Da alcuni commenti a un mio articolo è emerso che non a tutti piacciono le descrizioni dei luoghi nei romanzi fantasy, che forse è bene delegare al lettore la costruzione del mondo immaginario proposto dallo scrittore. In quei commenti alcuni avevano anche contestato l’uso delle mappe nel fantasy, abusate e per nulla utili.
Sono totalmente in disaccordo su questo. Non dico che il Fantasy debba essere caratterizzato necessariamente da ampie e continue descrizioni e da storie dalla lunghezza infinita, ma penso che almeno sulle descrizioni non si debba lesinare, né abusare ovviamente.
Le descrizioni nel fantasy
Hanno davvero utilità? Ricordo le belle descrizioni dei luoghi ne Il Signore degli Anelli, ma anche ne La Spada di Shannara. Creavano quell’atmosfera che mi ha fatto amare di più quei libri. Era come entrare nella Terra di Mezzo e nelle Quattro Terre.
Una descrizione in un romanzo ambientato nella nostra realtà ha senso alla stessa maniera, anche se rare volte ho letto romanzi molto descrittivi che non fossero fantasy. I romanzi storici – che hanno molto in comune coi fantasy – tendono ad avere descrizioni, ma non potrebbe essere diversamente: si sta parlando di un mondo che non è più.
Dunque, forse, il problema risiede nel tipo di realtà di cui scrivere:
- realtà immaginaria
- realtà storica
L’una e l’altra hanno bisogno di creare immagini nel lettore. Stanno mostrando un mondo che, di fatto, non esiste. Descrivendo un luogo non si sta togliendo al lettore la facoltà immaginativa, poiché la sua mente ha ancora il potere di ricreare quel mondo, di tradurre le parole dello scrittore in immagini.
La funzione delle descrizioni serve da linee guida, di cui il lettore si serve per realizzare nella sua mente il mondo proposto. Parlare di una città come Roma, New York, Londra, significa parlare di realtà conosciute, viste, anche se il lettore non è mai stato in quelle città.
Ma parlare di Valle d’Ombra, Tyrsis, Minas Tirith, Umbar senza una descrizione delle località né delle regioni in cui si trovano, significa lasciare il lettore a metà, senza la possibilità di orientarsi in quei luoghi o di figurarseli.
La lunghezza dei romanzi fantasy
Una storia fantasy non ha bisogno di superare le 500 pagine. Nel mio articolo sui generi letterari e la lunghezza delle storie avevo messo a confronto dieci romanzi fantasy e la varietà nel numero di pagine si è vista: si andava da un minimo di 150 a oltre 1300 pagine.
Di certo le descrizioni allungano la storia: in 150 pagine si è costretti a stringere al massimo. Mi domando allora come il lettore riuscirà a sintonizzarsi col mondo immaginario, a sentirsene parte. Il mago di Earthsea di Ursula Le Guin non m’è piaciuto, non ne ricordo per niente la storia, c’erano termini, nozioni, luoghi, creature fantastiche, costumi che non sono stati spiegati, descritti neanche in minima parte.
Credo dunque che l’utilità delle descrizioni nel romanzo fantasy implichi una certa lunghezza delle storie. Lo scrittore ha un obbligo nei confronti del lettore: rendere la storia credibile e comprensibile. Se tralascia di parlare di creature che ha inventato, di tradizioni che ha introdotto, di elementi, in genere, che il lettore ignora, che non esistono nella nostra realtà, ha tolto dalla sua storia ciò che era fondamentale inserire.
Come apprezzate le storie fantasy?
Amate le descrizioni di luoghi, creature, società e di tutto ciò che è stato completamente inventato dallo scrittore nei romanzi fantasy? Preferite – e trovate più completi e interessanti – i libri fantasy lunghi oltre le 400-500 pagine?
