Leggendo racconti online di scrittori emergenti, alle prime armi, aspiranti o come volete chiamarli, in realtà amanti della scrittura che come me provano a scrivere, ho notato spesso errori grammaticali. Apostrofi inseriti là dove non devono esserci, mancanti dove è richiesto, abuso di punti esclamativi, virgole sparse a larga mano, accenti sbagliati e così via.
Chi scrive legge, ma spesso non impara, oppure non osserva, o magari non recepisce. C’è anche chi scrive e non legge nulla o legge di un solo genere, perché di quel genere vuol scrivere. Chi vuol fare della scrittura la sua arte primaria deve mostrare un corretto approccio alla grammatica, un atteggiamento che lo condizioni e lo ossessioni.
L’autocritica che manca
Spesso chi scrive non riesce ad autogiudicarsi. Scrive, dunque è genio incompreso. C’è un blocco, inconscio, che gli impedisce di vedere i propri errori, nel linguaggio e nello stile, dunque nella comunicazione diretta col lettore.
Manca quindi un’autocritica consapevole. È una lacuna propria di chi si sente al di sopra degli altri solo per il fatto che tenta di scrivere storie. Dico “tenta” perché, se quelle storie contengono errori grammaticali, sono allora solo tentativi.
Come far scattare l’autocritica? Non so rispondere a questa domanda, perché credo sia una qualità insita nell’uomo che difficilmente si può imparare. Bisogna essere modesti, innanzitutto, odiare i propri scritti a cominciare dal momento in cui abbiamo terminato di scriverli, non soltanto la prima volta, ma sempre, anche quando abbiamo pubblicato il nostro centesimo romanzo.
La lettura senza fini
Ho più volte detto che leggere per me è come studiare. Non parlo di saggi e documenti letti per informarmi su ciò che devo scrivere, ma di romanzi e racconti di vari autori e di vari generi, letti per imparare, per aprire la mente a sperimentazioni, a nuovi stili e linguaggi, a nuovi modi di esprimersi e narrare.
Chi scrive male, chi commette errori macroscopici, cosa legge? E come legge? Eppure è facile confrontare un proprio brano con uno di uno scrittore affermato. Ha usato un apostrofo quando non andava? Ha usato le virgole secondo l’estro? Scambia apostrofi per accenti?
Prediligere opere cartacee a quelle online
Le letture principali di chi ama scrivere devono essere opere pubblicate da un editore. Il self publishing senza l’aiuto di un editor non garantisce qualità, dunque non fornirà letture in grado di formare lo scrittore giovane, di permettere confronti, di capire se ciò che abbiamo scritto è grammaticalmente valido.
La grammatica come prima arma
Ben prima della storia e dello stile, prima perfino del nostro nome, la grammatica è la base di ogni scrittura. Chi scrive usa il linguaggio della sua lingua nativa, soggetta a regole create al solo scopo di dare comprensione allo scritto e al detto.
L’anarchia nella scrittura non è contemplata. Lo scrittore deve mantenere un codice comportamentale retto, ferreo quando scrive. Fa uso di un linguaggio tenuto in piedi da regole grammaticali, che vanno conosciute e rispettate.
L’occhio esterno
Più volte ho parlato dell’importanza di farsi leggere da altri scrittori. Esistono forum letterari in cui proporre i propri racconti e ricevere critiche. C’è gente che non sa scrivere, ma ce n’è altra che sa farlo. C’è chi non trova errori, perché non sa riconoscerli e commette gli stessi, ma chi ve li farà notare senza mezzi termini.
Non bisogna essere consapevoli di essere scrittori, ma di non esserlo. Bisogna uscire dalla propria cerchia e farsi notare da altre cerchie, dove c’è chi vuol imparare e crescere, perché la scrittura, come tutte le arti, va curata e criticata.
