Ultimamente il discorso sulle ambizioni letterarie ha fatto discutere. Ricorderete il post di Salvatore – altrimenti andate a leggerlo, lʼho appena linkato – e quello mio su se sia possibile o meno vivere di scrittura.
Cʼè chi ha sempre ambito a fare carriera con la scrittura – scrittura creativa, qui sto parlando di vivere come romanziere – e chi si accontenta di vedere i propri libri pubblicati da qualche parte e chi, ancora, vorrebbe invece solo arrotondare lo stipendio coi libri che scrive.
Insomma, i motivi per cui si scrive e si continua a scrivere sono tanti e ognuno ha i suoi. Io, però, da tempo ho iniziato a pormi la domanda “perché scrivo?” e il post di Salvatore mi ha dato lʼultimo impulso a parlarne.
Perché scrivete?
Perché avete talento. Qualcuno sostiene che il talento non esista, ma secondo me esiste eccome.
Etimologicamente la parola talento deriva dal greco antico τάλαντον, col significato di bilancia. È passato poi a indicare una moneta. Da qui, per metafora, si è arrivati alle doti migliori dellʼintelletto, come mente, volontà, ma anche voglia, desiderio, inclinazione, abilità, ingegno, dono, grazia naturale.
E non è forse questo, tutti questi elementi insieme, che formano il talento? Non è forse tutto questo che sta dietro a ogni forma dʼarte?
Ora, da qui a pensare di avere talento ce ne passa. È vero che serve autostima per scrivere, ma è anche vero che serve un poʼ di sana modestia e anche autocritica.
Ma qui non voglio usare la parola Talento con la T maiuscola, ma con quella che racchiude i suoi significati: scriviamo perché vogliamo scrivere, perché desideriamo farlo, perché abbiamo questa inclinazione – come i pittori e gli scultori e i musicisti hanno la loro – perché abbiamo questa abilità – che ci permette di inventare storie e scriverle, che possano piacere o meno, che siano migliorabili (e lo sono) o meno – perché abbiamo abbastanza ingegno da costruire una storia dal nulla, da riconoscere una storia dal nulla, perché abbiamo questo dono, sì, saper scrivere è un dono, come lo è saper parlare in pubblico e intrattenere per ore centinaia di persone, come è un dono saper cantare, come lo è infondere fiducia, insegnare, innovare, perché è una grazia naturale, ossia ciò che ci rende piacevoli agli altri (grazia e carità hanno la stessa etimologia).
Perché scrivo
Perché fin da bambino ho sentito il desiderio di farlo. Avevo un diario in cui appuntavo i miei libri da scrivere, disegnavo tanti rettangoli che rappresentavano altrettante copertine, col titolo e lo schizzo di un disegno.
Progetti infantili, ma comunque importanti, perché da quel momento la scrittura è sempre stata presente nella mia testa. Cʼè stata una parentesi giornalistica da ragazzino, mi sono divertito a scrivere un articolo su un “fatto di cronaca condominiale” (qualcuno aveva staccato le porte dellʼascensore…) e a creare due riviste. Cʼè stata una parentesi poetica, in cui ho scritto oltre cento poesie e anche i primi 400 versi di un poema.
E, come ho detto quando ho parlato della scrittura come palliativo, anche barzellette, strisce a fumetti, canzoni e quantʼaltro.
Io sinceramente non so come rispondere a quella domanda, non so dire perché scrivo. È stato appurato che non scrivo per fare soldi, perché, dati alla mano, da bravo calcolatore quale sono, ho dimostrato che non è possibile, a meno di un colpo di fortuna (leggi: insieme di coincidenze).
Ho detto però che vorrei pubblicare libri per il semplice gusto di vedere il mio nome in libreria, la buona, cara, vecchia gloria. Ma ho detto più volte di essere un uomo dʼaltri tempi, per me esistono valori ormai tramontati. Sono un uomo del tramonto…
Dunque perché scrivo?
Sì, un motivo esiste, e forse è quello che mi spinge a continuare a prendere appunti, a farmi arrivare idee dal nulla (leggi: da tutto ciò che mi circonda), a farmi portare avanti, seppur a rilento, i miei progetti editoriali.
Un motivo esiste. E forse è simile a quello che aveva Salgari.
