
Ogni casa editrice inserisce la punteggiatura all’interno dei dialoghi a modo suo. Penso che uno scrittore debba trovare un proprio modus scribendi anche sulla scrittura dei dialoghi: mostrare al lettore una sua impostazione e mantenere sempre quella, almeno finché non pubblicherà con un editore.
Ho letto pareri discordanti sull’uso della punteggiatura in presenza delle caporali o comunque delle virgolette: dopo la chiusura delle caporali va messa la virgola? E il punto?
In questo post dico la mia e illustro le mie regole – quelle attuali, cambiate nel corso del tempo – se vogliamo chiamarle così. Non sostengo di essere nel giusto, ma preferisco, nelle mie storie, utilizzare il mio metodo.
Che cosa sono le caporali e a che servono
Le caporali non sono punteggiatura. Quindi scrivere “»,” non è un errore. Le caporali sono segni che distinguono un dialogo. Mostrano al lettore che quelle parole o frasi sono direttamente pronunciate dal personaggio e non dal narratore.
L’uso della virgola dopo il punto
In alcuni dialoghi è presente sia la forma parlata sia quella narrata, nelle strutture dialogo-narrazione o dialogo-narrazione-dialogo. In questo caso dobbiamo o no fare uso di virgole? Ecco come agisco io.
Forma preferita: virgola dopo la chiusura delle caporali
«Partite così presto?», chiese la donna.
Forma non corretta: nessuna virgola dopo le caporali
«Partite così presto?» chiese la donna.
Questa forma non è corretta per me: non “suona” bene ai miei occhi, alla mia lettura. Le caporali non sono segni di interpunzione, quindi è strano vedere una lettera minuscola dopo un punto interrogativo.
Manca anche una pausa: se togliete la virgola, che sancisce una sorta di interruzione nel dialogo, siete obbligati a leggere tutto di fila, come se fosse un’unica frase. Non bastano le caporali a creare quella pausa necessaria, quello stacco fra dialogo e narrato.
L’uso della virgola per l’inciso
Consideriamo due frasi dialogate, la prima senza virgole e la seconda con una virgola in mezzo.
«Sono davvero sicuro che tu dica la verità.»
«Nonostante le prove, sono davvero sicuro che tu dica la verità.»
Adesso inseriamo una parte narrata in ognuna.
«Sono davvero sicuro», disse il commissario, «che tu dica la verità.»
Nessun problema in questo caso. La frase dialogata è unica e lineare, la virgola dopo le caporali separa la frase narrata.
«Nonostante le prove», disse il commissario, «sono davvero sicuro che tu dica la verità.»
A questa forma qualcuno preferisce quest’altra:
«Nonostante le prove,» disse il commissario, «sono davvero sicuro che tu dica la verità.»
La virgola all’interno, perché è presente nella frase dialogata senza l’inciso. Ma ragionando in questo modo verrebbe naturale allora inserirne un’altra anche dopo le caporali, per separare dialogo e narrato:
«Nonostante le prove,», disse il commissario, «sono davvero sicuro che tu dica la verità.»
Il che è davvero brutto a vedersi.
Dove inserire dunque la virgola? All’esterno o all’interno delle caporali? Io preferisco lasciarla all’esterno.
La doppia punteggiatura
Trovo inutile inserire una doppia punteggiatura in un dialogo: mi riferisco alla presenza di un punto esclamativo all’interno delle caporali, per esempio, o anche di un punto normale: alcuni tendono a inserire un altro punto anche dopo la chiusura delle caporali.
E il punto andrà esterno o interno alle caporali? Anche qui ho visto diversi esempi e diverse opinioni.
Forma corretta: un solo punto, interno
«Avevate promesso di non partire!», urlò la donna. «E invece ve ne state andando!»
Questo esempio è semplice. Le frasi pronunciate dalla donna sono due e separate. Il narrato in mezzo è una guida per il lettore, esprime l’azione e le emozioni del personaggio. Le tre frasi sono tutte chiuse dai rispettivi punti.
Forma non corretta: due punti, uno esterno
«Avevate promesso di non partire!», urlò la donna. Poi aggiunse, piangendo: «E invece ve ne state andando!».
Qualcuno preferisce questa forma, perché il punto esclamativo chiude la frase dialogata mentre il punto semplice chiude la frase portante “Poi aggiunse, piangendo”.
Sinceramente l’uso della doppia punteggiatura mi sembra ridondante.
Forma “insolita”: un solo punto, esterno
«Partite così presto?», chiese la donna. Poi aggiunse: «Addio, dunque».
Ho scritto insolita perché non la ritengo proprio non corretta. Il punto esterno vuole chiudere sia la frase portante sia la dialogata. Vediamo però questo nuovo esempio:
«Partite così presto?», chiese la donna. Poi aggiunse: «Addio, dunque!»
In questo caso si preferisce – perché si è obbligati – inserire il segno di interpunzione all’interno, perché è un punto esclamativo proprio del dialogo. Ritengo però che agire in questo modo non sia uniforme nella scrittura. Anche il punto semplice del primo esempio fa parte della frase dialogata e può chiudere allo stesso tempo anche la portante, perché le caporali, come abbiamo già visto, non costituiscono punteggiatura.
Risorse esterne
Vi invito a leggere due interessanti documenti (in formato pdf) sulla punteggiatura nei dialoghi:
- Analisi della gestione dei dialoghi di dieci case editrici a cura del sito Oblique
- Dialoghi e punteggiatura a cura di Chiara Vitetta
Quale punteggiatura preferite nei dialoghi?
Come vi comportate in presenza dei dialoghi simili a quelli degli esempi? Quali sono i vostri metodi preferiti? Scrivete le vostre idee nei commenti.
Neri Fondi
Ottimo spunto di riflessione. Mi sono fatto spesso queste domande, e alla fine ho trovato la mia linea di condotta. Niente doppia punteggiatura, virgola dopo le caporali e punto interno quando finisce un dialogo.
