Perché Stephen King ha successo

Perché Stephen King ha successo

Che piaccia o meno, bisogna riconoscere che Stephen King è uno scrittore che ci sa fare. Scrive per mestiere. Il suo è un lavoro meraviglioso che molti di noi vorrebbero fare.

Alla domanda “Che lavoro fai?” lui risponde “Lo scrittore”. Confesso che mi piacerebbe poter rispondere così. E piacerebbe anche a voi, immagino.

Scrivere è un lavoro, certo, ma non nel senso comune del termine. È un lavoro perché scrivere una storia comporta competenze e ore per realizzarla. Ma lo diventa seriamente quando inizi a vendere le tue storie.

Ma torniamo al tema: perché Stephen King ha successo? Per me sono 4 i motivi principali.

Stephen King ha iniziato a pubblicare giovane

Quando ha pubblicato il suo primo romanzo, Carrie, aveva 26 anni e mezzo. Per me questo conta molto. A quellʼetà non hai tanti pensieri in testa, magari neanche lavori, o lavori part-time, e quindi puoi dedicarti molto alla scrittura.

Resto dellʼidea che è molto difficile sfondare quando hai una certa età. Il tempo che ti resta è poco, hai famiglia, un lavoro, e in questo scenario trasformare la scrittura in un lavoro a tempo pieno è unʼimpresa quasi impossibile.

Stephen King è uno scrittore prolifico

Ha scritto 55 romanzi, 11 antologie, 7 novelle, 5 saggi e chissà cosʼaltro. Essere un autore prolifico ti permette di avere tantissime porte di accesso. Che significa? Che se hai un solo romanzo pubblicato, hai un certo numero di lettori. Se ne hai pubblicati 50, il numero sarà decisamente più alto.

Queste sono le porte di accesso. Le porte che ti fanno guadagnare. Che fanno guadagnare almeno Stephen King. Da alcune di quelle porte è entrata anche Hollywood. E non cʼè da aggiungere altro.

Come fa a essere prolifico? Ha tantissime idee. È veloce a scrivere. Ha metodo. Ha anche tantissima esperienza, ormai. Un conto è metterti a scrivere un romanzo se non lʼhai mai fatto e un altro è farlo quando ne hai 50 sulle spalle.

Ma non è solo questione di avere tante idee. La questione principale è che riesce a trasformarle in romanzi.

Stephen King sa scrivere

Su questo non ci piove, come si dice. Ripeto quanto detto allʼinizio: non a tutti piace, come so che qualcuno lo leggeva e poi ha smesso. Nelle recensioni su Amazon e Goodreads ho letto pareri differenti sulle sue opere.

Un anno e mezzo fa ho letto Joyland, che potrei classificare a metà strada fra il mainstream e lʼhorror. Molti hanno detto che è una storia che non vale nulla, che non è ai livelli di altri suoi grandi romanzi. Ma che cʼentra questo?

Nessuno scrittore scrive solo capolavori. Ovvio che qualche romanzo sia migliore di un altro. Ma Joyland – che non è un capolavoro – è una storia ben scritta, che si regge in piedi, che scorre. Mʼè piaciuta e ancora me la ricordo. Stephen King sa scrivere e basta.

Stephen King scrive per tutti

Non ha scritto soltanto horror. Dolores Claiborne non è horror, è una storia drammatica, o mainstream, ma non è horror. Io ho visto il film 2 volte e quella storia continua a piacermi. Prima o poi leggerò anche il libro, come mia tradizione

Il miglio verde non è horror. Ma è unʼaltra storia che ti entra dentro. Stephen King ha spaziato un poʼ ovunque nei generi letterari. Cʼè la serie de La Torre nera che mescola svariati generi narrativi (western, horror, fantasy). Rita Hayworth e la redenzione di Shawshank (altro bellissimo film, visto almeno 2 volte e racconto presente nellʼantologia Stagioni diverse) non è horror, come non lo è il racconto The Body (altro bel film).

Stephen King è uno di quegli autori che può accontentare i gusti di chiunque. Forse tutte le sue opere – e parla uno che di lui ha letto solo 2 romanzi, un saggio e unʼantologia – hanno un filo conduttore che le unisce: lʼuomo che deve fare i conti con la sua vita.

