Questo post non è una guida. È più una riflessione. Non insegna nulla, ma forse lascia qualcosa. È una serie di considerazioni su cosa significhi scrivere oggi, pubblicare un libro, desiderare di farlo, continuare a voler scrivere e tutto il resto.
Ecco, forse questa è una piccola guida a “tutto il resto”, perché scrivere è facile – anche se è difficile – scrivere è per tutti – anche se non lo è – scrivere è naturale e spontaneo per molti, ma quando si arriva a “tutto il resto”, allora iniziano i guai.
Questo post fa il verso al libro Guida galattica per gli autostoppisti di Douglas Adams, ma questo lo avevate già capito.
La demolizione delle aspettative
Di scrittura non si può vivere, ne abbiamo parlato qualche settimana fa. Almeno, conti alla mano, questa è la mia idea. Se un autore, oggi, nel 2015, pensa di mettersi a scrivere romanzi per farne un lavoro a tempo pieno, è meglio che cambi idea.
Se inizia a 20 anni e se ha fortuna, allora arriva a 40 con almeno 20 romanzi pubblicati e chissà quante edizioni e ristampe. Ma parliamo di fortuna, e ce ne vuole tantissima. Forse ce la fa uno su un milione. Forse.
Questa è la demolizione delle aspettative, dei sogni dello scrittore che si illude di poter fare lo scrittore come Stephen King e Joe Lansdale e altri della combriccola. È un tunnel questo, da cui si entra e da cui si può uscire, si può esser salvati.
Il rifugio delle speranze perdute
Mai abbandonare la scrittura e i propri sogni a causa dei soldi. Il denaro non vale nulla. Non nellʼarte, almeno. Oggi viviamo in un mondo tecnologico che ci permette di trasformare lʼeditoria.
Anzi, lʼeditoria ha iniziato già a trasformarsi, perché è nato il self-publishing. Lʼautore fai-da-te, nel senso che si autopubblica e diventa imprenditore di se stesso. Questa è una speranza, se non di arricchirsi e fare della scrittura un lavoro a tempo pieno, quanto meno di vedersi pubblicati.
Ci si rifugia quindi nellʼinnovazione e nellʼevoluzione. Cʼè la consapevolezza che forse non tutto è perduto, che le proprie opere, in un modo o nellʼaltro, possono circolare.
Che circolino, dunque, ma con responsabilità.
Lʼeditoria è un universo sconosciuto? Usa una bussola per orientarti
Lʼera del dilettante allo sbaraglio è finita. Oggi, il dilettante allo sbaraglio è una figura ridicola. Non è più giustificato in alcun modo.
Oggi, se cʼè una cosa che proprio non manca – anzi, ne abbiamo in sovrabbondanza – è lʼinformazione. Oggi non è più possibile arrivare a una pubblicazione, a proporla anzi, senza essere informati nei dettagli, o quasi, di tutti i meccanismi che portano alla creazione di un libro.
Lʼautore del terzo millennio è un autore che legge. No, non soltanto i libri – ci mancherebbe che non lo facesse – ma anche le linee guida delle case editrici sullʼinvio dei manoscritti. Non lamentatevi, poi, se lʼeditore dice di cestinare la maggior parte dei manoscritti che arrivano.
Lʼautore del terzo millennio, prima di pubblicare un suo ebook, ha già letto alcuni ebook, di quelli pubblicati dalle case editrici, quindi impaginati da qualcuno che se ne intende. Non puoi creare un prodotto – lʼebook – e non aver mai provato quel prodotto.
Nessuno pretende che uno scrittore nasca imparato, come si dice, che conosca tutto del mondo editoriale. Si pretende, però, che si informi, perché ne ha la possibilità.
Nessuno pretende che uno scrittore sia anche un grafico, ma questo non giustifica la produzione di orribili copertine per gli ebook che immette nel mercato.
Lʼautore del terzo millennio deve distinguersi per professionalità, non per artigianato amatoriale e grezzo.
Pubblicare è unʼavventura entusiasmante
Scrivere e pubblicare un libro è un viaggio che inizia con un ʼidea: lʼidea di una storia, ossia di un altro viaggio da percorrere. Da quel momento comincia per lo scrittore la vera avventura, forse la più grande, ma di sicuro la più emozionante.
È unʼavventura fatta di rinunce, di sacrifici e di delusioni, di soddisfazioni anche, di riflessione e di studio, di manovalanza e di contatti e collaborazioni, di confronti, di revisioni e di ammirazione, infine, per il prodotto finito.
È questo che deve spingere a scrivere, non i soldi: il piacere dellʼavventura e la sensazione di riposo, di vuoto anche, che subentra quando abbiamo superato un esame.