Purtroppo molte case editrici non sembrano aver ben chiaro l’uso dei segni d’interpunzione o.o
Daniele Imperi
Anch’io ho ormai trovato la mia linea di condotta, ma purtroppo poi la casa editrice userà la sua.
Virginio Giovagnoli
Se la virgola sancisce la pausa dopo i caporali, il punto va messo dopo i caporali perchè sancisce la fine del discorso, mi pare ovvio
Daniele Imperi
E che mi dici dei punti esclamativo e interrogativo?
Virginio Giovagnoli
Le chiesi: “Come stai?”. Il punto sancisce la fine di un discorso, anche se ho portato a esempio un discorso molto breve, ma…
Virginio Giovagnoli
Improvvisamente una voce gridò : ” E’ lui! E’ lui!”.
Daniele Imperi
Così diventano due punti. Secondo me è sbagliato.
Elisabetta Fornarelli
Ho letto un libro ultimamente in cui nei dialoghi non v’erano le virgolette, ma il trattino – .
Es. – Lavori nella polizia di Parigi?- gli domandò.
– Esatto, Elisabetta.
In questo caso il trattino basso rimane aperto senza chiusura. E’ sempre così, in tutto il libro.
Vi pare corretto?.
Spero in una vostra risposta. Grazie E.
Daniele Imperi
Ciao Elisabetta, benvenuta nel blog.
Sì, è corretto, molte case editrici usano il trattino nei dialoghi. E non va chiuso. A me non piace, preferisco le caporali.
Patrick D.
Buongiorno Daniele.
Ho letto ultimamente un romanzo edito da un noto editore.
Ho due dubbi
1- C’è un passo , quasi un intero capitolo in cui al protagonista gli fanno un intervista.
Le domande erano in corsivo , le risposte con il carattere standard garamound usata dalla stessa casa editrice.
Mentre leggevo mi è sorta una domanda.
L’intervista è comunque una forma di dialogo, perchè invece le risposte erano senza caporali ?.
2-Sempre all’interno dello stesso romanzo un certo punto c’è un sermone in cui il
il prete fa un discorso ai confratelli. Dovrebbero evidenziarlo in qualche modo questo discorso no? (corsivo,virgolette alte ). Ho avuto difficoltà nella lettura devo dire. Cosa ne pensi?.
Daniele Imperi
Ciao Patrick, benvenuto nel blog. Un’intervista in un romanzo andrebbe scritta come un dialogo normale, secondo me.
Il discorso è sempre un dialogo, perché evidenziarlo?
caterina cannataro
Secondo me e’ corretto se dopo questa frase lo scrittore va a capo. In questo caso, visto che si da per scontato che andando a capo si incomincia con un discorso indiretto, le virgolette di chiusura del discorso diretto da te indicato sarebbero ridondanti.
Daniele Imperi
Ciao Caterina, benvenuta nel blog. Le virgolette caporali (ma anche l’altro tipo di virgolette: “”), a differenza dei trattini, vanno sempre chiuse.
Elia Bardinero
dovresti utilizzare la lineetta lunga (che separano), non il trattino che congiunge.
Tenar
– Io credo, – disse Tenar, – di fare così.
– Tanto poi quello che decide sono io. – precisò l’editor.
– Ma non sono più eleganti questi “«”? – chiese il lettore.
– Sì, – rispose Tenar, – ma fino a pochi giorni fa non avevo capito come si inserissero. Adesso li proverò.
– E come te la sei cavata senza neppure sapere usare la tastiera? – chiese il lettore, allibito.
– Ho incontrato editor pazienti, credo.
Daniele Imperi
Ecco, a me i trattini per i dialoghi non sono mai piaciuti
Virginio Giovagnoli
Sono pienamente d’accordo. I trattini nei dialoghi non sono più in uso da tempo.
Lucia Donati
Ecco, avrei consigliato di leggere il primo sito che hai indicato. Se ben ricordo te lo consigliai io tempo fa, a proposito della punteggiatura…
Ci si trovano utilissime indicazioni. Ma non risolvono tutti i dubbi…
Daniele Imperi
Non ricordo più ora, l’ho cercato online
Ben Apfel
Se avessi letto un commento così puntuale e straordinariamente chiaro sull’uso della punteggiatura nei dialoghi, anni fa, mi sarei risparmiato parecchie arrabbiature, vista la assenza quasi totale di regole. Come dicevi, ogni editore rispetta le proprie, e il paradosso è che persino sull’uso di alcuni accenti le regole vengo fatte scricchiolare da usi disinvolti della grammatica, della sintassi, della fonetica.
Alcune parole come per esempio, “caffè” si trovano con entrambi gli accenti a seconda dell’editore, ma questa è un’altra storia.
Ancora complimenti, Pennablu. Davvero un articolo perfetto!
Ben
Daniele Imperi
Ciao Ben, grazie e benvenuto nel blog.
Posso capire la punteggiatura sui dialoghi, ma gli accenti sono quelli e secondo me dovrebbe imporsi l’autore se l’editore sbaglia.
Enzo
Non so Daniele, ciao.
Anch’io mi ero convinto a rispettare le tue prime osservazioni.
Nel contempo però, ero scettico circa questo operare.
Già, credo che questa sia il classico “punto (un ponte, nda) su cui cade l’asino”, come chissà quante altre regolette sulla scrittura di un racconto/romanzo.
Insomma gli editor applicano le loronorme che fanno legge, punto.
E poi uno scritttore vero (non io, nda) è in difficoltà, no?
Daniele Imperi
Secondo me l’importante è scrivere bene in italiano. Sulle regole di impaginazione si sorvola, quelle vengono decise dalla casa editrice. Quindi anche la punteggiatura: alcuni editori usano i trattini, altri le virgolette, altri le caporali.
Anna Maria Ercilli
Trovo interessante e utile il tuo articolo, grazie. Amo la nostra lingua – senza inglesismi – ogni tanto scrivo poesia (senza punteggiatura o quasi) e prosa con predilezione per i trattini. Ma non uso la punteggiatura come un dogma. Alterno. I consigli sono graditi. Tornerò a leggerti.
