Tanti anni fa, quando sognavo di fare lo scrittore, decisi che avrei scelto uno pseudonimo: non mi piaceva il mio nome, non riuscivo a figurarlo sulla copertina di un mio libro, né a sentirlo pronunciare dalla gente quando lo chiedeva in libreria (quest’ultima sensazione permane: “È uscito il nuovo romanzo di Daniele Imperi?” “Se magari si decidesse a scriverne uno” potrebbe essere l’eventuale e più probabile risposta).
Ero arrivato quindi alla certezza quasi matematica che avrei usato lo pseudonimo Ludus, nome con cui firmo le mie vignette. Ma per un vignettista, un fumettista, un illustratore è quasi una regola usare un nome d’arte: dunque perché non dovrebbe esserlo anche per uno scrittore?
Con gli anni, poi, ho cambiato idea. Continuo a firmare i miei disegni come Ludus, ma firmo le mie storie come Daniele Imperi: piaccia o meno (a me e agli altri), è così che mi chiamo. Forse chiunque ha la stessa mia sensazione a sentire il proprio nome, magari anche un Manzoni l’ha avuta, un Leopardi, un Poe (che ha usato diversi pseudonimi, comunque).
Leggibilità del nome
Uno dei motivi che potrebbe spingere uno scrittore a cambiare il proprio nome è la sua leggibilità: ma in relazione a cosa? Per noi alcuni cognomi tedeschi, russi, cinesi e così via possono risultare illeggibili, ma nella nazione di appartenenza non lo sono.
Lo scrittore guarda al futuro, a una probabile traduzione delle sue opere in varie lingue e vuole essere certo che tutti comprendano il suo nome. Può essere una spiegazione, anche se non la trovo molto logica. Allora nessuno scrittore dovrebbe firmarsi col proprio nome.
Musicalità del nome
La scelta di usare uno pseudonimo fu causata da quella che io consideravo una mancanza di musicalità nel mio nome e cognome. Sentirli insieme non mi restituiva un suono musicale come avviene sentendo pronunciare Alessandro Manzoni. Forse perché Alessandro Manzoni ha qualcosa in più del sottoscritto? Può essere una spiegazione accettabile.
Questione di abitudine, anche. Gli scrittori famosi si sentono spesso, siamo abituati al suono del loro nome e non facciamo più caso a queste paranoie – che forse sono solo mie. Dovremmo quindi abituarci a sentire il nostro nome e cognome come un suono giusto, armonioso che ben si adatta alle orecchie dei lettori.
Confusione fra nome e pseudonimo
Uno dei problemi che può dare l’uso dello pseudonimo è la confusione che si verrà a creare fra questo e il nome reale dello scrittore. Gli amici, i conoscenti, i parenti, i colleghi conoscono il vero nome dello scrittore. Verrà loro naturale cercarlo in libreria e online.
I lettori impareranno presto lo pseudonimo, ma qualcuno – come me – si chiederà come si chiama realmente l’autore. Perché a me piace la realtà e non la finzione nella vita reale. Voglio sapere chi è che ha scritto il libro che sto leggendo. Perché trincerarsi dietro uno pseudonimo?
Lo scrittore sei tu
Uno scrittore è una persona, prima di tutto. È un essere umano. Usare uno pseudonimo è come volersi distaccare dal resto del mondo, come voler apparire superiori. Questa è la mia sensazione.
Lo scrittore sono io, che prendo l’autobus e la metropolitana per spostarmi, che bevo una birra al pub, che vado al cinema, che sono qui dietro il portatile a scrivere post per il blog e racconti della domenica.
Il vantaggio del nome reale è la sua diffusione. È il suo stretto legame con la persona-scrittore, è la sua appartenenza al mondo dello scrittore, è la sua riconoscibilità nelle cerchie delle conoscenze. È un modo per dire e ribadire: “Io ce l’ho fatta”.
Nomi o pseudonimi?
Quale nome preferite sulla copertina del vostro libro: il vostro o un nome d’arte? E come firmate di solito le vostre storie? Avete mai pensato a quale nome usare in caso di pubblicazione?
Frank Spada
La casualità di capire fin da subito che tra essere e apparire c’è di mezzo la necessità di rimanere solo chi si è – persone, tutte uguali, ma ciascuno con le proprie responsabilità verso gli altri, soprattutto verso noi stessi, con modestia e disincanto.