KINGO
Il problema delle descrizioni e’ che vanno sapute fare. Lo scrittore ha a disposizione tre strumenti: la narrazione, la descrizione e il dialogo. La cosa fondamentale e’ usare ognuno di essi solo ed esclusivamente in quel che gli compete. Quindi bisogna evitare di usare i dialoghi per far descrivere le cose ai personaggi, e bisogna evitare di usare il discorso indiretto e quindi di servirsi della descrizione per spiegare i dialoghi e le scene che adrebbero narrate. Mi sembra quindi piu’ che ovvio che le descrizioni siano fondamentali in qualsiasi storia, non solo in quelle storiche e fantastiche. L’importante, secondo me, e’ che descrizione, narrazione e dialogo si incastrino fra di loro, e non ci siano troppi periodi consecutivi solo di un tipo. Ad esempio, nel Signore degli Anelli ci sono pagine e pagine di descrizione ininterrotta nella foresta di Tom Bombadil, e poi pagine e pagine di narrazione consecutiva nel Fosso di Helm, interrotta da qualche sporadica riga di dialogo (del tipo: “Ritiriamoci nel trombatorrione!”)
La descrizione e la narrazione prolungata sono enormemente stancanti, soprattutto per i lettori piu’ giovani. Non conosco i dati, ma penso che in Italia siano pochissime le persone che hanno letto tutto Il Signore degli Anelli, mentre in molti hanno visto il film. Una storia bella, ma scritta in modo troppo pesante.
Per quel che riguarda la lunghezza, le pagine non sono affatto indicative, quel che conta e’ il numero di caratteri.
Volendo sparare una cifra, direi che un testo ci circa un milione di caratteri (mediamente 250’000 parole), sia un romanzo Fantasy ben equilibrato.
Daniele Imperi
Concordo sul fatto che descrizioni, narrazione e dialoghi vadano equilibrati. Quando si scrive bisogna studiare il modo migliore per creare una scena o una situazione.
Io non ho avuto problemi a leggere Il signore degli anelli… cioè, non ho notato nulla di stancante, né mi sono annoiato. Dipende anche da come scrive un autore.
KINGO
Beh, anch’io l’ho letto a dodici anni e non ho avuto alcun problema, ma non siamo tutti uguali. Tra le persone che conosco e che hanno provato a leggerlo tutto, solo una c’e’ riuscita: mia madre.
Beh, ora conosco anche te, e con me compreso siamo in tre.
Tra l’altro, la tendenza va a peggiorare: la gente ormai si sta abituando ai tweet di 140 lettere…
Giuliana
Concordo con Kingo.
Io non sono mai riuscita a leggere Il Signore degli anelli perché lo trovo noioso proprio a causa delle descrizioni interminabili che contiene. Ci ho provato più volte, ma proprio non riesco ad andare avanti, mi viene come una sorta di blocco.
Insomma, descrizioni sì, ma con il giusto ritmo e nella giusta misura.
La Rowling riesce a dipingere in modo meraviglioso i personaggi dei suoi libri e il mondo fantastico in cui vivono; però lo fa in modo leggero, alternando le descrizioni (mai troppo lunghe) a momenti di dialogo e di storia. Infatti, l’unico volume della saga che in alcuni punti mi è risultato leggermente pesante è il quarto, che è quello in cui (a causa del torneo Tremaghi) vi è un maggior numero di parti descrittive. Probabilmente la cosa è molto soggettiva: c’è chi ha più bisogno di ritmo e chi preferisce che ambientazione e storia procedano con calma e nel dettaglio.
A me basta che lo scrittore dia pochi, nitidi dettagli; il resto, preferisco immaginarlo da sola, mentre procedo con la trama. Altrimenti mi spazientisco
Daniele Imperi
Tolkien è amato o odiato, non ci sono mezze misure
Dipende certo dai gusti, la mia lettura di quel romanzo è filata liscia. Per esempio, non sono riuscito a leggere Jonathan Strange & il signor Norrell di Susanna Clarke, un romanzo che parla di maghi. L’ho iniziato due volte, ma oltre 300 pagine delle 800 e passa che ha non sono andato.
KINGO
Beh, certo, i libri della Rowling sono all’opposto di quelli di Tolkien:
Il Signore degli Anelli e’ una storia molto bella ma fondamentalmente scritta male, Harry Potter e’ una storiella tutto sommato banale, ma scritta magistralmente, con una tecnica e un ritmo eccezionali che mantengono alta l’attenzione per tutto il romanzo, con descrizioni, dialoghi e narrazioni alternati perfettamente, ma anche con una perfetta distribuzione dei colpi di scena all’interno della storia.
