In molti blog si leggono sempre più articoli con troppi termini in inglese, come una moda che vede l’uso della lingua inglese nel proprio linguaggio per dare l’impressione di avere una cultura superiore o di essere in qualche modo un blogger cosmopolita.
Il risultato è un danno nei confronti della lingua italiana. Esistono i corrispettivi di quelle parole, dunque perché non usarli? La risposta è semplice: ho parlato di moda. È bastato uno a iniziare e via tutti a seguirne le orme.
L’uso dell’inglese nella scrittura per il web diventa così una sorta di virus che contagia i vari blogger e si propaga in tutta la rete. L’illusione è quella di aver trovato dei concetti differenti, di poter catturare la stima dei lettori, di avere quell’aria falsamente professionale – il vero professionista sa scrivere in italiano – che dà dei punti in più.
Esempi di frasi con termini inglesi
- È uscita la nuova release di WordPress: release significa versione, la frase corretta è dunque “È uscita la nuova versione di WordPres”.
- Puoi vedere una preview a questa pagina: preview significa anteprima, la frase corretta è dunque “Puoi vedere un‘anteprima a questa pagina”.
- Siamo avanti rispetto ai nostri competitor: competitor significa concorrente, la frase corretta è dunque “Siamo avanti rispetto ai nostri concorrenti”.
- Illustrate nel vostro curriculum tutte le skill utili: skill significa competenza, la frase corretta è dunque “Illustrate nel vostro curriculum tutte le competenze utili”.
- La location dell’evento è un bel parco nel cuore della città: location significa ubicazione, sede, la frase corretta è dunque “La sede dell’evento è un bel parco nel cuore della città”.
- Se vi è piaciuto il mio post, lasciatemi un feedback: feedback significa commento, la frase corretta è dunque “Se vi è piaciuto il mio post, lasciatemi un commento”.
- Considerate sempre la vostra audience quando scrivete: audience significa pubblico, lettori, la frase corretta è dunque “Considerate sempre i vostri lettori quando scrivete”.
- Il Ministero del Welfare…: questa è stata un’indecenza vergognosa, chiamare in inglese un ministero italiano. Welfare significa assistenza pubblica.
- L’azienda ha 2 milioni di euro annui di revenue: revenue significa entrata, la frase corretta è dunque “L’azienda ha 2 milioni di euro annui di entrate”.
- Il programma ha avuto uno share dell’80%: share significa indice di ascolto (quota, parte, tradotto alla lettera), la frase corretta è dunque “Il programma ha avuto un indice di ascolto dell’80%”.
Non sono forse più chiare quelle frasi? E soprattutto più italiane?
Almeno nella scrittura cerchiamo di essere giustamente nazionalisti. Non dico di tradurre in italiano tutto, come web, online, per esempio, ma dove non è necessario l’inglese non andrebbe usato.
Usate parole inglesi nei vostri articoli? Ne abusate, anzi?
Alessandro Girola
Secondo me non c’è nulla di male, se certe parole si usano per abitudine e non per darsi un tono.
Release, preview, feedback: tre termini che cito spesso e ti assicuro che lo faccio perché mi è comodo, chiaro e automatico.
A volte utilizzo la loro controparte italiana, ma anche in questo caso la cosa viene spontanea, senza troppi ragionamenti.
Per me sono accettabili entrambe le soluzioni, anzi, preferisco leggermente quella “internazionale”
Daniele Imperi
Io sono invece contrario a usare parole che esistono nella nostra lingua. L’italiano va difeso, perché fa parte della nostra storia e fa parte di noi. L’inglese non ci appartiene. Termini non traducubili vanno bene, ma gli altri secondo me non ha davvero senso usarli.
In molti blog di “markettari” le frasi hanno quasi più termini inglesi che italiani, tanto che mi viene da chiedergli perché non scrivano direttamente in inglese.
Lucia Donati
Io sono sempre per non eccedere in queste cose; quindi, abbastanza d’accordo con quello che scrivi. Però, credo che in alcuni casi si usino termini stranieri proprio per ingenerare ulteriore confusione e far capire meno di cosa si parla. E, poi, c’è anche chi deve prima imparare la propria lingua bene ( e, in alcuni casi, è un pianto) per, poi, fare sfoggio di termini stranieri…
Daniele Imperi
Sì, penso anche io che in alcuni si usino per fare confusione e vantarsi di ciò che non si è.
Giovanni
Sono perfettamente daccordo. Anche perché faccio parte di un gruppo di traduzione e ogni termine traducibile lo traduciamo.
Sentissi poi le espressioni che vanno di moda in ufficio:
“Mi scanni questo documento?” oppure “Devo scannare questo documento”… come se si trattasse di porci o galline, sarebbe giusto dire “mi digitalizzi questo documento” oppure “mi fai l’acquisizione di questo documento”
Oppure “Devo deployare questa applicazione”, perché non dire “devo fare il deploy”, oppure “devo fare il rilascio di questa applicazione”, bah…
Pensa che ci ho scritto anche un racconto che comincia con una scena in ufficio dove un dipendente a progetto prende questione con una segretaria per l’uso improprio del verbo inglese “to scan” .
