Scrivere come Rabelais, oggi

gargantua
Avete mai sentito parlare di questi due personaggi creati da François Rabelais? Sono padre e figlio e sono anche giganti. Ma quella dei giganti fu solo una scusa per il prete francese, che approfittò delle sue doti di umorismo, sarcasmo, satira e scrittura per attaccare i costumi dell’epoca.

E non lesinò nulla nella sua opera, che è un tripudio di doppi sensi erotici a non finire. Se pensiamo che il Gargantua e Pantagruele è un’opera del ‘500 – per la precisione i 5 libri furono pubblicati fra il 1532 e il 1564 – restiamo un po’ sbalorditi, tanto più che fu un uomo di Chiesa a scriverli.

Quando ho letto il romanzo, mi sono chiesto: ma oggi, nel XXI secolo, quale editore avrebbe accettato un’opera del genere? Non parlo della sua presunta immoralità – furono i bigotti dell’università di Parigi a definirlo così, ma eravamo pure nel 1500 – ma della sua struttura e della storia in sé.

Scrivere una storia monumentale

Perché è monumentale il Gargantua e Pantagruele? Non solo per le sue 850 pagine, ma perché ogni capitolo – e sono decine e decine – è una piccola storia a sé, legata a quella precedente. La fantasia di Rabelais sembra non avere limiti. Ma sono anche storie brevi, il capitolo più lungo non supera le 4, 5 pagine.

Oggi sembrano andare di moda romanzi brevi. Sappiamo anche che molti editori – senza fare nomi, facciamo un solo cognome: Mondadori – spezzettano i romanzi lunghi in due o più parti, così, tanto per guadagnare di più.

Questa non è una regola, quella di scrivere romanzi brevi, intendo. Brandon Sanderson, Ken Follett, Frank Schätzing non si pongono questi problemi, tanto per fare i primi 3 nomi che mi sono venuti in mente.

Il problema, però, è che noi siamo in Italia e non siamo famosi. Che significa? Che molti piccoli editori, a quanto ho letto nelle loro pagine sull’invio dei manoscritti, accettano storie fino a un massimo di caratteri, per problemi di budget. Se sono costretti a far pagare 15 euro un libro di neanche 300 pagine, quanto potrà costare uno di 800?

Ma il problema è anche un altro: voi riuscireste a scrivere storie che superano le 700 pagine? Qual è il romanzo più lungo che avete scritto?

Trasgredire

Siamo nell’epoca delle sfumature grigie, in cui non ci si scandalizza più per niente – eccetto quando qualcuno dice la sua e trova opinioni contrarie – siamo abituati a pubblicità sempre più esplicite e a scene di film che ormai lasciano ben poco all’immaginazione.

Però siamo anche – ancora… – nell’epoca in cui c’è qualche libro che fa discutere, perché non trova il consenso di qualche personalità, comunità, ecc. Ho letto che perfino Harry Potter fu criticato da più parti.

Quanto trasgredite nelle vostre storie? Quanto vi sentite frenati a trattare certi argomenti – politici, sociali, sessuali, personali e di qualsiasi altra natura – nei vostri romanzi?

Io ho in mente un paio di romanzi storici – a me le idee nascono in continuazione, se riuscissi a portarle a termine con la velocità con cui mi vengono, mi berrei Stephen King e Ken Follett insieme – che farebbero discutere. Ma a me piace provocare, dico sempre di essere menefreghista, quindi non mi creerà problemi questo. La verità è che io sono un difensore estremo della libertà di opinione, quindi mi prendo questa mia libertà quando e come voglio.

Ma voi?

Scrivere una storia che non va da nessuna parte

Sì, perché il Gargantua e Pantagruele non va davvero da nessuna parte. Non dico che sia una storia senza capo né coda, a me è piaciuto molto e lo ritengo un capolavoro, però è più inteso come una collezione di storie collegate, ma sotto forma di romanzo.

Un editore, oggi, leggendo un manoscritto come quello, avrebbe parecchio da ridire. Ma io sono convinto che quasi tutti i classici sarebbero bocciati dagli editori di oggi. Eppure trovo i classici, antichi e moderni, opere più sublimi di quelle attuali, vera espressione dello scrittore, della sua personalità.

