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Ad agosto la casa editrice Las Vegas Edizioni ha pubblicato un articolo dal titolo “Cosa rende un manoscritto interessante per la pubblicazione secondo gli editori?”.
Già, cosa piace agli editori?
È difficile capire come possa essere valutato un manoscritto quando lo inviamo a una casa editrice. Come è stato giustamente rilevato nell’articolo, le linee editoriali sono molto varie: ecco, questo credo che sia un buon punto di partenza per gli scrittori.
Tempo fa scrissi che, prima di spedire un manoscritto, è bene conoscere la casa editrice che abbiamo scelto: questo significa studiarne attentamente il catalogo e le collane, per capire se il nostro libro può trovarvi una collocazione.
Dobbiamo anche accettare il fatto che scegliere un editore a cui inviare la nostra opera non significa essere poi scelti da quell’editore. In fondo, è come un matrimonio: bisogna essere d’accordo in due.
Nell’articolo sono emerse diverse risposte, molte condivisibili, come la correttezza grammaticale e sintattica (ci mancherebbe, anche se poi vedi un libro appena pubblicato da un politico con 4 puntini di sospensione in copertina), altre un po’ fantasiose, che non ti fanno capire cosa voglia in realtà quell’editore.
Dire “quello è il libro che cercavi anche se non sapevi che potesse esistere” non vuol dire nulla. A me scrittore non comunica i tuoi gusti e le tue aspettative.
Secondo un’agenzia letteraria vanno più i romanzi che i racconti – ma questo era scontato, infatti io sto giusto preparando un’antologia di racconti – e i memoriali, le autobiografie romanzate – ma di chi? La mia? Suvvia, questo genere riguarda politici e gente famosa, non i comuni mortali – e poi i saggi divulgativi o di auto aiuto.
Nell’articolo ho apprezzato, perché le condivido appieno, 3 caratteristiche di un manoscritto:
- Vendibilità
- Credibilità
- Stile
Vendibilità del libro: questa sconosciuta
Possiamo ancora riferirci a un’autobiografia romanzata: quanto è vendibile? La risposta, come spesso accade, è: dipende.
Se Clint Eastwood scrivesse la sua autobiografia romanzata, gli editori farebbero a gara per pubblicarla. Se uno di noi – non prendetela sul personale – proponesse a una casa editrice la propria autobiografia romanzata, quale sarebbe il responso?
Manoscritto cestinato.
Anche io, come editore, lo cestinerei. Non è vendibile. Non interessa a nessuno, eccetto la nicchia di familiari, amici e parenti. Le vendite del libro non coprirebbero le spese per realizzarlo.
Secondo me, ancor prima di mettersi a scrivere un libro – romanzo, saggio, ecc. – bisogna domandarsi: è vendibile?
Questa domanda non significa altro che: “Chi lo comprerà?”. O anche: “Qual è il lettore-tipo che potrebbe leggerlo?”.
Qual è il pubblico di lettori a cui si rivolge il mio libro?
Sapete rispondere a questa domanda?
Credibilità della storia
Nessuno, spero, crede ai vampiri, ai lupi mannari, ai fantasmi. Nessuno, ovviamente, crede a un mondo immaginario popolato da gnomi, folletti, fate, spiritelli, maghi e stregoni.
Eppure è pieno di romanzi dell’orrore e fantastici che funzionano. E, soprattutto, che sono diventati famosi e trasposti al cinema.
Sono credibili i romanzi di fantascienza? Pianeti lontanissimi abitati da alieni dalle forme più bizzarre, astronavi che viaggiano alla velocità della luce, armi sofisticate, città ipertecnologiche: è credibile tutto questo?
Sì, è credibile, a patto che lo sia la storia.
Sia chiaro: non dobbiamo per forza scomodare la fantascienza, anche un romanzo poliziesco o d’amore o una storia non ascrivibile ad alcun genere letterario può non essere credibile.
Dare credibilità alla storia significa eliminare tutte le ingenuità che abbiamo inserito. Quando leggiamo una scena che abbiamo descritto, dobbiamo chiederci: ho scritto qualcosa di realistico?
- Un’astronave che viaggia alla velocità della luce può essere credibile.
- Uno folletto che vive in una cantina può essere credibile.
- Un alieno può essere credibile.
Se siamo stati bravi a rendere tutte le scene e tutti i personaggi realistici, allora l’intera storia sarà credibile. Sta in piedi. Funziona. E il lettore non deve ricorrere alla sospensione dell’incredulità.
Stile e voce autoriali
Ognuno di noi dovrebbe scrivere con la propria voce. Agli inizi è normale imitare gli altri scrittori, quelli che ci hanno appassionato e stupito, ma non possiamo scrivere con la loro voce né con il loro stile.
La ricerca dello stile è il lavoro più difficile e complesso per gli scrittori, perché richiede tantissimo allenamento, quindi scrivere e scrivere e scrivere.
E anche leggere e leggere e leggere.
“Questo è uno che ha letto molto e ha saputo farne frutto, rielaborando le sue letture in qualcosa di personale”.
Sono d’accordo su questo punto.