Massimo Vaj
Quando si rilegge ciò che si è scritto lo si fa utilizzando la memoria, per questo sfuggono molti errori. Leggere molto non aiuta granché a memorizzare i modi di una corretta sintassi, e in sé la conoscenza delle regole grammaticali non basta a produrre scritti decenti. Se poi si è individui motivati da pulsioni di bassa qualità, che spintonano intenzioni volgari come è quella di aspirare al successo editoriale piuttosto che a quello personale, dato dall’aderenza del proprio comportamento alle verità che si sono conosciute… allora al quadretto che si ottiene manca soltanto una firma tremolante, sbavata dalle lacrime.
Daniele Imperi
Non sapevo della lettura a memoria. Bisogna rileggere dopo qualche giorno.
MikiMoz
Ciao Sandokan!
Articolo interessante come al solito.
L’autocritica è una via complessa, perché è difficile essere equilibrati con se stessi… nel bene e nel male.
Io aggiungerei un consiglio: noto che alcuni (magari anche io e non me ne rendo conto) hanno difficoltà nell’inserire virgole, quindi a scandire il ritmo (e il tempo) di un discorso, magari proprio nei dialoghi.
Sai cosa credo possa aiutare tantissimo, in questo?
I fumetti.
Che ne pensi?
Moz-
Daniele Imperi
Le virgole sono indovinate poche volte. Magari ci faccio un post un giorno. Perché i fumetti dovrebbero aiutare?
MikiMoz
Per i discorsi diretti. Per il loro ritmo.
Molta gente che scrive per diletto, ho notato, ha difficoltà con virgole e ritmo del dialogo.
Moz-
Enzo
Come non esser d’accordo con te?
Ma non credo sia facile una soluzione.
Io stesso, tremo ora a scriver pubblicamente.
Delusioni, critiche?
Forse entrambe
Ciao
Daniele Imperi
Se hai queste paure, frequenta dei forum letterari.
Enzo
Sì certo Daniele. ^_^
Dark0
“Il self publishing senza l’aiuto di un editor non garantisce qualità.” Infatti, l’importanza di un editor, è essenziale perché ci sia un primo filtro – quantomeno di correzione grammaticale – che faccia sì che l’opera sia di fatto “scritta bene”.
L’annosa questione del SP è proprio incentrata sulla convinzione di chi ne sostiene le parti, di poter saltare tutti i passaggi intermedi tra la scrittura dell’autore e la pubblicazione, perché sovrabbondanti e sistemici.
D’
Daniele Imperi
Hai ragione, molti pensano proprio di saltare quelle parti intermedie. Mi hai dato l’idea per un post
Paola
Sono d’accordo Daniele.
E’ sempre difficile riuscire a mettersi in una posizione critica rispetto al proprio prodotto. Eppure è una condizione necessaria proprio per evitare i rischi che hai descritto tu benissimo.
Uno stratagemma che trovo interessante e utile è quello di usare due tipi di font diversi per le due fasi.
Nella fase puramente creativa, scrivere utilizzando un carattere che ci piaccia e ci stimoli positivamente (es. “Tahoma”).
Far passare un po’ di tempo per lasciare decantare il tutto.
In fase “critica”, prima di rileggere, cambiare il carattere, scegliendone uno che non ci piaccia o che ci renda difficile la lettura (a me, per es., non piace il “Times New Roman”).
In questo modo (tempo di decantazione + carattere “spiacevole”), si “frega” il proprio cervello perché lo si mette in una condizione in cui fatica a “riconoscere” quello che sta leggendo.
In sostanza, lo percepisce come qualcosa di estraneo e quindi si pone automaticamente in modo più obiettivo.
Buon lavoro a tutti!
Daniele Imperi
Interessante questo metodo, lo metterò in pratica. Vediamo se funziona
Lucia Donati
Interessante l’idea di Paola di usare caratteri diversi. Lo trovo utile nella prima fase (buttar giù una prima stesura); il mio dubbio è relativo alla seconda parte, per la quale si dovrebbe usare un carattere “antipatico” in fase di rilettura: ma, così, non si rischia di vedere il tutto in modo eccessivamente negativo? (insomma: da un estremo ad un altro).