Bell’articolo.
Daniele Imperi
Sul verbo “scannare” ci sarebbe da farci un post
Lucia Donati
“Scannare un documento”? Incredibile! Non l’avevo mai sentito.
Giovanni
Ops, “daccordo” –> “d’accordo”
Il Moro
Va bene non esagerare con i termini inglesi, usati spesso a sproposito giusto per darsi un tono.
Non bisogna dimenticare però che l’inglese è la lingua che unisce il mondo, e chiudersi in un orgoglioso nazionalismo può solo essere controproducente. L’inserimento dei termini inglesi nella nostra lingua abitua i giovani a usarli ed a imparare quella lingua, perchè al giorno d’oggi se non sai l’inglese puoi solo continuare a vivere nel tuo italico pantano. A me, i francesi e il loro “ordinateur” mi sanno tanto di puzza sotto il naso.
Certo, a patto che l’utilizzo dell’inglese non sia causa di una minore conoscenza dell’italiano. Scannare non si può sentire.
Daniele Imperi
Non è il fatto di essere nazionalisti – e io lo sono sempre stato – ma quello di saper fare una cernita fra parole che davvero non hanno senso in inglese e quelle che si possono lasciare.
Lilia
Gli inglesi e gli statunitensi però non si sforzano ad utilizzare ed imparare altre lingue! Per loro essere nazionalisti va bene??
Giuseppe
Bisogna vedere fino a che punto sia possibile ormai intervenire. Le parole, una volta entrate nell’uso quotidiano, penetrano man mano nella tramatura del vissuto e assumono radicate coloriture culturali. Che non sono più ritraducibili, ed è questo il punto.
Tu stesso, all’esempio numero 6, hai usato “post” senza neanche pensare a doverlo sostituire con altro termine. In molti casi passare da un termine inglese a uno italiano è ormai equivalente a una vera e propria traduzione “all’inverso”: e ogni traduzione, come si sa, veicola solo l’80% del contenuto semantico di un termine (nel migliore dei casi!). Questo vuole dire che ci sono parole inglesi che – nello NOSTRA lingua, e non necessariamente in inglese – dicono ormai qualcosa in più di quanto direbbero gli equivalenti italiani. C’è poco da fare: è l’effetto immancabile e inesorabile dell’uso continuo, contro il quale ogni purismo, oltre a lamentare sdentate nostalgie, può veramente poco.
Giuseppe
Ecco, appunto, ogni termine traducibile. Lo sono tutti? Se fai parte di un gruppo di traduzione, sai che non è così.
Daniele Imperi
Faccio ammenda e cinque minuti di vergogna
Concordo in parte su quello che hai scritto, ma sinceramente leggere una frase che riporta 4-5 parole in inglese, o anche più, per me è troppo.
Ryan
L’uso delle parole inglesi secondo me ci può stare nell’ambito markettaro come dici te, in quanto il marketing essendo disciplina anglosassone ha coniato dei termini che sono entrati nell’uso comune. D’altra parte sarebbe interessante conoscer eil parere di un musicista inglese sui termini “andante”, “lento”, tutti indubbiamente italiani.
ps: mi sa che feedback non corrisponde a “commento”, ma a un più generale “riscontro”. E release è purtroppo orrendamente tradotta con “rilascio”
Daniele Imperi
Il marketing è sì anglosassone, ma questo non significa che in Italia si debba scrivere usando parole inglesi che hanno un valido corrispondente in italiano.
Su feedback hai ragione.
Giovanni
@”Il Moro”, l’inglese non lo impari impasticciando le normali frasi in Italiano, ma facendo un corso dove studi e parli solo in inglese
Romina Tamerici
In genere preferisco usare parole italiane, se esistenti, però mi capita anche di usare parole inglesi a volte, per esempio “giveaway”. I prestiti dall’inglese entrati nell’uso comune sono comunque moltissimi, forse troppi perché possono minacciare la ricchezza lessicale della nostra (non mi stancherò mai di dirlo) bellissima lingua. Conoscere l’inglese è comunque una bella cosa al giorno d’oggi, ma questo è un altro discorso.
Daniele Imperi
Condivido. Troppi termini, specialmente quando non necessaio, anche per me sono una minaccia contro la nostra lingua.
Il Moro
Sì, hai ragione, mi sono spiegato male…
Certo che così non si impara l’inglese, ma magari ci si inizia ad abituare a usarlo. Quello che voglio dire è che non trovo corretto chiudere ai termini stranieri. Ricordo che l’italianizzazione delle parole straniere era una delle pratiche del Fascismo. Venivano sostituite parole come “bar” con “mescita”, e addirittura nomi come “Courmayeur” con “Cormaiore”. Anche i cognomi venivano storpiati.
Ovvio che il giusto sta nel mezzo. E’ tipico dei manager (ah! una parola inglese! ) e degli uomini d’affare in genere infarcire i loro discorsi di parole delle quali magari non sanno nemmeno il significato per darsi importanza. Questo genere di pratica è sicuramente condannabile. Ma ci sono parole che ormai esprimono i loro concetti meglio in inglese che in italiano, anche in Italia. Internet, per esempio.
