.

Non sono così sicuro che un autore riesca sempre a scovare questi problemi, quindi potrebbero far parte del lavoro di un editor.

  • Eliminare spiegazioni e infodump: talvolta sono ben nascosti nel testo e passano inosservati.
  • Evitare la forma passiva: meglio scrivere “D’estate con la famiglia si andava al mare” o “D’estate andavo sempre al mare con la mia famiglia”? Ho sentito dire anche “Io e la mia ragazza si convive”. Magari è questione di gusti, ma questa è una forma che trovo davvero cacofonica.
  • Mantenere il punto di vista: anche questo è un problema che spetterebbe all’editor e che a un autore capita spesso. Un motivo in più per usare il narratore onnisciente
  • Evitare i cliché: tipo il detective americano che fuma, è divorziato, è un duro, ha almeno 3 taglie sulla testa e è un bel tenebroso? O il solito stregone-mano con la barba lunga che avvisa l’eroe suo malgrado della missione per salvare il mondo? Siamo davvero ormai tutti autori “navigati” che non cadono nei cliché? Non ne sono così sicuro.
  • Show, don’t tell: comincio a non sopportare più questa regola. Qualche volta è necessario raccontare e non mostrare. Comunque una scena d’azione va mostrata e anche in altri casi funziona più mostrare che raccontare.

Ciò che editing è

La seguente lista contiene un breve assaggio di ciò che un editor potrebbe trovare sulla nostra storia. Io non so rendermi conto se in una mia storia qualcuno dei 3 punti di seguito presenta qualche lacuna.

  • Caratterizzazione dei personaggi: una delle parti in cui sono carente, per pura pigrizia. Uno blatera e blatera su come caratterizzare un personaggio e poi magari si limita a dargli solo il nome. Non sono a questo livello, ma spesso nei miei racconti mi hanno fatto notare di aver dato poco spazio a un personaggio, di averlo appena accennato e così via. Ma anche in revisione io non me ne accorgo.
  • Bilanciamento della storia: qui siamo in Fisica e io non sono laureato. Deve vedersela un editor, perché a malapena posso intuire cosa significhi bilanciamento della storia.
  • Ritmo: io e la musica non siamo mai andati d’accordo. Il mio è un mondo di silenzi assoluti. Che significa ritmo in una storia? Che tutto accade quando deve accadere? Che tutte le scene sono ben “accordate”? Ma possibile che debba studiare musica per scrivere narrativa?

L’editing non è solo questo, sia chiaro: l’elenco è solo ciò che m’è venuto in mente.

I lettori beta non sono editor

Quando ho parlato dei lettori beta, non volevo certo far passare l’idea che sostituiscano l’editor. Non possono sostituirlo. I lettori beta sono un pubblico in miniatura di lettori, sono un test per valutare quanto una storia faccia presa e possa interessare.

I lettori beta scovano – devono scovare! – anche refusi, errori grammaticali e problemi più seri nella storia, ma non fanno editing.

Il compito dei lettori beta è leggere e dare un parere.

Il compito di un editor è di rendere vendibile una storia.

Ah, già, la parola “vendere”, quando c’è l’arte della scrittura di mezzo, non piace a molti. Ma allora perché scriviamo, se non per vendere le nostre storie ai lettori?

E ancora, per concludere, il self-editing è davvero possibile?

106 Commenti

  1. Tiziana
    giovedì, 17 Novembre 2016 alle 7:35 Rispondi

    Tutto è possibile nella vita, ma io non vedo bene il self-editing. Deve essere fatto da chi è del mestiere, non ci s’improvvisa editor.
    Non è solo una questione di correggere errori o se suona meglio, in fase di editing devi portare lo scritto ad essere vendibile, cosa che ci vuole esperienza e farlo come lavoro.
    Concordo anche sul lettore beta, egli non è in grado di fare editing.

    • Daniele Imperi
      giovedì, 17 Novembre 2016 alle 12:22 Rispondi

      Spesso qualcuno confonde la correzione delle bozze con l’editing. Ma, come dici, l’editor è uno del mestiere, quello dello scrittore è un altro mestiere.

  2. Scrittrice scarsa
    giovedì, 17 Novembre 2016 alle 8:29 Rispondi

    Interessante articolo, in effetti da tempo mi chiedevo come funzionasse l’editing e se anche i grandi scrittori avessero bisogno di qualcuno che rivedesse e correggesse i loro testi. Tu come fai con i tuoi post? Hai qualcuno che te li corregge oppure per testi così brevi non c’è bisogno di revisioni? Grazie per la risp

    • Daniele Imperi
      giovedì, 17 Novembre 2016 alle 12:24 Rispondi

      Ciao Silvia, benvenuta nel blog. Qui troverai altri articoli sull’editing, sono interviste che ho fatto a editor. E sì, anche i grandi autori hanno un editor :)
      I post non hanno editing, io li rileggo impaginati e correggo eventuali refusi, ripetizioni, ecc. Ma non posso pagare un editor ogni volta che scrivo un post.

  3. Grilloz
    giovedì, 17 Novembre 2016 alle 8:47 Rispondi

    No, non è possibile, per quanto un buon lavoro di revisione un autore dovrebbe sempre farlo prima di dare il manoscritto in mano a qualcun altro.
    Un autore non può perchè non è il suo mestiere, un buon editor deve smontare la storia che l’autore con tanta cura ha costruito. Un autore ha in testa molto più di quello che ha scritto, e non potrà mai distaccarsene del tutto. Un editor conosce solo le parole, come il lettore, ma l’editor le sa pesare.
    Tuttavia temo che di editor bravi sulla piazza ce ne siano pochi e che buona parte di quelli che si vendano come tali in realtà non siano in grado di fare più di quel che l’autore un po’ sgamato saprebbe fare da solo.

    • Barbara
      giovedì, 17 Novembre 2016 alle 9:15 Rispondi

      “Tuttavia temo che di editor bravi sulla piazza ce ne siano pochi e che buona parte di quelli che si vendano come tali in realtà non siano in grado di fare più di quel che l’autore un po’ sgamato saprebbe fare da solo.”
      Applauso.
      Che dove ci sono sogni, ci sono truffe. E’ fin troppo facile lucrare sulle speranze delle persone.
      (e questa è una frase presa pari pari dal mio prossimo post che, giuro, è proprio sulle figure professionali della scrittura :) )

      • Daniele Imperi
        giovedì, 17 Novembre 2016 alle 12:27 Rispondi

        Allora aspettiamo il tuo post di fuoco :D

        • Barbara
          giovedì, 17 Novembre 2016 alle 12:44 Rispondi

          Mah, niente fuoco. E’ un post per lettori, e per dire agli scribacchini di stare in campana.
          Capisco che con la crisi ognuno si arrabatta con quel che ha, però alla fine è una guerra fra poveri. Che tanto i lettori diminuiscono…

          • Daniele Imperi
            giovedì, 17 Novembre 2016 alle 12:47 Rispondi

            Arrabattarsi va bene, purché si abbiano le competenze.

      • Grilloz
        giovedì, 17 Novembre 2016 alle 13:00 Rispondi

        Figurati che a un certo punto, vedendo tutto questo fiorire di servizi editoriali, mi era pure venuto in mente, in fondo di racconti e romanzi di esordienti ne ho letti un bel po’, un minimo di senso estetico l’ho acquisito. Eppure so benissimo che il mio occhio, anche se attento, non sarà mai professionale, Quindi continuo a fare schede di valutazione gratuitamente e dare una mano e un paio di consigli in amicizia ;)

        • Daniele Imperi
          giovedì, 17 Novembre 2016 alle 13:04 Rispondi

          Hai fatto bene, ormai anche io ho letto diverse centinaia di libri, ma al massimo posso fare il lettore beta.

          • Grilloz
            giovedì, 17 Novembre 2016 alle 13:11 Rispondi

            Eh, ma mi sono anche dato dello stupido, visto chi si vende come editor in giro non avrei poi fatto una così pessima figura :P Solo che sono troppo onesto e non oserei mai farmi pagare per un servizio non professionale.
            Però se vi serve qualche dritta su qualche pezzo di aereo… :D

            • Daniele Imperi
              giovedì, 17 Novembre 2016 alle 13:13 Rispondi

              Pezzo di aereo? Me lo segno, magari anche pezzi di astronavi? :D

          • Grilloz
            giovedì, 17 Novembre 2016 alle 13:59 Rispondi

            Ho lavorato alla struttura di un sensore per osservazioni solari montato sulla ISS, può valere come astronave? :D

            • Daniele Imperi
              giovedì, 17 Novembre 2016 alle 14:01 Rispondi

              Be’, oddio, lo terrò presente se dovesse servirmi un sensore per osservazioni solari da montare su una navetta :D

        • Luisa
          giovedì, 17 Novembre 2016 alle 18:19 Rispondi

          Ciao Grilloz prendo al balzo la tua disponibilità? Ho messo da parte il manoscritto, ma prima o poi dovrò pur farlo leggere (anche se ho un gran pudore che mi fa rimandare continuamente questa decisione)
          Sono daccordo con lo stare attenti …infatti prima dell’estate ho telefonato a qualche agenzia e quello che ho capito è proprio quello che si sta dicendo quì., la mia “fortuna”? non posso permettermi le cifre richieste.