Per me scrivere è avere la possibilità di vivere in altri mondi, di vivere altre realtà. Con i protagonisti posso esplorare altri universi e mondi immaginari, posso creare i miei mondi ideali, nel senso che sono figli di unʼidea, anche se quei mondi fossero distopici e popolati da mostri inimmaginabili peggiori di un incubo lovecraftiano.
Scrivo per uscire da questo mondo, perché scrivere è lʼunico modo per farlo, per vivere vite che non potrò mai vivere nel mio tempo.
LiveALive
Tempo fa c’è stata la campagna Perché Leggo, e io ho risposto “per lo stesso motivo per cui mi giro a guardare una bella ragazza”. Che è anche lo stesso motivo per cui mangio un piatto di maccheroni. Ed anche lo stesso per cui scrivo. Cioè per esperienza estetica, perché in queste attività tutto ciò che cerco è del piacere, e mi basta.
Daniele Imperi
Non è proprio lo stesso motivo per cui scrivo io, ma è sempre un buon motivo.
Salvatore
A distanza di tempo – da quel post che citi – non sono ancora in grado di darmi una risposta. E questo è frustrante. Il mio mondo non è così male. In parte l’ho forgiato come volevo e, benché ci siano cose che cambierei ed errori che non rifarei, alla fine mi ci riconosco. Quindi, diversamente da te, non scrivo per viaggiare in altri mondi. Forse è anche per questo che non scrivo fantasy o fantascienza.
La risposta più vicina alla verità che riesco a trovare in questo momento è che scrivo per indagare meglio la mia realtà; per capirla, visto che non sono in grado di comprenderla con la semplicità dell’uomo qualunque. Ecco perché scrivo mainstream, forse.
Tuttavia, mi sono accorto che l’ambizione di cui parlavo nel post è difficile da sradicare. Anche davanti all’evidenza che dalla scrittura non potrà venirti nulla, non ci si arrende mai. Non so se è un bene o un male. È solo un dato esplicito che mi trovo costretto a riconoscere. Essere letto; sentirsi dire bravo; coltivare la speranza di progredire nell’ambiente editoriale; guadagnare soldi; essere ammirato… sono motivazioni che riscontro, poco o molto, in tutti gli scrittori, o aspiranti tali, che ho finora conosciuto di persona. Ma proprio tutti. Forse queste motivazioni danno la spinta necessaria a fare qualcosa di estremamente faticoso: scrivere. Scrivere è più faticoso che lavorare in miniera? Oggi posso rispondere: sì. Ma se mentre lo fai ti diverti, allora passa prima.
Post scriptum: È l’ossessione la vera chiave di lettura. I migliori racconti/romanzi/scrittori di sempre nascono da un’ossessione.
Simona C.
Scrivere è bello, scrivere bene è faticoso. Il paragone con la miniera, però, è un tantino esagerato
Poli72
Secondo me, la parte creativa della scrittura e’ divertente e ,se vogliamo ,leggera dal punto di vista della fatica.L’attivita’ di ricerca .Ideare la trama ,i personaggi etc.La prima stesura. Il “rognoso” viene fuori nella fase di revisione.Pero’ senza questa necessaria sfacchinata di messa a punto , non godremmo del risultato finale.
Daniele Imperi
A me invece non interessa capire la mia realtà
Non mi piace e la evito come posso.
Quelle motivazioni le hanno tutti, lo penso anche io, e sono una bella spinta per continuare a scrivere.
Dubito che scrivere sia più faticoso che lavorare in miniera
Salvatore
Lo è per un motivo preciso: in miniera fatichi, è vero, anche se oggi con i macchinari e i sistemi che hanno la fatica è molto relativa, ma non devi inventare nienti. Nel senso che impari a fare un lavoro, come qualsiasi lavoro, e applichi le cose che hai imparato nei canonici orari di lavoro. Nella scrittura non è così. Nella scrittura impari sempre e nessuno ti insegna, perché sono convinto che la scrittura creativa non possa essere insegnata; fatichi dalla prima all’ultima parola, questo se vuoi fare le cose bene; e sei solo con te stesso. In miniera si fa parte di una squadra.
Simona C.