Rispondere alla domanda fondamentale: perché scrivi?
Se è per soldi, ne abbiamo già parlato. Ma ognuno è libero di rispondere come vuole, di fare le scelte che vuole, di scrivere per soldi, se davvero ci crede, se è sicuro di farcela.
Secondo me, però, non è quella la risposta esatta alla domanda “perché scrivi?”. La risposta esatta deve essere più profonda, non deve arrivare spontaneamente, perché richiede riflessione, concentrazione, richiede un esame di coscienza.
Lʼautore del terzo millennio deve porsi questa domanda oggi più di ieri, oggi più di un secolo fa. Perché oggi sono tanti, forse troppi, a scrivere e pare che non si legga più, ma si producano invece tantissimi libri.
Se lʼautore del terzo millennio sa rispondere a quella domanda in modo esatto, allora non si lascerà scoraggiare dalle migliaia e migliaia di nuovi romanzi che nascono ogni anno e dai tanti colleghi-concorrenti che ha attorno.
Io non so quale sia la risposta esatta, non so quale sia quella esatta per voi. So solo che per tutti non può essere 42 (cit.).
Banshee Miller
Bella panoramica. In sostanza credo che ognuno dovrebbe fare quello che gli piace fare al meglio delle sue capacità, capacità che deve sempre cercare di aumentare, con calma, nel tempo. Se si fa così, tutto quello che arriva è positivo, anche le cose negative, le delusioni.
Daniele Imperi
Grazie. Sicuramente se ci metti passione, ottieni risultati. Ma resta importante capire perché si scrive, qual è l’obiettivo finale.
Banshee Miller
Se uno fa una cosa semplicemente perché gli piace farla credo sia sufficiente, tu no? Vado n moto perché mi piace, leggo perché mi piace, non c’è obiettivo finale.
Daniele Imperi
Sì, ma scrivere un libro non è solo questione di piacere puro come andare in moto o leggere. Se vuoi ottenere risultati con la scrittura, allora devi avere degli obiettivi.
Grilloz
Parlando da lettore non ho molta fiducia nel self-publishing.
Sempre parafrasando il buon Adams si potrebbe dire che è praticamente innoqua, ma non è così.
La quantità finisce col soffocare la qualità e i pochi testi buoni finoscono col rimanere sommersi.
Da lettore preferisco che qualcuno abbia prima letto e valutato cosa pubblicare. Col self-publishing spesso neanche l’autore stesso ha riletto quello che ha scritto. E la conseguenza è che anche “piccole case editrici indipendenti” si adeguino all’andazzo e puntino sulla quantità senza fare più alcuna selezione.
Da lettore sono disposto a perdonare una copertina poco riuscita e un’impaginazzione traballante (immagino che chi scrive, e scrive bene, non possa anche essere un grafico professionista e un esperto di informatica), ma non sono (più) disposto a perdonare un testo zeppo di refusi e con una sintassi che dire debole è poco.
Daniele Imperi
Ti capisco, neanche io ho tanta fiducia, visti certi ebook che girano.
Forse quei manoscritti sono stati riletti prima della pubblicazione, ma non basta, specialmente se non sai renderti conto di certi errori.
Se l’autore non è un grafico, deve allora trovarne uno. Se non sa impaginare, deve trovare chi può farlo per lui.
Grilloz
Vero, ma per certi refusi basterebbe il correttore ortografico di word e per la sintasssi, se hai l’abitudine di leggere, dovresti renderti conto che qualcosa non suona. Diciamo minimo sindacale. Poi scrivere per scrivere bene non basta scrivere in italiano corretto, scrivere bene è qualcosa di più, ma a volte mi accontenterei pure
Daniele Imperi
Il correttore automatico non corregge tutto. Se scrivi “La figlio” per il correttore è giusto, perché sono due parole esistenti. Il fatto è che se vendi un prodotto editoriale, quello deve essere perfetto. Ecco perché non voglio e non posso accontentarmi.
LiveALive
Se uno vuole pubblicare, ipoteticamente, è perché ha qualcosa da dire a una massa. Le altre motivazioni, tutte, sono realizzabile per altre vie in modo più efficace. Molto spesso, inconsciamente, l’unica cosa che spinge a voler pubblicare è avere il proprio bel libro tra le mani. Mi chiedo allora se per queste persone non sia già soddisfazione sufficiente stampare una decina di copie per sé e per i parenti. È per questo che sto imparando a fare le rilegature in similpelle a casa XD
Daniele Imperi
Avere il proprio libro fra le mani piacerebbe anche a me, ma vorrei saperlo fra le mani di un vasto pubblico, non solo di quelle di pochi parenti e amici
Poli72
Scrivere per pubblicare e vendere ,naturalmente.Qualche soldo e un po’ di fama.E’ questa la motivazione di un buon 99% di scrittori e aspiranti tali.Mi vengono in mente le mie nipoti sedicenni che si allenano tutti i giorni con la loro squadra di pallavolo.
