L’inutilità dei classici

È davvero giunto il momento di abbandonare la letteratura classica?

L’inutilità dei classici

Q uanto è ancora utile, oggi, leggere i classici nelle scuole e nella vita privata? Dobbiamo abbandonarli definitivamente per fare posto alla moderna narrativa?

It might be that classic literature is a very slow and dense delivery system for a lesson that could be taught better and through different media. Moby Dick is around 600 pages. The lesson? You could pick them up in much simpler, shorter, easier-to-consume forms.

Chris Brogan, “It’s Time to Rethink What People Need to Learn

Sono sempre stato d’accordo con quello che scrive Chris Brogan, ma stavolta no. Quell’articolo mi ha trovato in totale disaccordo su tutto. Non si parla solo di classici, ma anche di scrittura a mano (secondo lui non dovrebbe più essere insegnata nelle scuole perché ora abbiamo la digitazione predittiva grazie agli smartphone. Su questo è meglio non aggiungere altro…) e di html (20 anni fa era intelligente studiare questo linguaggio, adesso non serve più perché puoi creare un sito senza saper nulla di codice. Certo, però è grazie alla conoscenza dell’html che ho imparato a scrivere per il web e che posso personalizzare i miei siti sapendo cosa sto modificando).

La lettura dei classici, come sostiene Chris, rappresenta un sistema lento per impartire lezioni, quando ne esistono di più veloci, più semplici e più facili da consumare.

Ma leggere classici non significa andare in cerca di lezioni, anche se molti classici – come molti libri moderni – possono darne. Leggere i classici, almeno per me, significa aumentare la mia cultura, scoprire storie di un tempo, conoscere meglio i vecchi autori, conoscere meglio alcuni periodi storici.

Definizione di romanzo classico

In genere i vari dizionari definiscono “classico” ciò che è degno di studio, che è elevato, che può considerarsi come modello da imitare, che ha valore universale.

Per molti un romanzo classico è un romanzo impegnativo, sia per il linguaggio con cui è scritto sia per i suoi contenuti sia per la sua forma. Ma non tutti i classici sono impegnativi. Se leggete Il cucciolo di M.K. Rawlings, non troverete nulla di impegnativo, ma suppongo che Il Pendolo di Foucault di Umberto Eco lo sia (come forse tutti i suoi libri).

La mia definizione di classico

Un classico è un libro proveniente da un’epoca precedente che s’impone su quella attuale per la profondità dei contenuti, per i valori esposti, per un’austera freschezza che sembra rinnovarsi a ogni lettura.

Un romanzo classico è un libro di memorie. Memorie di gente trascorsa, di luoghi scomparsi, di parole desuete, di secoli andati ma ancora presenti nell’archivio del Tempo. Memorie di voci, di linguaggi non più parlati ma che tornano in vita in quelle pagine.

In un periodo come il nostro, dove sembra esserci un’attenzione per la memoria storica, abbandonare i classici significa abbandonare noi stessi, perché in noi sopravvive il dna degli autori classici, nelle nostre storie il dna delle loro storie, nei nostri luoghi il dna dei loro luoghi e nel nostro tempo il dna dei tempi che furono.

La difficoltà di lettura dei classici tra forma e contenuti

Reading a classic novel is a research project; it is not an endeavor for the lazy. Stu White

Su questo pensiero concordo. Il lettore pigro troverà nei classici una lettura difficoltosa. Leggere Manzoni non è semplice, come non è semplice leggere molti classici del Medioevo (Decameron, Divina Commedia), del Cinquecento (Orlando furioso, Gerusalemme liberata), del Seicento (Lo cunto de li cunti) e del Settecento (Dei delitti e delle pene).

Il linguaggio, specialmente prima dell’800, era ben diverso da quello attuale. A questo proposito secondo me bisogna fare un distinguo fra la letteratura italiana di quei periodi e quella straniera tradotta dall’800 in poi. Per quanto una traduzione possa essere fedele al testo originale, leggere Cesare o Erodoto “dal vivo” è ben diverso che leggerne le traduzioni italiane.

Ma perché, mi chiedo, questa difficoltà dovrebbe frenare la lettura dei classici, dovrebbe far desistere i lettori di oggi dall’avvicinarsi alla letteratura classica?

La lettura dei classici stimola l’intelligenza. Non posso provarlo, ovviamente, ma sforzare il cervello a comprendere testi di non semplice lettura è un allenamento che gli farà sicuramente bene, visto che viene paragonato a un muscolo.