          • Grilloz
            giovedì, 17 Novembre 2016 alle 18:30 Rispondi

            Certo ;) ti posso proporre due strade, ma magari scrivimi in privato.

          • Pietro 57
            venerdì, 25 Novembre 2016 alle 1:48 Rispondi

            Ti posso fare pure io una valutazione professionale del tuo romanzo. La faccio gratuitamente. Ma solo la valutazione, dicendoti che probabilità di pubblicazione contiene il tuo romanzo. E una breve sintesi di migliorie se ci sono da fare. Puoi mandarmi i primi capitoli al mio indirizzo e-mail: “art57gior28fi5@gmail.com. Se hai già risolto va bene lo stesso. Un saluto.

    • Daniele Imperi
      giovedì, 17 Novembre 2016 alle 12:27 Rispondi

      La revisione, prima di inviare il manoscritto, è d’obbligo. Hai ragione sugli editor: bisogna incappare in uno bravo, altrimenti non verrà fuori un buon lavoro.

      • Luisa
        giovedì, 17 Novembre 2016 alle 18:22 Rispondi

        Certooo, ma chi non è esperta come fa a sapere chi è veramente bravo/a e qual’è il costo giusto da affrontare per un editor bravo/a?

        • Grilloz
          giovedì, 17 Novembre 2016 alle 18:34 Rispondi

          Un metodo è quello di gardare il curriculum dell’editor e con chi ha collaborato. Se prima di diventare freelance ha lavorato per case editrici, ad esempio, è già un buon segno. L’altra cosa e seguirlo per un po’, se ha un blog, ad esempio e osservarlo: da consigli? sono sensati? sono le solite cose? dialoga con gli autori?
          Poi sarebe bene chiedere un editing di prova, su una paginetta o due, scelte tra quelle che reputi le migliori della tua produzione, e vedere cosa ti edita. Ti assicuro che ti accorgi subito se ti offre spunti professionali o se si limita a eliminarti gli avverbi in -mente :D (visto che ho appena letto il post di tenar)

          • Luisa
            sabato, 26 Novembre 2016 alle 19:58 Rispondi

            ciao Grilloz in privato a quale indirizzo? Grazie

          • Grilloz
            mercoledì, 4 Gennaio 2017 alle 17:49 Rispondi

            oops, mi ero perso il commento.
            Puoi scrivermi a grillo.davide(at)gmail.com

  4. Emanuela
    giovedì, 17 Novembre 2016 alle 9:03 Rispondi

    Be’, da editor posso dire che il self-editing non va bene ma darei un calcio al mio lavoro.
    Cercherò quindi di essere imparziale. Uno scrittore deve revisionare il suo romanzo da solo dopo la scrittura, anche solo per correggere grammatica e refusi. Spesso mi trovo davanti romanzi da correggere che sono scritti e gettati lì: ma dico, almeno una lettura diamocela :) Però anche da imparziale per me il self-editing non serve a molto. Come hai scritto, uno scrittore (perdona la ripetizione) non riesce ad accorgersi di certe cose proprio perché “dentro” la storia. Soprattutto l’emergente, che tende a infilare tutto dentro, a spiegare tutto, e di pipponi ne ho trovati parecchi. Poi c’è tutto il resto: stile, azione, personaggi… uniformare i capitoli, tagliare, aggiungere… e così via. Uno scrittore ha spesso il timore di dover accorciare o allungare qualcosa, e ancora più spesso non vuole rimettere mano al suo manoscritto, lasciandolo così com’è (cioè male). E poi ci sono gli scrittori per i quali il loro romanzo è un’opera d’arte, quindi fanno tutto loro, figurarsi se lo danno a un editor! Di questi, ho letto (e riso sotto i baffi, scusatemi ;) ) una recensione su Amazon (e sì sa che su Amazon siamo molto cattivi con le recensioni) laddove si criticava di aver lasciato alcuni errori gravi di grammatica. Non commento neanche :)
    Complimenti per i tuoi articoli, in ogni caso :)

    • Emanuela
      giovedì, 17 Novembre 2016 alle 9:07 Rispondi

      Sì, buona, eh!
      Scrivendo di fretta… intendevo, da editor posso dire che il self-editing va bene ma darei… XD

    • Daniele Imperi
      giovedì, 17 Novembre 2016 alle 12:30 Rispondi

      Penso che più si sia inesperti e più si resti attaccarti alla propria storia e si veda male il lavoro dell’editor.

    • Carolina
      domenica, 27 Novembre 2016 alle 16:52 Rispondi

      Ciao Emanuela, condivido appieno quanto dici. Sono una neo scrittrice, che ha trovato il coraggio di pubblicare i suoi romanzi. Il primo romanzo, a cui sto lavorando per la pubblicazione, è un fantasy e io da neo writer – priva di presunzione o arroganza – ho una profonda necessità di farlo leggere ad un editor, prima ancora di pubblicarlo; sia per avere un occhio maggiore sulla logica concettuale di ogni passo del romanzo, che standoci troppo dentro, a volte, non riesco a vederlo chiaramente; sia per verificare errori e tanto altro genere di fenomeni che si presentano nella scrittura. D’altronde, pur avendo acquisito i mezzi tecnici, in quanto sto per laurearmi come linguista (anche in ambito di scrittura mediatica) – comunque – non riesco a mantenere alcuna presunzione sullo stato di scrittura del mio romanzo. Tra l’altro, c’è da dire che quando si scrive di getto, si ha un rispetto per lo più blando delle regole morfo-sintattiche o lessicali; è un fenomeno che avviene in automatico e non sempre ci si preoccupa di quello. L’accorgimento avviene in un secondo momento, dopo una precisa analisi. A dimostrazione, di quanto dico, è il fatto che quando rileggo, sto li a cambiare forma, a controllare la punteggiatura (che si ripresenta sempre come un problema, a dispetto dell’aver conseguito anche solo una laurea come linguista ☺️), a semplificare o addirittura tagliare… e tutto questo ti manda nel panico, tanto che molte volte mi è venuta voglia di rinunciare al mio progetto di scrittura. Per questo credo sia necessario non preoccuparsi dell tecnica linguistica già quando si inizia a scrivere, perché limiterebbe il flusso spontaneo e creativo, l’espediente che rende viva la narrazione… credo, pertanto, che l’analisi morfosintattica deve per forza avvenire in secondo momento… anche se magari automaticamente scrivi bene perché certe tecniche sono state acquisite con anni di allenamento ed esercizi; e anche in quel caso, non bisogna escludere il probabile e statistico margine di errore. In ultima analisi, resta ancora un ostacolo ben più grande: trovare un buon editor. Come riconoscerlo? E per giunta quanto bisogna pagare? Purtroppo, pubblicare un libro oggi costa, motivo per cui molti scrittori esordienti, ricorrono al self-publishing senza correzioni del manoscritto, ed è davvero straziante… perché chiunque, su quanto detto fino ad ora, ha probabilità di commette errori, anche il più avezzo alla scrittura. Anche un Nicholas sparks, o una Meyer hanno un buon editor alle spalle, e sfido che nei loro manoscritti iniziali non ci siano errori. Quindi non mi sognerei mai di criticare in maniera offensiva pubblicamente, lo inviterei sicuramente a cercare qualcuno che in maniera distaccata possa effettivamente contribuire a rendere la sua opera, migliore di quanto pensa. Sicuramente non si può avere alcuna presunzione sullo stile linguistico della propria scrittura. Anche un laureato in lingua e linguistica italiana, per dirla tutta. Quindi si! Categoricamente si, è necessario chi lo riveda con una prospettiva diversa dalla propria.