Lo stile, la propria voce, inizia dai libri, dalla lettura. E finisce con le pagine scritte, con la scrittura.
Cosa piace agli editori?
Tutto ciò che finora hanno pubblicato.
Piacciono le storie credibili e soprattutto vendibili – una casa editrice è un’impresa, non campa di beneficienza – e piacciono gli autori che si distinguono dagli altri, voci nuove e potenti anche.
Cosa piace agli editori è anche cosa dovrebbe piacere ai lettori.
Ma questo è un altro discorso e si dovrà affrontare un’altra volta.
Barbara
Cosa piace agli editori? I numeri. E più sono facili, meglio è per i loro bilanci.
Come si raggiungono i numeri? Con quello che hai sottolineato tu: Vendibilità (tanti numeri, ecco perché guardano al numero di interazioni sui social – non ai follower, quelli si comprano un tanto al chilo), Credibilità (della storia, ma anche dell’autore – vero è che funziona anche l’Incredulità, come quel militare che ha espresso opinioni contrastanti e ha venduto tantissimo solo per il polverone sollevato dall’incredulità), Stile (su questo avrei da ridire… ma probabilmente questi tre elementi sono in ordine di importanza e la Vendibilità surclassa lo Stile).
Sono belle considerazioni ma… un operatore del settore – parecchio credibile – la scorsa settimana mi ha confermato che il 50% dei libri pubblicati in Italia vanno per Clientelismo (parenti di, amici di, politici di). A tutti gli altri Signor Nessuno resta l’altro 50%, ma che in investimento e marketing si trasforma in briciole…
Daniele Imperi
Alcuni editori guardano ai numeri dei social, è vero. Ecco perché ogni tanto si vedono pubblicati libri di “celebrità” di Youtube o TikTok.
Sulla base di cosa quell’operatore del settore sostiene la tesi del clientelismo?
Franco Battaglia
Vendere mi sembra risposta sufficiente ed esaustiva. Qualsiasi cosa, va bene pure un fenomeno da circo come Vannacci. Basta che porti utili, pecunia, denaro, entrate.
Triste ma reale.
Daniele Imperi
Non ho letto il libro di Vannacci, quindi non so se sia credibile o meno.
Vendere è fondamentale, altrimenti una casa editrice fallisce.
Corrado S. Magro
In un periodo non molto lontano, gli scrittori erano pochi. Oggi, gonfiando il paragone, ci sono più scrittori (uno dei tanti sono io) che lettori. Poiché l’editore non appartiene ai “Fate bene Fratelli/Sorelle” è chiaro che per lui contano i numeri (vedi Barbara) che la storia è in grado di produrre. Qui entrano in conto i fattori più diversi, impensabili e imponderabili oltre a quelli di norma. Se lo scrittto dell’alto ufficiale fosse stato opera di un ignoto XY, non avrebbe sollevato alcun polverone. Chi se ne frega di me e di quelli come me che abbiano detto la stessa cosa? Solo se la mia storia è capace di coinvolgere le masse o parti di esse allora può destare la curiosità dell’editore/imprenditore che, confrontato con una giungla di scritti di ogni genere, alla fine si salva ricorrendo a un cestino capiente. Ma che anche l’editore, per risparmiare, si affidi a lettrici e lettori (comunamente chiamati editor) di dubbia ma dubbia, capacità (è un dato di fatto.
Daniele Imperi
Concordo. Oggi, con la gran massa di gente che scrive, alcune casa editrici guardano ai numeri, perché gli garantiscono buone vendite.
E sono d’accordo anche sul fatto che dipende da chi scrive: se il libro del generale l’avesse scritto un cittadino qualunque, sarebbe passato inosservato.
Corrado S. Magro
Acci… al “comunamente”!
Antonio Izzo
E’ proprio così! Se sei sconosciuto il tuo libro resta tra parenti e amici ai quali lo hai regalato!
Il mio “Tu, uno di noi” ha, tra l’altro, risposte documentate da diari inediti su avvenimenti italiani nel campo delle morti misteriose (Salvatore Giuliano e Wilma Montesi) così come la modifica del Trattato di Roma per risollevare le sorti delle aree depresse. Dall’utilizzo dell’amianto ai fanghi termali e tante esperienze vissute che sfatano luoghi comuni come l’utilizzo dell’Elettroshock!
Daniele Imperi
Ciao Antonio, benvenuto nel blog. Il libro resta tra parenti e amici se non viene promosso.
Marco
C’è un problema (che ho ritrovato in diversi film e anche alcuni racconti) dove si presenta un personaggio (spesso il villain) con un background spesso molto interessante (alcune volte addirittura veramente figo, più interessante di qualsiasi altro personaggio)…poi…si comporta come se quel suo background fosse lettera morta. Non scherzo: mi fai tutta una tiritera che il villain è una persona super intelligente con un botto di esperienza,mi fai capire che oltre al piano/strategia A ha non solo il piano B ma un’eventuale piano C…e lo fai agire come un bambino viziato che non capisce quello che fa!?
Daniele Imperi
Non mi pare di aver trovato situazioni del genere, ma in quel caso non c’è concordanza con il passato del personaggio.