Leggere secondo gli schemi dei nuovi media

Qualcuno sostiene che le nuove tecnologie (tablet, smartphone) e le nuove piattaforme di comunicazione (social network, WhatsApp) ci abbiano disabituato alla lettura di libri. O, meglio (anzi, peggio!), ci abbiano abituato a determinati schemi di lettura:

  • un linguaggio più veloce e stringato
  • una comunicazione più diretta e dunque povera lessicalmente
  • un linguaggio spesso più visuale che testuale (fatto di emoticon e abbreviazioni più o meno legittime)
  • frasi brevissime, spesso senza alcuna punteggiatura
  • perdita di molte regole grammaticali

Questi schemi, a lungo andare, saranno sempre più radicati nelle menti dei nuovi lettori, tanto che sarà per loro impossibile, o quanto meno molto improbabile, riuscire a comprendere non solo un classico, ma qualsiasi testo più articolato del linguaggio arido e di superficie favorito dai nuovi media.

I classici tolgono spazio e valore alla narrativa moderna?

Nessun romanzo è nato classico. Classici si diventa. L’attuale narrativa potrebbe nascondere dei futuri classici. Di certo non lo diventeranno romanzetti come Maze Runner, ma sono così tanti i romanzi pubblicati nel mondo che di sicuro qualcuno lo diventerà.

  • Edgar Allan Poe oggi è un autore classico e viene ancora letto, ma era povero e morì povero.
  • Guido Morselli è stato rivalutato in tempi moderni ma, a parte un paio di libri, ha sempre ricevuto rifiuti per i suoi romanzi.
  • Giuseppe Rovani morì povero e alcolizzato, ma ha contribuito all’evoluzione del romanzo italiano.
  • Emily Dickinson morì estraniandosi dal mondo e tutte le sue poesie (circa 1800) furono pubblicate soltanto negli anni ’50 del Novecento.

Un autore classico può nascondersi ovunque, un libro classico può nascere da chiunque.

È tempo di far reimparare a leggere

It’s Time to Rethink What People Need to Learn, Chris Brogan

Sì, questa volta Chris Brogan ha ragione. È davvero tempo di ripensare a ciò che la gente ha bisogno di imparare.

Ha un gran bisogno di imparare a leggere. A leggere i classici, tanto per cominciare. A leggere testi più profondi di quattro monosillabi sgrammaticati che lampeggiano sullo schermo di uno smartphone.

Quanto è ancora utile, oggi, la lettura dei classici?

50 Commenti

  1. Giuliana
    giovedì, 22 Novembre 2018 alle 8:36 Rispondi

    Se penso al libro più bello che io abbia mai letto (e per bello intendo la trama, i personaggi, lo stile con cui è scritto, le storie che lo inframmezzano) mi viene in mente il libro Cuore, di Edmondo De Amicis. Lo rileggo ancora, a volte. Perciò direi che – personalmente – sono a favore dei classici :)

    • nuccio
      giovedì, 22 Novembre 2018 alle 9:23 Rispondi

      Andava bene ai tempi in cui è stato scritto e per le finalità (patriottiche) che si proponeva, ma non lo considererei un capolavoro, né, tanto meno, un classico.
      «Non artista puro, ma scrittore moralista.»
      (Benedetto Croce)

      • Giuliana
        giovedì, 22 Novembre 2018 alle 9:26 Rispondi

        Opinioni. Per me lo è.

        • Arianna Coppola
          giovedì, 25 Febbraio 2021 alle 12:43 Rispondi

          Prima di cimentarmi a leggere i classici, avevo un po’ di pregiudizi. Pensavo che essendo stati scritti tanto tempo fa, non fossero più godibili. Poi mi è bastato leggere le Baccanti di Euripide per cambiare idea :’)
          Oggi alcune delle opere che ritengo più riuscite sono proprio classici: il Simposio di Platone, i poemi omerici…e poi il Don Chisciotte è qualcosa di immortale

          • Daniele Imperi
            giovedì, 25 Febbraio 2021 alle 14:01 Rispondi

            Don Chisciotte è bellissimo.
            Secondo me quasi tutti i classici sono godibili ancora oggi, ma poi dipende dallo spirito in cui li leggi: insomma, sai che sono opere di altri tempi.

      • Daniele Imperi
        giovedì, 22 Novembre 2018 alle 13:46 Rispondi

        Be’, sì, Cuore è comunque fra i classici.

    • Daniele Imperi
      giovedì, 22 Novembre 2018 alle 13:45 Rispondi

      Letto anni fa Cuore, m’è piaciuto molto, ma non resta il libro classico migliore che ho letto.