Quanto c’è di voi nelle opere che scrivete? Quanto, invece, scendete a compromessi con il mercato editoriale odierno?

Scrivere come Rabelais, oggi, sarebbe possibile?

Leggendo il Gargantua e Pantagruele ho avuto la sensazione che Rabelais si sia divertito da matti scrivendo quell’opera. Mentre leggevo, me lo immaginavo seduto allo scrittoio col sorriso perenne sulle labbra, felice e soddisfatto di aver colpito e affondato con una battuta sagace qualche figura professionale o personaggio della sua epoca.

Quanto vi divertite scrivendo le vostre storie? C’è stato un caso in cui nei vostri romanzi o racconti, fra le righe ma non troppo, avete colpito qualche categoria o persona?

28 Commenti

  1. Fabio Amadei
    giovedì, 18 Dicembre 2014 alle 7:48 Rispondi

    A me diverte molto scrivere, e quando invento storie grottesche e ironiche, rido come un matto.
    Anche se dovessi farlo solo per una persona, continuerei. In fondo, credo, scriviamo per noi stessi, per liberare la nostra fantasia, le paure, le illusioni e la gioia, e ci permette di alleggerirci dalle angosce quotidiane. È vera e propria terapia. Forse la cosa più provocante (oramai non c’è più nulla che possa scandalizzare) è quella di metterci a nudo, di avere il coraggio di mettere su carta le proprie miserie e confrontarci con la nostra coscienza.
    Quando si inventano storie e personaggi c’è sempre qualcosa di nostro, e forse dietro si nasconde un certo messaggio che sta a noi cogliere per farci migliorare.

    • Daniele Imperi
      giovedì, 18 Dicembre 2014 alle 13:27 Rispondi

      Sì, concordo che provocare oggi significa mostrarci per come siamo veramente. Anche secondo me c’è sempre qualcosa di personale nelle storie che si scrivono: non può essere diversamente.

  2. Marco
    giovedì, 18 Dicembre 2014 alle 7:55 Rispondi

    Una buona storia è sempre un “colpire”, ogni storia che non racconti quello che il sistema dominante desidera e brama, è un attacco a quello stesso sistema. Quindi forse ci sono riuscito, ma a mia insaputa :)

    • Daniele Imperi
      giovedì, 18 Dicembre 2014 alle 13:29 Rispondi

      Insomma, scrivi storie dissidenti tu :D

  3. Chiara
    giovedì, 18 Dicembre 2014 alle 8:39 Rispondi

    “Quanto trasgredite nelle vostre storie? Quanto vi sentite frenati a trattare certi argomenti – politici, sociali, sessuali, personali e di qualsiasi altra natura – nei vostri romanzi?”

    Ponendo questa domanda mi hai anticipata, dal momento che ho intenzione di parlarne nel post che pubblicherò stasera, “la scrittura imprigionata nella zona di comfort (2)”. E sarà un argomento che rientrerà, seppur a grandi linee, anche in “le mie regole di scrittura” che uscirà lunedì.

    In generale, trasgredisco poco, ma vorrei farlo un po’ di più. Il giudizio può essere un vincolo paralizzante, a volte. è qualcosa su cui sto lavorando per poter diventare un po’ più libera. :)

    • Daniele Imperi
      giovedì, 18 Dicembre 2014 alle 13:30 Rispondi

      Mi sono perso la prima parte, allora…
      Ah, quindi scrivi anche tu il post sulle regole, bene :)
      Trasgredire significa, nella scrittura, scrivere più liberamente, infatti.