Buon 1° Maggio, caro Daniele, visto che il Lavoro, quello vero, che magari qualcuno ha svolto per arrivare quasi in fondo alla sua vita, va preservato dal gioco dello scrivere per gioco, senza imbroglio e rispettando tutti.
Con stima.
ps – probabilmente sono andato fuori tema, ma lei mi scuserà / spero.
Daniele Imperi
Buon 1° maggio, Frank, sempre crittico e con stile
Annarita
Vabbé, ho pubblicato solo una cosina, quindi parlo per ipotesi… Il proprio nome è il migliore
Daniele Imperi
Anche per me, adesso
Elisa
Anch’io anni fa pensavo a un pseudonimo: Leli (ora come ora, mi domando che nome sia) ma con il passare del tempo, ho pensato :”Ma perchè non devo usare il mio vero nome? ” alla fine ho capito che era un problema mio, mi vergognavo di quello che scrivevo. Ora mi piace il mio nome, è semplice. L’importante è che alla gente piaccia ciò che scrivo.
Elisa Cataneo, scrittrice.
Tutto sommato suona bene.!
Neri Fondi
Io non ho una filosofia precisa in merito a quello che hai scritto.
Non ho nulla contro chi usa pseudonimi, né contro chi usa il proprio nome, quindi non considero corretta o meno l’una o l’altra pratica.
Io ho iniziato col mio nome, poi a causa di diverse vicissitudini ho deciso di abbandonarlo (solo artisticamente) per utilizzare il mio pseudonimo attuale, che ho scelto in base alle mie preferenze “di suono”. Neri è un nome che mi è sempre piaciuto, Fondi indica la profondità dell’animo umano, ed ecco che viene fuori quanto leggi accanto alla mia immagine.
Se vuoi un giorno, visto che hai detto che sei curioso di sapere chi scrive quello che leggi, potremmo parlare in privato di quello che mi ha spinto a fare questa scelta.
Neri… ops!
Andrea.
Daniele Imperi
Beh, Elisa è un bel nome e anche col cognome suona bene nell’insieme
franco zoccheddu
Daniele, mi stupisci assai! Primo: Daniele è uno dei nomi più musicali che conosca, è biblico, ha un significato nobile e profondo (qualcosa tipo Dio giudica, non ricordo bene), l’ho dato quindici anni fà a mio figlio e mi sembra sempre più bello e musicale. Imperi! Diamine, Daniele: ti rendi conto? Richiama un impero, un sistema fatto di genti e storie, e ti lamentavi? Dunque, non si discute: Daniele Imperi è ok.
Ora, ti parla uno che si chiama Franco, abbastanza anonimo sotto il profilo musicale, semmai interessante come significato: libero, uomo libero. Zoccheddu: uhm, qui dovrei ovviamente discutere. Musicalità zero, più rumore che suono. Si, vabbé: e allora Manzoni? A me ricorda animali da macello, e questo dimostra che è molto relativo il richiamo musicale, l’associazione suono-pensieri.
Infine: vero nome o pseudonimo? Vero nome, assolutamente. Chi se ne frega se non piace? Deve piacere quello che scrivi. Per me la questione è risolta.
Daniele Imperi
Vero, avevi scritto che tuo figlio si chiama come me
Hai ragione, alla fine, è solo questione, forse, di come uno sente il proprio nome. E giustamente deve piacere quel che uno scrive.
Cristiana Tumedei
Una questione interessante. Ti dirò che, , personalmente, non disdegno nessuna delle due opzioni.
Come lettrice mi appassiono alle storie dello scrittore e non tendo a dare peso al suo nome. Nel caso di uno pseudonimo sono sempre curiosa di scoprire il perché della scelta. Credo sia un aspetto emblematico.
Venendo a me, sono certa che il mio nome non avrà modo di circolare in futuro. E questo è un bene, siccome lo detesto. Ho proprio difficoltà ad associarmi ad esso. Un po’ per un fatto di musicalità, ma anche per un aspetto identitario che manca.
Insomma, il tuo nome dice chi sei oppure è il resto a parlare?
Daniele Imperi
Tu la metti sul profondo, ma non entro sui meriti personali del tuo nome, anche se a me piace
Siamo d’accordo che sia il resto a parlare di noi.
franco zoccheddu
Ma… scusate se debordo e occupo lo spazio: è già la seconda opinione negativa sul proprio nome, e da una persona con nome aulico, musicale e nobile: Cristiana. C’è forse da discutere sul richiamo plurimillenario? Tumedei: penso alle canzoni etniche di Battiato, al mondo orientale, a vaghe odissee antiche di viandanti e cantori.