  2. Andrea
    giovedì, 22 Novembre 2018 alle 10:17 Rispondi

    Chi non è d’accordo scagli la prima pietra :)
    È da un bel po’ di tempo che penso di creare un contenuto che analizza lo sviluppo mentale dei bambini di questo periodo. Altro che lettura dei classici, questi poveri esseri vengono cresciuti dagli Smartphone. Non oso pensare alla linearità sinaptica e ragionamento prettamente meccanico di quelle povere menti destinate all’insoddisfazione.

    • Daniele Imperi
      giovedì, 22 Novembre 2018 alle 13:46 Rispondi

      Se continua così saranno cresciuti come impediti, tranquillo :)

  3. Emilia Chiodini
    giovedì, 22 Novembre 2018 alle 10:39 Rispondi

    La definizione di libro classico è che durerà sempre nel tempo, sarà un punto di riferimento perenne, proprio come il Partenone. Vedi le tragedie greche o i testi di Cicerone. Lo sconcerto che provo quando leggo i classici è che mi sembra abbiano già detto tutto loro nella forma migliore, con profondità di pensiero, e via discorrendo. Però, Il Giovane Holden pur non avendo un’ architettura stilistica elaborata, è pure lui un classico. E’ scritto in forma elementare, incisiva, zeppo di paratattiche ma tanto accattivante nel contenuto, semplice e sincero nella narrazione che anche lui, ritengo, non subirà il capriccio volubile del tempo.

    • Daniele Imperi
      giovedì, 22 Novembre 2018 alle 13:50 Rispondi

      Stessa impressione che ho io quando leggo i classici :)
      Il Giovane Holden, però, non m’è piaciuto per niente, l’ho letto da poco. Pieno di ripetizioni, fatte apposta perché era il suo modo di parlare, certo. Inoltre neanche come trama mi ha detto qualcosa.

  4. Gianfranco
    giovedì, 22 Novembre 2018 alle 11:03 Rispondi

    E’ indubbio che leggere un classico richieda una volontà che non è spinta solo dal desiderio di leggere, ma anche della consapevolezza che potrebbe essere impegnativo: per la forma arcaica, penso al “Don Chisciotte”, a “Cent’anni di solitudine”, ma anche ai classici già citati, e di conseguenza per la loro lentezza. Sicuramente tutto questo è molto soggettivo, per esempio mia moglie liquida definendoli mattoni. Io invece, in genere, mi impegno a portarli a termine e mi rendo conto che anche se alcuni sono più impegnativi riesco a trovare piacere anche nelle difficoltà, perché alla fine dietro ci sta un autore di grande valore e questo valore, volente o nolente emerge. Leggere classici non esclude la lettura di letteratura più recente e a seconda del proprio temperamento o dello scopo se si segue un progetto didattico c’è materiale per rendere la lettura più che soddisfacente ad ognuno senza escludere nulla.

    • Daniele Imperi
      giovedì, 22 Novembre 2018 alle 13:51 Rispondi

      Non ho trovato difficoltà a leggere “Don Chisciotte” e “Cent’anni di solitudine”. Ci sono classici più complessi e arcaici come linguaggio, secondo me.
      D’accordo sull’ultimo pensiero: io leggo sempre un libro moderno e un classico insieme.

  5. hesham almolla
    giovedì, 22 Novembre 2018 alle 11:05 Rispondi

    I classici si leggono anche per il piacere di guardarsi dentro.
    Non si può aspettare cose diverse da un americano che conta tutte le cose in più oppure meno.

    • Daniele Imperi
      giovedì, 22 Novembre 2018 alle 13:53 Rispondi

      Non ho capito il pensiero sull’americano.

  6. Corrado S. Magro
    giovedì, 22 Novembre 2018 alle 11:47 Rispondi

    Di che contenuto è intrisa gran parte della “cultura” contemporanea (per cultura in senso lato intendo l’insieme delle forme di espressione di una società) che sveglia l’interesse del consumatore “IN” ? Dello spettacolare, astratto impregnato di dimensioni che esplodono, di cadaveri ammucchiati, trasformati in un gioco ipnotico che i deboli, idolatri dell’immaginario eternamente insoddisfatti, trasformano in reale. Il selfie pochi secondi prima di precipitare nel vuoto, lo stendersi (senza la volontà conscia di suicidio) sui binari, arrampicarsi sui locomotori, e mille altre forme di manifestazione di un ego che incapace di trovare un limite alle proprie pulsioni, manomette la forza creativa dell’essere con il sopravvento della componente distruttiva. E così la lettura di un classico per una massa che “deve”, ripeto “deve” essere deficiente, diventa una tortura.