Daniele Imperi
Ciao Anna Maria, grazie e benvenuta nel blog. In quali contesti usi i trattini?
MikiMoz
Grande articolo, come sempre.
Ottimo “specchietto” riassuntivo, sicuramente mi tornerà utile.
Ma davvero la casa editrice poi si piglia la briga di cambiare le cose?
Moz-
Daniele Imperi
Grazie
Non è che la casa editrice cambi le cose, ma ha le sue regole sull’impostazione dei dialoghi.
MikiMoz
Ho capito, grazie mille!^^
Moz-
Giordana
Premesso che nell’uso della punteggiatura è difficile trovare regole immutabili, la maggior parte dei manuali di scrittura indica come scorretto l’uso del punto interno ai caporali. In questo senso si pronuncia anche l’Accademia della Crusca, ma poi… su On writing ho notato giusto ieri sera che il punto viene inserito internamente ai segni di dialogo, scelta che vedo sempre più ricorrente nelle ultime pubblicazioni.
Daniele Imperi
Io prima lo mettevo esterno, ma ultimamente è interno. Mi è sembrato più logico…
KINGO
L’ho già detto mille volte: l’editing snatura l’arte.
Non c’è altro da aggiungere, ognuno dovrebbe fare come gli pare, vorrei proprio vedere se un editor avesse provato a toccare i dialoghi nei Promessi Sposi o in altri grandi classici.
Nei libri sono riportate delle regole di grammatica ben chiare, poi chi vuole seguirle lo faccia, chi non vuole è libero di fare quel che vuole.
Dunque, le regole sono poche e semplici:
1) I simboli “” racchiudono i pensieri, i simboli «» racchiudono i dialoghi, e le linee – – racchiudono i testi che i personaggi stanno leggendo, tipo ad esempio i messaggi sui monitor, sui telefonini, sui telegrafi e via discorrendo; però se i personaggi leggono ad alta voce non si usano le linee – -, bensì i simboli «»
2) Fuori dai simboli sopraelencati, NON si mette punteggiatura come chiusura perché è implicita.
3) Dentro ai siboli sopraelencati NON si mette la punteggiatura come chiusura perché è implicita.
4) In seguito ai punti esclamativi e interrogativi, dentro o fuori che siano, VA USATA PER FORZA la maiuscola. (Regola che si impara alle elementari)
5) Dopo i due punti, il dialogo NON inizia con la maiuscola. (Altra regola elementare!)
6) Negli intermezzi narrati, ci può essere solo punteggiatura coordinante, e non i punti.
Quindi, ecco come dovrebbero essere le frasi del post
«Partite così presto?» Chiese la donna.
Niente virgola dopo, non serve perché è implicita. Lettera maiuscola in “Chiese” perché prima c’è un punto interrogativo (e il punto interrogativo conta, accidenti!)
«Sono davvero sicuro che tu dica la verità»
«Nonostante le prove, sono davvero sicuro che tu dica la verità»
Niente punto, né dentro né fuori. Però la virgola nel mezzo ci sta.
«Sono davvero sicuro» disse il commissario «che tu dica la verità»
Nonostante le prove» disse il commissario «sono davvero sicuro che tu dica la verità»
Niente virgole, nè punti, perché come al solito sono impliciti!
«Avevate promesso di non partire!» Urlò la donna «e invece ve ne state andando!»
Niente punto dopo “Partire!»”, poi “Urlò” va maiuscolo perché prima c’è il punto esclamativo, inoltre non ci vuole il punto dopo “donna” e infine il secondo virgolettato inizia con la minuscola.
«Partite così presto?» Chiese la donna; poi aggiunse: «addio, dunque»
Niente virgola dopo “presto?»”, poi “Chiese” vuole la maiuscola perché prima c’è il punto interrogativo. Inoltre, dopo “donna” ci vuole il punto e virgola e non il punto, perché “Chiese la donna” e “poi aggiunse” sono coordinate (questa è una regola che si impara alle elementari…). Nel secondo virgolettato, “addio” vuole la minuscola, perché è preceduto dai due punti (altra regola da elementari), e infine, dopo “dunque»” non ci vuole il punto perché implicito.
Daniele Imperi
Non sono d’accordo. Se scrivi:
«Avevate promesso di non partire!» Urlò la donna…
usando la maiuscola, significa che con “Urlò” inizia un’altra frase, mentre non è così. Crei un distacco con quella maiuscola, ecco perché io dopo le caporali inserisco una virgola.
Perché dovrebbe essere implicita? Le caporali non costituiscono punteggiatura.
KINGO
Lo so, però le regole grammaticali sono quelle. Dopo l’interrogativo e l’esclamativo la maiuscola è obbligatoria, sempre e comunque. Beh, è anche vero che oggi il linguaggio sta cambiando, e le regole sono meno rigide.
Comunque, quando dici che inizia un’altra frase, è vero. Infatti il dialogo non deve per forza essere una frase singola (o proposizione), basta che sia un periodo.
A livello di scorrevolezza, io mi trovavo bene anche a leggere i tuoi racconti, per cui alla fine mi ritrovo a concludere che le regole non sono poi così importanti.
E questo è un altro punto a sfavore degli editor.
Virginio Giovagnoli
Sono perfettamente daccordo, quando il discorso prosegue, anche dopo il punto ! o ? va la lettere minuscola. La frase sopra descritta va posta così: “Avevate promesso di non partire!”, urlò la donna.
Anch’io prima sbagliavo, nel mio romanzo, la correzione mi è stata fatta da un prof. dell’università di Bo.
Virginio Giovagnoli
Sono perfettamente d’accordo.
Tenar
A me i trattini continuano a non dispiacere, anche se «» è più elegante.
In ogni caso penso che l’importante sia essere coerenti all’interno del proprio testo (io sono dislessica, faccio fatica a ricordarmi l’ordine delle lettere nelle parole, controllare i dialoghi è una faticaccia), in modo che il lettore si raccapezzi e questo post è utilissimo proprio per orientarci tra le diverse opzioni.
Poi è normale che la casa editrice impagini secondo i suoi standard. Se proprio ci fanno schifo evitiamo di mandare un pezzo a loro.