Harry Potter e’ un po’ come Pennablu: perfettamente organizzato, calibrato, distribuito. Annoiarsi e’ quasi impossibile, in qualsiasi punto della storia.
Giuliana
Concordo su tutto, tranne sul fatto che Harry Potter sia una storiella banale; lo sono forse quelle che ne hanno seguito la falsariga per sfruttarne il successo.
Dov’è la banalità?…
La Rowling è riuscita a creare delle ambientazioni assolutamente originali (Hogwarts, Il Ministero della Magia e Hogsmeade solo per citarne alcune), dei personaggi intensi e carichi di sfumature (Piton, Silente, Sirius, Voldem… Ops, Tu sai chi) e una trama che definire incredibile è poco, dove particolari di ogni volume si intrecciano l’uno con l’altro a formare un tutt’uno che acquista senso e completezza. Nemmeno l’idea alla base è banale, né tanto meno le creature fantastiche che scorazzano per le pagine dei libri, molte tratte dalla mitologia ma comunque adattate al contesto e rese ancor più verosimili. Originali sono anche le singole trovate e i colpi di scena all’interno di ogni capitolo, come pure le similitudini sparse qua e là – in cui l’autrice è maestra.
Se Harry Potter è banale, allora posso tranquillamente riporre penna e sogni, e dedicarmi ad altro
Salomon Xeno
Si può tranquillamente stare sulle 200 pagine, come si usava un tempo. Moorcock, su tutti. Devo dire che però ci sono descrizioni e descrizioni. Quelle di Tolkien, che hanno mandato generazioni di lettori in solluchero, io le trovavo un po’ noiose. Però dipende. La lunga introduzione di Lovecraft nel suo “Il colore venuto dallo spazio” è parimenti verbosa, ma funzionale al racconto. Ci sono storie in cui il paesaggio è uno dei protagonisti.
Poi lo so che non dovrei parlare, avendo appena pubblicato un articolo su una serie di libri che hanno totalizzato quasi 12000 pagine! Ma anche la brevità ha i suoi pregi.
Daniele Imperi
Ho letto alcuni romanzi fantasy della collana Urania e, anche se non mi sono piaciuti come storia e scrittura, però riuscivano a dare l’idea dell’ambientazione e delle atmosfere anche in quella brevità.
Lucia Donati
Le descrizioni ci devono essere, per quel che è necessario per far capire l’ambientazione al lettore che, come un ospite, entra in un luogo che non conosce e, dunque, bisogna accompagnarlo. Descrizioni eccessivamente lunghe, come parti intere di solo dialogo a me non piacciono, mi annoiano; invece di invitarmi a entrare in quel mondo, mi fanno desiderare di uscirne. Non amo molto i romanzi lunghi, ma dipende dalla qualità e dal singolo testo. Tutto sta nell’equilibrio dell’insieme. La completezza e l’interesse non dipendono dalla lunghezza del libro; importanti sono la qualità e l’attrattiva del singolo testo. Mi è capitato di sfogliare alcuni fantasy in libreria e di rimetterli giù perché mi sembravano troppo prolissi in tutto (e parlo in generale, degli autori che in questo momento vanno per la maggiore); mi sembra che il tutto sia confezionato su una stessa falsariga e la cosa non mi attira: mettiamoci poi i troll e simili…: lascio perdere e compro altro.
Daniele Imperi
La lunghezza delle descrizioni annoia se è fuori luogo, secondo me, e se lo scrittore non ha uno stile coinvolgente. Può anche esserci del ritmo in una lunga descrizione, dipende. In genere, ovviamente, io tenderei a inserirle dove e quando necessario.
franco zoccheddu
Se la descrizione è condita con accattivanti metafore, considerazioni che accompagnano il lettore e una certa leggerezza (non saprei come altro chiamarla) che attenua l’impegno di dover continuamente ricordare mille particolari troppo concatenati tra loro, insomma: se l’autore riesce a conservare la drammaticità senza essere troppo serioso e schiavo della sua stessa costruzione, allora le descrizioni per me possono durare anche diecimila pagine. Ma non molti autori mi sembrano in grado di “guidare” una narrazione in modo così vario e accattivante senza per questo finire “fuori strada”. E’ terribile doverlo ammettere per la millesima volta: scrivere bene non è facile. Se lo fosse saremmo tutti grandi scrittori e… dove sarebbe il bello?