  4. Lisa Agosti
    giovedì, 18 Dicembre 2014 alle 9:44 Rispondi

    Stanotte ho avuto un’idea folgorante per un breve racconto che ho poi scritto, di getto, stamattina. Ho letto questo post durante una pausa, per poi andare a lavorare di taglia e cuci su detto racconto. La domanda che poni in questo post, Daniele, è esattamente quella a cui devo rispondere se intendo usare questo raccontino per un concorso o anche solo per il blog.
    Basato su una notizia di attualità, raccontato da un personaggio discutibile, la prima stesura contiene tutto l’astio, la polemica, la critica alla società, alla politica e alla Chiesa di cui trasudo quando sono in Italia. Se lo pubblicassi così com’è, rischierei di offendere metà della popolazione mondiale. Rischierei anche di conquistare l’altra metà, che la pensa come me.
    Ogni scrittore deve decidere che tipo di opere vuole rendere pubbliche, così come ha fatto Rabelais ai suoi tempi. Lui, uomo di Chiesa, si è divertito ha scrivere le sue storie e poi si è preso la responsabilità di farle leggere ad altri.
    Io non ho l’esperienza, o forse solo il coraggio, per fare una cosa del genere. Se fossi coinvolta attivamente e quotidianamente nella vita politico-sociale del mio Paese, forse, mi attenterei, ma visto che la mia soluzione alla crisi mondiale è stata andare a sorseggiare tequila in spiaggia non mi permetto di puntare il dito contro chi si impegna.
    Ecco perché ora, dopo essermi divertita e sfogata, cercherò di revisionare in modo da dire ciò che penso senza colpire e affondare nessuno.
    D’altra parte, ieri dal parrucchiere ho guardato tre riviste e in copertina c’erano: Kate Moss, che ha shockato il mondo accettando di indossare un tal vestito, Ben Affleck, che ha shockato il mondo decidendo di essere se stesso, e Tiziano Ferro, che ha shockato il mondo dicendo che a quarant’anni diventerà padre. Quindi il mio consiglio agli scrittori che hanno già una certa esperienza è: se volete diventare famosi, osate.

    • Daniele Imperi
      giovedì, 18 Dicembre 2014 alle 13:40 Rispondi

      Io che ci vivo trasudo sempre quell’astio, vedi un po’ tu…
      Fregatene di chi offendi, tanto finiresti sempre per offendere qualcuno. Io la penso così: se mi sento offeso, anzi diciamo infastidito da una storia, smetto di leggerla e basta.
      La gente si shocka per poco.

      • Lisa Agosti
        giovedì, 18 Dicembre 2014 alle 14:11 Rispondi

        Ti prendo in parola… ho levato i riferimenti alla Chiesa ma ho lasciato sufficiente astio. Ci sono delle leggi che regolano ciò che si può scrivere sui blog?

        • Daniele Imperi
          giovedì, 18 Dicembre 2014 alle 14:13 Rispondi

          Bella domanda. Non ti saprei dire. Dipende dal governo di turno, qui in Italia, alla faccia dell’articolo 21 della Costituzione.

  5. Salvatore
    giovedì, 18 Dicembre 2014 alle 10:35 Rispondi

    Non ho mai letto “Gargantua e Pantagruele” e non ho mai finito di scrivere un libro, finora. Detto questo, trasgredisco parecchio nelle mie storie – soprattutto per gli aspetti sessuali e violenti – e non mi preoccupo di quello che pensano gli altri. Non eccessivamente, almeno. Non scriverei mai (mai dire mai…) libri così lunghi, perché non li leggo volentieri, e non mi piacciono i libri che sono più una raccolta di racconti, che un’unica storia con magari anche numerose sotto trame. Anch’io penso che molti classici oggi non verrebbero pubblicati, in particolare: “I promessi sposi”. Nelle mie storie ci sono in pieno, con tutto me stesso, e non dovendo giustificare nulla a un editore, non mi pongo quel problema. Quello di cui mi preoccupo, invece, è il lettore. Il mio desiderio è quello di raccontargli una bella storia, che piaccia in primis a me, ma che possa piacere anche a lui. Tutto il resto, sono chiacchiere.

    • Daniele Imperi
      giovedì, 18 Dicembre 2014 alle 13:42 Rispondi

      Leggilo, allora :)
      Io invece li leggo volentieri i libri lunghi. Ho già messo sulla scrivania Le nebbie di Avalon della Bradley, che misura 654 pagine. E vorrei riuscire a scrivere romanzi così lunghi.
      Ovviamente anche nelle mie storie ci sono io, è ora arduo scoprire dove e quanto :D

  6. LiveALive
    giovedì, 18 Dicembre 2014 alle 11:06 Rispondi

    A volte si crede che oggi siamo più liberi sessualmente, e che un tempo erano tutti bigotti e tutti arrivavano vergini al matrimonio. Sì, come no… La verità è che oggi si fa l’amore molto meno che nel 500 (sarà per colpa della tv?), tanto che alcuni credono che in futuro l’uomo possa diventare asessuato.
    Non mi stupisce quindi che esca dal 500 un libro con cotanti doppi sensi. Ma in realtà già all’epoca era chiaro che non c’era immoralità: molti vescovi lo amavano, i re se lo facevano leggere, e in un periodo l’opera di Rabelais era talmente famosa da essere indicata come “il libro”, e basta.