Il mio talento è fantasticare, immaginare situazioni, inventare storie. Scrivere è il mezzo che ho trovato più adatto a me per conservare queste fantasie, diffondere ciò che scrivo è il mezzo per condividerle. È come fare un viaggio in solitaria, goderselo e poi tornare indietro, prendere per mano un amico e dirgli: “Vieni a vedere cos’ho trovato in fondo a quel sentiero.”
C’è chi lo fa con la pittura, la musica, il cinema.
Mi ricordo che Agatha Christie faceva scartare a Poirot i sospettati che mancavano di immaginazione perché non sarebbero stati in grado di ideare un delitto.
Scrivere è il mio modo di dar forma alla fantasia e sarebbe bello poterlo fare di professione perché potrei dedicarci tutto il mio tempo.
Daniele Imperi
Potre dire quasi la stessa cosa. E poter dedicare tutto il tempo alla scrittura sarebbe bello, anche se io ho interessi diversi, non solo letterari.
poli72
Scrivere e’ liberta’ e gioco , a patto che piaccia.Il bambino interiore che alberga in noi ha la sua massima soddisfazione quando puo ‘ dilettarsi con il suo gioco preferito.Gode nell’inventare situazioni,nel costruire ambienti ,nel forgiare personaggi .Tutto qui’?!No ovviamente il bimbo ama attirare l’ attenzione,produrre delle emozioni , interagire. Scrivo,quindi, perche’ mi piace la sensazione di liberta’ e trascendenza dal piattume quotidianoL’impegno di erigere al grezzo, mattone dopo mattone la storia,mettendo in bolla la trama e a piombo i personaggi, e’ piacevole.Un po meno lo saranno i ritocchi ed i merletti finali.Pero’ come sempre sara’ il lavoro finito a dare soddisfazione.Certo, che tale lavoro poi piaccia ad altri non e’ scontato.Queste sono le regole del gioco .Queste sono le regole della vita.
KingLC
È un argomento incredibilmente bello e profondo da affrontare, ci si potrebbe parlare per ore. Io ci pensavo giusto ieri notte, in uno di quei strani pensieri che il cervello sviluppa prima di addormentarsi. Io scrivo perché vivo, e come tutti gli esseri umani vivo in funzione dell’arte. Ma non mi accontento di essere un perenne spettatore e voglio sentirmi diverso dagli altri, scrivo perché è l’unica cosa che (credo) di saper fare bene. Mi fa sentire unico nonostante, al mondo, ci siano decine di migliaia di scrittori più bravi di me. È qualcosa che mi vien naturale, nonostante a volte sia più una sofferenza che altro, e penso che questo sia il punto: se continuo a fare qualcosa che mi causa sofferenza vuol dire che è qualcosa di veramente speciale, di cui non posso fare a meno. E poi naturalmente c’è il punto del poter pubblicare e farne un futuro lavoro. Ma quello è un discorso complicato…
Poli72
Tu,KINGLC, credi che sia una sofferenza a causa della tua mente.Sono travagli normalissimi che provano tutti coloro che approcciamo la scrittura.Avro’ reso bene l’idea ,chi mi legge capira’,questa frase puo’ andare o no’ cosi’,mi serve un sinonimo,non mi viene l’espressione , accidenti come faccio ora con quel personaggio che ho messo li’ e invece dovrebbe essere la’,e via di seguito con un elenco piu’ o meno chilometrico.E’ come la vita ,non va mai ,anche nelle migliori situazioni ,esattamente come vorremmo.Anzi! Questa sofferenza e’ in realta’ fatica che credo tutti gli scrittori di questo mondo provano quando vogliono tramutare in parole una cosa esattamente come la hanno vivida nella mente.Impegno , ore ed ore di spremitura mentale,e forse si riesce a plasmare qualcosa che si avvicina molto all’idea esatta.Immortalarla in maniera perfetta rimane utopia.Io ad un certo punto mi fermo e Vaffan…o!Vado oltre.
Daniele Imperi
Scrivere ti fa sentire unico, hai ragione. Anche se è complicato, me ne accorgo ogni volta che inizio un racconto e ora che sto preparando un romanzo, però non basta questo per farmi smettere.