Ecco perché Stephen King ha successo e continua ad averlo. Si può replicare il suo successo? No, scordiamocelo. Ma da quel successo possiamo senzʼaltro imparare qualcosa, che magari non ci porterà al successo, ma di sicuro ci migliorerà come scrittori.

54 Commenti

  1. Kinsy
    giovedì, 18 Febbraio 2016 alle 6:29 Rispondi

    Stephen King scrive molto, anzi moltissimo. Per questo riesce anche a essere prolisso. Insomma è costante e dedica davvero molte ore all’arte della scrittura.
    E… sì: vorrei anch’io rispondere che mestiere faccio la scrittrice. Ma sono certa che prima o poi ci riuscirò!

    • Daniele Imperi
      giovedì, 18 Febbraio 2016 alle 11:52 Rispondi

      Qualcuno dice che è prolisso perché è pagato in base al numero di pagine, ma mi pare strano.

      • Nuccio
        venerdì, 19 Febbraio 2016 alle 17:13 Rispondi

        Sai quanti l’hanno fatto prima di lui. Da Dickens a Collins a Dumas, il più famoso, fino a ieri. Oggi non credo che sia possibile. Ci sono solo i writer sotto copertura di nomi noti (sfruttamento intellettuale, ma se vuoi pubblicare…!).

  2. Moira
    giovedì, 18 Febbraio 2016 alle 6:58 Rispondi

    Ho letto poco di lui, devo ammettere che non mi piace molto ma ciò che non piace non significa che sia fatto male,è un grande scrittore,abbraccia i gusti di tutti o quasi.
    Che non sia replicabile…su questo non sono d’accordo,forse è lui stesso la replica di grandi del passato,basti pensare a Dickens, Oscar Wilde,Shakespeare,Virginia Woolf e potrei continuare…diversi da lui certo,per epoche,momenti,situazioni ed eventi.

    • Daniele Imperi
      giovedì, 18 Febbraio 2016 alle 11:52 Rispondi

      Non lo vedo come una replica di quelli del passato. Che intendi di preciso?

      • Moira
        giovedì, 18 Febbraio 2016 alle 13:47 Rispondi

        Forse mi sono espressa male,intendo dire che di scrittori grandi e unici nel loro essere ce ne sono stati prima di lui e alcuni hanno scritto grandi opere,vedi Shakespeare e tanti ce ne saranno ancora,quindi, credo che un successo come il suo sia replicabile e anche lui avrà senz’altro imparato da successi altrui.

        • Daniele Imperi
          giovedì, 18 Febbraio 2016 alle 13:52 Rispondi

          Sì, il successo è senz’altro replicabile, ma un successo come quello è molto raro.

  3. Grilloz
    giovedì, 18 Febbraio 2016 alle 6:59 Rispondi

    Beh, il motivo principale è che Stephen King scrive dannatamente bene ;-)

    • Daniele Imperi
      giovedì, 18 Febbraio 2016 alle 11:53 Rispondi

      Su questo non ci piove :)

  4. silvia
    giovedì, 18 Febbraio 2016 alle 8:42 Rispondi

    Che strano! In questi giorni Stephen King, mio grande amore della giovinezza, torna prepotentemente nella mia vita, tanto che, sulla base di un commento ad un mio post di qualche giorno fa, ho anch’io in programma un post su di lui per la prossima settimana. Sul segreto del suo successo, penso che i quattro punti che indichi tu siano perfettamente azzeccati. Mi chiedo se ce ne possa essere un altro, ovvero l’essere americano. King incarna perfettamente il sogno: lo scrittore sconosciuto che sfonda tanto da diventare celeberrimo in tutto il mondo. Secondo questo mito, tutti quelli che valgono davvero posso farcela. E lui contribuisce perfino a propagare questo ideale. Come già detto in altri commenti qui e su altri blog, Stephen King è uno che vende simbolicamente ad un dollaro i diritti di un suo libro a un gruppo di attori dilettanti e sembra quasi con la sua magnanimità trasferire a loro la sua fortuna. Un tocco magico che, dove si posa, porta fortuna. Sarebbe pensabile tutto ciò nell’ambiente di casa nostra?