L’esperienza mi dice che l’impostazione del dialogo, purché sia comprensibile e coerente, influisce poco sul destino di un testo.
Daniele Imperi
Vero, la coerenza è importante. E vero anche che l’impostazione del dialogo non influisce nel testo.
Basti pensare a McCarthy, caso estremo, che non usa trattini né virgolette
Alessandro C.
la virgola dopo la chiusura delle caporali non la metterei nemmeno se mi puntassero una pistola alla tempia. Idem per la maiuscola dopo la chiusura delle caporali contenenti una domanda o un’esclamazione. E continuerò a scrivere:
«Fate carità, io avere settantotto bambini!» piagnucolò il tizio al semaforo, fingendo d’essere storpio.
«Manco per il…» dissi, scuotendo il capo.
«Vi prego!»
«NO».
Finalmente scattò il verde, e potei liberarmi del molestatore.
Questa è la mia teoria sulla punteggiatura nei dialoghi. E comunque l’euro non glielo do.
Daniele Imperi
Capisco il tuo punto di vista, però:
«Vi prego!»
«NO».
queste due battute di dialogo non sono coerenti
Alessandro C.
La coerenza c’è, l’importante è adottare una regola e usare sempre quella.
Tra il “vi prego” e il “no” non c’è punto in quanto sono frasi interne al dialogo. Dopo il “no” metto il punto in quanto il dialogo è finito e sta iniziando un nuovo periodo.
se dopo il “vi prego” avessi aggiunto un “disse il tizio” avrei messo un punto.
Alessandro C.
PS: ai talebanici puristi della ferrea regola grammaticale, consiglio vivamente un libro intitolato “Val più la pratica” di Andrea De Benedetti.
avstron
personalmente trovo inutile tutto questo sindacare.
Perché a parte linguisti cacaspilli, se il significato non cambia o non è ambiguo per il lettore non c’è bisogno di stare a precisare “e la virgola va di qua o no di là”. Poi ovviamente dipende dalle regole del committente, e l’importante è che sia coerente all’interno del testo.
Alessandro C.
(quasi) del tutto d’accordo
Kentral
Interessanti tutti i pareri, ma credo che ognuno debba trovare il proprio approccio. Non credo ci sia una forma più corretta di un’altra, in quanto l’uso (ed abuso) delle diverse forme nei vari libri ti fa rendere conto che alla fin fine quel che conta è il testo.
E’ comunque bene elaborare la propria visione.
Piccolo OT
Daniele per caso hai scritto (non trovo) nella tua vasta mole di risorse un articolo sulla paginazione?
Intendo il formato della pagina. Numero di caratteri, righe, font.
Vorrei impostarmi un mio standard su Scrivener, ma non trovo dele regole base da seguire.
Daniele Imperi
Prova a dare un’occhiata a questi due:
http://pennablu.it/scrivere-facilmente-post/
http://pennablu.it/impaginazione/
PaGiuse
Credevo che questo Post mi chiarisse dei dubbi, ma leggendo i commenti che ne sono seguiti, rendono ancora più impervia la strada che vorrei intraprendere per la correzione di una cosa che ho scritto.
Comunque, gli spunti sono tutti molto interessanti e la prima cosa che farò, sarà quella di riprendere il mio vecchio libro di grammatica, confrontare tutte le indicazioni e, sulla base di questo modulare uno “stile”.
Sempre interessanti i tuoi post Daniele, grazie!
Daniele Imperi
Grazie
Vero, ci sono pensieri contrastanti. Non sapevo che la grammatica contemplasse le caporali.
Giordana
Ma vedi, alla fine l’importante è scegliere uno stile e adottare lo stesso su tutto il testo
Il ritmo nel mondo del blogging
[…] La punteggiatura nei dialoghi […]
Virginio Giovagnoli
Non è una forma errata, perchè il punto esclamativo e interrogaativo non chiudono un discorso essendo punti d’intonazione
Daniele Imperi
Sono comunque dei punti e chiudono sempre il discorso. No, la doppia punteggiatura è sbagliata, finora l’ho vista solo in un romanzo.
Virginio Giovagnoli
Anch’io lo pensavo, fin quando non mi è stato corretto con questa motivazione : Il punto interrogativo e esclamativo sono segni d’intonazione, quello che sancisce la fine di un discorso è il punto.
A volte mi sento più confuso che mai.
Daniele Imperi
Non lo trovo logico. Se usi il punto esclamativo in un articolo, poi che fai? Per chiudere il discorso gli metti appresso anche il punto?
Nessun editore riuscirà mai a farmi pubblicare qualcosa che contenga due punti consecutivi.
LiveALive
Comunque, riprendendo una cosa dal post di oggi, qualche volta la doppia punteggiatura come “?!” io la uso XD meno logico scrivere roba come “??!!!?!!????!”, che comunque, a voler forzare, possono esprimere graficamente confusione e continuo cambio di sentimento. Naturalmente spero di non vedere nulla del genere in qualcosa di pubblicato, almeno che non sia giustificato nella globalità da una forma joyceiana.
A proposito, lo sapevi che esiste il punto esclarrogativo? È il modo più logico e formale per scrivere “?!”, ma il problema è che la scrittura è una convenzione per comunicare, e il punto esclarrogativo non lo conosce nessuno.
LiveALive
Ps: naturalmente intendo dire che”?!” lo uso nei dialoghi, fuori, nella narrazione, non ha senso.
Daniele Imperi
Sì, conosco quel punto, ma sinceramente mi sembra una baggianata.
Virginio Giovagnoli
In questo momento vorrei un consiglio. Mi è pervenuta una corrazione fatta così : “I Coccia, si ricorda quello innamorato?, è stato accompagnato dal tenente ecc..” quella virgola dopo il punto interrogativo, mi sa di strano. Un aiuto. Grazie
LiveALive
Io l’ho già visto in altri libri, e lo lascerei, perché mi pare render più chiaro il dialogo senza disturbare. Se non vuoi, metti la domanda tra due “-“.