Daniele Imperi
Hai ragione. Penso che le descrizioni vadano inserite là dove effettivamente servono e non soltanto per allungare la storia. E dipende dall’abilità dello scrittore riuscire a catturare il lettore senza annoiarlo.
deneb
Anche io mi associo a quelli che NON sono riusciti a finire Il signore degli anelli, è davvero troppo noioso, descrizioni eccessivamente prolifiche. Penso che una descrizione troppo perfetta per un mondo immaginario sia fuori luogo. Inoltre, nel caso del Signore degli anelli, quando ho incontrato frasi tipo “corre veloce come un treno” oppure “fuochi d’artificio” ho deciso che non è degno di impegnare così tanto tempo per la sua lettura, nonostante sia così blasonato da tanti.
Vorrei infatti aggiungere questo particolare alla discussione: la descrizione secondo me deve essere fatta usando immagini e parole legate all’ambientazione.
E’ un po’ come dire “il galeone dei pirati navigava verso il mare aperto veloce come un’auto di Formula 1″… :-@
Daniele Imperi
Non ricordo la frase del treno. Una svista, di sicuro. I fuochi d’artificio sono antichi, quindi non li vedo come un errore. Ovviamente concordo sul fatto che in una storia ogni parola usata dal narratore e dai personaggi debba essere coerente con il contesto storico.
Cristiana Tumedei
Non entro nel merito del genere letterario, ché non ricade fra i miei preferiti. Tuttavia, vorrei dirti cosa penso circa lunghezza di una storia e descrizioni.
Iniziamo dalla lunghezza. A mio parere non esistono limiti in questo senso se un’opera racchiude tutti gli elementi che rendono una storia grandiosa. Dunque, ben vengano racconti brevi – se consentono al lettore di sentirsi soddisfatto dopo aver chiuso il libro – e romanzi, qualsiasi sia la loro lunghezza.
Per quanto concerne le descrizioni, invece, vorrei dire altro. A mio avviso queste sono fondamentali: sono la parte della narrazione che mi permette di entrare in sintonia con l’autore. Direi che le descrizioni sono funzionali alla storia da raccontare e ne rappresentano l’essenza.
Vuoi sapere cosa penso, Imperi? Sono convinta che le capacità descrittive di un autore dipendano in larga misura dal suo modo di percepire il mondo, dalla sua capacità di osservare. Per questo ci sono scrittori abilissimi nel tratteggiare minuziosamente i dettagli di una scena – senza annoiare affatto – e altri che usano mezzi diversi.
Per esempio, io tendo a vivere il mondo attraverso le sensazioni. Ed è mediante queste che sono solita descrivere un evento o un luogo.
Ecco, ora mi viene spontaneo domandarmi: è possibile migliorare o allenare le proprie capacità descrittive? Una risposta alla domanda l’avrei, ma mi piacerebbe sapere cosa ne pensi tu. Se ti va, ovvio!
Daniele Imperi
Cominciamo dalla lunghezza: dipende dagli elementi, hai ragione. Io però ho fatto l’esempio de Il mago di Earthsea: non ci ho capito quasi nulla, non ho capito dove stavano, cosa facevano, il senso di quella storia. Quel romanzo secondo me pecca di incompletezza, non solo a livello di descrizioni.
Descrizioni: sono d’accordo. Non è il lettore che deve immaginare la scena, ma è lo scrittore che deve essere abile a descrivergliela. Altrimenti in un film il regista potrebbe creare scenografie spoglie, tanto poi lo spettatore se le immagina a modo suo. Forse il paragone è esagerato, ma per me non troppo.
Anche secondo me le capacità descrittive dipendono da come l’autore percepisce il mondo. Io, per esempio, sono molto attento ai dettagli. Mi colpiscono elementi che ad altri forse passano inosservati. Tendo a riversare tutto questo quando scrivo.