    • Daniele Imperi
      giovedì, 22 Novembre 2018 alle 13:53 Rispondi

      Sottoscrivo in pieno :)

  7. Massimo Prevete
    giovedì, 22 Novembre 2018 alle 11:55 Rispondi

    Io, da lettore di Classici e non, la vedo molto semplice: tu (lettore o scrittore che sia) leggerai i testi che a) ti interessano, b) adatti al tuo pubblico d’interesse. A mio parere la lettura di Classici, oltre a essere piacevole o meno a seconda dei gusti personali, rafforza un certo tipo di elementi a discapito di altri. Com’e normale che sia. Tutto dipende dallo scopo che ti sei prefissato.

    • Daniele Imperi
      giovedì, 22 Novembre 2018 alle 13:54 Rispondi

      Quali elementi rafforza secondo te?

      • Massimo Prevete
        giovedì, 22 Novembre 2018 alle 16:00 Rispondi

        A mio parere:

        1) La ‘purezza’ del linguaggio, nel senso di descrizioni al fine di sè stesse (non in senso negativo) che sviluppano la capacità lessicale più di quanto conversazioni o dialoghi dei libri più ‘recenti’ possano fare.

        2) Restituire una dimensione socio-politica diversa, per ovvi motivi.

        Magari c’e anche dell’altro, ma questi sono senza dubbio punti principali di cui discutere.

        • Daniele Imperi
          giovedì, 22 Novembre 2018 alle 17:12 Rispondi

          Sì, un tempo con le descrizioni ci sapevano fare e a me non hanno mai annoiato. Forse era un modo diverso di narrare, ma lo preferisco a molte narrazioni odierne.

          • Massimo Prevete
            giovedì, 22 Novembre 2018 alle 18:02 Rispondi

            Ma sì, non lo dicevo in modo dispregiativo. Io ho sempre apprezzato le descrizioni ‘compatte’, poi. Però ritengo anche ci fossero classici ‘buoni’ e classici ‘spazzatura’ ieri così come oggi ci sono romanzi ‘buoni’ e ‘cattivi’.

  8. Barbara
    giovedì, 22 Novembre 2018 alle 12:16 Rispondi

    “…e di html (20 anni fa era intelligente studiare questo linguaggio, adesso non serve più perché puoi creare un sito senza saper nulla di codice.”
    Bella questa barzelletta. Non sapevo che Brogan avesse una vena comica. Dev’essere amico di quell’ingegnere che nel 2003 mi disse che internet sarebbe morta di lì a 5 anni al massimo. :D
    Creare un sito e non sapere nulla di HTML è possibile, quando tutto va bene. Alla prima modifica, aggiornamento, rogna, se non sai cosa c’è dietro, vai dal più anziano a chiedergli spiegazioni, lui che il caro vecchio inossidabile HTML se l’è studiato come l’ABC.
    Penso ci siano dei fondamentali in tutti i campi dell’esistenza (l’HTML per uno sviluppatore, ago e filo per uno stilista, la matita per un pittore), ma credo che ci siano dei fondamentali universali: la scrittura a mano e la lettura di qualche classico (non dico tutti e soprattutto non imposti).
    La tecnologia deve aiutarci a migliorare la qualità delle vita, non pensare al posto nostro.

    • Daniele Imperi
      giovedì, 22 Novembre 2018 alle 13:56 Rispondi

      Vero. Oggi però si vede la tecnologia come la soluzione a tutto. C’è la tecnologia che fa questo, quindi non ho più bisogno di imparare a fare qualcosa.
      La scrittura a mano qualche paese l’ha tolta, altri ci stanno pensando. Appena salta la luce che farà sta gente?

  9. Grazia Gironella
    giovedì, 22 Novembre 2018 alle 13:24 Rispondi

    La definizione di “classici” mi lascia tiepida, come quasi tutte le definizioni umane nate dal bisogno di classificare e giudicare. Persone come me hanno deciso che l’opera X è immortale. Alcune di loro lo avranno fatto spontaneamente, altre si saranno semplicemente accodate al giudizio degli critici e degli esperti, come succede ancora oggi. In nessun modo questo dovrebbe cambiare la mia percezione della lettura; sarebbe artificiale il contrario. In generale trovo i classici affascinanti perché vengono da un tempo lontano, e obsoleti perché il modo di comunicare è cambiato nel tempo. Il fascino del passato, secondo me, gioca un ruolo importante per molti lettori amanti dei classici, al di là del loro valore, comunque soggettivo. Credo che rendere la lettura un cimento non sia vantaggioso per nessuno, quando risulta già difficile interessare le persone alle storie nel senso più ampio del termine. Del resto non si è mai smesso di scrivere opere valide, fortunatamente! Quindi metterei i classici accanto agli altri libri, bene in vista, ma non un gradino più su. :)

    • Daniele Imperi
      giovedì, 22 Novembre 2018 alle 13:58 Rispondi

      Ma certe affermazioni non cambiano neanche la mia percezione della lettura. Tant’è che molti romanzi di culto a me non sono piaciuti per niente.