Daniele Imperi
Quella frase è giusta, però, essendo una sorta di inciso, forse ha ragione LiveAlive e è meglio metterlo all’interno dei trattini.
Virginio Giovagnoli
Esempi della casa Ed. Adelphi : “Via, sta zitto!”.
Esempi della casa ed. Garzanti : “Un uomo nel fiume!”.
jack
” Non mi è chiara una cosa in particolare, ” disse Lara.
Corretto ?
Daniele Imperi
Ciao Jack, benvenuto.
No, non è corretto il dialogo. La forma corretta è:
”Non mi è chiara una cosa in particolare”, disse Lara.
Lo spazio prima delle virgolette non ci va e la virgola va dopo le virgolette. Lo spazio non va neanche prima della punteggiatura.
ulisse di bartolomei
Salve Daniele
Complimenti per i tuoi articoli… Sto approntando un racconto e ho bisogno di decidere una “politica” di punteggiatura minimale… Devo evidenziare dialoghi diretti, dialoghi indiretti, e vocaboli non significati allegorici. In quelli diretti mi vanno bene le caporali. Quelli indiretti nel mio caso, sono delle frasi che uso per descrivere, ma che possono coincidere con quello che veniva proferito e quindi voglio comunicare anche questo al lettore. Ho pensato di usarvi le virgolette doppie. Le virgolette semplici o gli apostrofi, li uso per comunicare che quelle parole sono anche ravvisate nel ruolo di stereotipo. Mi rimane però la questione dei vocaboli allegorici e le doppie virgolette le ho già impegnate… Lì cosa ci metto? Non sto scrivendo la divina commedia e quindi vorrei la soluzione più razionale. Grazie e buona giornata. Ulisse
Daniele Imperi
Ciao Ulisse,
perché usare le virgolette per i dialoghi indiretti? Puoi farmi qualche esempio per i vari casi?
ulisse di bartolomei
Salve Daniele
…essi delucidavano che “la lingua inglese è povera di lemmi e inadeguata per esprimere i sentimenti di un vero buddista” e quindi si doveva approntare una doppia traduzione.
Tra le virgolette sta ovviamente la frase che sentivo proferire e ho scelto di riportarla in questo modo per rendere la narrazione scorrevole, mentre se la frase è a sé stante metto i caporali.
Poi però siccome tratto un argomento denso di astrazioni ho il problema dei vocaboli con significati traslati del tipo… sono stufo di subire tutti questi “sgarbi”… volendo significare il nostro esperto d’arte.
Daniele Imperi
In quel caso per me vanno bene le virgolette. Negli altri casi non puoi usare il corsivo? Nella frase: sono stufo di subire tutti questi “sgarbi”, va bene usare le virgolette.
Chiara
Ringrazio l’utente che ieri ha commentato questo articolo, altrimenti non l’avrei mai visto.
Leggerlo è stato utile e molto rassicurante: scrivo ESATTAMENTE come te!
La risposta alla domanda “farò bene?” è giunta spontanea. Ahhhhhh, sospiro di sollievo!
ulisse di bartolomei
Grazie Chiara
La mia è una cronaca romanzata dove i dialoghi sono pochi, ma è importante identificarne i contesti e l’attribuzione. Meno male che anche con la punteggiatura si può essere creativi…
Buona giornata
Davide
Secondo voi la punteggiature è la stessa anche nei dialoghi telefonici tra ad esempio il protagonista e suo padre?
Daniele Imperi
Certo, la punteggiatura deve restare la stessa.
Roberta
Io direi:
“Ciao!” Disse Jack. “Ti andrebbe un drink?”
Se esiste un esclamativo, interrogativo o i tre puntini, all’interno del discorso, quello vale come punto fermo: non ho bisogno di aggiungerne altri, no?
Cosí mi stanno scolarizzando in termini di discorso diretto, comprese le maiuscole come nel caso di ‘disse’.
Naturalmente è una mia opinione ma mi ci trovo benissimo!
Ciao Daniele!
Pietro 57
In un discorso diretto dopo il punto “!” o quello “?” o dopo i puntini “…” segue la lettera maiuscola come dopo il punto . Vi sono delle eccezioni, ma sono rare e non credo servano a uno scrittore di media levatura. Volevo soltanto farti un appunto. Hai messo “Ciao!” tra le virgolette e col punto esclamativo. Fin qui nulla di male, ma poi non spieghi quel punto esclamativo. Se significa gioia, rabbia, tristezza o altro sentimento. Questo è un errore. Se nel dialogo con le parole si esprime uno stato d’animo del personaggio, questo si deve spiegare al lettore ogni volta che succede. Spero di esserti stato utile. Un saluto.
Pietro 57
Ho dimenticato di farti notare un altro errore. Lo aggiungo qui. Nel discorso diretto, dopo le virgolette ” ” non si mette mai la lettera maiuscola. Tu hai scritto “Ciao” Disse, questo “Disse” è sbagliato, si doveva scrivere così: “Ciao!” disse. Si scrive piccolo perché “disse” viene non dopo il punto esclamativo “!”, ma dopo le virgolette. Notalo bene: “Ciao!” disse. Come vedi prima c’è il punto esclamativo, dopo vengono le virgolette e dopo queste la parola”disse”. Ti saluto.
Daniele Imperi
Quel “Ciao” del dialogo è come se fosse un inciso. Se metti “Disse” al maiuscolo, stai iniziando una nuova frase e si crea troppo stacco. Mai visto questo modo di scrivere dialoghi.
Roberta
Ciao Daniele. Il mio voleva essere solo un appunto sulla punteggiatura, niente a che vedere con i contenuti, naturalmente.
A presto!
Roberta
Se cercate in internet troverete anche la variante che vi ho portato. Per alcuni, addirittura, sarebbe la piú corretta. Ma fondamentale, come leggevo sopra, è la coerenza di un testo. Il modo in cui intendi ‘battezzarne’ l’uso dall’inizio alla fine.
Ps. Mi informo su un esempio letterario con queste caratteristiche, o una casa editrice che adotta questo sistema.
