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Chi mi segue spesso conosce la mia avversione per gli accenti tonici, gli altri invece la scoprono adesso. Per me rappresentano una sorta di inciampo nella lettura, anzi un vero e proprio fastidio.
Non ricordo questa mania degli accenti tonici in passato. E sto riscontrando che è un vizio di alcuni editori: c’è chi ne fa uso, chi ne abusa e chi non li usa.
Su quali parole si usano gli accenti tonici?
Sui cosiddetti omografi, cioè, come dice il termine stesso, su quelle parole che hanno la stessa grafia, ma un significato diverso.
Una volta scoprii una parola con 3 significati diversi, secondo l’accento:
- Càpitano: 3° persona plurale del presente indicativo del verbo capitare. “Sono cose che capitano”.
- Capitàno: sostantivo. “Sono il capitano di questa nave”.
- Capitanò: 3° persona singolare del passato remoto del verbo capitanare. “Quell’uomo capitanò la stessa nave per 20 anni”.
Gli omografi sono davvero tanti, specialmente per via delle tante forme verbali che li creano:
- importi
- porci
- posta
- sorta
- torta
- vendette
- volta
E in alcuni casi sarebbero ancor più inutili, visto che l’accento cade sulla stessa vocale, come in posta, sorta, volta e vendette.
Un’illogica incomprensione delle parole
Le regole ortografiche non prevedono di scrivere questi tipi di accenti nemmeno in casi di ambiguità. Antonio Zoppetti, L’italiano corretto
E ha ragione. Dunque mi chiedo: di chi è stato il vizio di mettere questi accenti? Perché esiste un primo accentatore, presto imitato da tutti gli altri – come succede sempre con le mode più assurde e ridicole (vedi l’introduzione di parole inutili inglesi nella lingua italiana).
È bastato un editore, o anche uno scrittore o un editor, che s’è posto la domanda: “Ma si capirà che parola si intende?” e via con gli accenti tonici.
Sì, è la mia risposta: si capisce che cosa s’intende. Basta leggere con attenzione, basta seguire il contesto e l’omografo non avrà segreti.
Esempi di omografi con accenti tonici
Ho scelto, fra i tanti omografi esistenti, soltanto quelli che più di frequente m’è capitato di trovare nei libri che ho letto.
àncora e ancóra
La nave non aveva ancora gettato l’ancora.
Finora non ho mai incontrato l’accento tonico su questo omografo. E mi sembra assurdo che si possa confondere un avverbio con un sostantivo.
àmbito e ambìto
Nel mio ambito sono un professionista.
Il mio lavoro è molto ambito.
Un sostantivo e un verbo: è possibile avere confusione?
dài e dànno
Una delle abitudini che più mi infastidiscono sono gli accenti in queste 2 forme verbali del verbo dare. E parlo di un vero fastidio fisico che avverto durante la lettura.
A che servono questi accenti? A niente. L’unica forma che vuole l’accento in quel povero e bistrattato verbo è la terza persona singolare del presente indicativo: “dà”. Per esempio: “Daniele dà di matto quando vede gli accenti tonici”.
dèi
Non credeva negli dei.
L’uso dei blog è aumentato.
Perché si può davvero confondere la preposizione articolata “dei” (di+i) con il plurale del sostantivo “dio”, vero?
prìncipi e princìpi
La difesa dei principi era una sua missione.
A me sembra chiaro che si intenda il plurale di principio. Se avessi scritto “I principi del regno”, allora si potrebbe confondere: “I prìncipi del regno” i “I princìpi del regno”? Ma è il contesto che ci fa capire a quale parola ci si riferisce.
Ma c’è anche un’altra soluzione, usare il vecchio plurale di principio: principii.
séguito e seguìto
Il suo sito ha molto seguito.
Quel programma è seguito da poche persone.
Di nuovo un sostantivo e un verbo: com’è possibile confonderli? Eppure diverse volte ho trovato scritto “seguìto”.
viòla e vìola
Ho comprato un vestito viola.
Il tuo commento viola le regole del sito.
Ancora sostantivo e verbo. Se nel colore non ho mai visto accenti, nella forma verbale sì. Ma chi mai potrebbe capire fischi per fiaschi? Anzi, fiori per violazioni?
L’uso degli accenti tonici è facoltativo
Anche se io lo vieterei. Quello che temo, però, è che le case editrici che ne fanno un ampio uso lo facciano rientrare nelle loro regole editoriali. In poche parole: se vuoi pubblicare con noi, l’editor o il correttore di bozze spargerà accenti là dove non li hai messi.
