Come riuscire a mantenere i nostri testi originali?

Come riuscire a mantenere i nostri testi originali?

Un breve articolo su LinkedIn poneva questa domanda. Prima, però, è bene chiarirne il contesto.

Il contesto è l’intelligenza artificiale: la copywriter si lamentava di “vedere contenuti tutti uguali” – e anche altri, nei commenti, lamentavano questo problema. “È come se l’AI avesse un vocabolario limitato e finisse per ripetere sempre le stesse cose”.

Il vocabolario dell’intelligenza artificiale

Ogni volta che ho fatto delle prove con l’IA, per scoprirne i limiti, ho letto testi semplici, senza personalità. Soprattutto erano testi limitati nel linguaggio.

I limiti riguardavano non solo il vocabolario – come se l’intelligenza artificiale non conoscesse tutti i lemmi presenti nel vocabolario della lingua italiana – ma anche la struttura delle frasi, sempre lineare, come se l’IA ripetesse una lezione a scuola.

Le intelligenze artificiali vengono addestrate su migliaia di testi, che ovviamente contengono un gran numero di parole, ma non certo tutte quelle esistenti. Quando generano un testo, forniscono una sorta di riassunto di ciò che hanno appreso durante il loro addestramento.

Ecco, quindi, il problema principale di far generare un articolo all’IA: un articolo deve essere il frutto di un’attenta documentazione, su più fonti, elaborando le informazioni in funzione degli obiettivi dell’articolo e del pubblico di riferimento. Non è un riassunto.

Le fonti, poi, vanno valutate, perché non tutte possono esserci utili. Un articolo che riassume i concetti espressi dalle fonti consultate è cosa ben diversa, qualitativamente, da un articolo sviluppato su quanto abbiamo appreso dalle fonti.

Per non parlare di articoli basati sull’esperienza personale o riflessivi – come quello che state leggendo ora – che nessuna intelligenza artificiale potrà mai scrivere.

La comprensione del linguaggio umano

Le IA hanno una comprensione superficiale del linguaggio umano, non possono cogliere l’ironia e il sarcasmo di una frase, né alcune sottigliezze né le metafore o i riferimenti culturali. Non possono neanche creare rimandi ad articoli che abbiamo già scritto o citare frasi di autori.

È davvero assurdo pensare di far gestire il proprio blog – specie se aziendale, lavorativo – a un’IA, con testi generati sulla base di una serie di indicazioni e dettagli. Non solo viene a mancare un dialogo reale e diretto con i lettori – che non leggeranno ciò che scrive l’azienda o il professionista, ma ciò che ha generato un programma – ma anche l’autenticità dello stesso blog.

Non riuscendo a comprendere la complessità del nostro linguaggio, questi programmi di intelligenza artificiale produrranno testi amorfi, semplicistici, che possono andar bene per un bignami ma non per un blog che dovrebbe essere un punto di contatto fra azienda/professionista e lettore/potenziale cliente.

Secondo me le IA non riescono a comprendere del tutto neanche un linguaggio semplice. Ecco che cosa ho chiesto a Gemini:

Ciao Gemini, dopo aver letto questi miei articoli: https://pennablu.it/scrivere-per-soldi/, https://pennablu.it/autocritica-nella-scrittura/, https://pennablu.it/unico-consiglio-sulla-scrittura/ e https://pennablu.it/abbiamo-bisogno-di-libri/, scrivi un articolo di 500 parole sull’importanza di scrivere articoli originali per il proprio blog, usando il mio stesso tono di voce.

A parte il fatto che ha generato il solito testo senza tenere conto di come scrivo io; a parte, anche, aver iniziato l’articolo, come spesso accade, “Nell’era digitale”; ho visto che ha usato alcune frasi degli articoli che le ho fatto leggere, inserendole nel testo senza alcuna utilità o logica.

Quando le ho fatto notare che l’articolo non rispecchiava il mio modo di scrivere, Gemini mi ha chiesto informazioni sul tono dei miei articoli (formali o informali? Seri o ironici?), sullo stile di scrittura (uso un linguaggio semplice o complesso? Frasi brevi o lunghe? Ho delle caratteristiche stilistiche particolari – uso spesso metafore o giochi di parole?), sul pubblico di riferimento ed esempi di articoli che mi piacciono.