Migliorare o allenare le proprie capacità descrittive? Visto come la pensiamo al riguardo, bisognerebbe prima migliorare o allenare il proprio modo di percepire il mondo e la capacità di osservazione.
Sulla seconda direi di sì: si può migliorare l’osservazione. Ma come percepisci la realtà che ti circonda è un fatto troppo personale, intimo. Tu sei quello che percepisci. Che ne dici di questa massima?
Dimmi la tua idea, ora.
Cristiana Tumedei
“Tu sei quello che percepisci” non è affatto male
Aggiungerei che il nostro modo di percepire il mondo passa attraverso variabili così soggettive da non poter essere sottovalutate. Chi si esprime utilizzando la scrittura deve, a parer mio, analizzare e avere consapevolezza di queste variabili.
Vuoi un esempio? Per me rue de Pigalle (siamo a Parigi) alle quattro del pomeriggio nel mese di maggio può essere descritta dal suono attutito delle gomme sull’asfalto, dall’aria che odora di umido e stantio, dal calcestruzzo poroso dei muri che trasuda urina e dalle voci delle maitresse che si sistemano fuori dai locali avvolte dal profumo stucchevole dei loro profumi e da vampate di fumo.
Vedi, per me non esiste altro al di fuori del mondo come lo percepisco. Sono i sensi a creare il ricordo degli eventi…
Torniamo a noi. Le capacità descrittive si possono migliorare? No. Provaci e il risultato sarà pessimo: un’accozzaglia di elementi poco credibili e coinvolgenti.
Le uniche cose che penso si possano esercitare sono l’osservazione e la capacità di scegliere i termini più appropriati per descrivere un’ambientazione. Per lavoro devo farlo spesso. Intendo dire che sono costretta a individuare l’insieme di vocaboli più efficace per esprimere un concetto.
Ecco, questo si può migliorare. Mi vengono in mente alcuni esercizi interessanti…
Potresti scrivere un post su questo. Anzi due! Uno sulle tecniche descrittive e come migliorarle. E un altro sulla scelta delle parole, sul loro peso sia in termini di efficacia, che di musicalità, coerenza, stile, linguaggio e così via.
Grazie per la chiacchierata e scusa per le domande. Mi rendo conto di essere parecchio noiosa, a volte
Daniele Imperi
Sono d’accordo sulle variabili. E sapevo che anche tu non eri concorde sul poter migliorare le capacità descrittive.
Suggerimenti per i due post accettati e grazie ancora
Non sei noiosa, commenti come si deve commentare e stimoli la discussione. E la mia creatività.
Daniele Imperi
Dimenticavo: grazie per l’ennesima idea per un post
Cristiana Tumedei
Figurati! Ripeto che non sono quasi mai voluti i suggerimenti… li evinci da solo, Imperi
Tenar
La Le Guin è la mi scrittrice preferita, per cui è ovvio che non sono d’accordo. Per me, a volte, bastano due righe per avere l’immagine di un mondo.
Però non pretendo che il mio punto di vista sia l’unico possibile, anzi…
Daniele Imperi
Sì, capisco. È anche una delle scrittrici preferite di una mia amica. A me però di quel romanzo non è rimasto proprio nulla. Ma obiettivamente pecca di descrizioni, nel senso che l’autrice ha introdotto creature fantastiche e altri concetti da lei inventati senza far capire al lettore di cosa stesse parlando.
Tenar
Il Mago della Le Guin va inteso come trascrizione di un racconto orale (la parte perduta de “Le gesta di Ged”). Come nei poemi epici i nomi dei luoghi sono spesso seguiti da epiteti che si ripetono sempre uguali e la sintassi stessa delle frasi vuole evocare il racconto orale. E’ chiaro che in questo contesto non c’è spazio per descrizioni accurate. Anche la psicologia dei personaggi può essere dedotta solo dalle loro azioni.
Oltre tutto l’ipotetico narratore si rivolge a un ascoltatore di quel mondo ed è questo il motivo per cui alcune descrizioni, ma anche la ricchissima mitologia di Earthsea nel Mago non vengono approfonditi. Ad esempio viene citato spesso Morred come eroe talmente famoso e universalmente noto che non c’è bisogno di spiegare chi sia.