  10. Brunilde
    giovedì, 22 Novembre 2018 alle 17:13 Rispondi

    Ci sono classici di ostica lettura ed altri fluidi e avvincenti. Ciò che li accomuna è sicuramente l’uso sapiente del linguaggio e la capacità di analisi e dell’animo umano , nonchè del periodo storico nel quale si collocano.
    Un romanzo che non passa di moda e non sembra mai superato o obsoleto, che offre una chiave di lettura del presente , nonchè spunti di riflessione e analisi assolutamente attuali, questo è un classico.
    In un’intervista a Bill Gates gli fu chiesto se riteneva più utili all’umanità gli scienziati o i poeti. Prontamente rispose gli scienziati, malcelando la sua opinione sui poeti, che riteneva evidentemente superflui.
    Scienza e poesia hanno bisogno una dell’all’altra, e in questo nostro mondo ipertecnologico c’è più che mai bisogno di valori etici che ci facciano rimanere umani. Abbiamo bisogno della poesia. Abbiamo bisogno dei classici.

    • Daniele Imperi
      giovedì, 22 Novembre 2018 alle 17:20 Rispondi

      Concordo sulla definizione di classici che dai.
      Riguardo a Bill Gates non poteva dare risposta diversa, avendo fatto soldi con la scienza e non con la poesia :)
      Poesia che ritengo utile anche io, comunque.

  11. angelo fabbri
    giovedì, 22 Novembre 2018 alle 18:30 Rispondi

    Mi ha soprattutto colpito la tua riflessione sulla lettura dei classici tradotti da una lingua straniera. Di certo non mi metterei a leggere Erodoto in lingua originale perché non ne sono in grado, ma neanche Chaucer o Shakespeare, nonostante un po’ d’inglese lo mastichi. Allo stesso modo ben difficilmente uno straniero leggerà Dante o Boccaccio in italiano… ma che senso ha Dante tradotto in inglese? Cosa resterà della meravigliosa armonia delle sue terzine? Dico questo perché il passo successivo del ragionamento sarebbe: “Se il linguaggio del Manzoni è antiquato e difficile, perché non lo modernizziamo? Meglio leggere I Promessi Sposi “semplificato” che non leggerlo del tutto, no?”. Il problema è che la destrutturazione del linguaggio comincia da scuola, dove per qualche motivo a me ignoto (ma su cui ho forti sospetti) l’idioma “giornalistico” ha preso il posto dei componimenti di una volta e le ricerche, invece di servire ad imparare a scrivere una recensione critica con tanto di riferimenti e bibliografia, sembrano voler mettere in risalto le capacità dei ragazzi di fare copia/incolla da qualche sito internet.
    Lo so, sono considerazioni legate al passato: il mondo sta cambiando rapidamente e molte “abilità” non sono più tali. In un domani non lontano compariranno i traduttori automatici, e nessuno dovrà più imparare le lingue, anzi, probabilmente queste spariranno per lasciare il posto ad un linguaggio universale, magari affiancato da mille metalinguaggi, ognuno specializzato per la sua categoria. Un ingegnere non capisce quello che dice un medico e nessuno dei due riesce a comprendere l’idraulico? Niente paura, basterà passare all’idioma giusto, anzi, magari ognuno di noi avrà sulla fronte il suo bravo QR code che consentirà di sincronizzarci automaticamente.
    Per ora, per questi anni, mesi o giorni in cui resteremo ancora più o meno umani mi piace pensare che l’uomo sia fatto di pensiero, memoria, creatività, fantasia e tante altre cose insieme, ma anche della sua storia e della cultura comune a tutti gli esseri umani. Perdere tutto questo in nome di un malinteso senso della modernità significa perdere parte di sé stessi in cambio di niente. Su altre affermazioni di Brogan (Brogan, chi era costui? Di manzoniana memoria :-) ) credo sia meglio stendere un velo pietoso. Qualsiasi programmatore sa quanto codice spazzatura producano gli editor wysiwyg e quanto sia necessario saper gestire i moduli dei CMS.