Le ho dato queste informazioni. Risultato? Peggio di prima.

Ha introdotto espressioni che io non ho mai usato e che non sono proprie del mio stile: Credibilità alle stelle, Visibilità da urlo, Unico come un fiocco di neve, Condivisione è potere, Passione come bussola, Scavo profondo, Stile da star, Chiarezza come un cristallo, Rifinitura impeccabile.

L’originalità nell’era dell’intelligenza artificiale

I testi generati da un programma di IA non sono originali. Un sito o un blog che propone ai lettori testi del genere non ha nulla di originale, né tantomeno di umano.

Alla domanda espressa alla fine di quell’articolo su LinkedIn, “Come riesci a mantenere i tuoi testi originali?”, ho risposto: “Scrivendoli da me”.

I miei articoli partono da riflessioni sulla scrittura, l’editoria, la lingua italiana, i libri. Partono da problemi che ho incontrato e risolto scrivendo. Partono dai lavori di correzione di bozze e revisione. Partono da considerazioni e frasi che ho letto.

In una sola parola: partono dalla mia esperienza. È questa l’originalità degli articoli che scrivo.

Per i miei siti dedicati a E.A. Poe e F.T. Marinetti c’è dietro parecchia documentazione storica, fatta sui libri per la maggior parte.

È semplice mantenere l’originalità dei propri testi: basta scriverli da sé.

14 Commenti

  1. Corrado S. Magro
    giovedì, 4 Luglio 2024 alle 11:07 Rispondi

    Ho acquistato, fresco di stampa, una biografia di Giordano Bruno scritta in tedesco da Volker Reinhardt, docente all’UNI di Freiburg in Brisgau. Ebbene, in appendice sono evidenziati tutti i riferimenti a personaggi, luoghi, dati ed eventi contenuti nel trattato. Il processo di documentazione bibliografica del ricercatore/autore è in questi casi non solo determinante ma difficile da quantificare. Non oggi, perché siamo ancora ai primi vagiti (anche se vanta oltre 10 anni) dell’AI, ma domani, se essa verrà sviluppata conseguentemente, la consultazione dei dati correlati alla biografia potrebbe essere semplicissima. La settimana scorsa ho partecipato all’assemblea generale annuale della “pro litteris” elvetica (per la protezione dei diritti di autori). Per evitare la filiazione selvaggia e insensata degli originali, l’archiviare e/o accedere ai diversi milioni di testi digitali è sospeso proprio perché l’AI non è una intelligenza ma un “dizionario” che “prova” in forma molto primitiva a copiare e rubare e incapace di gestire la logica inerente accoppiando i cani con i gatti. La fusione nucleare, una conquista, aprì le porte alla bomba atomica: L’autodistruzione!

    • Daniele Imperi
      giovedì, 4 Luglio 2024 alle 14:20 Rispondi

      Il lavoro da Volker Reinhardt per biografia di Giordano Bruno non potrebbe mai farlo un’IA, né oggi né domani, secondo me. La consultazione dei dati può essere certamente semplificata.

      • Corrado S. Magro
        giovedì, 4 Luglio 2024 alle 14:55 Rispondi

        Pienamente d’accordo. Non tanto per gli aspetti storici che l’AI può fornire ma per quell’apporto personale dell’autore che costituisce l’essenza e il significato dell’opera, il ritocco, pur essendo di carattere tecnico.

        • Daniele Imperi
          giovedì, 4 Luglio 2024 alle 14:58 Rispondi

          Infatti verrebbe proprio a mancare il tocco personale dell’autore. Un’IA produrrebbe biografie – per restare in questo contesto – tutte con uno stile piatto e per niente avvincente. Leggo molte biografie e si vede la differenza fra gli autori.

  2. Orsa
    giovedì, 4 Luglio 2024 alle 12:02 Rispondi

    Unico come un fiocco di neve, Chiarezza come un cristallo… ma che poesia 😂
    Ci sono ancora tantissimi limiti nella capacità generativa di contenuti. E spero che non vengano mai superati!
    Anche perché, per stessa ammissione di IA, il suo è un supporto, non uno strumento in sostituzione alla creatività umana.