  5. Parolefritte
    giovedì, 17 Novembre 2016 alle 9:21 Rispondi

    Buongiorno, intanto la ringrazio per avermi risposto. Il “lei” che sono solita usare ha il solo scopo di accentare il rispetto nei confronti di chi sa molto più di me, come nel suo caso. Per quanto riguarda il self-editing penso sia un sottile raggio di sole che pervade noi, umili, utopici scrittori alle prese con speranze e sogni adombrati dalla cruda realtà. Scriviamo poiché nel nostro Dna qualcosa ribolle e frigge i nostri globuli rossi dediti all’ossigenazione di tutti i nostri apparati. Nasciamo con una caratteristica predefinita, ovvero l’attenta osservazione che nulla ha a che fare con il verbo all’infinito “guardare”. La superficie spesso non ci appartiene proprio perché molto di noi, ha radici lontane…Mi piace pensare che il self- editing sia un pertugio, una monade, uno spiraglio attraverso il quale far defluire la speranza. Grazie per l’ascolto.

    • Daniele Imperi
      giovedì, 17 Novembre 2016 alle 12:32 Rispondi

      Le speranze vanno bene, ma per migliorare una storia e renderla vendibile non basta solo l’autore.

  6. Barbara
    giovedì, 17 Novembre 2016 alle 9:31 Rispondi

    In questo ultimo anno, che sto “studiando” il mercato editoriale, mi rendo conto che soffre della stessa confusione del settore informatico. Molti s’improvvisano senza averne competenze certificate. Qualcuno risponde anche che “basta saper leggere”. La differenza la fa quell’aggettivo che non dovrebbe essere usato a caso: “professionale” (che non vuol dire solo che è la propria “professione”, cioè per campare, ma che si ha accumulato un’esperienza sufficiente).
    Come per l’informatica, i professionisti costano. Non puoi pensare le conoscenze sviluppate per decenni sul campo costino al pari di un neolaureato al suo primo lavoro retribuito. Lo stesso vale per l’editing: un professionista che ha lavorato per svariate case editrici, anche di rilievo, non può chiedere lo stesso prezzo di chi si affaccia per la prima volta senza alcuna referenza. Il primo porta con sè una garanzia, il secondo è un salto nel buio. D’altra parte capisco anche chi dice che non ha soldi da spendere in questa passione. E quindi cerca di fare da sè. Per me un buon self editing è faticosissimo e i risultati dipendono dalla qualità delle letture (Stephen King ce lo vedrei, per dire). Piuttosto meglio un editing “incrociato”, che vedo andare di moda tra gli scrittori self: ognuno fa l’editor del romanzo dell’altro. Occorre però mettere da parte l’orgoglio e la permalosità. :)

    • Daniele Imperi
      giovedì, 17 Novembre 2016 alle 12:34 Rispondi

      L’improvvisazione c’è nella scrittura come in ogni settore. Per quanto riguarda il discorso sui soldi, la mia filosofia è sempre stata questa: se non ho i soldi, non compro quell’oggetto o servizio.
      Ognuno fa l’editor del romanzo dell’altro? E con quali competenze?

      • Barbara
        giovedì, 17 Novembre 2016 alle 12:55 Rispondi

        Nessuna. Infatti, la definizione corretta sarebbe che ognuno fa il beta lettore dell’altro, e sperano di riuscire anche a cavarci un buon editing. Ma come hai sottolineato tu, c’è una gran differenza tra leggere un testo ed editarlo.
        Il mio motto è: poca spesa, poca resa.
        E se non lo capiscono, basta rapportare il concetto al loro proprio stesso lavoro.
        “Sei disposto tu a fare questo per metà del tuo stipendio?” ;)

        • Daniele Imperi
          giovedì, 17 Novembre 2016 alle 13:03 Rispondi

          Il beta reader lo vedo come un lettore esperto – ma secondo me servono anche quelli non esperti – che ti dà dei pareri utili per revisionare la storia.

  7. Silvia
    giovedì, 17 Novembre 2016 alle 9:37 Rispondi

    Condivido ciò che tu con molta chiarezza hai suddiviso tra ciò che editing non è, ciò che potrebbe essere e ciò che è.
    Per quanto riguarda la possibilità di poterlo fare da soli sono piuttosto scettica proprio perché l’editing dovrebbe essere quello sguardo esterno che va fin in profondità a testare il funzionamento di una storia e l’autore, per quanto capace, non può avere la lucidità e il punto di vista esterno necessario a tale operazione.
    Credo però anche che man mano che l’autore cresce più riesce a cogliere quali siano i punti deboli della sua storia e ad essere obiettivo, tuttavia non può mancare il confronto con chi fa di mestiere questo lavoro.
    In più credo che l’editor debba contribuire a far uscire i punti salienti dello stile di un autore. Vale lo stesso discorso che vale per un atleta: potrebbe essere l’allenatore di se stesso o necessita comunque di un coach?
    Pensare di non aver bisogno di nessuno, secondo me, è presunzione.

    • Daniele Imperi
      giovedì, 17 Novembre 2016 alle 12:36 Rispondi

      Un autore più cresce e più dovrebbe migliorare, ma ogni storia fa testo a sé, quindi l’editor serve sempre.
      Un atleta può anche fare da sé, ma i risultati poi si vedono.

    • Grilloz
      giovedì, 17 Novembre 2016 alle 12:56 Rispondi

      Alla fine della mia cariera agonistica in gara potevo anche andarci da solo, senza il maestro a bordo tatami, e qualche volta l’ho anche fatto. Ormai sapevo cosa fare, come reagire, come difendermi. Eppure l’occhio esterni mi ha sempre dato qualcosa in più, a volte anche solo la fiducia del sapere che c’era lui lì a guardarmi.

  8. Martin Rua
    giovedì, 17 Novembre 2016 alle 9:51 Rispondi

    Sono lieto che tutti i commenti siano a favore del lavoro indispensabile dell’editor. Io aggiungerei che la tua chiosa, caro Daniele, dà l’idea davvero di quel che fa l’editor (oltre a risolvere magagne): rendere vendibile un libro.
    Un abbraccio

    • Daniele Imperi
      giovedì, 17 Novembre 2016 alle 12:37 Rispondi

      Rendere vendibile un libro: purtroppo non tutti capiscono questo aspetto, che è poi è l’unico che spinge un autore a pubblicare con un editore o in self-publishing. Una bella contraddizione.

  9. Tenar
    giovedì, 17 Novembre 2016 alle 10:43 Rispondi

    No. L’editor deve essere una persona esperta, possibilmente interna alla casa editrice che pubblicherà il testo.
    PS: io però vorrei fondare un ente per la protezione degli avverbi in -mente e della forma passiva. Pochi esemplari sono necessari per la salvaguardia dell’ecosistema di un testo. Non sterminiamoli!

    • Daniele Imperi
      giovedì, 17 Novembre 2016 alle 12:38 Rispondi

      Non sono contro gli avverbi in -mente, ma troppi in una pagina suonano male. E anche la forma passiva io la uso, ma cerco di dosarla.

      • Tenar
        giovedì, 17 Novembre 2016 alle 17:38 Rispondi

        Grazie a te, ci ho fatto un post!
        ;)

        • Daniele Imperi
          giovedì, 17 Novembre 2016 alle 17:55 Rispondi

          Visto ora, domani me lo leggo :)

  10. Roberto
    giovedì, 17 Novembre 2016 alle 10:56 Rispondi

    Penso che un bravo (bravissimo) editor serva. Ovvio, che ogni editor porta la storia a sviluppi diversi. Non per questo l’editor è la Bibbia, però bisogna affidarsi, discutere e poi andare dove porta il proprio potenziale.

    • Daniele Imperi
      giovedì, 17 Novembre 2016 alle 12:39 Rispondi

      L’editor non è infallibile, ma anche per me bisogna discutere, appunto, avere un dialogo continuo fra autore e editor.

  11. sandra
    giovedì, 17 Novembre 2016 alle 11:54 Rispondi

    No, non è possibile. E purtroppo credere che invece lo sia ha prodotto un certo numero di libri che dopo essere stati self editati sono stati pure self pubblicati con scarsi risultati.
    C’era la storia, c’era la revisione, si vedeva ma, e in quel ma sta tutto l’editing non fatto. Un’occasione mancata, anche se capisco che l’editing costa, giustamente, e non tutti possono o vogliono affrontare la spesa. Editor ciarlatani? Un sacco.

    • Daniele Imperi
      giovedì, 17 Novembre 2016 alle 12:41 Rispondi

      L’editing costa, infatti. Ho scritto un lungo racconto e un editing mi costerebbe oltre 500 euro. Non ho voglia di spendere quei soldi, quindi resta l’editore.