E questo sarebbe un abuso di autorità. L’autore che, come me, non li usa, si vede costretto a modificare il proprio stile di scrittura – il proprio modo di comunicare – oppure, come me, dovrà rinunciare alla pubblicazione.
Gli accenti tonici nella vostra vita
Sono un fastidio, come lo sono per me, o li accettate? Quanti di voi li usano quando scrivono?
Pades
Quando leggo non li gradisco. Già mi danno fastidio gli accenti sbagliati (i classici “perchè”, “nè”…) che indicano una scrittura trasandata, se poi trovo troppi accenti tonici… il rischio abbandono del libro è alto. In quasi cinquant’anni di letture mi sarà capitato una volta o due al massimo di avere un dubbio che il contesto non riuscisse a chiarire (una, se ben ricordo, era proprio “principi”), dunque non li trovo per nulla necessari, anzi sarei d’accordo con te di vietarli. Chi li usa mi dà l’idea di volersi dare un certo tono, come chi usa termini inutilmente forbiti. Entrambi hanno su di me l’effetto opposto.
Daniele Imperi
Ogni tanto mi capita di trovare accenti sbagliati. E anche io un paio di volte solo ho avuto dubbi sulla parola principi. Mi pare in alcuni scritti di Mazzini.
Forse è davvero per darsi un tono. Ho notato che la Sperling&Kupfer non li usa quasi per niente. Mentre la Fanucci è fissata con “dèi”.
Corrado S. Magro
Concordo e per il passato remoto è chiaro che ci vuole. Per eccesso di zelo si potrebbe porre l’accento su un solo termine se i due sono molto vicini (generano però quasi sempre cacofonia). Esempio: Tira su l’àncora, ancora!
Quello che purtroppo all’opposto s’incontra, ‘a(d) ogni piè sospinto’, è l’assenza degli acuti o la loro sostitzuione con il grave, fenomeno credo già citato da te. Leggerezza o ignoranza? La scusa invocata : “Ma non lo trovo sul Word”.
Daniele Imperi
La cacofonia infatti va evitata. Come “i principi dei principi”, che può leggersi in 2 modi:
– i princìpi dei prìncipi
– i prìncipi dei princìpi
Io vedo anche l’assenza degli accenti nei numeri: trentatre anziché trentatré, ecc. In Einaudi lo vedo spesso.
Giovanni
Forse sono in parte inutili. Il lo uso solo per “subito”. Distinguo:
– subito: sinonimo di adesso
– subìto: prima per persona del verbo subire
Per la prima non metto alcun accento; per la seconda, al posto della i semplice uso la ì .
Altre parole no, o forse sì. Il verbo dare. La terza persona presente la scrivo come: “dà”.
Sono le uniche due eccezioni. Tutto il resto non metto alcun tipo di accento. Per subito devo averla vista con insistenza nei testi che leggo per essermi convinto che andasse usata in quel modo esplicito. Le parole che dici tu non le ho mai viste scritte in quel modo, forse ti è capitato in testi classici, di qualche editore in particolare?
Daniele Imperi
Nel verbo dare in quel caso l’accento ci vuole. Non è una scelta, insomma.
Per subito io ribadisco: come fai a confondere le 2 parole?
Dèi, dài e dànno li trovo in libri moderni, specie della Fanucci.
Seguìto forse in un testo classico, come princìpi.
Miriam Donati
Sono d’accordo con te al 100%.Insopportabili.
Daniele Imperi
Bene, che finora tutti la pensano come me. Mi chiedo allora se gli autori li abbiano usati o se siano stato costretti a usarli dagli editori.
Orsa
Addirittura fastidio fisico? Tipo rash cutaneo, reazione allergica?

Si, a volte sono talmente insopportabili da minare la scorrevolezza della lettura. Tuttavia quando sono alle prese con argomenti che mi coinvolgono e mi appassionano, allora in quel caso chiudo un occhio, tiro fuori il mio lato democratico (adesso prenderai fuoco) e perdono l’autore
Vista l’ora lasciamo perdere i caffè/caffé/caffe’ e facciamo una bella carbonara?
Daniele Imperi
No, nel senso che faccio una smorfia, talvolta impreco anche, o sbuffo.
Il problema è che io non ho lati democratici
Sento già il guanciale che frigge…
Grazia Gironella
Accenti tonici inutili, bocciati! Non dico che ci inciampo, ma mi sembrano assurdi. Non riesco a immaginare una singola situazione in cui il lettore possa confondersi per la mancanza di accento. E no, non mi piacerebbe doverne trovare nei miei libri per imposizione editoriale, anche se sicuramente non è su questo che si combatte davvero.