    • Daniele Imperi
      giovedì, 18 Febbraio 2016 alle 11:55 Rispondi

      Di sicuro essere americano ha influito molto sul suo successo. Qui da noi è tutto complicato e inoltre non so quanti autori italiani possano ritrovarsi un romanzo trasformato in film. E se anche fosse, non sarà certo a Hollywood.
      No, da noi non sarebbe pensabile.

  5. Amanda Melling
    giovedì, 18 Febbraio 2016 alle 9:49 Rispondi

    Non è vero che si sfonda da giovani, almeno in Italia. Facilmente la maturazione letteraria si raggiunge intorno ai 50 anni, per una serie di motivi. Umberto Eco era ancora più vecchio quando ha raggiunto il successo. In America invece è diverso. Noi qui abbiamo il King italiano, che ve lo ricordo, è il grandissimo Danilo Arona. Però vive in Italia, scrive in italiano, e quindi le proporzioni cambiano, anche se basta vedere cosa ha fatto nella sua carriera per capirne il livello. King è anche in assoluto lo scrittore che ho letto di più, conosco una ventina dei suoi romanzi. Il suo On writing è fondamentale per ogni scrittore…

    • Daniele Imperi
      giovedì, 18 Febbraio 2016 alle 12:00 Rispondi

      Ho parlato che ha cominciato a pubblicare, non che abbia sfondato. Se io inizio a pubblicare a 50 anni, sarà difficile raggiungere il successo con tanti romanzi. Il tempo a disposizione non è illimitato.
      Danilo Arona mi piace, ho letto due suoi romanzi, ma non riesco a vederlo come il King italiano.

      • Amanda Melling
        giovedì, 18 Febbraio 2016 alle 12:18 Rispondi

        È stato il mio primo talent scout, gli devo molto, non solo perché ha curato la prefazione di una mia opera…è anche il primo che ha creduto in me. Ma io fatico ad emergere, e a volte mi rendo conto che dipende dallo scrivere nella lingua sbagliata XD

        • Daniele Imperi
          giovedì, 18 Febbraio 2016 alle 12:20 Rispondi

          Anche la nostra lingua ha i suoi limiti, infatti :)

  6. Annapaola
    giovedì, 18 Febbraio 2016 alle 10:11 Rispondi

    Quando Stephen King ha sfondato, a ventisei anni e mezzo, aveva anche una moglie, due bambini piccoli, un lavoro full time in una lavanderia, e ovviamente tante bollette da pagare e preoccupazioni varie. Era sì giovane, ma non era spensierato. Nel saggio “On writing”, racconta bene come l’abbia spuntata: merito del talento unito a una grande tenacia. Fare discorsi sull’età non credo abbia molto senso. Ovvio che non siamo tutti uguali, la vita non è la stessa per tutti, e non reagiamo tutti allo stesso modo alle sfide della vita.

    • Daniele Imperi
      giovedì, 18 Febbraio 2016 alle 12:03 Rispondi

      Prendi la sua stessa situazione in Italia. A 26 anni è raro essere sposati, anche ai tempi in cui lo ha fatto King. Mi riferivo alla nostra situazione. A 26 si sta all’università, di solito.

      • Barbara
        giovedì, 18 Febbraio 2016 alle 17:26 Rispondi

        Sto leggendo anch’io ora “On writing”, ma mai letto un romanzo di King (l’horror non mi diverte). Devo dire che lo trovo bravo nel lato “comico” (anche se scrivere con ironia gli è già costato caro al liceo e ha detto che mai e poi mai ripeterà la cosa, peccato!).
        Comunque si, quando gli hanno mandato il primo assegno viveva in una roulotte senza telefono e non aveva soldi per le medicine del figlio con la febbre.
        A 26 anni ai giorni nostri, se stai all’università, sei talmente stanco dei libri accademici che non credo ti avanzi voglia di scrivere. E se lo fai, sei troppo giovane perchè in questa Italia ti prendano sul serio.