Proprio non capisco… Il nostro nome è la prima parola che si dice sulla nostra vita e che si dirà alla fine. Bando alle incertezze: viva il nostro nome, qualunque esso sia.
Cristiana Tumedei
Salve Franco,
mi permetto di risponderti. Hai ragione quando dici che il nostro nome ci accompagna lungo l’intero corso della nostra vita. Anzi, sono certa che dica di noi molto più di quanto pensiamo.
Ed è proprio per il suo valore identitario che fatico ad apprezzare il mio. Ma credo sia una questione più profonda.
Ad ogni modo, mi permetto di approfittare per un istante dello spazio di Imperi per raccontarti un aneddoto che mi riguarda. Quando nacque mia figlia avevo una lista di nomi che avrei voluto darle. Selezionai quelli che avevano un significato per me o che rispettavano una musicalità particolare. Passai nove mesi a chiedermi quale fosse quello giusto, proprio perché ne tenevo in considerazione l’importanza. Sai cosa feci? Aspettai di guardarla negli occhi per scegliere quello più adatto a lei.
Ecco, credo sia questo il punto: riconoscersi nel proprio nome è importante, anche se spesso implica un percorso non semplice e a tratti doloroso.
Lucia Donati
A me il tuo nome suona bene (de gustibus…). Succede comunque che a qualcuno non piaccia il proprio nome: sarà perché lo hanno scelto altri?
Nome o psudonimo? Per me possono andare bene entrambi e non ritengo ci possa essere il problema della confusione. Credo che un autore possa volere uno pseudonimo per vari motivi. La scelta del nome? C’è chi si avvale della numerologia per trovarne uno adatto, magari che porti fortuna o abbia una vibrazione complessiva positiva…
Daniele Imperi
Anche a me suonano bene i nomi degli altri, quindi alla fine credo sia solo una questione di abitudine.
Giovanni
Io non ho mai pensato di pubblicare con uno pseudonimo, anche perché prima di pubblicare ce ne vuole, ma, in ogni caso, non mi andava di non essere davvero io quello che pubblicava. Con il romanzo che ho scritto avrei voglia di usare uno pseudonimo solo perché darebbe un ulteriore impatto al romanzo, in cui si parla di uno scrittore e del suo romanzo e quindi cambiare il nome con il protagonista della storia sarebbe un modo per rendere la storia quasi più vera di quanto non sia, ma alla fine dopo aver raccolto il mio pubblico di 4-5 lettori mi perderei anche quelli .
Daniele Imperi
In effetti anche a me dà l’idea di non essere io a pubblicare usando uno pseudonimo.
Salomon Xeno
Io sono decisamente per mantenere il nome, anche se dipende da cosa sto pubblicando. Per esempio, credo che Dan Brown abbia fatto benissimo a pubblicare “187 Men to avoid” a nome Danelle Brown!
Daniele Imperi
Mah, se decido di usare il mio nome – e così ho deciso – uso sempre quello.
Tenar
Conosco persone che vogliono tenere separata la loro attività di scrittori da un’altra attività lavorativa e per questo motivo scelgono di pubblicare con uno pseudonimo. I motivi possono essere vari, si va dai pregiudizio in alcuni ambiti lavorativi verso certe tematiche, all’essere un personaggio abbastanza noto che vuole godersi la scrittura come un puro hobby, magari di successo, ma senza alcuna attinenza con la propria attività principale. Credo che in questi casi sia una scelta condivisibile
Daniele Imperi
Capisco che vuoi dire, secondo me bisognerebbe trovarsi in certe situazioni. Ognuno reagisce a modo suo.
KINGO
Il proprio nome e’ sempre il migliore, ma non e’ disdicevole lavorare di fantasia anche su se stessi.
Pero’ non sopporto quelli che usano come pseudonimo il nome di qualcosa o qualcuno gia’ famoso, anche se magari non contemporaneo.
Daniele Imperi
Vero, se devi usare uno pseudonimo allora mettici un po’ di fantasia.
Cristiana
Mi viene da pensare alla fantasia ed ironia di alcuni pseudonimi che circolano su twitter. Confesso di seguirne qualcuno più per il nome che per i contenuti.
Daniele Imperi
Ciao Cristiana e benvenuta nel blog.
Su Twitter magari c’è una logica, perché usi un nickname.