    • Daniele Imperi
      venerdì, 23 Novembre 2018 alle 8:44 Rispondi

      Neanche io leggo gli autori latini e greci in lingua originale, ma compro sempre le edizioni col testo originale a fronte per confrontare la traduzione, quasi sempre purtroppo eccessivamente libera.
      Riguardo a Manzoni, leggere I promessi sposi semplificato equivale a non leggere quel romanzo.

  12. von Moltke
    giovedì, 22 Novembre 2018 alle 21:56 Rispondi

    Il tuo articolo è eccellente, pure se io avrei aggiunto un altro migliaio e mezzo di ragioni a favore dei classici. Questo Brogan fra cinquecento anni (ma anche fra molto meno) sarà neppure un nome a cui nessuno saprà attribuire un significato, mentre i classici saranno ancora la chiave interpretativa del Mondo e dell’Uomo. Gente come la vorrebbe Brogan sta in effetti crescendo e pullulando, e quando sarà il loro turno di prendere le leve del potere non sarà capace di prendere neppure i lacci delle scarpe per farsi un nodo decente, figuriamoci affrontare problematiche culturali, civili o sociali. Ma saranno perfettamente manovrabili come dei bei pecoroni docili, che è poi l’obbiettivo per cui Brogan, e i suoi padroni, lavorano alacremente e con successo.
    Per quanto mi riguarda, sono un passatista, un reazionario e un tradizionalista (a turno), per cui leggo sempre meno contemporanei, specie la cosiddetta “narrativa non di genere”, che trovo un modo per mascherare della fuffa inconsistente che non ci dice nulla. Ogni tanto faccio un’eccezione, come ora, che leggo “Il Club Dumas” di quel mago di Perez Reverte (che mi riempie anche di invidia per non riuscire a caratterizzare i personaggi e a scrivere dei dialoghi come lui), ma in genere, se non è saggistica, non trovo granchè di apprezzabile fuori dai classici. Un classico è qualcosa che ha sempre qualcosa da dire sull’Uomo e sul Mondo, lo definisco io, e dalla sua lettura si esce con la sensazione di esserne rimasti arricchiti. E non ho trovato molti altri modi di impegnare il proprio tempo e le proprie energie, a questa vita.

    • Daniele Imperi
      venerdì, 23 Novembre 2018 alle 8:46 Rispondi

      Grazie. Io non sono proprio un passatista, mi capita di leggere narrativa buona contemporanea, come pure è capitato che non mi siano piaciute tutte le opere classiche lette.

  13. Kukuviza
    venerdì, 23 Novembre 2018 alle 9:48 Rispondi

    Beh, io leggo i classici proprio perché molte volte sono insofferente al linguaggio moderno di molti scrittori moderni che pare che scrivano per compiacere e attirare il lettore. Molti scrivono come se fossero dei pubblicitari.

    • Daniele Imperi
      venerdì, 23 Novembre 2018 alle 10:18 Rispondi

      Ci sono anche scrittori moderni che scrivono coi piedi, eppure hanno avuto successo, anche se non mi spiego come. Puoi fare qualche nome?

      • Kukuviza
        mercoledì, 28 Novembre 2018 alle 13:57 Rispondi

        Diciamo che mi capita di leggere estratti di bestseller che si trovano nei negozi digitali e nella maggior parte dei casi non mi piace la scrittura. Tralasciando i casi di scrittura anonima, insignificante, ci sono scrittori che scrivono bene ma in cui c’è molta maniera. Come se si stesse proprio scrivendo per accattivarsi il lettore.
        Non so se sia il risultato di tutta una serie di regole di scrittura che hanno portato a un controllo così estremo, ma nei classici questa cosa non mi pare di trovarla. Forse perché veniva data una grande importanza al contenuto, alla trama, all’ambientazione. Potrebbe essere che nei romanzi odierni si pensa invece molto di più all’aspetto emotivo per cui lo spazio dedicato alle sensazioni dei personaggi è aumentato tantissimo e da qui il modo che io definisco pubblicitario di descriverle. Perché dico pubblicitario? Perché anche negli spot c’è sempre più un modo specifico di agganciare lo spettatore facendo leva su certe sue emozioni determinate. Inoltre non si usa il famigerato storytelling per qualsiasi cosa, anche per dirti quale carta igienica devi usare?
        Ecco, adesso sto facendo un discorso generico e mi rendo conto che offre il fianco a parecchie critiche. Sia chiaro che non oso certo dire che oggigiorno non ci siano Scrittori con la S.

        • Daniele Imperi
          mercoledì, 28 Novembre 2018 alle 14:14 Rispondi

          Ho notato anche io che oggi ci sia molto spazio alle sensazione dei personaggi, ma non è che prima mancasse.