  7. Amanda Melling
    giovedì, 18 Febbraio 2016 alle 10:41 Rispondi

    Si lui è incredibilmente metodico, quando scrive scrive, anche se è un giorno di festa. Onestamente io ho proprio visto che rendo di più ora che ho tre figli e mille cose da fare. Quando si ha tanto tempo, non ci si accorge del valore.

    • Daniele Imperi
      giovedì, 18 Febbraio 2016 alle 12:03 Rispondi

      Sì, questo è vero, si tende a perderderne di più.

  8. Agata Robles
    giovedì, 18 Febbraio 2016 alle 11:05 Rispondi

    si però della tecnica di King non hai detto nulla, di come costruisce i suoi romanzi, del fatto che fa leggere le summe alla moglie…amici, e parenti e dei tanti trucchi che adopera. Non si evidenzia in questo articolo, secondo me, che King è un architetto del romanzo, qualunque sia il suo genere. ciao

    • Daniele Imperi
      giovedì, 18 Febbraio 2016 alle 12:06 Rispondi

      Il fatto che faccia leggere i testi alla moglie non è un elemento relativo al successo. Bene o male tutti noi facciamo leggere qualcosa agli amici prima di pubblicarlo.
      Non conosco i trucchi che usa. Quali trucchi?

  9. Cristina
    giovedì, 18 Febbraio 2016 alle 11:14 Rispondi

    Le ragioni del successo di King sono le stesse di Georges Simenon: anche lui aveva iniziato presto, “studiando” a tavolino il mercato che voleva raggiungere all’inizio (il pubblico femminile delle sarte e delle modiste) e gli ambienti dove ambientare romanzi e racconti (aveva girato la Francia). E’ stato un autore davvero prolifico e scriveva con uno stile comprensibile a tutti. E ha avuto successo.

    • Daniele Imperi
      giovedì, 18 Febbraio 2016 alle 12:07 Rispondi

      Simenon ha un numero di romanzi impressionante, ho appena finito la collezione di Maigret in edicola e ne ho iniziata un’altra su altri suoi romanzi…

      • Cristina
        sabato, 20 Febbraio 2016 alle 7:35 Rispondi

        Anch’io ho appena finito la serie dei gialli di Maigret in edicola! Ormai a casa ho un intero scaffale dedicato tutto a Simenon.

  10. Tenar
    giovedì, 18 Febbraio 2016 alle 15:07 Rispondi

    Personalmente non credo che King sia uno “scrittore standard”. Leggendo “On writing” ho pensato più volte: “se questo è il prezzo del successo, grazie, no”.
    È un ossessivo compulsivo segnato da un’infanzia e una giovinezza traumatizzante. La scrittura per lui è compulsione e catarsi. Ci sono dei passaggi nel saggio che mi hanno fatto pensare che non abbia metodo, semplicemente impazzirebbe senza scrivere. Ha un talento per le trame che non penso sia comune e almeno in parte dev’essere innato. Non è comune avere così tante idee e così diversificate. Non bisogna essere Freud per capire che alcune idee che spuntano fuori qua e là sono frutto di traumi non del tutto superati. Infine, è entrato in un mercato che non è il nostro in un momento che non è questo. Oggi in Italia un ventiseienne nuovo King avrebbe comunque più difficoltà.
    Detto questo ci sono molte cose che possiamo imparare da lui a livello di tecnica e tenacia.
    Però, ecco, io non vorrei la vita di King.

    • Daniele Imperi
      giovedì, 18 Febbraio 2016 alle 15:50 Rispondi

      Nel libro On Writing ci sono parecchie cose che fanno pensare. Non so se davvero lui non possa fare altro che scrivere, però hai ragione sulle trame e le idee. Un talento innato c’è senz’altro e penso anche io che possiamo imparare molto da lui.
      Non so se vorrei una vita come la sua, sono contro l’uso delle droghe e consumo alcol con molta parsimonia, quindi forse no :)