Romina Tamerici
Io ho sempre utilizzato il mio nome, nei testi che scrivo e nel web. Ho il vantaggio (o lo svantaggio a seconda dei punti di vista) di essere l’unica Romina Tamerici nel mondo. Il che aiuta nei motori di ricerca, sicuramente. Il mio cognome mi piace tanto, il nome a momenti alterni, ma sono io e non vedo perché nascondermi dietro un altro nome. Ho usato un nickname solo una volta nella mia vita nel web e non credo lo rifarò.
Kyra
Vorrei confutare quello che hai detto: che usare uno pseudonimo dà una percezione di volersi sentire superiori. Credo sia esattamente il contrario (a meno che ovviamente lo scrittore poi non voglia far sapere il suo nome vero, nel qual caso sarebbe tutto inutile). Usare il nome vero, facendo un paragone, è più narcisistico proprio perché ci si vuole far conoscere dalla gente e dimostrare un qualche successo a famiglia e amici.
Con lo pseudonimo invece è unicamente il libro ad avere una voce.
Daniele Imperi
Non vedo sinceramente dove sia la superiorità a mostrare il proprio nome. Secondo me è una questione di rispetto per il lettore, innanzitutto. Io ho diritto di sapere chi ha scritto il libro.
Certo, in alcuni casi si sa (esempi sono Stephen King e JK Rowling), ma altrimenti non sai chi si nasconde dietro quel nome.
No, non lo vedo per nulla come un narcisismo, altrimenti sarebbe così anche per ogni forma d’arte.
maurizio
Anche se il post è piuttosto datato, ritengo che sia comunque sempre attuale, quindi mi permetto di dire la mia.
Concordo con Tenar: i motivi per pubblicare con uno pseudonimo sono molteplici. E tra i più validi c’è il problema dell’omonimia. Io, ad esempio, ho due omonimi, uno dei quali ha pubblicato quasi in contemporanea con me. Questo rappresenta un problema per i lettori che cercano un libro; soprattutto ora che i canali di distribuzione sono parecchi e, a meno ché non si tratti di un best seller, un libro è solitamente in vendita soltanto su uno o due canali di distribuzione o catene di librerie. In ogni caso si crea confusione.
Un altro motivo si ricollega a quanto già detto da Tenar; ovvero ad una sorta di distinzione fra lavoro e vita personale, oppure fra argomenti del tutto diversi (ad esempio scientifici e narrativi). Più semplicemente un autore potrebbe non voler far sapere in ambito lavorativo che lui scrive poesie, piuttosto che racconti erotici o altro.
A chi invece medita di usare uno pseudonimo perché non gli piace il suo vero nome, consiglio di pensarci bene: ricordiamoci che i primi a risentirne sarebbero i nostri genitori. Potrebbero interpretarlo diniego, un rinnegare le proprie origini.
Daniele Imperi
Ciao Maurizio e benvenuto.
All’omonimia non avevo pensato. So che esistono almeno altre 3 persone col mio stesso nome e cognome, anche se non credo abbiano scritto libri. Ma in ogni caso al mio nome non rinuncio. Scelte personali. Come anche il fatto di non voler far sapere al lavoro che scrivi poesie o altro.
Non capisco, però, perché la Rowling abbia scelto di pubblicare gli ultimi 2 romanzi con uno pseudonimo maschile, tanto più che ha fatto sapere a tutti che è lei.
Maurizio
Ciao Daniele,
in realtà non avevo mai pensato ad usare uno pseudonimo, e finora non l’ho fatto, perché ritengo che le origini siano importanti, ma soprattutto perché lo è l’identità di ogni persona. Ma francamente devo dire che proprio per l’omonimia, sto meditando di affidarmi ad uno pseudonimo per un libro che ho in cantiere. Finora ho scritto cose di nicchia indirizzate ad un pubblico ristretto, perciò l’omonimia non rappresentava un problema; ma uno dei libri che sto scrivendo sarà per un vasto pubblico e dello stesso genere di uno dei miei omonimi; ecco perché sto valutando la possibilità di usare uno pseudonimo. E qui si aprono dei dubbi amletici, in quanto avrei intenzione di proseguire con la pubblicazione di romanzi, perciò ritengo che la scelta di utilizzare il nome vero piuttosto che lo pseudonimo debba essere definitiva: o uso sempre il mio nome, o sempre lo pseudonimo.