Ciao!
Roberta
Pps. Nel caso nel discorso non ci siano punti fermi, naturalmente, la frase che segue comincerá con una minuscola.
Calogero
Ciao Daniele,
“obbligando” l’inciso tra due virgole, non ti sembra di appesantire la fluidità della narrazione?
Riporto di seguito l’esempio che hai postato:
«Nonostante le prove», disse il commissario, «sono davvero sicuro che tu dica la verità.»
Daniele Imperi
No, è la soluzione che trovo più spesso nei libri.
Calogero
Leggo parecchio anch’io, e in base alla mia esperienza personale posso affermare che l’abbondanza di virgole è sempre più in declino. Capisco che scrittori del calibro di Stephen King (che a mio parere ne fa abuso) facciano scuola, d’altra parte John Grisham e Michael Connelly, non proprio due di primo pelo, sembrano ignorare del tutto questa, definiamola “regola”. Come vedi la cosa?
Daniele Imperi
Mah, secondo me nel dialogo che hai citato ci vanno. Non la vedo come un’abbondanza di virgole.
Calogero
Potresti avere ragione. Personalmente ritengo che qualora si ricorra all’uso di un verbum dicendi una virgola soltanto, in coda all’inciso, sia più che sufficiente.
Es.: «Nonostante le prove» disse il commissario, «sono davvero sicuro che tu dica la verità.»
Il discorso delle due virgole rimane comunque valido negli altri casi, trattando l’inciso come una qualunque frase incidentale all’interno di una proposizione (altra cosa che i sopra citati Grisham e Connelly, tanto per dirne qualcuno, non fanno).
Diciamo che ogni scrittore ha il proprio stile… e che le case editrici tendono a rispettare lo stile degli scrittori veramente affermati anche quando diverso dal proprio.
Hai notato anche tu questa cosa?
Daniele Imperi
No, perché non c’è nessuna continuità fra il parlato e il narrato, quindi vanno divisi da una virgola.
Calogero
Sei stato chiaro. Proviamo a complicare le cose. Prendiamo in considerazione uno scambio veloce di battute tra due soggetti collocandolo nell’ambito di un dialogo all’interno di un dialogo tra i due soggetti narranti, quindi l’oratore che racconta il suddetto scambio al suo ascoltatore, per esempio Paolo che racconta a Giovanna di uno scambio di battute tra Michele e Serena.
«Sai, Giovanna, le loro schermaglie sono sempre molto divertenti», proseguì Paolo. «L’altro giorno Michele le fa: “Mi daresti un abbraccio consolatorio?” e Serena: “Non ti toccherei neanche con un dito!”, “E con che cosa allora?”, “Giusto col bastone da passeggio di mio nonno”, “Sei cattiva, mi tratti come un cane”, “Hai sbagliato quadrupede, ritenta”, “Posso dirti una cosa?”, “Abbaia pure”.»
Le caporali fanno capire chiaramente che si tratta di parlato, Paolo che racconta a Giovanna, mentre le virgolette alte distinguono lo scambio di battute tra Michele e Serena chiarendo che avviene all’interno di un dialogo tra i precedenti. Fino a qui ci arrivo anch’io. Quello che non mi è per niente chiaro, anzi mi lascia più di qualche dubbio, è se la punteggiatura che separa le battute sia stata adoperata in maniera corretta.
Tu che sei del mestiere, che cosa ne dici?
Daniele Imperi
Non sono del mestiere
Comunque in quel caso va bene come hai scritto, secondo me.
Calogero
Hai fatto bene a mettere la faccetta, altrimenti non avrei capito. Io che non so come metterla mi contento di riciclare la tua…
… ma vedo che il risultato non è confortante. Va beh…
Se posso chiederti un parere tecnico… (intanto che mi scuso per l’abuso di puntini di sospensione),
mi è stato fatto notare che cominciare un romanzo inserendo i dialoghi tra caporali, per esempio, e decidere di cambiare stile in corsa, magari usando i trattini, è un errore abbastanza grave. Fin qui, pienamente d’accordo. Mi chiedevo però se fossero ammesse eccezioni di qualche tipo. Che ne so, il canonico dialogo verbale messo fra trattini, i dialoghi telepatici tra caporali e magari anche in corsivo o utilizzando un carattere diverso (per chiarire al lettore che non si tratta di una consueta conversazione a voce), oppure la trascrizione di una comunicazione via radio o telefono tra virgolette alte, per capirci.
A tuo giudizio, sarebbe una soluzione valida o dovrei fustigarmi gia soltanto per averlo pensato?
Daniele Imperi
Devi stabilire prima cosa usare per i dialoghi e cosa per i pensieri o dialoghi telepatici.
Calogero
Dunque sarebbe fattibile?
Daniele Imperi
Non un carattere diverso, però. Si usano caratteri diversi per simulare lettere scritte a mano o messaggi scritti al computer.
Calogero
Ottimo. Almeno non devo ri-editare le parti in questione.
Ultimamente ho letto diversi romanzi di scrittori che per i dialoghi usano i trattini, alcuni un po’ datati, altri invece più recenti, e ho notato che non tutti hanno lo stesso stile; nello specifico: c’è chi spazia il dialogo in prossimità dei trattini (- Che bella giornata. -) e chi scrive tutto attaccato (-Che bella giornata.-). Vanno bene entrambi oppure uno dei due stili non è esattamente il massimo della correttezza, pur essendo accettati entrambi dalle case editrici, a quanto pare?
Daniele Imperi
Innanzitutto sono le case editrici che stabiliscono se vadano usati i trattini o le caporali (a meno che non sia un libro autopubblicato). Il trattino comunque non è quello che hai segnato, ma quello più lungo: –
E va messo uno spazio sia prima sia dopo. Il trattino di chiusura si mette se dopo il dialogo continua la narrazione. Esempio:
– Che bella giornata! – disse Calogero.
Calogero
Ciao Daniele,
scusa se non ho risposto subito, purtroppo sono rimasto a secco di giga.
