Essere autocritici, quando scriviamo, ha dei vantaggi o può creare danni alla nostra scrittura?
Io sono sempre stato molto autocritico sui miei testi, ma mai in modo eccessivo. Credo, comunque, che si debba fare una differenza fra l’autocritica nei confronti di noi come autori e l’autocritica nei confronti di ciò che scriviamo.
È giusto essere autocritici, perché la supponenza, la superbia, la presunzione non portano a niente di buono: il rischio è di non accorgersi delle criticità, delle lacune, dei problemi dei nostri scritti.
Ma l’autocritica va rivolta verso il testo, non verso noi stessi: autocritica è avere coscienza del livello della nostra scrittura in generale e di uno scritto in particolare. È saper valutare, nel modo più obiettivo e onesto possibile, il nostro lavoro.
Autocritica: dalla costruttività alla distruttività
Non è bene essere ipercritici, perché è un eccesso che porta, a lungo andare, a un blocco, a impedirci di lasciar andare i nostri manoscritti, di mettere la parola fine, di pubblicarli.
L’eccessiva autocritica può influenzare la stessa motivazione che ci spinge a scrivere. È uno stato d’animo che nasce forse dal pensiero di poter deludere le aspettative dei futuri lettori. O dalla mancanza di fiducia in se stessi, di autostima.
Gli scrittori ipercritici si considerano inadeguati, trovano continui difetti nei loro testi. Ma anche i libri pubblicati hanno dei difetti: te ne accorgi dopo averli letti. Il libro perfetto non esiste.
Tanto l’autocritica è costruttiva, quanto è distruttiva l’eccessiva autocritica. La conseguenza è l’impossibilità di raggiungere i risultati, di fare progressi, ossia di terminare il libro e vederlo pubblicato.
Quali sono i motivi dell’eccessiva autocritica nella scrittura?
Per impedire all’autocritica di diventare eccessiva e far del male alla nostra scrittura e ai nostri progetti editoriali, bisogna prima comprendere le ragioni che stanno alla base di questo eccesso di autocritica.
Ho individuato 5 motivi e ho deciso di iniziare l’elenco da uno di quelli che, in passato, mi ha creato una sorta di blocco.
- Senso di inutilità: non è da intendere con la sensazione di essere inutili come scrittori, ma che sia inutile ciò che scriviamo. Inutile perché nessuna casa editrice sarà mai interessata. Inutile perché non interesserà a nessun lettore. Il senso di inutilità è pericoloso, perché può costringere molti ad abbandonare la scrittura. Io non l’ho abbandonata, per fortuna.
- Senso di inferiorità: per alcuni il senso di inferiorità inibisce la scrittura. Si tratta proprio della sensazione di essere inutili come scrittori, cioè di non valer nulla. Ma non può certo stabilire l’autore se sia inutile – ossia valido – o meno. Tentare non costa nulla. E i primi insuccessi, poi, non significano sempre che i testi non valgano nulla. Sono tanti fattori che portano a un insuccesso.
- Suscettibilità al perfezionismo: io sono un perfezionista nato, lo ammetto. Se devo fare qualcosa, dev’essere fatta bene o rinuncio a farla. Se penso che una storia, racconto o romanzo, non sia valida, non intendo pubblicarla. Mi avevano accettato un racconto lungo da pubblicare in ebook, ma senza revisione, così ho lasciato perdere. Ma la suscettibilità al perfezionismo, se in forma spropositata, può portare a continui ripensamenti, a eterni interventi sui testi e, infine, a non pubblicare nulla.
- Paura del fallimento: credo sia una paura frequente, ma anche infondata. Infondata perché per qualsiasi progetto esistono soltanto due risultati: successo o fallimento. Insomma, esiste il 50% di possibilità per entrambi. Non possiamo sapere in anticipo se un libro fallirà, dunque la paura del fallimento non ha ragion d’essere.
- Incapacità di gestire le critiche: è quella che anni fa ho chiamato spauracchio delle recensioni. Ma ho anche parlato, in un altro articolo, che c’è una bella differenza fra recensioni e opinioni, quindi una “stroncatura” su un sito non significa che il valore di un libro sia basso. È normale che un libro possa anche non piacere. A nessuno di noi piace ogni libro che leggiamo, quindi aspettiamoci, senza timori di sorta, che qualche lettore possa non gradire un nostro libro.
L’eccessiva autocritica è davvero un danno per la scrittura. Riconoscerne i motivi è l’unico modo per vincerla.
Pades
Un post molto confortante, nel senso che mi ci ritrovo completamente. Sono anche contrariato dal fatto che mi trovo troppo spesso a criticare i libri che leggo, rendendomi poi conto che certe parti le avrei scritte diversamente solo perché a me sarebbero piaciute così, ma non alla maggior parte degli altri lettori e tanto meno a chi le ha scritte, dunque mi deprimo ancora di più. Mi sono ritrovato soprattutto nel primo punto, l’inutilità, nel senso che non riesco mai a progettare una trama, una storia che mi soddisfino fino in fondo (storia già vista, storia che non interessa ai lettori, storia che non interessa agli editori, …), così rimangono allo stadio di progetto e non passano mai alla fase successiva.