      • Pietro 57
        domenica, 20 Novembre 2016 alle 20:53 Rispondi

        Se vuoi posso darti una mano io. Lo faccio gratuitamente. Tu mi mandi via e-mail il tuo racconto, io lo valuto a 360 gradi e poi ti suggerisco i passi che devi fare per renderlo il più editabile possibile. Rimane sottinteso che devi accettare i miei suggerimenti e metterli in atto, anche se possano in un primo momento non sembrarti opportuni o poco attinenti alle tue preferenze. Poi a fine lavoro, che dovrai fare tu seguendo i miei suggerimenti, valuterai quale delle due versioni è migliore, e scartare una delle due. Se accetti oltre al racconto mi serve da subito la sintesi della storia che stai raccontando, per valutare i suoi punti di forza e i suoi punti deboli e la sua originalità. In attesa, ti saluto.

  12. Simona
    giovedì, 17 Novembre 2016 alle 12:48 Rispondi

    Applaudo pure io. In questo ambiente sguazzano i più gran venditori di fumo del pianeta.
    Detto ciò , una cose fondamentale è il correttore bozze, che nemmeno la più minuscola casa editrice dovrebbe farsi mancare. Eppure…
    L’editing è proprio altro.

    • Daniele Imperi
      giovedì, 17 Novembre 2016 alle 12:50 Rispondi

      Anche nel mondo del web è pieno di venditori di fumo. Quanti ne ho trovati…
      Io ancora devo trovare un libro senza errori di stampa.

  13. Andrea
    giovedì, 17 Novembre 2016 alle 14:29 Rispondi

    Mi viene in mente un esempio: fare self-editing per uno scrittore è come fare self-operation per un chirurgo, contando che deve prima farsi l’anestesia totale e poi auto-operarsi :)

    • Grilloz
      giovedì, 17 Novembre 2016 alle 14:37 Rispondi

      Dici così perchè ti sei scordato di Rambo che si ricuce da solo, e non era manco un chirurgo :D

      • Andrea
        giovedì, 17 Novembre 2016 alle 19:47 Rispondi

        Rambo fa parte di una piccola elite (tra cui Chuck Norris e McGyver) che potrebbero tranquillamente fare Self-tutto :)

    • Daniele Imperi
      giovedì, 17 Novembre 2016 alle 14:39 Rispondi

      Be’, può sempre provarci e vedere come va a finire :D

  14. Simona
    giovedì, 17 Novembre 2016 alle 15:32 Rispondi

    Però devo aggiungere che il successo di vendite di un libro non lo fa certo l’editing. Vedi il giallo di Dircks , ( il primo che mi viene in mente) che non ho letto, ma che vari blog/esperti hanno massacrato in quanto esempio di tutto ciò che non si dovrebbe mai fare in un romanzo.
    Mi sono ripromessa di leggerlo per fare uguale;)

    • Daniele Imperi
      giovedì, 17 Novembre 2016 alle 15:44 Rispondi

      Non conosco questi gialli. Non ha avuto editing?

      • Simona
        giovedì, 17 Novembre 2016 alle 16:02 Rispondi

        Non lo so. Intendevo dire che l’editing non è una scienza esatta. La correzione bozze sì.

        • Daniele Imperi
          giovedì, 17 Novembre 2016 alle 16:18 Rispondi

          Su quello siamo d’accordo: l’editing dipende sempre dalla visione dell’editor, mentre la correzione di bozze prevede la correttezza ortografica, tipografica, ecc., che non sono a discrezione della persona.

  15. Simona
    giovedì, 17 Novembre 2016 alle 15:35 Rispondi

    Ops, Dicker

  16. Amanda Melling
    giovedì, 17 Novembre 2016 alle 18:19 Rispondi

    Sarò sincera: io ho sempre fatto self-editing, non mi è mai capitato che mi sia stato richiesto di cambiare qualcosa. Ogni tanto di allungare il brodo.

    • Daniele Imperi
      venerdì, 18 Novembre 2016 alle 8:16 Rispondi

      Non avevo un editor le case editrici con cui hai pubblicato?

      • Amanda Melling
        venerdì, 18 Novembre 2016 alle 9:35 Rispondi

        Si ovviamente, ma non è obbligatorio cambiare sempre qualcosa nei romanzi. Anch’io faccio l’editor ma a volte passo i manoscritti direttamente avanti per la pubblicazione. Ogni scrittore è diverso. Io non rileggo, non uso beta reader, non modifico, buona la prima. Nel mio ultimo romanzo ho avuto come editor Michele Marziani, e per me è stato un piacere, ma generalmente mi aggiusto.

  17. Elena
    giovedì, 17 Novembre 2016 alle 21:12 Rispondi

    Conosco persone che di fronte a una critica peraltro oggettiva delleditor si sono ritratti e chiusi a riccio. Penso che il problema sia la disponibilità ad accettare osservazioni spesso dure ma necessarie per migliorare il testo. Non tutti sono disponibili. E camuffano questa autoreferenzialita con autidafe. Me lo faccio da sola che è meglio. Ma è solo paura. E con la paura non si va da nessuna parte…..

    • Daniele Imperi
      venerdì, 18 Novembre 2016 alle 8:16 Rispondi

      Persone immature :)
      Per me dipende dalla poca esperienza degli autori.

  18. Grazia Gironella
    giovedì, 17 Novembre 2016 alle 22:33 Rispondi

    Nel corso della revisione stampo, leggo ad alta voce, controllo i vari aspetti della storia per mesi, mi faccio aiutare da beta-readers, ma anche così, se non ci lavora sopra qualcun’altro, so che il testo non può arrivare a dare il suo meglio. D’altra parte non intendo pagare qualcuno per fare questo lavoro, anche perché non tutti gli editor sulla piazza valgono la spesa. Faccio quello che posso per conto mio, alla fine.

    • Daniele Imperi
      venerdì, 18 Novembre 2016 alle 8:22 Rispondi

      Puoi sempre chiedere un editing di prova, per renderti conto di come lavora.

  19. Renato
    venerdì, 18 Novembre 2016 alle 9:58 Rispondi

    Un vero editor, secondo me, è come la guida in un museo, cioè qualcuno più esperto di me (che ha studiato e sa) che attraverso i capolavori che vedo mi spiega tecnicamente come comprendere le mie emozioni.
    Scrivere è molto difficile, scrivere bene è difficilissimo e, diciamoci la verità, la stragran parte dei libri degli esordienti non vale la carta su cui sarebbero stampati. Questo perché l’autore semplicemente non fa alcuno sforzo per applicare quelle regole che tu illustri nei primi due paragrafi.
    Fabula, intreccio, bilanciamento personaggi, dialoghi, incipit e finale, la scrittura è anche tecnica, e questa si impara solo se si studia. Altrimenti è solo improvvisazione (onanismo?).
    Il vero editor è quello che riesce a scovare l’opera d’arte (anche di un esordiente) e riesce a valorizzare al massimo (cioè renderlo visibile e dunque vendibile) l’universo interiore dell’autore. L’editor non lavora sul testo (che ripeto deve essere tecnicamente rigoroso) ma sull’autore per forzarlo a tirare fuori tutto quello che è e voleva dire.

    • Daniele Imperi
      venerdì, 18 Novembre 2016 alle 10:39 Rispondi

      Un editor dovrebbe essere una guida, infatti, e non dovrebbe prendersi delle libertà senza consultare l’autore.

  20. Ulisse Di Bartolomei
    venerdì, 18 Novembre 2016 alle 12:23 Rispondi

    Salve Daniele

    In questi ultimi mesi ho imparato cose sulla revisione di un testo, che avrei mai immaginato.
    Già due mesi fa credevo di aver compiuto una buona revisione di un testo di 400 pagine, seguendo pure il tuo consiglio di ridurre il carattere da 16 a 14 (o meno), che ovviamente obbligava a ricollogare parola per parola, mancava soltanto un ricontrollo degli errori di battitura, avvalendomi dell’evidenziatore di Word. Casualmente mi è venuta l’idea di attivare anche il correttore grammaticale. Solitamente non lo faccio, per non perdere tempo con i “falsi allarmi”, ma questa volta lavoravo il testo in italiano contemporaneamente a quello in inglese. Si è aperto un mondo (espressione che avevo usato in un commento sulla prima revisione, quindi un secondo…). Nel testo in inglese, con frequenti errori, il correttore mi costringeva ad attenzionare parti del racconto a cui solitamente non davo peso e non soltanto facilitava nel notare errori di battitura e incongruenze anche nel testo in italiano, ma scavava nella memoria dei dettagli che avrei mai immaginato. Insomma il correttore grammaticale mi ha obbligato a vedere con occhi diversi. Ciò che credevo di poter terminare in poche ore, ci sto lavorando da due mesi (e uno mi ci vorrà ancora) e i testi li ho dovuti totalmente rimaneggiare. Peraltro il fatto di aver “perlustrato” il testo una seconda volta, mi ha consentito di memorizzarlo meglio e di ricordare ridondanze e ripetizioni “a memoria”. Fermo restando che l’autore non è (del tutto) idoneo alla correzione di bozze (qui mi sono arreso… errori ne trovo sempre), se non si vuole pagare un buon professionista, qualche stratagemma bisogna pur trovarlo. Magari sono cose ovvie e la mia è l’esperienza di uno scrittore improvvisato, ma mi sembra utile raccontarla.