Certamente, bisogna adoperare il trattino cosiddetto medio. Nell’esempio sono stato un po’ troppo sbrigativo (avevo la testa altrove) e l’ho messo anche in chiusura laddove non ci andava.
Nel tuo esempio
– Che bella giornata! – disse Calogero.
qualora non ci fosse il punto esclamativo, ci andrebbe la virgola?
Es.: – Che bella giornata –, disse Calogero.
Oppure, non trattandosi di un inciso si può fare a meno?
Daniele Imperi
Forse, come per le caporali, si può mettere o meno la virgola.
Calogero
Che non deve essere preceduta da uno spazio, dico bene?
A proposito, tempo fa mi accennavi di aver ultimato un romanzo di fantascienza… Buone nuove?
Daniele Imperi
Sì, ma qualcuno la fa precedere.
Non ho mai ultimato il mio romanzo di fantascienza
Forse era un racconto?
paolo
Sono uno “scrittore” un po’ sui generis. Un vecchio “babbione” di quasi 70 anni, insofferente alle regole troppo strette e soffocanti. La mia idea sulla punteggiatura l’ho espressa nel capitolo introduttivo ad una serie di racconti pubblicati sul blog di cui sopra.
In questo momento sono preso dal dubbio se pubblicare un paio di “lavori”, che ho nel cassetto, nel solito blog, oppure se tentare la via dell’auto-pubblicazione con Kindle o simili. Non è una scelta facile. Perché non mi riesce di capire se è un’opportunità o una presa in giro.
Mi piacerebbe avere un tuo parere in proposito.
Grazie e ciao.
Paolo
Daniele Imperi
Ciao Paolo, benvenuto nel blog. Di quale blog parli?
Per l’autopubblicazione, se vuoi farla bene, devi spendere dei soldi.
paolo
Ciao Daniele
il sito (l’avevo citato nella casella Sito) si chiama: “paolo molinari scritti e racconti d’appen… blog”
Grazie ancora
Ciao
Calogero
Metterla all’interno del dialogo, in tutta franchezza, mi sembra una cosa un po’ becera.
E’ passato forse più di un anno ma mi pare di ricordare che fossi indeciso se mandarlo a un editore o meno. Credo anche di averti suggerito di farlo per dare voce al tuo pensiero… o qualche filosofema del genere.
Daniele Imperi
Di sicuro non era un romanzo, perché non ne ho scritti
PS: attento a come scrivi la tua email nei commenti, perché stai finendo in moderazione. La gmail è .com, non .it
Calogero
Va be’. Ti auguro di scriverne uno bello, allora… e magari anche di pubblicarlo, così poi lo leggo.
Scusa, non mi ero reso conto dell’errore. Evidentemente ho ancora la testa altrove.
Hai pubblicato qualche racconto?
Daniele Imperi
No, ancora, ma sinceramente non so più se pubblicare racconti in ebook.
Calogero
Cosa ti trattiene?
Daniele Imperi
Non cavarne nulla, prima di tutto. Quindi forse ne farò una raccolta. Vedremo
Calogero
Sono d’accordo che una raccolta possa essere più proficua.
Mi chiedevo se si potesse usare un dialogo a mo’ di inciso. Mi spiego meglio con un esempio:
Gli andò vicino, prese tra le dita la collana che portava in ricordo della madre e dopo averla guardata per qualche istante – Bel monile, terrestre – gliela strappo via.
Cosa ti dice la tua esperienza?
Daniele Imperi
Mi pare di aver trovato qualcosa del genere, ma comunque bisogna usare le virgolette in quel caso, altrimenti ci si confonde con un inciso.
Calogero
Sei stato chiaro. Chissà perché vado sempre in cerca di complicarmi l’esistenza. Neanche fossi uno pratico…
Oggi guardando il telegiornale ho avuto una vera e propria lezione di “show, don’t tell” dalla fu Karen Blixen. Non fossi rimasto letteralmente affascinato dal suo stile narrativo l’invidia mi avrebbe roso il fegato per intero. Poche parole sono state sufficienti a catapultarmi nel bel mezzo di un bosco a inizio estate. E non c’era nemmeno troppa enfasi. Pur non avendo letto alcuna sua opera (provvederò senz’altro) mi sento di consigliarla a qualunque aspirante scrittore. Ne hai letto qualcuna?
Daniele Imperi
No, non ho letto nulla.
Calogero
Allora lo consiglio anche a te, e tu puoi consigliarmi qualche opera di spicco che rappresenti un saggio di “Show, don’t tell”.
A proposito, prima che mi dimentichi: se metto i pensieri tra virgolette alte per distinguerli dai dialoghi a voce, dovrei anche scriverli in corsivo o è meglio di no?
Daniele Imperi
Non esiste una regola per i dialoghi e i pensieri, sei tu che devi decidere. Se poi il libro te lo pubblica un editore, sarà lui a decidere come scrivere dialoghi e pensieri.
Calogero
Sono ancora abbastanza lontano anche soltanto dall’ipotesi di essere preso in considerazione da un editore, per tutta una serie di motivi. Però quando faccio qualcosa, di qualsiasi cosa si tratti, cerco sempre di farla il meglio possibile. Più che agli editori, pensavo semmai di arrangiarmi con il self publishing, ma per adesso sono alle prese con uno scoglio abbastanza impervio per un esordiente aspirante scrittore, qualcosa di cui prima di cimentarmi nella scrittura quasi ignoravo l’esistenza: un mostro spaventoso chiamato editing.
Conosci qualche buon manuale di editing che possa insegnarmi un paio di trucchi del mestiere?
Stefania
Salve
leggendo tutto questo, posso solo dire che per quanto uno sia fissato a voler essere grammaticalmente corretto, chi scrive libri deve fare i conti con in primis la casa editrice, i suoi editing e le sue regole, questo logicamente se vuole essere pubblicato.
L’editing snatura il manoscritto? Non lo so, so per certo che lavorano per vendere. Onestamente sono ben pochi gli scrittori che lo fanno per la gloria, anzi credo che sia ipocrita affermare questo.
