10 parole nuove da usare #7

10 parole nuove

Nuovo appuntamento con la rubrica del penultimo giovedì del mese, dedicata a dieci parole nuove trovate nei vari libri che leggo, parole mai sentite, in disuso o dimenticate.

In questo numero le parole sono prese dai libri Cuore di Edmondo De Amicis, dalla raccolta di racconti Carnevale di AA.VV. e da Figlio di Dio di Cormac McCarthy.

  1. Regolizia: trovata a pagina 32 del romanzo Cuore di Edmondo De Amicis. È il nome con cui si indicava la liquirizia. Ormai in disuso.
  2. Atanor: trovata a pagina 141 della raccolta di racconti Carnevale di AA.VV. Nel dizionario manca, ma è un termine arabo che significa forno, anche se nasconde altri significati.
  3. Colofonia: trovata a pagina 183 del romanzo Cuore di Edmondo De Amicis. L’accento va sulla terza “o” e è il sinonimo della pece greca, una sostanza usata per fare inchiostro, vernici e altro.
  4. Crup: trovata a pagina 188 del romanzo Cuore di Edmondo De Amicis. È una tosse abbaiante frequente nei bambini.
  5. Sconte: trovata a pagina 205 della raccolta di racconti Carnevale di AA.VV. Manca nel dizionario, ma sono percorsi nascosti e paralleli di Venezia.
  6. Masegni: trovata a pagina 264 della raccolta di racconti Carnevale di AA.VV. Siamo ancora a Venezia, si tratta delle pietre di cui sono rivestite le calli e i campi.
  7. Sodali: trovata a pagina 287 della raccolta di racconti Carnevale di AA.VV. Significa amico, collega.
  8. Cricco: trovata a pagina 270 del romanzo Cuore di Edmondo De Amicis. Altro nome del cric.
  9. Solano: trovata a pagina 13 del romanzo Figlio di Dio di Cormac McCarthy. È una pianta rampicante, anche se con quel nome si indica una famiglia di piante a cui appartengono perfino i pomodori, le melanzane e le patate.
  10. Smilaci: trovata a pagina 14 del romanzo Figlio di Dio di Cormac McCarthy. Altra pianta, è una liana della macchia mediterranea, spinosa.

Esercizi di scrittura

  1. Il bambino se ne stava seduto al tavolo, il barattolo di latta aperto, una mano infilata dentro. Quando la mamma entrò, tento di chiuderlo in fretta, ma riuscì soltanto a far cadere il coperchio. «Che cosa stai facendo?» gli chiese la donna. Il bambino non rispose, la bocca serrata in una morsa. «Apri la bocca! Subito!» urlò sua madre. Il bambino ubbidì e l’impasto di saliva e regolizia gli colò dalla bocca, insozzando vestiti e pavimento.
  2. Entrò nella stanza che l’arabo sconosciuto lasciava sempre chiusa. Simboli arcani erano incisi sulla porta, che l’uomo non seppe decifrare. Dentro, l’ambiente aveva uno strano odore. Su tavoli e scaffali vide strumenti alchemici fra i più svariati, antichi libri e bottiglie piene di liquidi in ebollizione. In mezzo alla stanza un enorme atanor era in funzione. L’uomo si avvicinò, cercando di scoprire cosa bruciasse all’interno. Fu allora che l’arabo ritornò.
  3. L’aula era a soqquadro. Tavoli riversi, libri strappati, quaderni sporchi di colofonia. In terra persino alcuni vestiti, un cappotto, due scarpe, una sciarpa. Un berretto sdrucito. Il maestro si chiese cosa fosse successo. Si era allontanato per alcuni minuti e trovava quel caos. Dei bambini nessuna traccia.
  4. Il bambino era disteso a letto. Un momento di tregua nella sua lunga malattia, la crup che aveva colpito quasi tutti gli alunni della sua classe. La mamma gli portò del latte caldo, in cui aveva fatto sciogliere del miele. Aiutò suo figlio a sollevarsi per poter bere. Un sorso, due, e la tosse ricominciò.
  5. L’inseguiva da alcuni minuti, un’ombra sfuggente, una maschera mai veduta a Venezia. Quel carnevale aveva assunto un’atmosfera particolare, inquietante. Ogni volta che l’uomo intercettava la sua preda, ecco che la maschera svaniva nel nulla, persa nelle sconte avvolte dalle tenebre. Non sapeva dire se fosse uomo o donna, ma si augurò di poter soddisfare la sua fame quella notte, come negli anni passati.
  6. Infine la trovò. A terra, corpo senza vita adagiato sui masegni imbrattati di sangue come una bambola abbandonata. La maschera ancora intatta, un volto sofferente, malinconico. Si accovacciò, sollevando la maschera per vedere il viso. E riconobbe se stesso.
  7. Si strinsero la mano, suggellando un patto antico quanto il mondo. Un taglio sulla mano, il sangue che si mescolava ad altro sangue. Sodali, sotto un cielo oscuro e carico di pioggia, osservavano il corpo smembrato dato in sacrificio agli dei della pioggia.
  8. L’auto aveva preso in piena una buca. Il rumore della gomma forata lo fece bestemmiare. Accostò, fermò il veicolo, scese. Una delle gomme anteriori era a terra. Tirò fuori dalla macchina il cricco e si mise al lavoro. Dopo alcuni minuti un vigile gli chiese di spostare l’auto. Non servirono le spiegazioni dell’uomo, né la fin troppo evidente situazione. L’agente fu chiaro: o spostava l’auto o avrebbe verbalizzato una multa. E l’uomo scoprì come utilizzare al meglio il cricco.
  9. La casa sorgeva in una zona semi-desertica. Attorno alla costruzione montagne di ferraglia arrugginita. Un lato dell’edificio era completamente ricoperto dal solano, che cresceva un po’ ovunque in quel piccolo pezzo di terra. Dell’uomo che vi abitava nessuna traccia. Gli agenti vagarono attorno per alcuni minuti, entrarono in casa, chiamarono, ma nessuno rispose. Quando andarono nel retro, un forte odore di carne in decomposizione li investì.
  10. Il suo nome era sconosciuto agli abitanti del bosco. Andava e veniva a suo piacimento. Poteva confondersi con la vegetazione, divenire un’ombra fra le ombre della notte. Il volto era di corteccia, i capelli parevano smilaci e gli occhi bacche azzurre. Una creatura di un regno dimenticato, antica più del bosco stesso, fragile come una tela di ragno.

2 Commenti

  1. luigi leonardi
    giovedì, 23 Giugno 2011 alle 11:44 Rispondi

    “Regolizia” è un termine che già da bambino conoscevo. Era molto usato dalle mie parti – alta Lunigiana (Toscana) – ma in senso dialettale, per l’esattezza “rigulizia”, ovvero liquirizia.

  2. Daniele Imperi
    giovedì, 23 Giugno 2011 alle 13:21 Rispondi

    Questa parola mi era proprio sconosciuta. Trovandola su Cuore si capisce come fosse uno dei termini ormai abbandonati. Ma è bene segnarsi queste parole, ché in una storia ambientata in quel periodo fa comodo.

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