  11. CogitoErgoLeggo
    giovedì, 18 Febbraio 2016 alle 15:47 Rispondi

    Sul fatto che King sappia scrivere, direi che non ci sono dubbi e credo che il suo maggior punto di forza sia proprio la prolificità. A me il King che scrive horror non piace ma, proprio perché scrive per tutti, “il miglio verde” è il mio libro preferito.
    Non capisco il discorso sull’età, invece. Certo, se fai il tuo esordio a 20 anni, hai più tempo per pubblicare altro e, ovviamente, con 50 libri pubblicati si raggiunge un maggior numero di lettori, rispetto al pubblicarne uno. Non vedo però perché un ragazzo di 26 dovrebbe essere disoccupato o lavorare part-time.
    Io ho 23 anni, mi sono laureata a 21 e da allora lavoro full time (oltre al fatto che, con il mutuo della casa da pagare, non potrei fare altrimenti). Inoltre, il mio lavoro non è che mi lasci tutto questo gran tempo per pensare ad altro, sviluppare software richiede una notevole capacità di concentrazione e ragionamento.
    La sola ragione per cui scrivo quasi tutti i giorni a orari improbabili è la mia proverbiale testa dura, non perché non abbia altro da fare o a cui pensare…

    • Daniele Imperi
      giovedì, 18 Febbraio 2016 alle 15:55 Rispondi

      Non ti piace l’horror o il suo horror.
      Il miglio verde ce l’ho, ma devo ancora leggermelo.
      Come hai fatto a laurearti a 21 anni? Parli di laurea breve?
      La situazione generale è che c’è molta disoccupazione e qui da noi a 26 anni sono pochi quelli che hanno già un lavoro stabile.

      • CogitoErgoLeggo
        giovedì, 18 Febbraio 2016 alle 17:57 Rispondi

        In generale l’horror non mi piace, con l’eccezione di Edgar Allan Poe. Di King ho letto “It” e “Le notti di Salem”, nessuno dei due mi ha entusiasmata, anche se sono comunque sempre arrivata in fondo.

        Ho fatto una laurea triennale in informatica poi, visto che sapevo tanto di teoria e nulla di pratica, qualche mese prima della discussione ho iniziato a cercare lavoro. L’ho trovato circa un mese prima della laurea, a tempo indeterminato, e ho deciso di non fare la magistrale. Devo dire che ho fatto la scelta giusta… Nel mio settore, due anni di pratica fanno almeno il doppio di tre anni di università.
        Comunque, non so se a Milano la situazione sia migliore che a Roma, forse sì, o magari conosco molta gente fortunata.
        Diciamo che tutti i miei compagni di università laureatisi negli ultimi 2 anni sono impiegati e lo stesso vale per molti di quelli del liceo…
        Purtroppo, l’unico metro di confronto che ho è un’amica che abita lì a Roma (che ha grosse difficoltà nel trovare un impiego) quindi non sono in grado di trarre delle conclusioni. Non ho un campione abbastanza ampio.

    • Barbara
      giovedì, 18 Febbraio 2016 alle 17:31 Rispondi

      “sviluppare software richiede una notevole capacità di concentrazione e ragionamento.”
      Ohhhh, buongiorno collega!! Mi sento meno sola! :D

      • CogitoErgoLeggo
        giovedì, 18 Febbraio 2016 alle 17:58 Rispondi

        Ma buongiorno! Che bello trovare una collega sviluppatrice! :)

  12. Monia
    giovedì, 18 Febbraio 2016 alle 17:03 Rispondi

    Io amo tantissimo King.
    Ma proprio tanto.
    Sarà anche perché è uno dei primi autori di cui ho letto più opere.
    Letto con gli occhi, certo, ma King secondo me si legge un po’ con tutti i sensi.
    E, se possibile, leggere On Writing mi ci ha fatto affezionare ancora di più.
    Ciao Re, vado a sposarmi, lavorare in una lavanderia e torno tra qualche mese per seguire le tue orme!

    • Daniele Imperi
      venerdì, 19 Febbraio 2016 alle 15:52 Rispondi

      Che hai letto di lui?
      Non pensavo ti piacesse l’horror.

  13. Carlo
    giovedì, 18 Febbraio 2016 alle 21:34 Rispondi

    Ciao! Ho letto il post ed anche Joyland (la cui opinione è ampiamente condivisa).