“Perche’ tanta dedizione ?” chiesi loro una volta.” Vogliamo vincere il campionato e salire di categoria ” risposero con piglio agonistico.La piu piccola delle tre sorelle ha 10 anni e frequenta una scuola di ballo.”Faro’ la ballerina da grande” proclama sempre con la innocente certezza dei fanciulli.Sara’ che al mondo d’oggi in tutti i settori delle attivita’ umane c’e’ concorrenza ,quindi bisogna essere determinati e ferrei sin da piccoli.
30 anni fa’ quando vivevo i miei 10 anni andavo a giocare in una squadra di calcio.Frequentavo gli allenamenti quando mi andava e piu che altro lo prendevo come un divertimento ,un modo per stare con gli amici e fare casino.
Adesso se non righi dritto come un soldatino ti sbattono fuori.
Anche nel mondo della scrittura valgono le stesse regole !?
Devi dare il massimo e farlo nel modo piu’ professionale possibile se vuoi pubblicare e vendere!?
Il massimo nell ‘azione creativa e il massimo nell’azione promozionale e divulgativa che, eventualmente,viene dopo!?
E’ brutto e freddo pero’ impostare cosi’ le cose .Lo scrivere e’ un’arte , un lavoro artigianale.Non deve essere forzata e problematica, altrimenti partorisce aborti illeggibili.
Se lo scopo dello scrittore o aspirante e’ il mero denaro e la fama ,quell’ossessione malata distruggera’ il flusso creativo deviandolo verso brutte imitazioni di scrittori affermati.
Pensate a tutta la sterminata pletora di romanzi simil-codice da vinci ,templari ,Harry Potteriani vari.Possono piacere o meno ,ma a suo tempo Dan Brown e J.K.Rowling, per citare gli esempi piu’ imitati,crearono storie originali.Al giorno d’oggi non se ne puo’ piu’ di romanzi gialli-noir-thriller-polizieschi che cominciano con i vari detectives o poliziotti di turno che arrivano sul luogo del delitto dove la scientifica sta facendo rilevazioni. L’immancabile medico legale ha la battuta cinica facile.Il capo reparto e’ un rompipalle.La poliziotta e’ sexy ,ecc.La gara a scrivere qualcosa che ricalchi i canoni di gradimento del grande pubblico rende misere e grottesche le prove di molti scrittori ,anche famosi.Come dici giustamente Tu ,Daniele ,la spinta che anima uno scrittore deve essere piu’ profonda.Il desiderio di creare un ‘opera originale , di percorrere una strada sconosciuta,un sentiero non ancora battuto.Il rischio di impantanarsi e dover tornare indietro per cercare un altro percorso.Pero’ tutto con serenita’ senza troppe ansie da prestazione.La pubblicazione ,i diritti d’autore,la notorieta’ devono essere collocate nel posto che meritano ,ovvero, il fondo buio e umido del dimenticatoio mentale.L’energia e l’entusiasmo creativo non vanno castrate con l’ansia del risultato finale.
Daniele Imperi
Quello che dici è vero, ma la scrittura è arte finché non decidi di voler pubblicare un libro, poi si trasforma in un prodotto commerciale, altrimenti il libro non lo pubblichi.
Poli72
Scusa ,Daniele ,ma non capisco il senso .Anche un quadro del miglior pittore e’ arte eppure viene battuto all’asta. La tua opera artistica ,frutto di sudore ed impegno ,rimarra’ per te sempre tale sia che venga pubblicata e venduta ,sia che ti rimanga nel cassetto.Il coronamento dell’attivita’ di uno scrittore e’ pero’ la pubblicazione ,quindi la commercializzazione della propria arte per poter toccare con mano il frutto dalla propria fatica..Tornanado al solito McCarty che tanto ci piace e al suo capolavoro.Secondo me , “La Strada “, egli lo ha tranquillamente dato in “pasto” alla folla ,privandosene.
Ll’odioso Sgarbi una volta,disse ad un mio conoscente che faceva il pittore e voleva non tanto vendere le sue splendide opere ,ma nemmeno farle uscire dal proprio laboratorio per mostrarle:” Tu Marino, cosi’ facendo sei un egoista!” sbraito’.
Il pittore Collecchia rimase stupito dall’ affermazione astiosa e sprezzante del critico.”Perche’ dici questo Vittorio?” replico’
“Perche’ non hai nessun diritto di privare gli altri dal godere un’opera d’arte .E’ come se tu rubassi alla gente una possibilita’.”