          La parola storytelling secondo me è abusata: significa semplicemente narrazione di storie :)
          Ora la usano in ambito aziendale, ma sinceramente è raro che mi sia imbattutto in pubblicità che davvero raccontassero una storia.

          Comunque c’è uno storutelling sulla carta igienica: ricordi lo spot dei Rotoloni Regina? :D

          • Kukuviza
            mercoledì, 28 Novembre 2018 alle 16:17 Rispondi

            E’ vero, prima non mancavano le sensazioni dei personaggi ma venivano fuori in maniera diversa, diciamo più indiretta. In base a quello che i personaggi facevano e l’ambiente che vivevano (certo, anche i pensieri) si poteva capire le sensazioni dei personaggi. Il quadro era più completo ed è per questo che tali romanzi sono potenti e validi nel tempo (e pure istruttivi).

            Lo storytelling dovrebbe essere il raccontare una storia ma il suo significato si è ampliato e indica avvolgere qualcosa (qualsiasi cosa) in una specie di trama. Hai notato quanti blogger usano lo storytelling per sponsorizzare prodotti? Mescolano la descrizione del prodotto a situazioni personali in modo da aumentare l’interesse verso quel prodotto e proporlo così in un modo apparentemente più naturale e meno forzato. Io non sopporto questo modo di fare, ma è quello che va ora per la maggiore perché ha dei risultati.
            Pure i documentari hanno adottato questa tecnica. Invece di mostrarti un normale comportamento animale, ti imbastiscono su una storia con tanto di suspence: “se la foca non riesce a salire sul blocco di ghiaccio, sarà la fine. Dietro di lei il predatore sta affilando i denti”…ecc. ecc. Ma ti pare che bisogna trasformare un documentario in un film tipo Lo Squalo?
            Diciamo che c’è modo e modo (e situazione e situazione) di usare questa tecnica ma mi sembra che se ne stia molto abusando.

            • Daniele Imperi
              mercoledì, 28 Novembre 2018 alle 16:23 Rispondi

              Neanche io sopporto questo modo di proporre i prodotti. Ho visto alcuni spezzoni di documentari che inserivano questa (ridicola) suspense, come se il telespettatore fosse incapace di capire cosa stia succedendo alla foca…
              Nei classici anche per me si assiste a un quadro più completo della storia narrata. Ovviamente non tutti i romanzi moderni sono freddi e asettici e poco istruttivi, ma spesso non ho la stessa sensazione che mi lascia un classico.

              • Kukuviza
                mercoledì, 28 Novembre 2018 alle 16:41 Rispondi

                Credo che questo modo di proporre ad esempio il documentario serva a coinvolgere maggiormente lo spettatore, raccontandogli appunto una specie di storia. Nelle intenzioni di chi lo fa, dovrebbe destare maggiormente l’interesse.
                A me infastidisce perché mi sembra di essere in qualche modo “raggirata”. Un termine forse troppo pesante ma quello che mi infastidisce è l’impressione che travestano qualcosa da qualcos’altro. Attribuiscono a qualcosa caratteristiche che non ha.
                Basta, fine pippone.
                Concordo con il tuo commento. Parole ben dette.

  14. Ferruccio Gianola
    venerdì, 23 Novembre 2018 alle 13:10 Rispondi

    Se a quindici anni avessi avuto la fame di lettura che ho oggi, classici o non classici li avrei divorati.
    Credo di averti dato una risposta…
    Ecco, diciamo che io sono contrario al sistema educativo che vige nelle scuole oggi, ancora più impersonale rispetto ai miei tempi.

    Posso far leggere Manzoni ma devo entrare in empatia anche con chi li dovrei fare leggere per avere risultato.

    • Daniele Imperi
      venerdì, 23 Novembre 2018 alle 13:34 Rispondi

      Eh, anche io, invece a quell’età non m’andava di leggere.
      A me a scuola hanno fatto odiare i libri.

      • Ferruccio Gianola
        venerdì, 23 Novembre 2018 alle 13:37 Rispondi

        Ti capisco, se non ho stima di chi mi obbliga a leggere i libri, va a finire che li odio

  15. Giada
    sabato, 24 Novembre 2018 alle 6:17 Rispondi

    Siamo passati dall’avere lezioni di bella grafia a eliminare completamente la scrittura a mano dalle scuole? Allora temo proprio di essere finita in un qualche orribile universo parallelo!
    Con schermi e tastiere ci litigo un minuto sì e l’altro pure… per non parlare dei “correttori automatici” che mi cambiano i verbi mentre digito perché non li sanno coniugare! E gli orrori (italiano, grammatica, interpunzione…) in cui mi capita d’incappare nei forum di scrittura che frequento! Passi per il refuso, può capitare… ma spesso si arriva (quasi) all’analfabetismo!
    Non si può scrivere su schermo se non si è in grado di farlo su carta! Inoltre, per scrivere bene, è necessario avere delle buone basi e queste le può dare la lettura. Ritengo che leggere i (buoni) classici sia importante tanto quanto leggere (buoni) scritti più moderni e contemporanei… non si può sapere dove andare se non si sa da dove si è partiti.