    • Daniele Imperi
      giovedì, 4 Luglio 2024 alle 14:21 Rispondi

      Spero anche io che quei limiti non siano superati.
      Supporto: ecco un altro articolo da scrivere, grazie :D

    • Corrado S. Magro
      giovedì, 4 Luglio 2024 alle 14:49 Rispondi

      Forse dimentichiamo “le frasi fatte” del passato. Ricordate quei volumetti che fornivano appunto frasi complete per gli argomenti più disparati? Li vedo come predecessori dell’AI quale possibile enciclopedia che raffazzona informazioni e copia da un serbatoio incalcolabile. Non sarà mai in condizioni di gestire le moltissime variabili: lingue, idiomi, stili! Rischia di essere un supermercato per prodotti di infima qualità sugli scaffali.

      • Daniele Imperi
        giovedì, 4 Luglio 2024 alle 14:57 Rispondi

        Forse qualcosa ricordo di quei volumetti… peggio dei Bignami.
        Già ora iniziano a esserci parecchi contenuti generati dalle IA, speriamo che gli scaffali delle librerie ne resteranno privi.

        • Luciano Cupioli
          martedì, 9 Luglio 2024 alle 9:53 Rispondi

          Quando l’utilizzo di qualsiasi strumento tecnologico agevola non più solo gli aspetti pratici, ma porta la mente a non impegnarsi più come prima, è un rischio per la qualità del prodotto che ne uscirà. In campo artistico rischia, a lungo andare, di provocare un danno permanente. Le automobili raggiungerebbero velocità pazzesche, ma vengono posti dei limiti perché altrimenti diventerebbero troppo pericolose. Così è per l’IA: si limiti l’uso a ciò per cui può essere veramente utile, non certo redigere un testo, perché, velocità a parte, non potrà mai essere originale come quello scritto da un uomo. L’importante è farlo capire agli scrittori vagabondi e/o scarsi, purtroppo assai numerosi.

          • Luciano Cupioli
            martedì, 9 Luglio 2024 alle 9:54 Rispondi

            Non doveva essere una risposta…

  3. Marco
    mercoledì, 21 Agosto 2024 alle 15:47 Rispondi

    Allora io uso Chatgpt come “beta reader” (perchè non ho amici e i miei genitori è tipo che è già tanto se legge le istruzioni di quello che compra SENZA annoiarsi)
    Ed non è malaccio.
    Ma ecco magari è l’articolo sbagliato, ma stavo ragionando(forse potrai farci un’articolo tu): Quando è bene “rallentare” per il bene della storia. Nel senso “devo far apparire stupido il/la (o i) protagonista/i per allungare il racconto e scrivere più pagine possibili?” Perchè una cosa che mi fa enormemente soffrire in una storia (sia essa visiva, come serie tv o anime o scritta, è quando il protagonista rincitrullisce di colpo per il bene della fama e magari arriva allo stesso ragionamento a cui è arrivato il lettore/spettatore 3/4 capitoli o episodi prima, e magari gente poteva essere salvata nel mentre)
    Cosa ne pensi?

    • Daniele Imperi
      giovedì, 22 Agosto 2024 alle 15:50 Rispondi

      Un’intelligenza artificiale come lettore beta non va bene, perché non può cogliere tutto ciò che vede un occhio umano, e una mente umana.
      Puoi trovare online dei forum dedicati alla scrittura, che sono meglio di Chatgpt.
      Riguardo alla tua domanda, se il protagonista appare stupido è un errore dello scrittore. Gli indizi che semini nella storia devono scoprirli sia il lettore sia il protagonista. Se uno dei due non deve scoprirli, allora dovrà essere il lettore.

      • Marco
        venerdì, 23 Agosto 2024 alle 20:07 Rispondi

        Quindi il lettore deve scoprire gli indizi “extra” alla fine quando il protagonista (in questo caso un detective) dice “ecco questo mi ha aiutato, assieme a B”? Sfortunatamente io sono MOLTO paranoico (avendo sentito di storie di plagi etc)

        • Daniele Imperi
          sabato, 24 Agosto 2024 alle 12:44 Rispondi

          Il lettore non deve scoprirli per forza alla fine, ma non è bene che li scopra e il protagonista no. Ti consiglio di leggere “Story” di Robert McKee.

Lasciami la tua opinione

Nome e email devono essere reali. Se usi un nickname, dall'email o dal sito si deve risalire al nome. Commenti anonimi non saranno approvati.