Alessandro C.
Sono contrario all’utilizzo degli inglesismi nell’italiano quando servono a colmare vuoti letterari.
Per il resto non c’è da preoccuparsi per la presunta “invasione” di termini inglesi: tempo fa fu la volta del francese, non mi sembra che la nostra lingua si sia imbastardita in maniera così preoccupante.
Daniele Imperi
Se si dovesse imbastardire col francese, rinuncerò a parlare italiano
Michela
Amo moltissimo l’inglese, l’ho studiato, lo studio, ci lavoro quotidianamente e se potessi scegliere quale lingua parlare nella mia vita di tutti i giorni non avrei dubbi…ma sono italiana e fino a che rimarrò in Italia cercherò di privilegiare la mia lingua (per quanto possibile :P). A dire il vero non mi infastidisce il fatto che si faccia uso di parole inglesi come quelle da te citate, bensì che si usino troppi termini inglesi tutti assieme. Davvero non ne vedo motivo.
Francesca
Apprezzo molto questo post…uhm,no scusa, questo ‘articolo’ perchè incerti settori gli inglesismi sono davvero insopportabili e te lo dice una prof d’inglese! Ad esempio gli articoli di moda dei giornali femminili sono completamenet infarciti di termini pseudo tecnici inglesi che non hanno ragione d’essere. Non è mica che la moda l’abbiano invetata gli anglosassoni, al limite capirei termini francesi, ma inglesi? Oppure la ragione è che le giornaliste di moda italiche sentono un senso d’inferiorità nei confronti di quelle anglosassoni e le voglione emulare copiandone i termini?
In certi casi, però,la parola inglese mi viene prima di quella italiana e mi sembra più pregante, un po’ come a volte una parola detta nel mio dialetto locale mi sembra colorire meglio un discorso rispetto all’ italiano. Un esempio a questo proposito è ‘feedback’ e assolutamente (scrivendo su un blog che recensisce libri) ‘reviewer’, mi spiace ma il termine italiano ‘recensitrice’ faccio fatica persino a pronuciarlo!
Daniele Imperi
Grazie, Francesca
Credo sia un modo per sentirsi più colti, mentre per me sono solo ignoranti nei confronti della lingua italiana.
“Recensitrice” non so nemmeno se esiste, ma recensore sì
Gioia
Finalmente qualcuno che la pensa come me! E’ così bella la nostra lingua, senza nulla togliere a quella inglese! Ma con la bramosia di copiare, di pensare che usando termini inglesi si è più credibili, non ci rendiamo conto che stiamo perdendo il patrimonio più importante, il nostro essere. Mi chiedo, come si può essere credibili se rinneghiamo ciò che siamo?
Troppo inglese nei nostri articoli? | Nicola: la passione di scrivere
[…] è già stato scritto molto (vedi questo ottimo articolo di Daniele Imperi, “E’ necessario scrivere in inglese?”) però non riesco ad evitare di dire la mia: rimango sempre più colpito dal diffondersi di questo […]
Lilia
Sono perfettamente d’ accordo. Gli italiani sono comunque un popolo provinciale che teme di essere tacciato di “fascismo” se usa la propria lingua. Magari approvano il criminale imperialismo statunitense. Meglio andare in giro con la magliettina a stelle e strisce che col tricolore. Il problema è che l’ Italia è ormai una colonia totalmente gestita da Washington, in tv solo programmi americani con titoli in inglese, ormai neanche più tradotti. Per chi dice che l inglese unisce, io dico che appiattisce!se vado in un paese estero voglio vedere scritte parole nella lingua di quel paese non tutto sempre e solo in inglese, come qui in Italia. A Roma ho visto solo insegne, cartelli scritti in inglese, manco fossimo in gran Bretagna!! È vergognoso! Dobbiamo difendere la nostra lingua e le nostre origini, non piegarci al colonialismo anglosassone. Ma gli italioti sono così, felici di dire okkei… sento gente che infila parole inglesi ovunque: easy, after before…veramente pazzesco. Tra pochi anni qui parleremo un misto di inglese italiano africano… dovremmo ribellarci, ma per molti è figo così…pardon…cooool
Daniele Imperi
Ciao Lilia, benvenuta nel blog. Totalmente d’accordo con te. Ci si mette anche la politica, con leggi e ministeri in inglese. Fatto ancor più grave.
Max
Ciao, concordo pienamente con te, in Italia c’è questa tendenza odiosa per chi usa tutti questi termini inglesi mentre in Spagna, ad esempio, perfino sport o alcuni nomi di supermercati vengono tradotti. Aggiungerei che c’è ancora una sindrome più grave e cioè quella di gente che su Facebook o instagram scrive solo in inglese 🤔… ma che sindrome sarà? Sinceramente sarebbe da approfondire…ciao
Daniele Imperi
Vero, in Spagna traducono tutto, ma anche in Norvegia.
Su Instagram forse scrivono in inglese perché le foto, tramite gli hashtag, possono essere visualizzate dal mondo intero.