    Sono d’accordo anche sul resto che hai scritto. Ma c’è una cosa che non sono d’accordo o che forse è omessa. E’ vero che ORA scrive per tutti, ma non dimentichiamoci che ha cominciato con Carrie la sua fama di horror scrittore!

    Questo solo per dirre che prima si fa una fama caratteristica e poi si potrebbe scegliere di espandersi.

    Dai più infatti è considerato il re dell’horror.

    Per tutto il resto son d’accordo.

    Ci sentiamo e buona serata ;)

    • Daniele Imperi
      venerdì, 19 Febbraio 2016 alle 15:56 Rispondi

      Ciao Carlo, benvenuto nel blog.
      Sì, ha iniziato con l’horror, e infatti è per quello che è stato preso per uno scrittore horror.
      Non sono sicuro che bisogna prima scrivere per una nicchia per poi espandersi. Dipende da tanti casi.

  14. Salvatore
    giovedì, 18 Febbraio 2016 alle 22:58 Rispondi

    Di Stephen King adoro le raccolte di racconti come, ad esempio, Stagioni diverse. È un peccato che sia passato alla storia come scrittore di horror, i suoi libri “horror” che paura non mi hanno mai fatto non hanno quasi mai un finale degno. I racconti, invece, sono bellissimi.

    • Daniele Imperi
      sabato, 20 Febbraio 2016 alle 10:49 Rispondi

      Stagioni diverse l’ho messo da poco nella lista di Amazon. C’è un racconto di cui ho visto il film, The body.

  15. Grazia Gironella
    sabato, 20 Febbraio 2016 alle 21:32 Rispondi

    Tutti ottimi motivi per il successo di King. Sfondare più avanti negli anni è difficile anche per un altro motivo: a vent’anni spesso fai le cose con la giovanile certezza di riuscire, cosa che ti aiuta a dare il meglio di te, mentre a quaranta o cinquant’anni, anche se quello che puoi dare è spesso aumentato, sei più consapevole delle possibilità di insuccesso e meno propenso a buttarti nelle cose anima e corpo, il che costituisce una zavorra. Non sempre, ma succede.

    • monia74
      mercoledì, 24 Febbraio 2016 alle 14:53 Rispondi

      E’ lo stesso che penso anch’io. Non è tanto l’opportunità, ma il modo in cui affronti le cose, quanto ancora credi nelle possibilità della vita, l’energia e le risorse che sei in grado di tirare fuori, la flessibilità e l’adattabilità al mondo che non conosci ma al quale sai adattarti, gli strumenti che sei capace di utilizzare e che non devi imparare.

    • Daniele Imperi
      mercoledì, 24 Febbraio 2016 alle 15:14 Rispondi

      È proprio quello che ho visto sulla mia pelle: adesso non ho proprio più nessuna voglia di buttarmi in progetti enormi o comunque affronto le cose con meno tranquillità e con più pessimismo di prima.

  16. monia74
    giovedì, 25 Febbraio 2016 alle 10:14 Rispondi

    Penso che per pubblicare così tanto, oltre a essere bravo a scrivere, devi saper essere un “architetto” della narrazione, avere insomma delle capacità logico/razionali non indifferenti, che si aggiungono a quelle creative. C’entra il tempo a disposizione, ma soprattutto la genialità, l’esperienza, la tecnica.

  17. Luciano Dal Pont
    sabato, 27 Febbraio 2016 alle 19:53 Rispondi

    Vorrei rispondere con un unico commento a Grazia Gironella, Monia 74 e anche a Daniele, perché le opinioni espresse e condivise riguardo l’età mi coinvolgono in maniera particolare, visto che il prossimo settembre compirò sessant’anni. Forse quell’idea del minor entusiasmo e del maggior pessimismo è vera, nel senso che riguarda la stragrande maggioranza delle persone, quelle normali intendo. Poi però ci sono i folli come me, quelli che di anni, anche a sessanta anagrafici, continuano a percepirne trenta o trentacinque e si lanciano nelle imprese più pazze con un entusiasmo forse persino maggiore di quando erano ventenni un po’ imbranati. Io oggi voglio affermarmi come scrittore, so bene di non avere tutto il tempo di Stephen King, che per inciso mi piace moltissimo, visto che ho pubblicato il mio primo romanzo a cinquantasette anni e da pochi giorni è uscito il secondo, ma ci credo lo stesso e perseguo il mio sogno con una grinta e una determinazione che forse, quando ero più giovane, non avrei avuto. Però forse sono la classica eccezione che conferma la regola… :-)