    Un mio professore che solo due autori possono riuscire a scrivere 800 pagine: quello che ha tanto da dire, e quello che non ha nulla da dire. Infatti capita spesso di trovare romanzi lunghissimi così vuoti (non mi piace avere pregiudizi, ma sì: molto fantasy, soprattutto quello di autori inesperti). Io comunque ho scritto un solo testo di circa 150 pagine. Il romanzo sulla Rivoluzione avrebbe superato le 1000, forse anche le 2000, e capisci allora perché l’ho abbandonato XD

    Nessun problema a trasgredire nei miei testi. Una volta volevo scrivere una raccolta di racconti che esaltassero tutto il male del mondo per il solo gusto di farlo: Brevik era un eroe, l’attentato delle torri gemelle uno spettacolo pirotecnico meraviglioso, la pedofilia era un modo di garantire ai bambini il diritto di vivere la propria sessualità, il razzismo null’altro che manifestazione di realismo…
    Non volevo dire quel che pensavo, ma solo fare casino e fomentare, così, per smuovere un po’ la cosa e far riflettere. Chissà quante lettere minatorie mi sarebbero arrivate…

    anche oggi, nel prodotto colto, l’intreccio è stato distrutto: dove va la storia di La Grande Bellezza? Da nessuna parte, gira su se stessa, non si muove nulla… Eppure! Dipende anche da quel che si scrive: te lo immagini Sorrentino a dirigere un poliziesco hard-boiled? Ugualmente, non si può scrivere un fantasy “a la Tolkien” con una trama che non va da nessuna parte.

    Non ha mai troppo senso la domanda “e se fosse stato scritto oggi?”. Pynchon, Don DeLillo, Philip Roth e McCarthy hanno pochi eguali sia tra i vivi che tra i morti; ma sono allo stesso livello, per dire, di Pirandello? Forse sono anche superiori, forse sono inferiori, ma non è possibile dirlo: Sartre diceva che non si può esprimere un giudizio finché l’autore non è morto. E poi, comunque autori di diverse epoche scrivono per un diverso pubblico, con aspettative e richieste diverse, e quindi è molto difficile giudicare l’autore di un’epoca con la testa in un’altra.

    P.S.: hai sentito che dal prossimo anno pubblicheranno i testi inediti di Salinger, quelli che ha scritto negli ultimi 40 anni e che non ha mai voluto pubblicare?

    • Daniele Imperi
      giovedì, 18 Dicembre 2014 alle 13:46 Rispondi

      Oggi c’è troppa tecnologia, usata male, e troppa distrazione. Io alle volte sogno di vivere in una casa senza nemmeno la corrente elettrica, in mezzo a un bosco.

      Il tuo professore mi sa che ha ragione.

      Ti avrebbero denunciato con quel libro, forse :D

      No, di Salinger non so nulla e neanche l’ho mai letto. Ma non sono d’accordo a pubblicare opere postume.

  7. Grazia Gironella
    giovedì, 18 Dicembre 2014 alle 12:20 Rispondi

    Non mi è mai capitato di sentirmi frenata da qualcosa scrivendo. Da un lato ho vita facile, perché non mi vengono idee trasgressive, almeno nel senso comune del termine; per di più mi escono sempre romanzi sulle trecento pagine al massimo, così non impegno nessuno. Come mai pare non basti? ;) Scherzi a parte, credo di non essere ancora in grado di gestire trame monumentali, e per questo non mi trovo a provarci. Una o due sottotrame le gestisco, ma certi castelli… no, non ancora, e forse (forse) mai. Avrei comunque bisogno di dare una direzione alla storia. I pezzi appena collegati non fanno per me.