Paola
Ciao Lucia!
Grazie per l’osservazione: mi dai l’opportunità di esprimermi meglio.
Hai ragione. Si tratta di “dosare” lo strumento. Quel tanto che ti fa essere più obiettiva e più severa nei confronti della tua produzione senza però essere una “critica killer”.
Nel mio esempio ho preso due caratteri che sono piuttosto comuni senza essere troppo estremi (proprio perché c’è il rischio che l’aspetto estetico del font diventi un ulteriore parametro di valutazione in un contesto che non è propriamente attinente).
Come ti accorgi se è quello giusto?
Dal tipo di reazione (anche emotiva) che hai di fronte al tuo testo.
Se riesci a vedere gli errori senza giudicarti eccessivamente, allora hai trovato quello che fa al caso tuo!
Mi auguro di essere stata più chiara.
Lucia Donati
Sì, più o meno. L’idea non è male in generale…
Paola
Capisco i dubbi residui Lucia.
Si dissiperanno nella fase del “fare”.
Comunque, dovessi riscontrare delle difficoltà, chiedi pure.
Tenar
Io sono dislessica e quindi nei miei testi può esserci virtualmente di tutto. E quindi leggo, rileggo, ri-ri-letto. Faccio leggere a delle anime pie che mi evidenziano la parola sbagliata. Questo per l’ortografia.
Per la grammatica, però, mi sento di dire che ci sono dei comodi testi, con le regole spiegate una per una e gli esempi, non si tratta di un sapere esoterico trasmesso per via misterica. L’uso del congiuntivo avrà anche delle zone d’ombra, ma anche molte certezze. Una volta bastava essere andati a scuola per conoscerle, ma anche oggi basta andare a controllare sui manuali.
E ricordiamoci che gli editor non sistemano la grammatica di un testo, consolidano la trama, snelliscono i dialoghi, aiutano a aggiustare il ritmo. Se devono sistemare la grammatica, salvo rarissimi casa di cui non ho conoscenza diretta, cestinano direttamente, relegando testo e autore al limbo degli incompresi
Tenar
… Infatti ho scritto “ri-ri-letto” invece che “ri-ri-leggo”. Doppie che si equivalgono. Non so se sia esplicativo del mio dramma…
Daniele Imperi
Vero, una volta bastava essere andati a scuola, ma oggi non è più così, stando a tutti gli errori che leggo online.
Per quanto riguarda la grammatica, bisogna essere prima consapevoli di non saper scrivere bene.
Il giusto approccio alla grammatica | Social Me...
[…] […]
Cristiana Tumedei
Sai qual è il vero problema, Imperi? Che la grammatica non serve solo a scrivere decentemente, ma anche ad esprimersi bene. Pure mentre parliamo dovremmo impiegarla senza troppe difficoltà, nonostante vengano meno le questioni legate alla punteggiatura e al ritmo del discorso.
Io credo che leggere non basta. Bisogna studiare la propria lingua e conoscerne i meccanismi. Spesso mi capita di incappare in discussioni in cui autori emergenti – passatemi l’espressione – giustificano la loro impreparazione linguistica dicendo: “Ci sono scrittori famosi che vendono milioni di copie e se ne fregano della grammatica”.
Verissimo, ma il punto è che non si possono cambiare le regole – o impiegarle in maniera alternativa ed efficace – se non le si conoscono appieno. Quindi, hai ragione quando dici che lo scrittore dovrebbe sottoporsi a un’autocritica costante (che non sia distruttiva, però).
Come far scattare l’autocritica? Mettendosi in gioco, secondo me. Se volete fare gli scrittori aprite un blog e sottoponetevi al giudizio dei lettori. Lasciate che esprimano la loro opinione circa i vostri scritti e traete il meglio dalle loro considerazioni.