    • Grazia Gironella
      sabato, 27 Febbraio 2016 alle 22:44 Rispondi

      E’ bellissimo essere determinati ed entusiasti, ma le esperienze cambiano il nostro modo di vedere le cose. A che servono, sennò? Con esperienza intendo mettersi in gioco nel tempo e poi tirare qualche somma. Talvolta si è soddisfatti, talvolta meno. Accettare il rischio del fallimento è un’acquisizione importante dell’età adulta, secondo me; evoluzione, non involuzione, se non diventa paralizzante. A vent’anni questo rischio sembra solo teorico, semplicemente per mancanza di verifiche sul campo (verifiche di cui si può mancare anche più avanti negli anni, peraltro).

      • Luciano Dal Pont
        sabato, 27 Febbraio 2016 alle 23:56 Rispondi

        Sono d’accordo, infatti ora sono più consapevole dei possibili fallimenti a cui posso andare incontro di quanto non lo fossi a vent’anni, e tuttavia ciò non costituisce motivo di scoraggiamento, così come non mi sono mai scoraggiato di fronte a qualche fallimento che ha caratterizzato fino a questo momento il mio percorso di vita; spesso sono caduto, ma ogni volta mi sono rialzato più forte di prima e mi sono sempre rimesso in gioco, sebbene non neghi di aver attraversato qualche sporadico momento di sconforto, come credo sia inevitabile anche al più ottimista degli ottimisti. Ho passato dei gran brutti momenti, ma l’importante è non arrendersi mai, continuare ad avere dei sogni da realizzare, dei traguardi e degli obiettivi da raggiungere, senza stare a dare troppa importanza a cose futili quali ad esempio l’età anagrafica. Io dico sempre che la giovinezza e la vecchiaia non sono altro che stati mentali che dipendono dalla percezione che ciascuno di noi ha di se stesso, si comincia a invecchiare quando si comincia a sentirsi vecchi, e a pensare e a ragionare come tali. Ecco perché io, a quasi sessant’anni, mi sento ancora un ragazzo. E il bello è che il mio non è un mero atteggiamento forzato di chi vuole essere a tutti i costi ottimista e non vuole prendere atto dell’avanzare dell’età (anagrafica) ma è la mia vera e spontanea condizione esistenziale.

    • Daniele Imperi
      lunedì, 29 Febbraio 2016 alle 8:12 Rispondi

      Io ho dieci anni meno di te e non me li sento neanche io, ma comunque ci sono, quella è la mia età e quello che potevo fare a 20 anni, non posso farlo ora.

      • Luciano Dal Pont
        lunedì, 29 Febbraio 2016 alle 10:33 Rispondi

        Mah, non lo so, Daniele, se ti riferisci al fatto che hai meno tempo davanti a te per realizzare tutto ciò che vorresti realizzare, allora sono d’accordo, questo è un dato di fatto, questa è pura e semplice matematica e come tale è inconfutabile, ma in quanto alla possibilità di inseguire e di realizzare, almeno in parte, i propri sogni, ecco, questo non dipende dall’età, non per quanto mi riguarda almeno, ma dall’entusiasmo e dalla grinta e dalla giovinezza spirituale, esistenziale, a vent’anni come a sessanta. Io oggi ho il sogno di affermarmi come scrittore e lo perseguo con la stessa grinta e con la stessa determinazione con cui, a vent’anni, inseguivo il mio sogno (realizzato peraltro solo marginalmente) di affermarmi come corridore automobilista. Ovvio che non avrò il tempo materiale per scrivere cinquanta e più romanzi come Stephen King, e anzi, se dovessi morire domani (gesto di scongiuro simile a un atto di auto erotismo) non avrò più tempo di realizzare nulla, ma questo rientra nella parte ineluttabile del destino, quella che non possiamo controllare. Tuttavia, finché avrò tempo e vita e mi resta la possibilità di decidere cosa fare della mia vita e del mio tempo, andrò avanti per la mia strada senza stare a pensare all’età anagrafica o al tempo che mi rimane da vivere. Questa è la mia filosofia di vita.