Per quanto mi stia sul c….o il personaggio ,ha fatto senza dubbio una grande affermazione.
Lo scrittore ha il sacrosanto dovere di tentare la pubblicazione della sua opera, per completare il percorso di vita della stessa.Come un padre ha il dovere di accompagnare il proprio figlio nel suo cammino di maturazione e di vita non soltanto fino al punto che potra’ pulirsi il deretano da solo , ma fin che la natura glielo permettera’.
Grilloz
Mi pare fosse Picasso a dire che sei un artista quando vendi il primo quadro.
Insomma non basta pubblicare, devi anche riuscire a vendere (parenti e amici non valgono, altrimenti sarei anch’io un artista avendo venduto in tenera età sassi colorati ai miei zii).
Comunque, se me lo perdoni, la maggior parte degli scrittori più che artisti sono degli artigiani, magari molto bravi, ma gli artisti sono pochi.
animadicarta
“Pubblicare è unʼavventura entusiasmante”: mi piace molto quest’affermazione, se ne dovrebbe fare uno slogan. Se si perde l’entusiasmo e la passione, è meglio lasciar perdere.
Sono particolarmente d’accordo anche su quello che dici sull’informarsi: la rete trabocca di informazioni gratuite e a disposizione di tutti, ma quanta gente c’è che ancora brancola nel buio perché non ha voglia di perderci tempo?
Daniele Imperi
Hai ragione.
Di gente così credo ce ne sia tanta, altrimenti non si spiegano i tantissimi ebook creati a “cavolo di cane” e i rifiuti degli editori per giustificati motivi. La gente non legge. Sicuro al 100%. L’ho vissuto di persona con 2 concorsi che avevo lanciato in un altro blog.
Non vuole perdere tempo a leggere, è come dici tu.
Grilloz
Sì, ho l’impressione anche io che molti “scrittori” non rileggano.
Quello che mi domando io, ma come puoi pretendere che altri ti leggano se tu sei il primo a non farlo?
Daniele Imperi
Bella domanda. C’è troppa fretta, forse, o un atteggiamento “pressapochista” e arraffone alla pubblicazione.
Simona C.
Hai ragione. Informandomi e studiando ho rimediato a diversi errori che, in passato, non sapevo essere tali.
La mia scrittura e il mio approccio alla pubblicazione sono cambiati e migliorati con il tempo (perché intanto si cresce anche come persone) e con l’impegno.
Non scrivo per soldi, dal momento che le mie motivazioni sono le stesse di quando avevo 12 anni, ma pubblico perché sogno ancora di mantenermi scrivendo, se non a tempo pieno, almeno part-time
Daniele Imperi
Meno male che qualcuno si informa
Secondo me quelli che usano il web molto, come noi che abbiamo un blog, sono più informati perché hanno la forma mentis giusta.
Chiara
Io scrivo perché l’arte è il dono che la natura mi ha offerto per esprimere me stessa in un mondo di finzione. Ho grandi sogni per la scrittura che non riguardano soldi e successo, bensì la possibilità di poter DONARE qualcosa di bello al lettore, facendolo ridere e commuovere come tante volte è successo a me.
Daniele Imperi
La tua definizione di arte mi piace. Direi che l’unico significato che possiamo dare alla scrittura.
Grazia Gironella
Il quadro che tracci è perfetto. L’autoesame per trovare una risposta alla domanda “perché scrivo?” non è facoltativo, ma obbligatorio. Alla lunga, se non hai una risposta convincente abbandoni. Non sarebbe un dramma, ma potrebbe essere un peccato. Scrivere è… prezioso.
Daniele Imperi
Giusto, dovrebbe essere obbligatorio porsi quella domanda. Sono d’accordo sul dare una risposta convincente, cosa per nulla facile.
Marco Moretti
Onestà intellettuale in primis: non credo che chiunque scriva non voglia condividere con altri. È normale, è la tendenza della creatività. Mi sembra in effetti che siano in aumento gli editori stampatori, poco attenti alla qualità; forse però anche questa è una via per sopravvivere a un mercato in crisi. Non credo nel self publishing, se non come forma di narcisismo. Certo è dura per uno sconosciuto che voglia fare dire qualcosa di originale e non mi sembra che i “grandi”concorsi letterari aiutino: spesso la prima selezione è fatta dagli stessi partecipanti! Di positivo vedo però la voglia di esprimersi, di condividere e farlo con passione
Daniele Imperi
Anche l’editoria tradizionale è una forma di narcisimo, allora
Perché dovrebbe esserlo il self-publishing?