    • Daniele Imperi
      venerdì, 18 Novembre 2016 alle 12:44 Rispondi

      Il problema è che gli stratagemmi non ripagano. Non posso sostituire un editor.

      • Ulisse Di Bartolomei
        venerdì, 18 Novembre 2016 alle 13:00 Rispondi

        Allora non resta che pagarlo e sceglierne uno buono, ma un lavoro ben fatto abbisogna di molto tempo e viene a costare un’enormità. Ha senso in un’impresa letteraria, quale può essere definito un libro pubblicato da un editore, dove il recupero dell’investimento è assicurato dalla pressione pubblicitaria. Comunque se non si vuole pagare un aiuto professionale: bisogna fare da se.

  21. Matteo Rosati
    venerdì, 18 Novembre 2016 alle 18:03 Rispondi

    Il self-editing secondo me è possibile, ma potendo è meglio che l’editing lo faccia un professionista esterno. Il problema è trovare questo professionista, e che sia quello adatto per lo scrittore e la storia su cui deve lavorare. Se lo scrittore è geniale, l’editor dovrebbe esserlo altrettanto, altrimenti a che serve un editor mediocre ad uno scrittore geniale? Gli serve a poco.
    Ho appena letto un romanzo di successo, molto bello, che mi ha fatto questa impressione: se l’autore avesse trovato un editor migliore secondo me il libro avrebbe potuto davvero fare un salto di qualità.

    • Daniele Imperi
      sabato, 19 Novembre 2016 alle 8:24 Rispondi

      Sono d’accordo che bisogna trovare un editor molto valido, e come dici anche uno adatto alle storie che scrivi. Quale romanzo di successo hai letto?

      • Matteo Rosati
        sabato, 19 Novembre 2016 alle 15:07 Rispondi

        “Mistborn: L’Ultimo Impero” di Brandon Sanderson. Di successo, almeno nell’ambito del fantasy.

  22. Andrew Next
    sabato, 19 Novembre 2016 alle 8:50 Rispondi

    Il bilanciamento della storia riguarda molti aspetti; la posizione del climax, la presenza di infodump, la coerenza dei personaggi… non puoi dire che Mario è timido e riservato se poi si tromba tutti i personaggi femminili :-)
    La coerenza dell’ambientazione: un messaggio whatsapp nel 1998 è fuori luogo… ma pure un antagonista con fenomenali poteri cosmici preso a schiaffi e sconfitto dal cugino sfigato di Fantozzi. Sono esempi paradossali, messi solo per chiarire il concetto.
    Sulla posizione del climax ci torno un attimo: non puoi raccontare lo scontro finale a pagina 100 di un romanzo di 300 cartelle e rifilare al lettore 200 cartelle di epilogo. Lo trovo scorretto, così come è scorretto un prologo di 200 cartelle pieno di descrizioni e basta. Un bravo editor sa cogliere sfumature ben più labili e portare l’autore ad esprimere al meglio la storia che ha in mente.

    • Daniele Imperi
      sabato, 19 Novembre 2016 alle 9:00 Rispondi

      Mi è capitato di leggere qualcosa di simile agli esempi paradossali che fai. Come parlare del diavolo in una storia ambientata nella Preistoria.
      D’accordo anche sul climax. Io faccio così: creo una lista che in una frase riassuma i capitoli della storia e vedo dove ho infilato il climax. Se sta a metà, non va bene, per esempio.

      • Andrew Next
        sabato, 19 Novembre 2016 alle 14:35 Rispondi

        …una frase?
        Cioè una cosa tipo “Renzo vuol sposare Lucia, ma ci si mette Don Rodrigo di mezzo… ” e via così con l’allegra tarantella dei promessi sposi che si conclude con ” …credete che non s’è fatto apposta.”?

        • Daniele Imperi
          sabato, 19 Novembre 2016 alle 15:03 Rispondi

          Anche un romanzo può essere riassunto in una sola frase :)

  23. Pietro 57
    domenica, 20 Novembre 2016 alle 15:53 Rispondi

    Ho letto con interesse i vari commenti . E mi pare di aver capito che si parla “della messa a punto di un test, di un racconto o di un romanzo, rispettando determinati obblighi letterari, prima che vada in stampa, per renderlo idoneo per la pubblicazione”. In sintesi: “il racconto o il romanzo che ho scritto è valido per la pubblicazione?”. Un tempo il lavoro di scrittura su un racconto o su un romanzo veniva svolto nella sua quasi totalità dallo scrittore o dalla scrittrice. Che con puntigliosità e precisione quasi chirurgica ne sviluppava ogni sua parte in modo molto professionale oltre che letterario. Così che la Casa Editrice che avrebbe pubblicato il manoscritto sapeva di avere in mano già un prodotto di ottima qualità, conoscendo l’abilità dell’autore/trice, e quindi si limitava al solito controllo essenziale di prassi e poi passava alla pubblicazione dello scritto fiduciosa del suo meritato successo di vendite. Questo accadeva perché tempo addietro chi scriveva impiegava “volutamente” minimo due o tre anni o fino a un massimo di cinque e più anni per completare il suo romanzo e renderlo idoneo per la pubblicazione. Si dice che Hemingway rivedesse i suoi testi a volte anche fino a 40 volte per renderli oltre che letteralmente godibili anche in automatico adatti alla pubblicazione. Ora cerchiamo di essere pratici, se uno scrittore controlla i suoi testi anche solo una decina di volte migliorandone ogni volta lo stile e tutto l’insieme letterario che vuole esprimere non sarà infine tale testo perfettamente idoneo per la pubblicazione? Potrei anche sbagliarmi, ma io penso di si. Che dire di Manzoni che si finanziò di tasca sua le spese della pubblicazione di “I Promessi Sposi” e ne curò con minuziosa attenzione anche tutto il processo letterario e fino alla stampa della sua creatura. Si dice che un giorno tornando a casa si ricordò “di avere dimenticato una virgola nel suo manoscritto”, allora tornò indietro per correggere prontamente quello che lui reputava un errore, e mise la virgola che mancava al posto giusto. Da questo si comprende che i Grandi Autori sapevano fare molto bene il loro mestiere di scrittori.

  24. Pietro 57
    domenica, 20 Novembre 2016 alle 16:45 Rispondi

    Continuo l’articolo, stampato a metà per timore che mi venisse cancellato. Ero rimasto ai Grandi Autori di romanzi che scrivevano in modo eccellente. Anche ai nostri giorni immagino che vi siano eccellenti scrittori/trici che sanno fare molto bene il loro lavoro di scrittura sia per racconti che per romanzi. E questi bravi scrittori potevano benissimo “lavorare da soli in tutte le varie fasi necessarie alla stesura di un romanzo o di un racconto”. Però ve ne sono molti altri, e sono in maggioranza, che non riescono a scrivere in modo eccellente, per vari motivi che ora non cito, e che quindi si ritrovano in un modo o nell’altro ad avere necessità di un aiuto . In tutto ciò non c’è nulla di anomalo, vergognoso o privo di comprensione, a volte capita pure ai grandi della scrittura, infatti anche loro “utilizzano una marea di collaboratori” per confezionare un romanzo adatto alla pubblicazione. Ma se “non si è dei grandi Autori” oppure “non si hanno i soldini per assoldare tanti collaboratori” che si fa? A volte è molto difficile che si riesca a produrre uno scritto “adatto alla stampa” per una casa editrice. Ecco perché poi necessitano gli aiuti che le varie case editrici offrono a pagamento o meno per fare divenire lo scritto pubblicabile. E siamo arrivati a un punto dolente del nostro esame. Le Case Editrici. Vi sono quelle “serie” che valutano il testo, ti dicono la verità sulla tua opera e ti spronano a fare meglio, o ti suggeriscono “i vari miglioramenti da apportare vedendo nel tuo scritto qualcosa di valido in senso letterario”. Mentre vi sono Case Editrici “poco serie” il cui intento è solo quello di “spillare soldi ai poco accorti o agli ignari che riporranno in loro una fiducia poco oculata “. Questi fanno intendere che “il tuo romanzo o altro scritto è molto interessante e che con qualche aggiustamento qua e là che penseranno loro a fare, diventerà molto interessante e buono da pubblicare”, chiedendo soldi all’ignaro che non sà che la sua opera infine continuerà a rimanere “di basso livello letterario” e non valere più di tanto. Premetto che vi sono Case Editrici, famose o meno, che sono composte da seri professionisti e che non portano via i soldi dalle tasche di nessuno in modo poco corretto, il problema per uno scrittore è trovarle, che a quanto pare non sia facile. Quindi uno scrittore deve porsi questa domanda: “anche con le dovute correzioni occorrenti, il mio manoscritto sarà vendibile?” A questa domanda una Casa Editrice seria ti darà la giusta risposta. Quindi potrai proseguire il tuo cammino. Mentre chi vuole solo i tuoi soldini potrebbe dirti una menzogna per farsi affidare a pagamento il tuo scritto e così fare solo i loro interessi e non i tuoi. Abbiamo capito che prima di spendere denaro inutilmente bisogna chiedersi, lo ripetiamo: “il mio libro sarà vendibile? Potrà piacere al lettore? Come faccio a saperlo?” E mi fermo qui. Ma nel prossimo articolo vi spiego quali sono i passi principali da fare per sapere le risposte a queste domande. Vi saluto

