Aveva freddo. Camminava da giorni in quel deserto di ghiaccio, sotto un sole buio, smorto. Avanti e indietro fra i rifugi a cercare selvaggina. Solo. L’inverno era cominciato da poco e già orsi e volpi polari avevano messo su una pelliccia folta e bianca come neve. Avrebbe potuto ricavarci parecchio denaro. Se solo avesse preso qualcosa.
Era a Spitzbergen da due settimane e aveva ucciso soltanto tre volpi. Aveva sparato a un orso, giorni prima, ma forse l’aveva mancato. Quando il fumo si era diradato, dell’orso non vide traccia. Né sangue in terra.
Si guardò attorno. A breve avrebbe dovuto raggiungere la stazione satellite. Riposare. Scaldarsi. Mangiare qualcosa, prima di passare la notte. E l’indomani ancora a caccia in quelle distese di ghiaccio, al freddo, al buio.
Qualcosa apparve lontano nel suo campo visivo. Un’ombra fra la semioscurità di quel giorno che non finiva. Si voltò. Nulla. Solo la neve di tenebra che ammantava tutto.
Quando superò una bassa collina, lo vide.
Un orso. Enorme massa bianca nel nero del giorno. Sparò. E sparò ancora. L’orso ringhiò, avanzando sul ghiaccio.
Sparò l’ultimo colpo, ma il freddo gli aveva intorpidito le dita. Erano dure e non avevano più forza. Anche stavolta non aveva colpito l’orso, che cominciò a correre verso di lui, la bocca spalancata, la testa che oscillava tremenda.
Non avrebbe mai potuto sfuggire a quella bestia, era troppo veloce. E lui aveva freddo, tanto freddo. Era stanco, affamato. E doveva prendere una decisione presto, subito anzi.
Si tolse i guanti e sfilò il coltello dal fodero. Poi guardò l’orso che distava ormai solo poche decine di metri e con un movimento deciso si tagliò la gola, affondando nella carne.
Cadde. La vista gli si annebbiò, mentre un’ombra gigantesca oscurò il mondo e travolse il suo corpo morente.
Quanto freddo.
Lucia Donati
Parlo per me: io avrei evitato di ripetere “orso” in modo così ravvicinato (righe: settima e ottava riga e sedicesima e diciassettesima), scrivendo magari “animale” o “plantigrado”.
Viviana (Isobel Gowdie)
Che bel ritmo! Vista e sentita ogni parola.
Luigi Leonardi
Prendiamola come metafora: io vedo la fragilità dell’uomo contro l’ineluttabilità della natura.
Un fucile contro il freddo e l’orso – le armi atomiche contro l’universo.
Dove sta il potere umano?
Daniele Imperi
@Lucia: plantigrado mi pare però troppo scientifico![:)](https://pennablu.it/wp-content/plugins/classic-smilies/img/icon_smile.gif)
@Viviana: grazie! Anche il freddo hai sentito?![:P](https://pennablu.it/wp-content/plugins/classic-smilies/img/icon_razz.gif)
@Luigi: è bello che ognuno trovi quello che vuole nelle storie.
Romina Tamerici
Questo sia di insegnamento: mai disturbare un povero orso! Certo che ci vuole sangue “freddo” per decidere di tagliarsi la gola in così poco tempo e farlo!
Daniele Imperi
Forse ho esagerato, ma non veniva in mente altro finale![:)](https://pennablu.it/wp-content/plugins/classic-smilies/img/icon_smile.gif)
Giacomo Costa
Bellissimo racconto. C’è aspettativa, c’è tanto freddo e un finale secco, e bellissimo nella sua durezza. Bravo.
Daniele Imperi
Ciao Giacomo, grazie e benvenuto nel blog![:)](https://pennablu.it/wp-content/plugins/classic-smilies/img/icon_smile.gif)
Ottogalli Luigi
Bello, serrato, fulminante!
Daniele Imperi
Grazie Luigi, benvenuto nel blog.