Che dire poi del perfezionismo, quasi da analisi psichiatrica. Ma il tuo post potrebbe aiutarmi molto, per lo meno a sapere che capita anche ad altri.
Daniele Imperi
È normale trovare nei libri brani o parti che noi avremmo scritto diversamente.
L’inutilità invece va vinta. Riguardo alla storie già visto, bene o male tutte sono già viste. Tu ci metti del tuo e diventa originale.
Sul perfezionismo io per fortuna non sono ancora da analisi psichiatrica
Orsa
Ho raccolto tre punti presi dal tuo articolo e li ho riformulati: il pensiero di deludere influenza la motivazione e porta al blocco. Ecco, in quest’ordine mi calzano alla perfezione.
No, nel mio caso riconoscerli non è servito a ignorarli.
Salve anche a te, Pades, fratello di eccessiva autocritica
Daniele Imperi
Non bisogna preoccuparsi di deludere, perché quando pubblichi qualcosa appassioni qualcuno, deludi qualcun altro e lasci indifferente altri ancora.
Corrado S. Magro
Dei motivi elencati il più significativo potrebbe essere il senso d’inferiorità. Come spiegarsi perché agl’incipit degli ebook condivisi a migliaia (anche le letture libere gratis) non segua alcun acquisto? E non si tratta dei prezzi che si situano tra 4 e 7 Euro. Mi sono così deciso a ignorare i motivi elencati nel blog (prima di prenderne conoscenza) e ad affidare l’intera produzione, la propria e quella di terzi, a una editrice che li piazza presso tutti i distributori individuati. Chi vivrà vedrà! Forse sono anacronistico.
Daniele Imperi
Che non segua alcun acquisto alla lettura degli incipit accade ovunque.
Quindi hai affidato tutti i libri a un altro editore?
Fabio Amadei
Ciao Daniele,
mi ritrovo in tutti e cinque i punti che hai elencato.
A me piace leggere e scrivere racconti. Di recente ho auto pubblicato una raccolta di racconti brevi e a parte una recensione positiva, non so quanto riscontro abbia avuto il libro. Vederlo pubblicato mi ha dato coraggio e incrementato l’auto stima. Delle copie che ho regalato ad amici e conoscenti meglio non parlarne.
Adesso però se una storia non mi convince la stronco sul nascere. Forse sono diventato più esigente e ipercritico. Scrivo un racconto e lo lascio incompiuto. Mi sento come svuotato. Scusa lo sfogo.
Daniele Imperi
Ciao Fabio,
tutti e 5 addirittura?
Dovresti ricevere un resoconto delle vendite, no?
Anche a me capita di stroncare una storia, se vedo che non procede e non mi convince.
Non esagerare, però, con le stroncature. Devi capire perché non ti convince quel racconto.
Corrado S. Magro
Non uso alcun nick e non è un ipotetico guadagno che m’interessa, che ben venga se copre i costi, quanto il volere condividere punti di vista. Ecco perché ho affidato tutto a un editore/distributore. Mi vedo come lo struzzo con la testa nella sabbia, ignoro e anche se nessuno reagisce (so di essere polemico e tradizionalista arcaico), continuo. Di un solo titolo ho avuto un riscontro positivo (quasi ottanta ebook scaricati) ma lo devo all’autrice e alla sua vasta rete di conoscenze.
Marco
Scrivendo da ragazzo molte fanfiction a me piaceva ricere recensioni, il problema non era la recensione negativa, il problema era…che spesso le volevo “Lunghe” per capire dove sbagliavo dov’ero andato bene…se mi mettevano solo “bella storia continua così! Avrei fatto anche io così! Grandissimo” o “mah scritto male,io avrei fatto diversamente,dovresti pensare meglio” Ma DIMMI DOVE ho sbagliato! Invece tempo fa incontrai uno che misse esattamente dove sbagliavo,cosa sbagliavo e come potevo migliorarlo. Semplicemente una sua “recensione” è valsa 10000 altre recensioni che ho ricevuto.
Daniele Imperi
Quelle infatti non sono recensioni, non ti aiutano, ma soltanto giudizi striminziti. L’autocritica è importante, ma lo è anche ricevere commenti costruttivi sulla scrittura.
paola sposito
Buongiorno Daniele. Grazie sempre per i tuoi suggerimenti. Mi ritrovo molto nel senso di inutilità che citi tu, che mi blocca nella stesura di una storia che ho in mente e che da anni provo a costruire. E più il tempo passa e non la realizzo e più questa storia perde il suo interesse, la sua consistenza. Per me, figuriamoci per chi dovrebbe leggerla! Così mi concentro sulla scrittura di racconti che sono più veloci ma verso cui sono comunque molto pignola: sono capace di controllare un racconto di un paio di pagine anche venti volte. Così ultimamente provo a lanciarmi un po’ di più, anche quando scrivo i commenti sui blog 😄
Daniele Imperi
Buongiorno Paola, se aspetti troppo a finire una storia, è normale che l’interesse diminuisca.
Il senso di inutilità, comunque, dovrebbe riguardare sia i romanzi sia i racconti. Quindi, se non riesci a finire il romanzo, forse il problema è un altro.