Solo quando ci poniamo davanti al giudizio degli altri iniziamo a preoccuparci non solo del contenuto, ma anche della forma. Dobbiamo farci capire e questo ci porta ad analizzare la nostra comunicazione. Oddio, siamo sicuri che sia così Imperi?
Daniele Imperi
Concordo Tumedei. Bisogna conoscere bene le regole per cambiarle. Ma dipende poi dal motivo per cui quegli scrittori famosi hanno commesso errori.
Aprire un blog e mettersi in gioco serve. Ma, come giustamente ti sei chiesta, siamo sicuri che poi rivedremo la nostra comunicazione?
Sai che penso? Che c’è chi sa e vuole comunicare e chi no.
Cristiana Tumedei
Sono assolutamente d’accordo con te
Il fatto è che la comunicazione non è mai a senso unico. O, almeno, non dovrebbe esserlo. Uno scambio, quindi, di cui l’autore deve farsi promotore.
La grammatica ci aiuta ad esprimerci correttamente, ad essere comprensibili. E, a parer mio, un comunicatore non può non conoscerla.
Non sono certo una purista della lingua, ma credo che questa vada calibrata. Vedi Imperi, come fai a trovare il tuo stile se non conosci le regole del gioco?
Daniele Imperi
Grammatica e comunicazione: hai detto bene e ispirato un ennesimo post LOL
Giuliana
Io ammo ala folia, la gramattica
Scherzi a parte, secondo me quando si parla di grammatica entrano in gioco diversi elementi, alcuni dei quali esulano dallo studio. Certo, la grammatica va imparata a scuola e tramite la lettura, ma c’è qualcosa che va oltre. Perché, a parità di studi, tra due o più persone che hanno lo stesso livello di conoscenza delle regole che la materia impone, c’è sempre chi la porta ad un livello di eccellenza. E non perché la conosca meglio, ma perché la ama di più, la sente dentro ancor prima di ragionarla, la approfondisce, la vive con passione. Perciò è in grado di plasmarla fino ai minimi dettagli, come l’artista con la creta. E questo non è qualcosa che si impara sui libri, è una predisposizione che la natura dona a piacimento.
Daniele Imperi
Forse hai ragione. Io ho il vizio di correggere gli errori altrui e quando leggo mi saltano agli occhi refusi ed errori grammaticali.
Giuliana
Pure io ce l’ho, questo vizio, eh eh
Viviana
Sempre un piacere leggerti. La grammatica, questa sconosciuta . Io ammetto di litigare, da sempre, con punti e virgole, e di non essere immune all’errore, come tanti, ma ci lavoro sopra cercando sempre di migliorare. Blog e siti di scrittura aiutano in parte. Io ho sempre trovato persone che, dall’alto del loro piedistallo, continuavano a ripetere…” sono cresciuta a pane e virgole”… critiche di questo genere non aiutano per niente, anche perché ho notato che il più delle volte non leggono il racconto, ma badano solo ai punti e alle virgole. Onore a Totò e al suo abbondare!
Daniele Imperi
Grazie Viviana
Da chi sta sul piedistallo è meglio tenersi lontano. Ma per fortuna non tutti sono così.
Pennarell0
Però ci sono anche ebook e opere online *con editore*, non self published. Insomma, sono due questioni distinte
Daniele Imperi
Certo. Intendo comunque opere pubblicate in modo professionale.
Romina Tamerici
In un recente post anch’io ho parlato dell’importanza della grammatica, perché ho sentito troppi scrittori, o presunti tali, dire che apostrofi, accenti, segni di punteggiatura non sono importanti, alla fine. Invece contano eccome!
Enzo
La volpe che non arriva all’uva, dice: “Non importa, tanto è amara”.
Ciao Ro’ e ciao Daniele