Un altro dubbio lo nutro sul fatto di usare un vero e proprio pseudonimo anziché alterare il nome, ad esempio con l’aggiunta di un secondo nome. Quest’ultimo sarebbe forse il compromesso migliore; ma francamente non ho ancora deciso nulla; non mi sono nemmeno preso il giusto tempo per valutare attentamente la cosa. Del resto prima occorre completare il libro, poi cercare un editore serio ed interessato alla pubblicazione; la scelta del nome sarà quindi l’ultima cosa.
Per quanto riguarda la Rowling, mi pare che già in passato abbia usato uno o due diversi pseudonimi. Il motivo non è chiaro nemmeno a me, visto che appunto non ha tenuto segreta la cosa.
A volte sono gli editori a richiedere l’uso di pseudonimi. Talvolta per motivi di musicalità, altre volte per problemi di pronuncia, e non per ultimo per sessismo; convinti che un certo genere sia più credibile, e quindi più appetibile, se scritto da un uomo piuttosto che da una donna o viceversa (più raro).
Daniele Imperi
In effetti devi pensarci bene. Sulla questione dell’editore che mi obbliga a usarlo, penso che manderei a quel paese l’editore
Epsilon Bootis
Ciao Daniele ed a tutti gli intervenuti sul blog,
ho letto con molto interesse i vostri post; personalmente ho sempre usato lo pseudonimo che vedete … ma ultimamente mi sta assalendo il dubbio : dico il mio vero nome o no?
Non sono uno scrittore di parole … ma di note; la passione per la musica è nata con me, ma non ho mai potuto percorrere la strada professionale; un bel giorno ho deciso di pubblicare qualche brano su youtube, e prima di farlo ho digitato il mio nome e cognome su google, tanto per vedere se ci fosse già qualche musicista omonimo.
E’ venuto fuori di tutto: pizzaioli, fotografi, politici, ricercati e latitanti, personaggi di film malavitosi…
Ovviamente ho optato per lo pseudonimo ma … quando devo rispondere a qualche mail, al momento di firmare mi chiedo sempre se il destinatario gradirebbe sapere come mi chiamo veramente, oppure se pensa che io mi creda “chissà chi” nascondendomi dietro uno pseudonimo.
Concordo con l’opinione, più o meno di tutti, che la cosa più importante sia cosa trasmetti, ma lo pseudonimo può essere considerata una maschera? E questa maschera è fastidiosa al “pubblico”? In altre parole mi pongo il problema contrario : io mi sento io quando firmo col mio pseudonimo, ma chi lo riceve è infastidito? Io credo che quando si è emeriti sconosciuti un po’ dia fastidio, ma se in qualche modo riesci a farti conoscere il problema diventa l’opposto.
Cordialmente.
Epsilon Bootis ( e qui che si parla di pseudonimi non ho avuto difficoltà a scriverlo )
Daniele Imperi
Ciao e benvenuto.
Anche io ho diversi omonimi.
Riguardo alle email dovresti usare il tuo vero nome – a dire la verità anche nel blog, ma per ora va bene, ho comunque intenzione di cambiare le regole per i commenti – è un diritto del destinatario sapere con chi sta parlando. Tu scrivi musica, se qualcuno ti propone un contratto, non puoi continuare con l’anonimato. Nulla vieta che tu firmi la tua musica con uno pseudonimo – molti fumettisti usano o hanno usato quello per le loro vignette: Magnus (Roberto Raviola), Bonvi (Franco Bonvicini), Silver (Guido Silvestri), i primi che mi sono venuti in mente – ma comunque il pubblico conosceve i loro veri nomi.
monia
Ciao. Fino a poche settimane fa neppure pensavo a cambiare il mio nome (il mio libro è in formazione, non l’ho ancora pubblicato e sono alle prime armi); non me ne vergogno, anche se non è nulla di che.
E tuttavia ho iniziato a pensarci. Il mio genere è letteratura femminile un po’ piccante, e ho un figlio che tra qualche anno sarà adolescente e la cosa mi crea qualche imbarazzo (o potrebbe provocarlo a lui)…!
Nel caso, ci sono metodi-suggerimenti per la scelta dello pseudonimo? Dove trovo qualcuno che possa dare un consiglio? Sono sempre gli editor che ricoprono questo ruolo?
grazie
Stefania
Spero di non fare troppi errori dato che mi trovo su cellulare.