    • Daniele Imperi
      giovedì, 18 Dicembre 2014 alle 13:47 Rispondi

      All’inizio io ero frenato, poi per fortuna il mio carattere è diventato menefreghista.
      Concordo che adesso neanche io potrei gestire un romanzo monumentale.

  8. Tenar
    giovedì, 18 Dicembre 2014 alle 13:41 Rispondi

    Un’opera come il Gargantua va storicizzata, sopratutto per quanto riguarda la struttura, che è figlia di una fruizione diversa e anche di un’attitudine a recepire la narrazione in modo diverso. Per certi versi noi siamo ancorati a forme di narrazione più semplici (la famosa struttura in tre atti che oggi va per la maggiore viene dalla struttura della fiaba) e per molti (quasi tutti) un’opera come quella di Rabelais risulterebbe inconcludente, se non incomprensibile. Va anche detto che all’epoca la narrazione scritta era un’espressione elitaria e quindi Rabelais si rivolgeva di fatto a un pubblico assai ristretto.
    Tutto questo per dire che il discorso legato alla forma è difficile da trasporre ai nostri giorni e a un sistema di fruizione che poco ha a che fare con quello del 1500.
    Mi hanno interessato tantissimo, invece, tutte le considerazioni che fai sul contenuto. Nel tardo 1500 per un’opera ritenuta immorale o eretica si poteva rischiare la vita, come ci ricorda Giordano Bruno, eppure gli autori osavano. Oggi i rischi sono molto minori, almeno da noi, e si osa meno e questo è davvero un gran peccato!
    E poi il divertimento! Penso anch’io che Rabelais si sia divertito.
    Penso anch’io che si dovrebbe scrivere così, divertendosi e fregandosene del fastidio che si può creare. Se veniva fatto quando per un libro si rischiava la vita, perché non farlo oggi?

    • Daniele Imperi
      giovedì, 18 Dicembre 2014 alle 13:51 Rispondi

      Sì, vero, a quel tempo la narrativa era recepita in modo differente da ora. C’era anche poco intrattenimento, rispetto a ora, pochissima informazione anche.
      Concordo sui rischi: un’opera giudicata immorale poteva mandarti sulla forca. Ricordiamo anche Galileo.
      Da oggi il nostro obiettivo sarà osare sempre più :)
      Uno scrittore deve prima di tutto divertirsi: di ciò che potrà causare il suo scritto deve fregarsene. Non ne è responsabile. La parola scritta deve essere libera, come quella parlata.

  9. Marina
    giovedì, 18 Dicembre 2014 alle 13:41 Rispondi

    Quando scrivo mi nascondo dietro i personaggi della storia che racconto, non in uno in particolare: mi piace “distribuirmi” un po’ dappertutto. Il bello ed il sublime della scrittura è che puoi raccontarti senza essere notata, puoi emergere ” fra le righe” senza mai esporti. Un bellissimo privilegio che, però, ha, nel mio caso, un limite: non riesco ad affrontare temi a me poco congeniali per natura e carattere; per esempio, non descriverei mai una scena di sesso, nè andrei suo dettagli nel raccontare qualunque forma di violenza; piuttosto mi defilerei con qualche allusione, lascerei detto il non detto, forse girerei attorno alla cosa senza mai darle il nome che meriterebbe (A dirla tutta faccio fatica pure a pensare un dialogo pieno di parolacce e volgarità!). Eppure, ho scritto dei racconti in gioventù, a pensarci, dove accidenti, se mi sono lanciata in tematiche che forse ora non affronterei più! Allora, forse, è un problema di età? Chissà!
    Il mio romanzo non supera le 300 pagine: per scrivere mattoni devi avere qualcosa di veramente importante e seguibile da raccontare. Avete mai letto “il ragazzo giusto” di Vikram Seth?

    • Daniele Imperi
      giovedì, 18 Dicembre 2014 alle 13:54 Rispondi

      Io sinceramente non so come mi distribuisco nei personaggi. Dovrei analizzare quelli delle storie che reputo migliori. Magari lo faccio e ne porto i risulati in un articolo.
      Neanche io scrivere mai di temi che non mi piacciono, non mi trovo a mio agio.
      “Il ragazzo giusto” di Vikram Seth l’ho comprato svariati anni fa, ma ancora non l’ho letto. Pure quello supera le 1000 pagine, se non ricordo male. L’hai letto?