    • Daniele Imperi
      sabato, 24 Novembre 2018 alle 8:10 Rispondi

      I correttori automatici sono il male. Hai ragione: non si può scrivere bene su schermo se non sai farlo su carta.
      Con la scrittura su tastiera ci litigo anche io, specie al cellulare…

  16. Marina Serafini
    domenica, 25 Novembre 2018 alle 10:54 Rispondi

    L’autore classico é quello che é in grado di toccare elementi di umanità universali. Che lo faccia con un linguaggio può o meno poetico, se ci riesce, sta facendo Poesia. Non conta il periodo storico in cui vive ma l’attualità del messaggio che trasmette. E quindi si, é davvero utile per ricordarci chi siamo e stimolarci a scoprirlo.
    Concordo sul cattivo modo che abbiamo di servirci della tecnologia, nel senso che anziché utilizzarla per agevolarci le azioni semplificando le procedure manuali, lo utilizziamo per disimparare a pensare, e quindi per impoverire via via i nostri modi e le competenze acquisite nel tempo. Sono anch’io preoccupata per il livellamento culturale che stiamo subendo e che contribuiamo a creare. Il linguaggio semplificato non é da sottovalutare: parlare male equivale a pensare male – per prendere in prestito una nota affermazione – e quindi a fare …come?
    Io lavoro in una università, e avverto inquietanti cambiamenti sopraggiunti negli ultimi vent’anni: sia nel versante “erogazione” che in quello “ricezione”…. Le varie riforme di settore hanno deliberatamente creato – a mio parere – condizioni impauperanti. Inquietante il risultato che si sottosviluppa in progressione, una progressione regressiva….

    • Daniele Imperi
      lunedì, 26 Novembre 2018 alle 8:09 Rispondi

      Ho anche io l’impressione che ci sia una crescente tendenza a disimparare tutto, a partire dalla lettura e dalla comprensione del testo.

  17. Maria
    giovedì, 29 Novembre 2018 alle 14:32 Rispondi

    Beh! Totalmente d’accordo con te! Amo molto i classici, il fatto è che bisogna essere particolarmente concentrati e nel “mood” per leggerli, per questo non è per me sempre facile.

    Ma i miei libri preferiti sono sicuramente tra i classici: Anna Karenina (letta ben 2 volte) e Guerra e Pace.

    Riprometto sempre a me stessa di approfondire di più la letteratura classica, ma non riesco mai quanto vorrei!

    Per il prossimo anno vorrei leggere il nome della rosa e qualcosa di Victor Hugo!

    • Daniele Imperi
      giovedì, 29 Novembre 2018 alle 14:57 Rispondi

      Guerra e Pace l’ho preso poco tempo fa, edizioni in 4 volumi, vorrei leggerlo a breve.
      Io per fortuna sono sempre dell’umore giusto per leggere i classici :)

  18. Raimondo
    domenica, 21 Aprile 2019 alle 9:28 Rispondi

    Uno dei migliori classici è “L’asino d’oro o le metamorfosi” di Apuleio di Medaura.
    Una noterella: se non si svilupperà o nascerà un ambito, un luogo, un gruppo di intelletti con carisma che ne attraggano altri, insomma un forte gruppo d’opinione, ove si sviluppi il sommo disprezzo verso la decadenza della lingua corretta e della cultura occidentali, avremo il medioevo simile a quel morire del latino parlato che c’era alla caduta dell’impero romano.

    • Daniele Imperi
      martedì, 23 Aprile 2019 alle 7:26 Rispondi

      Ciao Raimondo, benvenuto nel blog. Ho il libro di Apuleio da tempo, ma ancora devo leggerlo.
      In tempi come questi, dove la massa perde tempo fra smartphone e centri commerciali, ci vorrebbe davvero quel gruppo di intelletti con carisma.

Lasciami la tua opinione

Nome e email devono essere reali. Se usi un nickname, dall'email o dal sito si deve risalire al nome. Commenti anonimi non saranno approvati.