Pur non avendo ancora pubblicato niente mi sto già ponendo il problema dello pseudonimo. Qualche anno fa ho scoperto di avere un’omonima, non una qualunque, bensì una nata e cresciuta nella mia stessa città (non troppo grossa) che sta cercando di farsi un nome come pittrice. A primo impatto non ci ho dato molto peso, ma dopo aver incrociato un paio di persone che mi hanno fatto complimenti per qualcosa che non avevo mai fatto (per giunta sono negata con il disegno) mi sono resa conto che la cosa poteva essere un problema è ho iniziato a sentire la necessità di uno pseudonimo, anche per rispettare le nostre identità, la mia è la sua.
Quando ho cercato di parlarne con la mia famiglia non hanno capito, l’hanno considerata una cosa senza senso…
Dici che in questo caso potrebbe essere utile o che mi stia facendo troppi problemi?
Daniele Imperi
Ciao Stefania, benvenuta nel blog. Bella domanda
Anche io ho degli omonimi, ne ho trovati almeno 4 o 5, ma nessuno, per fortuna, con la passione per la scrittura. Sono due campi diversi, quindi per me potresti anche lasciar stare lo pseudonimo. La tua omonima si sta facendo un nome come pittrice, quindi avrà un sito in cui parla di lei.
Differente è il caso dell’attore Michael Douglas, che ha dovuto scegliere di chiamarsi Michael Keaton per ovvie ragioni
Flavia
Io non scelgo di usare uno pseudonimo per il motivo che dici tu, ma semplicemente per difendere la mia privacy e desidero che i miei scritti siano”giudicati”indipendentemente da quella che é la mia storia personale o la mia persona.
Daniele Imperi
Ciao Flavia, benvenuta nel blog. Pubblicare un libro con nome e cognome non lede la privacy della persona. A meno che tu non scriva un libro “scomodo”, che quindi possa crearti problemi alla sicurezza personale, non vedo motivi per scegliere uno pseudonimo.
Ma ovviamente ognuno sceglie di firmarsi come vuole.
Morena Bergamaschi
Bellissima riflessione, come effettivamente lo sono tutte nel tuo blog.
Sono ancora alle primissime armi (sono in quella fase dove si vorrebbe scrivere di tutto e alla fine non si comincia niente…eheheh), ma il dubbio su nome proprio e pseudonimo mi rimbalza in testa da molto.
Mi piacerebbe molto usare il mio vero nome, ma credo che sia mortalmente anonimo e poco incisivo: Morena Bergamaschi……..mi lascia molto perplessa.
Chissà quando riuscirò a scrivere effettivamente qualcosa, che nome vorrò mettere?!
Daniele Imperi
Ciao Morena, benvenuta nel blog.
Capisco il tuo dubbio, perché anche io anni fa pensavo la stessa cosa: leggere Daniele Imperi sulla copertina di un romanzo mi suonava brutto. Ma in fondo non abbiamo cognomi terribili. Pensa se scrivessimo un libro a 4 mani, però: “Imperi Bergamaschi” in copertina sembrerebbe il titolo di un saggio storico
Morena Bergamaschi
Daniele non tentarmi!
Posso chiederti una cosa? Quando hai cominciato a sentire l’impulso di scrivere come hai capito COSA scrivere? Io amo leggere, qualsiasi cosa. E ogni volta mi immedesimo talmente tanto nella storia da perdere completamente il senso del tempo e dello spazio.
Grazie comunque di questo interessante blog e dell’opportunità di confrontarsi tra scrittori.
Daniele Imperi
A quel tempo amavo i racconti horror di Poe e Lovecraft e così ho iniziato a scrivere racconti horror. Prima avevo letto un fantasy e così mi misi a scrivere un romanzo fantasy. Poi ho scoperto la fantascienza e così…
von Moltke
Sono molto geloso della mia vita privata, e poi non mi impota granché se i parenti e conoscenti sappiano di un mio eventuale successo. Poi ho un nome e cognome lunghi e poco musicali, quindi assolutamente sconsigliati per farci del marketing.
Augustus Fenrir è lo pseudonimo che mi piacerebbe vedere sulle copertine dei miei libri: tributo all’antichità classica il primo, e al mondo germanico dei miti norreni il secondo, due mondi in cui affondano le mie radici culturali e spirituali.
Daniele Imperi
Capisco il problema. Pensa a un autore che si chiami “Felice Agnello”… dai, è ovvio che userebbe uno pseudonimo. Io invece cambierei sia nome sia cognome in quel caso.
von Moltke
Beh, c’è una certa Nicoletta Agnello Hornby che per un pezzo non ho capito se usasse uno pseudonimo o altro