  18. Sara
    lunedì, 16 Gennaio 2017 alle 12:55 Rispondi

    Di Stephen King ho trovato veramente bellissimo “Uscita per l’inferno” (scritto sotto pseudonimo). Lo avevo iniziato più volte a età diverse ma dopo un po’ non riuscivo ad andare avanti perchè era troppo cupo. Quando poi ho raggiunto una età adatta, l’ho letto in 3 giorni e ho potuto veramente comprenderlo e sentirlo. Bellissimo.

    • Daniele Imperi
      lunedì, 16 Gennaio 2017 alle 12:59 Rispondi

      Ciao Sara, benvenuta nel blog. Lo ha scritto sotto il nome di Richard Bachman. Non l’ho ancora letto.

      • Sara
        lunedì, 16 Gennaio 2017 alle 15:43 Rispondi

        Ciao Daniele, grazie per il benvenuto. Leggo spesso il blog anche se non ho mai commentato.
        Non sono espertissima di Stephen King comunque direi che quel romanzo si discosta abbastanza dal genere suo.

  19. Ilario
    martedì, 6 Giugno 2017 alle 13:20 Rispondi

    Ho letto davvero tanto del Re, fin da ragazzo. La cosa buffa è che King sembra infrangere alcuni luoghi comuni sui presunti errori da evitare quando si scrive. King è prolisso all’inverosimile, scava nei personaggi come pochi, abbonda con dettagli che sembrano stonare con il resto della trama. Ricordo in IT, ad esempio: pagine intere a descrivere la medicina contro l’asma di uno dei protagonisti. O La macchina infernale: più di 20 pagine incentrate sui lavori rifacimento del motore del protagonista. O L’ombra dello scorpione, letto nemmeno un mese fa. Descrizione ripetuta degli stati d’animo dei tanti personaggi. Descrizione delle tecniche di sopravvivenza. Cosa mangiavano ieri e cosa mangiano oggi. Ricordi di alcuni dei protagonisti slegati dalla trama principale. (La centenaria di colore che ricorda la sua infanzia porta via svariate pagine). Uso smodato dei tanto temuti avverbi (ma qui potrebbe forse entrarci la traduzione, non so). Linguaggio spesso volgare all’inverosimile. Eppure King lo leggo, anche quando a tratti mi annoia, perché so che riesce a portarmi sempre alla fine come e dove dice lui.

    • Daniele Imperi
      martedì, 6 Giugno 2017 alle 14:33 Rispondi

      Hai ragione, King fa tutto questo, ma lo leggi e non ci badi, perché alla fine quelle storie funzionano.

  20. Fabrizio Martelli
    martedì, 2 Giugno 2020 alle 14:40 Rispondi

    A me dispiace molto non leggere i suoi libri, ma, tranne qualche caso, miglio verde tra tutti, non mi piacciono i finali delle sue storie (anche qui primo fra tutti “L’ombra dello scorpione” e “IT”.
    Sembra che alla fine non sappia come chiudere una storia e scrive qualcosa di totalmente assurdo.
    Ho adorato i libri che ho citato prima ma poi sono stato molto deluso da come finisce (sempre fatta eccezione per alcuni suoi libri.
    Mi piacerebbe sapere cosa ne pensa il resto dei lettori, ho anche provato a cercare qualcosa su internet ma tutti o lo odiano o lo esaltano come quello che è:un grande scrittore

    • Daniele Imperi
      martedì, 2 Giugno 2020 alle 14:52 Rispondi

      Ciao Fabrizio, benvenuto nel blog. I finali di qualsiasi libro, non solo quelli di King, possono piacere o meno. Finora ho letto 20 suoi romanzi, “La storia di Lisey” finito l’altro giorno. Non ricorso finali che mi abbiano deluso.

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