  10. Marina
    giovedì, 18 Dicembre 2014 alle 15:13 Rispondi

    La mia edizione supera anche le 1500 pagine. L’ho letto parecchi anni fa e ne conservo ancora un bellissimo ricordo. Certo, non devi mollare la lettura neanche un giorno, altrimenti ti perdi nella confusione dei nomi e delle appartenenze genealogiche già difficili da ricordare.

    • Daniele Imperi
      giovedì, 18 Dicembre 2014 alle 15:24 Rispondi

      Spero non sia confusionario come Cent’anni di solitudine.

  11. Marina
    giovedì, 18 Dicembre 2014 alle 15:41 Rispondi

    … Lascialo riposare ancora nella tua libreria, allora! ;)

  12. Sylvia Baldessari
    venerdì, 19 Dicembre 2014 alle 8:39 Rispondi

    Lo hai detto Daniele: lui si è divertito a scrivere ed è per questo che la sua opera è una grande opera.
    Per quanto riguarda la lunghezza dei capitoli o dei libri in generale oggi, oltre ai classici problemi di costi mi viene da pensare anche al ritmo più frenetico di vita che riduce il nostro tempo per leggere (e per Vivere, come direbbe qualcuno) e un “librone” potrebbe scoraggiare i più, abbandonando l’idea di acquistarlo (lo so, assurdo ma anche il ritmo odierno lo è).
    Fatta eccezioni per i lettori accaniti, ovvio, ma il mercato deve adeguarsi (ahimè) a quello che è l’andamento generale e vale anche per i contenuti, sfumature in particolar modo.
    Sono grata all’auto-pubblicazione che mi ha permesso di leggere storie così intense e dalle tinte forti che nessun editore, qui in Italia, pubblicherebbe.
    E torniamo quindi al discorso iniziale: i grandi autori hanno sempre messo l’anima nei propri scritti, la maggior parte di quelli di oggi l’hanno venduta al commercio, scrivendo per il semplice motivo o con la sola speranza di vendere . Ma può bastare questo?
    No, eppure tutti scrivono soprattutto se hanno un minimo di fama…
    Ciò che trovi in una libreria è l’equivalente di ciò che troveresti su un grande tavolo pieno di pietanze (per restare in tema con Rabelais) poiché entrambi dicono molto sulla cultura del padrone di casa.

    • Daniele Imperi
      venerdì, 19 Dicembre 2014 alle 10:51 Rispondi

      Quello che non capisco è questo: con tutta la tecnologia che ha automatizzato e velocizzato quasi tutto oggi, perché abbiamo più fretta e meno tempo di prima? E poi perché devi leggere un libro in un giorno?

      La mia speranza è di vendere, certo, ma di vendere quello che voglio scrivere io.

  13. maurap
    venerdì, 19 Dicembre 2014 alle 14:21 Rispondi

    Caro Daniele, la lettura è un processo evolutivo. Si cresce come lettori oltre che come uomini. E quando si è grandi la complessità diventa un’esigenza, più che una scelta. Oggi non comprerei mai un libricino che abbia meno di 180 pagine. Amo le letture monumentali, sono affezionata ai romanzi russi; c’è stato un periodo che sceglievo i libri in base al numero delle pagine. Un po’ superficiale, vero?

    • Daniele Imperi
      venerdì, 19 Dicembre 2014 alle 16:17 Rispondi

      No, non è superficiale, anche io sono più attratto dai libri corposi.

  14. L’editing e la purezza della scrittura
    martedì, 23 Dicembre 2014 alle 13:50 Rispondi

    […] Che alcune delle sue favole avrebbero mostrato i nomi corretti di certi personaggi. Oddio, Fedro e Rabelais hanno parecchio in comune e forse qualcuno avrebbe voluto ridimensionare qualche sua […]

Lasciami la tua opinione

Nome e email devono essere reali. Se usi un nickname, dall'email o dal sito si deve risalire al nome. Commenti anonimi non saranno approvati.