Daniele Imperi
A questo punto, visto che tutti quelli che hanno commentato sono contrari, anche se pochi, sono sempre più convinto che siano le case editrici a inserirli o imporli.
E io combatterò anche su questo
Piero Lorenzo
Mi dispiace, ma io non concordo.
Non sopporto “dài” senza accento, per esempio.
Sugli omografi poi ci sono casi in cui esso sarebbe obbligatorio. Mi dice come distinguere : “geni” ?
Io in questo e altri casi uso il dimenticato, ma simpatico, classico accento circonflesso.
(Purtroppo non posso, però, digitare da questa tastiera il plurale del lemma genio con esso…).
Salve.
Daniele Imperi
Puoi anche non sopportare “dai” senza accento, ma con l’accento è un errore. Come ho scritto, l’unica forma verbale che vuole l’accento per quel verbo è “dà”.
Per la parola geni, il plurale è lo stesso per gene e genio. Ma spiegami come fai a confondere una parola con l’altra se rientrano in contesti differenti. L’accento circonflesso è più “letterario”, ma non si usa.
Piero Lorenzo
La lingua italiana è notoriamente dotata di pochissimi accenti grafici. Che cosa costa o impedisce di usarli come si faceva in passato e come richiederebbe la logica grammaticale?
Ma se i Francesi, che tentano invano di eliminarne alcuni dei loro diffusissimi, non ci sono riusciti nei secoli…
E gli Ungheresi?! Dài!
Daniele Imperi
In passato quando? La logica grammaticale richiede gli accenti tonici? Non mi pare.
antonio zoppetti
Per parole come principî o dominî una volta, ma non sempre e necessariamente, era in voga la consuetudine di indicare il valore della doppia i (che ancora nell’Ottocento si ritrova espressa con la j: principj) con l’accento circonflesso, oggi caduto in disuso nella lingua italiana. A dettare le regole degli accenti tonici che non si indicano nell’italiano corrente nemmeno in caso di ambiguità sono soprattutto le norme editoriali dei principali editori, poi però qualcuno non le segue o ne ha di sue. Un saluto.
Daniele Imperi
Buongiorno Antonio, benvenuto nel blog. L’accento in principî lo metterei, o scriverei principii. Io però vedo che sono proprio i principali editori a usare questi accenti tonici.
Piero Lorenzo
Inutile continuare, signor Daniele, la sequela. Diverrebbe sterile polemica.
Chi, però, come me ha qualche “penna bianca” sa come era in passato…
A cominciare dalla difesa della nostraa bella lingua, mai come adesso tanto bistrattata!
Salve.
Rebecca Eriksson
Gli accenti sono la mia spina nel fianco: nel senso che non li indovino mai ed ogni volta non mi ricordo quale dia una vocale aperta ed una chiusa. Lo posso studiare mille volte, ma non mi entra in testa. Quindi scriverli a me è come dare le perle ai porci.
Daniele Imperi
Se hai dubbi, consulta il dizionario, lì trovi per forza gli accenti. Io vedo che alcuni dialetti li sbagliano sempre, mettono vocali aperte quando andrebbero chiuse e viceversa.
Barbara
L’unica volta che li vedo sono nei dizionari linguistici e nei traduttori, per meglio comprendere la fonia della parola. Però non ci sono mai inciampata in lettura (o sono così presa dalla storia che corro via come un missile). Di quali case editrici e/o autori stiamo parlando?
Daniele Imperi
Stiamo parlando di varie case editrici, a prescindere dagli autori. Einaudi e Fanucci, soprattutto. Sono le prime che mi vengono in mente.
francesco
Secondo me gli accenti sono una finezza che denota competenza e aiutano la lettura, la facilitano per chi è un po’ tardo, stanco o ignorante. Quindi io li vedo positivamente. E’ ovvio che chi li deve scrivere li trovi noiosi. C’è un conflitto di interesse qui forse.
ciao.
Daniele Imperi
Non vedo dove siano la finezza e addirittura la competenza. Chi è tardo non riuscirà proprio a capire il senso del testo. Chi è ignorante, allora studi. Esiste il dizionario per scoprire come si pronunciano le parole. Non si può cambiare, rovinare una lingua a causa degli ignoranti.
Nel mio caso, comunque, il fastidio non è perché li devo mettere… per il fatto stesso che non vanno messi. Non ho problemi a usare gli accenti sulle parole che li vogliono.