Io l’ho trovata una scelta stilistica affascinante che mi ha fatto sentire interamente parte di quel mondo.
Ovviamente non voglio (né posso) imporre il mio gusto o quello dei miei autori preferiti, tuttavia, dato che lo stile di quel romanzo è dovuto a una scelta ponderata (altri romanzi, all’interno dello stesso ciclo, sono stilisticamente piuttosto diversi) mi pare un po’ forte dire che “obiettivamente pecca”.
Nel “La mano sinistra delle tenebre”, ad esempio, gran parte del romanzo è la relazione di un ambasciatore in un pianeta remoto. Lì le descrizioni ci sono eccome, precise e lunghe, dato che il narratore si rivolge a chi non conosce quel mondo.
Mi rendo conto di aver scritto uno sproposito, ma davvero, pur amando Tolkien e tanti altri autori di fantasy, la Le Guin è quella che più di tutti ha influenzato il mio immaginario e mi sentivo in dovere di spezzare una lancia in suo favore
Daniele Imperi
Il lettore non è un ascoltatore di quel mondo, ma di questo
Non è forte dire che obiettivamente pecca di descrizioni, perché in effetti è quello che ha fatto l’autrice, scelta stilistica, anzi narrativa, o meno.
Quando scrivi ti devi immedesimare nel lettore: se inventi una creatura e la dai in pasto a chi legge senza aver minimamente spiegato di cosa stai parlando, come pretendi che il lettore capisca?
Il lettore non conosce le scelte dell’autore. Se introduci nomi di luoghi, costumi di una società che il lettore ignora, animali fantastici che hai inventato, senza spiegare nulla, il romanzo contiene parecchie pecche. La trama stessa è povera, così come non ricordo nulla dei personaggi.
Poi, ovvio, ognuno ha i suoi gusti.
Tenar
Le cose sono un po’ più complicate di così. Esiste il lettore reale, il lettore ideale e il fruitore immaginario di un testo.
In questo preciso caso c’è un narratore immaginario, interno al mondo che racconta una storia di quel mondo per un ipotetico ascoltatore.
La cosa può piacere o non piacere, io ho letto il libro a undici anni e mi ci sono trovata perfettamente, lo rileggo a trenta e mi piace ancora. Altri autori, sicuramente bravissimi, non mi sono piaciuti.
Secondo me una scelta stilistica deve essere coerente e ragionata, poi può anche non piacere.
Stesso discorso si può fare con Tolkien, a molti non piace, ma non si può dire che le sue scelte stilistiche non siano ragionate e coerenti con il suo intento narrativo.
Poi, lo ammetto, c’è un po’ di “partigianeria” nel difendere la mia autrice preferita.
Ma che scrittori saremmo se non ci appassionassimo ai libri che leggiamo?
Come scegliere le parole in una storia
[…] è stato chiesto da Cristiana Tumedei di QuiCopy, discutendo sul mio post relativo al fantasy, sul problema delle descrizioni e della lunghezza delle storie in quel genere […]
Irenesar
Io amo i libri lunghissimi e prendo sempre come esempio George Martin, ma che non annoiano e ancora cito Martin, che descrive in modo sensazionale e non tralascia nulla, ma non annoia e lascia sempre un po’ di spazio. Di solito preferisco che non mi si lasci molto spazio, perché tendo comunque ad immaginarmi tutto come voglio io, quindi trovo migliore una descrizione lunga che un’omissione di particolari. Come, oltre ai paesaggi, anche le descrizioni dei personaggi importanti. Trovo siano fondamentali. Quando uno scrittori non mi dice niente del personaggio, non riesco a farmi piacere tale personaggio. Tanto, anche se mi dice che è moro con gli occhi azzurri, io a volte me lo immagino comunque biondo, però intanto ho un’immagine di base. Per me la lunghezza non è bellezza, un buon libro fantasy può essere anche di duecento pagine, ma dipende cosa bisogna scrivere. Anche corto (nonostante io preferisca storie lunghe), ma che non manchi nulla.