  25. Pietro 57
    domenica, 20 Novembre 2016 alle 21:23 Rispondi

    Commento sulla “Caratterizzazione dei Personaggi”. Specifico subito che sia un racconto che un romanzo con dei personaggi piatti, cioè senza caratterizzazione, è come se un personaggio fosse disegnato su un semplice foglio di carta, se ne vede solo un lato, e quindi il personaggio non è completo. Un personaggio si deve caratterizzare in senso fisico e anche in senso morale. Quindi dopo averlo descritto fisicamente, ci dobbiamo soffermare a tratteggiare anche il suo carattere e il suo modo di agire. Ma a volte non basta, necessita anche, se il racconto o il romanzo lo richiede, che il personaggio man mano che la storia va avanti cresca in maturità o degeneri il suo discutibile agire ancora di più, oppure resti immutato come una statua di ghiaccio. I tratti maggiori devono essere rivolti al ai personaggi principali, può essere anche uno solo, un poco meno tratteggiati saranno i personaggi secondari, e solo accennati saranno i personaggi che sono solo delle comparse. Nei racconti la caratterizzazione i un personaggio deve essere breve e intensa, mentre nel romanzo dato che è più lungo ci possiamo permettere di caratterizzare un personaggio con calma e meno velocemente. Ogni personaggio deve essere originale e diverso da tutti gli altri personaggi che popolano il racconto o il romanzo. In questo modo non sarà piatto ma sarà a tutto tondo e deve sembrare che il lettore lo abbia davanti ai suoi occhi mentre legge come se per lui fosse una persona reale.I metodi per caratterizzare un personaggio sono vari, ma tutti hanno un unico scopo, fare amare o disprezzare, rendere simpatico o antipatico, fare sorridere o fare piangere ogni qualvolta il personaggio agisce o parla o si muove eccetera. Ci sarebbe ancora tanto da dire,ma per ora mi fermo qui. Voglio solo aggiungere che dare vita a dei personaggi simpatici e originali non è poi così difficile come pare, basta usare il metodo giusto. Ma di questo ne parlo magari un’altra volta. Vi saluto.

  26. Pietro 57
    lunedì, 21 Novembre 2016 alle 18:14 Rispondi

    Commento sulla regola del “mostrare e non raccontare” (in inglese: show, don’t tell), dato che a volte può sembrare una cosa non solo antipatica ma a volte anche poco chiara. Iniziamo col dire che in letteratura vi sono svariati modi di raccontare o di scrivere una storia. Fermiamoci però ai due punti che ci interessano: “raccontare” e “mostrare”. Il primo punto “raccontare” è un modo di scrittura generica che a volte molti scrittori usano in parte o ne fanno anche abuso nei loro scritti. Scrivere in questo modo vuol dire che forse non si è pratici del “mostrare”. Il “mostrare” al contrario del “raccontare” è un modo di scrivere più specifico e minuzioso e ha il merito di farci apparire la scena che stiamo narrando in modo più vivida, più reale, più interessane eccetera. E questo non mi pare poco! Alla domanda : in un racconto o in un romanzo tecnicamente si potrebbe sempre “mostrare”, eliminando del tutto il “raccontare”? La risposta è si. All’altra domanda: ma in certe narrazioni non è quasi obbligatorio “raccontare” invece che “mostrare”? La risposta è no, non è obbligatorio, in qualsiasi fase della narrazione si può sempre usare la formula del “mostrare” al posto del “raccontare”. Il “mostrare” invece che “raccontare” può sembrare difficile da capire, ma in verità non lo è. Basta fare un poco di esercizio letterario e poi la cosa può divenire quasi automatica. Passiamo a qualche esempio pratico, per capire perché mostrare è più incisivo del raccontare. Immaginiamo due fidanzati che parlano. La ragazza, spinta dalla gelosia chiede al ragazzo dove è stato in quelle ultime due ore. Il ragazzo risponde dicendo “di essere andato a comprare un anello da regalare a lei”. Fermiamoci un attimo. Con quelle parole il ragazzo stava “raccontando” alla sua bella le sue ultime due ore. Da come si vede il racconto è molto sintetico, generico e quasi privo di attrattiva, e anche poco credibile. Infatti la ragazza gelosa pur vedendo l’anello vuole delle prove che la convincano che il suo ragazzo non menta. L’anello potrebbe averlo comprato un mese o un anno prima eccetera. Allora chiede al ragazzo di “raccontargli nei minimi particolari” come ha fatto a impiegarci due ore per l’acquisto dell’anello. Qui la ragazza sta chiedendo di “mostrargli ” l’acquisto dell’anello. Il ragazzo racconterà i particolari della sua ricerca minuziosa dell’anello e così starà “mostrando” alla sua ragazza con un raccontare molto più lungo, interessante, incisivo, e soprattutto più credibile la vicenda dell’acquisto dell’anello .Ora un esempio molto breve per capire bene il punto. Diciamo che Paolo dice a un suo amico: “Ho un coniglio nascosto nel cilindro”. Paolo sta “raccontando” quello che ha nel cilindro. Ora Paolo tira fuori dal cilindro un coniglio e lo mostra al suo amico, dicendogli: “Questo coniglio ha… è di tale razza… me lo ha regalato… è un simpaticone perché… eccetera. Paolo nel secondo caso sta “mostrando” al suo amico quel coniglio facendoglielo vedere, dicendogli come è fatto eccetera. Il raccontare generico della tecnica del “raccontare” è divenuto più specifico con la tecnica del “mostrare”. Molti grandi autori di romanzi usano questa tecnica in modo eccellente. Altri inseriscono a volte molte parti “raccontate” invece che “mostrate”. E questo sminuisce molto la loro opera. La fa divenire pesante e noiosa e a volte anche illeggibile. La tecnica del “mostrare” la si trova a “profusione” nelle scene cinematografiche. Le scene “mostrano” e “non raccontano” quello che succede nel film. Per fare pratica si possono guardare alcune scene di un film che piace e poi provare, rivedendole con calma, a metterle per iscritto sulla carta. Può essere un altro metodo per capire e imparare a “mostrare” al posto di “raccontare”. Serve si un piccolo sforzo. Ma quanta soddisfazione si ottiene una volta imparata la tecnica, e ci si annoia poco quando si scrive. E anche questo non è poco. Sperando di esservi stato utile, vi saluto.

  27. sabizen
    martedì, 22 Novembre 2016 alle 17:19 Rispondi

    Buona sera a tutti, vi seguo da poco, con grande interesse. Intervengo, pur consapevole della mia somma ignoranza, per raccontarvi un’esperienza personale: tantissimi ( ma proprio tanti ) anni fa ebbi l’ onore di conoscere Sebastiano Vassalli, che a lungo ci parlò dell’importanza di un buon editor ( nel caso specifico si riferiva a un editor dell’ Einaudi ). Il fatto a suo tempo mi stupì, ma seguendo il filo dei vostri discorsi, mi rendo conto che per quanto un autore possa stare attento e rivedere anche maniacalmente ( oops, in modo maniacale ) il proprio testo, una figura esterna non può che essere utile.
    Poi mi viene in mente Carver, ma lì si apre un mondo.