Samantha
Andrò forse controcorrente, ma io a questa domanda non ho una risposta. Me l’hanno posta varie volte, ma in nessuna occasione ho trovato una risposta che rispondesse in maniera esaustiva. Ce ne sono diverse di queste risposte ad Hoc. Non posso fare a meno di scrivere, è la prima. Effettivamente è così, ma non la trovo una risposta. E’ come chiedermi perchè mi piace fotografare, ricamare, o fare qualcosa di creativo. Mi piace. Mi rilassa fare un maglione e vederlo addosso a mia figlia, mi piace scrivere racconti e farli leggere. Forse è sul riscontro che nella scrittura non è immediato che c’è accanimento. Scrivo un racconto e vorrei che fosse subito letto, analizzato, scoperto, scoperchiato. A volte la scrittura è lenta, vedi la superficie dopo aver fatto tanta gavetta. Allora la domanda che mi faccio spesso è Ma chi me lo fa fare?
E passo al racconto successivo.
Daniele Imperi
Forse hai ragione tu e non esiste una risposta. Chi pratica un’arte non si pone certe domande.
Grazia Gironella
Inclinazione! Sì, questo termine mi piace. Mi sento portata per scrivere, è vero. Se ho talento, cosa ne so? Posso scoprirlo solo nel tempo, e probabilmente sarebbero gli altri a dirlo di me. Non mi ci vedo a dire che ho talento nella scrittura. Come minimo porta sfiga.
Daniele Imperi
Inclinazione è più corretto, è vero. Talento come lo intendono tutti è bene siano gli altri a dirlo, sono d’accordo.
Leyra
Sono capitata su questo blog per caso e devo dire che gli articoli letti sono tutti molto interessanti.
Così come la domanda posta qui: perché scrivo? E’ una domanda che mi sono fatta spesso (anche grazie a mio padre, che è anche il mio manager, e che non fa altro che stimolarmi a pormi sempre queste domande) e devo dire che la miglior risposta che posso dare è: scrivo per tirare fuori ciò che ho dentro e condividerlo con gli altri. Mi ritrovo moltissimo in una frase detta da Suor Cristina, concorrente (e se non sbaglio vincitrice) di The Voice of Italy: “ho un dono, ve lo dono”. Io ho il dono di inventare storie, personaggi, mondi interi e voglio condividere con gli altri tutto ciò. E’ un bisogno, forse anche un po’ patologico, che qualcuno mi “ascolti”.
Tutto questo, inoltre, si può riassumere nel mio personalissimo motto: “Io respiro perché scrivo”. Non posso farne a meno, perché se non metto “su carta” ciò che mi gira in testa, continuerà a ossessionarmi finché non l’ho tirata fuori (e non sto scherzando, arrivo a sognarmele di notte le scene).
Ecco perché scrivo. Per essere me stessa.
Daniele Imperi
Grazie Leyra. Concordo su tutto
Mara Cristina Dall'Asen
Scrivo perchè ad un certo punto ho sentito una spinta invisibile che mi invitava a farlo, perchè avevo una storia che si rincorreva in testa e voleva uscire. Scrivo perchè voglio leggere il mio libro per prima, voglio conoscere come andrà a finire.
Io contrariamente a tanti di voi non ho mai scritto prima dei miei 50 anni, prima ho letto tanto, di tutti i generi, e invidiavo chi riusciva ad inchiodarmi per ore su quelle pagine. Ho riscritto nella mente parti di libri, finali, continuazioni e forse tutti quei pensieri alla fine hanno reclamato di uscire, forse è per quello che in due anni ho scritto due romanzi e ne ho altri tre in testa. Non so se ho talento, probabilmente non scrivo neanche benissimo, però scrivere mi fa stare bene, ha cicatrizzato tante mie ferite e paure. Non scrivo cercando di dare al lettore quello che vuole, scrivo la storia come viene, senza violentarla, senza pianificarla, la lascio letteralmente fluire, l’importante è che emozioni me per prima. Ovviamente si controlla tutto, si fa in modo che sia coerente, che non ci siano buchi, si lima dove è stroppo ridondante e si aggiunge dove serve. Poi la metto a disposizione di chi vuole leggerla e seguirmi. Se riesco ad incuriosire anche un solo nuovo lettore vuol dire che ne valeva la pena. Non amo la notorietà e se potessi vorrei essere solo un nome sulla copertina, perchè i libri una volta editati vivono di vita propria non hanno più bisogno dello scrittore. Ciao Mara