    • Daniele Imperi
      martedì, 22 Novembre 2016 alle 17:27 Rispondi

      Ciao, benvenuta nel blog. Sì, un occhio esterno può fare di più. Su Carver ho letto che l’editor faceva un po’ a modo suo, cosa che a me non sta bene.

      • sabizen
        martedì, 22 Novembre 2016 alle 20:01 Rispondi

        Infatti! Carver era un cultore della rilettura e revisione e rilettura. Tuttavia è stato rimaneggiato assai, presumo per esigenze commerciali, di linee editoriali e di pubblicazione.
        Per dire che alla fine un buon editor è essenziale, se è tale.

  28. Pietro 57
    venerdì, 25 Novembre 2016 alle 2:15 Rispondi

    Rispondo a cosa significa “il bilanciamento di una storia”. Premetto che per capire appieno questo punto avrei bisogno di tenere una riunione di almeno tre ore di scrittura creativa. Non perché il punto sia difficile da capire ma forse perché a volte gli scrittori “vanno a ruota libera troppo facilmente e troppo spesso” e le restrizioni gli piacciono poco o per nulla. Il bilanciamento di una storia è proprio questo, tenere a freno la propria penna quando serve equilibrare le parti. Un piccolo esempio chiarificatore. Se vogliamo “bilanciare un dialogo” tra due persone in modo perfetto faremo dire due battute a uno e due battute all’altro, cosi il bilanciamento è perfetto. In un dialogo produrre bilanciamento risulta piuttosto facile. In una storia è un po più complicato. In poche parole non lo capirete forse, o forse si, io ci tento lo stesso. Il bilanciamento di una storia si ottiene dividendo le sue parti in tante sezioni e facendo in modo che ognuna di tali sezioni sia scritta in modo che risulti in armonia con le altre sezioni, senza esagerare nel farla troppo lunga o troppo corta. La cosa non è propriamente facile, ma con pratica e molta costanza si possono ottenere ottimi risultati. Vi faccio un altro piccolo esempio. Se in una storia vi sono personaggi secondari o comparse che parlano più dei personaggi principali, non è bilanciata. Ma anche il contrario, cioè se i personaggi principali parlano troppo e quelli secondari quasi niente la storia non è bilanciata. Se si parla troppo del clima o del paesaggio e poco del carattere dei personaggi la storia non è bilanciata. e mi fermo qui. Vi ho dato solo un accenno. Vi ricordo solo che il bilanciamento di una storia riguarda più i grandi scrittori che altri. Notatelo pure voi, leggete un grande Autore e alla fine del libro si ricordano nitidamente le varie parti della vicenda in modo molto chiaro, questo dipende anche da un buon bilanciamento delle varie parti della storia, come se avessero tutte un certo peso quasi identico tra di loro. Sembra facile, ma non lo è. Ma chi ci riesce vuol dire che è un bravo scrittore. Vi saluto.

  29. Pietro 57
    domenica, 4 Dicembre 2016 alle 1:38 Rispondi

    Rispondo a “che cos’è il Ritmo in una storia”. Innanzi tutto qui non si sta parlando di musica. Il Ritmo di un racconto o di un romanzo non ha nulla a che vedere con la musica. L’unica analogia che hanno “il Ritmo Letterario” e “il Ritmo musicale” è questa: in entrambi i casi se questo ritmo non ci fosse non esisterebbe né la musica e né la narrativa letteraria.
    Sembrerà strano a qualcuno, ma il Ritmo nella narrazione o “ritmo narrativo” è come l’acqua del mare, se l’acqua non ci fosse, non ci sarebbe il mare ma solo sassi e sabbia in una conca rocciosa o meno immensa, ma vuota e senza vita. La stessa cosa vale per “il ritmo nella narrazione”, se esso manca la narrazione è priva di vita e priva di qualsiasi interesse letterario. C’è anche da dire che a volte non è facile per uno scrittore/trice capire bene “che cosa sia questo ritmo e come metterlo nei racconti o nei romanzi”. Cercherò di trattare alcuni aspetti del ritmo, in modo generico, in modo da farvi capire il punto. Vi farò un esempio molto semplice. La nostra vita è “piena di ritmo” anche se a volte per la fretta o per altro non lo notiamo. Da quando ci alziamo al mattino con tutti i suoi molteplici impegni a quando la sera ci corichiamo, la vostra vita “è scandita o ha dentro il suo agire e fare una moltitudine di ritmi”. I ritmi della vita possono essere “infiniti”. Ma cosa sono questi ritmi? I ritmi “sono il modo in cui noi affrontiamo le molte vicende della nostra vita”. Sin qui mi pare semplice la cosa. Ora andiamo nello specifico per fare capire bene il punto. Il ritmo narrativo viene incluso nella narrazione quando chi scrive rende in modo chiaro, semplice e vivido, come se accadesse davanti ai nostri occhi, nelle sue parole il ritmo della vita. Ora chiarisco meglio “il ritmo della vita”. Noi ci alziamo al mattino di una domenica e sappiamo che non abbiamo nessun impegno di lavoro o di altro genere. Quindi il nostro ritmo di vita sarà di certo “tranquillo, sereno, a perditempo eccetera”. Ora prendiamo un lunedì mattino lavorativo, dobbiamo prendere il treno per il lavoro e abbiamo fretta di uscire di casa. In questo caso il nostro ritmo di vita sarà di certo “ansioso, agitato, frettoloso, nervoso eccetera”. Nel primo caso il nostro ritmo di vita era in sintesi “tranquillo”, nel secondo caso il ritmo di vita era in sintesi “agitato”. Ecco che questi due ritmi di vita lo scrittore li deve sapere inserire con maestria nel suo raccontare creando così “il ritmo narrativo”. Ho fatto due esempi molto semplice per spiegare il ritmo narrativo. Il ritmo narrativo diventa più complicato o difficile da inserire nel racconto quando si tratta di argomenti complessi o poco conosciuti. Immaginate di raccontare una tempesta in mare aperto e di non conoscere molto il mare, o di raccontare una tormenta di neve in alta montagna e non sapere molto sulla montagna. Oltre a queste difficoltà ci vuole poi anche la conoscenza stilistica di base per sapere esprimere coi pensieri e poi con lo scritto sulla pagina “il ritmo di questi eventi di vita” e quindi “il ritmo della narrazione”. Le tecniche per raggiungere tali effetti non mancano, ma conta molto anche l’esperienza di vita o la conoscenza in qualche modo fatta di “tali eventi di vita che si andranno a narrate”. Molti scrittori inconsapevolmente a volte si ritrovano nel loro modo di esprimersi un certo ritmo narrativo, che devono poi perfezionare consapevoli di quello che andranno poi a inserire nel racconto. Gli “eventi di vita” sono tanti e tutti sono in parte o in tutto diversi tra di loro, ma anche quando pare che si somiglino “c’è sempre tra di loro anche un minima e a volte quasi impercettibile differenza” che nello scritto deve trasparire. Due episodi diversi come “una giornata in spiaggia” e “la scalata di una montagna alta e pericolosa” hanno “due ritmi narrativi molto diversi ” vale a dire che “si devono raccontare in modo totalmente diversi l’uno dall’altro” usando per ognuno “il giusto ritmo narrativo” che dia allo scrittore e al lettore poi “la giusta sensazione ” di trovarsi anche lui su di una spiaggia assolata e tranquilla, oppure di trovarsi anche lui in bilico attaccato a una parete di montagna col rischio di perdere la vita e in una situazione molto rischiosa e tesa. Ci vuole un po di pazienza per capire il punto, ma “il ritmo narrativo” è importante come nella vita è importante il movimento. Senza movimento la vita sarebbe piatta e monotona sul piano della varietà che invece la rende variegata e interessante eccetera. Allo stesso modo “senza ritmo” la narrazione è priva di vitalità e bellezza espressiva. Imparare a esprimere un certo ritmo nel raccontare sarà di aiuto allo scrittore che si delizierà nel suo scrivere, e sarà la gioia del lettore che non troverà nessun motivo di noia o di poco interesse nel leggere una narrazione scritta col giusto ritmo. Spero di esservi stato utile. Un saluto.

  30. Rudy Mentale
    martedì, 3 Gennaio 2017 alle 17:10 Rispondi

    Buongiorno a tutti e buon anno già che siamo agli inizi. Intervengo sull’argomento perché mi interessa anche se ammetto di non aver letto tutti i commeti precedenti, quindi con il probabile rischio di ripetere cose già dette.
    Dubito, anzi sono quasi certo, che un autore abbia la capacità di effettuare l’editing di un proprio romanzo e credo che se qualcuno sostiene di poterlo fare pecca di presunzione.
    Io ho pubblicato cinque libri ma per ognuno di essi ho avuto due implacabili lettrici che mi hanno fatto le pulci sulla struttura, la grammatica, la trama e con le quali ho sostenuto vivaci discussioni anche se alla fine devo ammettere che è stato tutto a fin di bene.
    Ricordo di aver sentito dire che Raymond Carver avesse avuto un rapporto conflittuale con il suo editor, al punto che una volta rggiunta una certa notorietà ha voluto ripubblicare un suo romanzo rifacendo lui stesso l’editing. Ma mentre la prima versione fu un successo il secondo fu un vero flop commerciale. Continuerò a farmi schiaffeggiare dalle mie editor personali senza alcun timore perché è giusto così.
    Rudy Mentale

    • Daniele Imperi
      mercoledì, 4 Gennaio 2017 alle 13:59 Rispondi

      Ciao, benvenuto nel blog. Le tue lettrici sono editor? Altrimenti restano pareri da lettore.

      • Rudy Mentale
        mercoledì, 4 Gennaio 2017 alle 15:02 Rispondi

        Una è laureata in semiologia forte lettrice e critica fotografica. Non è una editor di professione ma ha tutti gli attributi. Per la parte grammaticale mia moglie laureata in scienze politiche ricercatrice nel settore agro alimentare scrive parecchi report e ha una ottima conoscenza della sintassi. E’ un editor nel suo settore. Certo non è la perfezione dal punto di vista dell’editing letterario ma raccolte un certo numero di testimonianze da altri scrittori direi di essere almenno nella media.

  31. Rudy Mentale
    mercoledì, 4 Gennaio 2017 alle 15:03 Rispondi

    Almeno… chiedo scusa… talvolta la fretta… Comunque ciao e grazie per il benvenuto

  32. Francesco Zampa
    mercoledì, 11 Gennaio 2017 alle 8:16 Rispondi

    Ho qualche dubbio. L’autore self ha un che di artigianale il che non vuol dire che la qualità sia inferiore: lo è nei mezzi, non nei risultati. È come preferire il nostro pizzaiolo di fiducia ad Autogrill. Tolti i fuoriserie, che hanno altissima qualità e mezzi infiniti, si rientra nella media, alta o bassa che sia. In certi blog che seguo sposano questa linea: cioè sì alle regole e all’impegno ferreo, ma aperti alle violazioni quando sono motivate. Esempi: gli incisi sono come dice Imperi, in grammatica e negli esercizi, nei pensierini, ma, durante la narrazione, possono essere violati se si vuole una certa pausa. Il “disse” per me è la forma più adatta a inserire il dialogo: poi la frase da sé dirà, la maggior parte delle volte, se urla o blatera. L’infodump (scopro ora), non mi piace, ma c’è chi vuole saperne di tutto e di più. Ho letto romanzi carabiniereschi dove mettono con esattezza il nome del reparto investigativo interessato, per esempio RACIS, NOS, NAS, che, sviluppati, diventano lunghissimi e cacofonici; io li ho sostituiti con acronimi finti ma molto più intuitivi, pensando che il lettore distingua l’essenza, cioè tra un reparto in borghese etc. Potrei continuare. La sostanza credo sia una prima stesura revisionata più volte dall’autore e da beta affidabili. Un editor a disposizione non farebbe male, se concorda gli interventi con l’autore perché, altrimenti, il libro rischia di uscire dalle sue intenzioni e perdere la qual cosa che lo rende unico tra gli altri, che poi è l’unica cosa che gli farà trovare, eventualmente, spazio. Quindi: autocritica, aperti a tutti i consigli e le bacchettate, ma avanti con juico.

    • Daniele Imperi
      mercoledì, 11 Gennaio 2017 alle 8:24 Rispondi

      Ciao Francesco, benvenuto nel blog. La qualità di quasi tutti i testi pubblicati in self è inferiore, almeno stando alle tante anteprime di ebook che ho letto.
      Quali violazioni?
      In che senso hai messo acronimi finti?
      L’editor dovrebbe sempre concordare con l’autore i vari interventi.

      • Francesco Zampa
        mercoledì, 11 Gennaio 2017 alle 8:36 Rispondi

        Ciao e bentrovato.
        Intendevo violazioni alle regole grammaticali.
        Acronimi: invece che usare Raggruppamento Carabinieri Investigazioni Scientifiche che, in certi casi, ha cura dei rilievi sulle scene, metto semplicemente Squadra Rilievi, che non esiste ma che dà il senso.
        Purtroppo l’editor, spesso, rende l’opera fruibile al mercato, la adatta. Non vuol dire che non scovi incongruenze e non faccia un buon lavoro comunque, ma il rischio di sottrazione è molto alto.

        • Daniele Imperi
          mercoledì, 11 Gennaio 2017 alle 8:39 Rispondi

          In che caso si violano le regole grammaticali? Se nei dialoghi di gente che parla male, ok. Altrimenti bisogna vedere perché sono violate certe regole.

  33. Francesco Zampa
    mercoledì, 11 Gennaio 2017 alle 9:03 Rispondi

    È quello che volevo dire.

  34. Kukuviza
    mercoledì, 8 Marzo 2017 alle 10:11 Rispondi

    Mi è venuta in mente una domanda forse scema. Ma i scrittori classici, di cento e più anni fa, come facevano l’editing? C’è qualcuno di loro o dell’epoca che ha mai detto qualcosa in proposito? Sarebbe interessante sapere.

    • Daniele Imperi
      mercoledì, 8 Marzo 2017 alle 10:20 Rispondi

      Me lo sono chiesto anch’io, ma secondo me un tempo non esisteva l’editing. Dubito che Rabelais ne abbia avuto uno. E Dante? E Manzoni?
      Ho provato a cercare tempo fa la storia dell’editing, per sapere quando fosse nata questa pratica, ma non ho trovato nulla.

      • Kukuviza
        mercoledì, 8 Marzo 2017 alle 10:21 Rispondi

        Ma dici che nessuno leggesse, prima della pubblicazione, i romanzi di questi scrittori?

        • Daniele Imperi
          mercoledì, 8 Marzo 2017 alle 10:46 Rispondi

          Non ne ho idea… l’editore ovviamente sì, ma non so se facesse correzioni. Resta un mistero quando e dove sia nato l’editing. Continuerò a cercare informazioni.

          • Kukuviza
            mercoledì, 8 Marzo 2017 alle 12:15 Rispondi

            Ma invece uno scrittore come King, ad esempio, con un numero quasi incalcolabile di romanzi scritti, l’editing se lo fa fare ancora?

            • Daniele Imperi
              mercoledì, 8 Marzo 2017 alle 12:26 Rispondi

              Credo di sì. In un’intervista del 2006 parlava di alcuni suoi editor.

    • Kukuviza
      mercoledì, 8 Marzo 2017 alle 10:20 Rispondi

      Intanto adesso, come prima cosa, svengo perché ho scritto:”I scrittori”

      • Daniele Imperi
        mercoledì, 8 Marzo 2017 alle 10:45 Rispondi

        Volevo quasi fartelo notare :D

        • Kukuviza
          mercoledì, 8 Marzo 2017 alle 10:48 Rispondi

          Cospargo il capo con la cenere di tutto un caminetto :-(

  35. Melissa
    domenica, 24 Settembre 2023 alle 18:17 Rispondi

    Ciao Daniele, vorrei farti gentilmente una domanda a proposito del self editing. Secondo te quante letture servono per avere una buona riuscita di editing? La mia intenzione sarebbe quella di fare una prima lettura ad alta voce del romanzo per poter comprendere meglio dove agire a livello strutturale ed empatico. Terminata questa lettura e fase di editing vorrei fare una seconda lettura per eliminare i refusi ed errori ortografici e sintattici. Secondo te è un buon piano di editing? Ti ringrazio molto in anticipo! Un saluto cordiale.

    • Daniele Imperi
      lunedì, 25 Settembre 2023 alle 8:10 Rispondi

      Ciao Melissa, benvenuta nel blog. Quello di cui parli è nella parte intitolata “Ciò che editing non è”. L’editing è compito di un editor, non dell’autore.

Lasciami la tua opinione

Nome e email devono essere reali. Se usi un nickname, dall'email o dal sito si deve risalire al nome. Commenti anonimi non saranno approvati.