Inoltre, lasciatemelo scrivere, l’editing è necessario per i refusi, i verbi e anche per certe frasi che a volte devono essere completamente rivisitate, in quanto non hanno ne capo ne coda; sembrano buttate su carta… senza riflessione.
Il mercato del libro si basa sul cliente che vuole leggere qualcosa di scritto bene. Le case editrici voglio vendere (dai torto a questo pensiero), se uno scrittore non vuole che il suo manoscritto sia snaturato da un editing che può non capire il suo estro, la sua fantasia e la sua bravura, dovrebbe allora fare del self publishing e qui incappa nel problema “ho scritto bene?” “i verbi sono tutti giusti?”, “ci sono errori grammaticali?”, ecc.
Ora come ora ci sono milioni di scrittori emergenti, milioni di blog di recensione libri e ci sono milioni di clienti che non hanno paura di dire la loro nei feedback.
Quindi la domanda sorge spontanea: lo scrittore, che pensa di aver scritto il libro del secolo, è in grado di accettare gli spietati commenti dei clienti, quando non è in grado di accettare la correzione dell’editing?
Daniele Imperi
Ciao Stefania, benvenuta nel blog. L’editing, se fatto bene, non snatura il manoscritto per me. E ci vuole editing anche nel self-publishing.
Concordo in pieno con il tuo ultimo pensiero, poi: oggi, se metti in vendita un libro, il cliente (il lettore) può farti nero sia nel sito di acquisto sia nel suo blog.
Stefania
Grazie per il benvenuto.
Effettivamente ormai il web è una piazza pubblica nel bene e nel male. Sfortunatamente molta gente di nasconde dietro l’anonimato che questa bellissima invenzione offre.
Inoltre posso dire che è troppo facile dire io scrivo quindi sono uno scrittore, a mio modesto parere ormai si è persa una dote importante che è l’umiltà e la sacralità del rispetto. Ho visto molti di questi sedicenti scrittori prendersela con qualche casa editrice solo perché sono stati scartati, senza farsi un piccolo esame di coscienza. Scrivere e interessare il lettore non è così facile come si crede.
Calogero
Ciao.
Dalla premessa di Stefania (leggendo tutto questo…) non capisco proprio come si sia arrivati a parlare di quanto sia necessario l’editing, dell’ipocrisia di scrittori che affermano di farlo per la gloria e di scribacchini dalle spalle poco larghe che non sono in grado di accettare che un buon editing mostri loro quanto poco talento abbiano o quanto scarso impegno abbiano profuso nella scrittura.
Mi viene il dubbio che Stefania lavori come editor…
Concludo dicendo che essere smontati dalle recensioni di eventuali lettori potrebbe non essere una cosa del tutto negativa, servirebbe quantomeno a disilludere l’autore, a tirarlo dentro alla realtà, ad aprirgli gli occhi sul reale talento di cui è dotato.
Stefania
Ciao Calogero
non so se ringraziarti o soprassedere (scherzo logicamente). Comunque no ahimè non sono una editor, ma una scribacchina al cui attivo ha tre romanzi pubblicati con due case editrici.
Mi trovo d’accordo con te quando dici che le recensioni sono utili, aggiungo se costruttive; cioè se posso indirizzare l’autore a migliorarsi senza stroncarlo. Alcune sono puramente d’invidia e danneggiano molto il lavoro di uno scrittore.
Calogero
Ciao Stefania,

sì, diciamo pure che ho una lingua calva come una palla da biliardo… comunque, se non riesci proprio a ringraziarmi soprassiedi pure.
Le stroncature al gusto di invidia bisogna farsele scivolare addosso; vero è che se pubblichi un romanzo e ricevi qualche recensione negativa poco veritiera rischi, per colpa di qualche figuro, mi limito a definirlo “poco sportivo”, di non piazzare una copia neppure al tuo migliore amico. Un danno non da poco per la carriera di uno scrittore o scrittrice che sia, soprattutto se esordiente o non proprio affermato.
Una cosa non capisco: affermi di essere una scrittrice e ti lamenti di non essere una editor?
Forse dovresti riformulare la tua lista dei traguardi.
Consiglio non richiesto di un emerito signor nessuno (me): cerca di andare un po’ meno in contraddizione, a beneficio di chi legge. Anche nel primo commento del 25 gennaio, se lo rileggi con calma e attenzione, esprimi concetti antitetici ogni quattro righe: con i ritmi di questa vita sempre più frenetica si rischia di non cogliere correttamente il tuo punto di vista.
Adesso che abbiamo scherzato, posso chiederti seriamente cosa hai scritto?
Stefania
Ciao Calogero
non credo di essere andata in contraddizione, ma se affermi questo… magari è qualcosa che hai rilevato e che io non mi sono accorta di aver fatto. Succede… ahimè come dicevi giustamente tu in un mondo frenetico come il nostro a volte le idee cozzano una con l’altra. ^_^
Seriamente cosa ho scritto? Due romanzi tratti da storie vere, di cui uno è ambientato nella seconda guerra mondiale e il terzo è un semplice romanzo. Ora sono al lavoro al mio quarto romanzo e spero che abbia la stessa fortuna degli altri, cioè di finire tra le mani di ottime case editrici.
Calogero
Beh, non mi sembra il caso di essere pedante citandole una per una, non mi piace fare il maestro severo con la bacchetta pronta a fustigare e non ho neanche titolo per farlo, soprattutto, per cui prendi la mia nota per quello che è: una semplice chiacchiera in stile bar dell’angolo.
Per quanto tutto quello che è collegato con le guerre del mondo reale mi faccia venire l’urticaria.
I tuoi romanzi hanno anche un titolo?… nel caso mi venisse voglia di darci una spulciata.
Diego
Scusate…ma io ancora non ho chiaro se dopo i due punti o anche solo con l’apertura del caporale, il dialogo deve partire con una lettera maiuscola o minuscola.
Esempio(l'”Out of order” che inizia con la maiuscola perché per me apre il dialogo e mi viene da scrivere la “O” in maiuscolo…)
Io le rispondo che non funziona «Out of order», «broken», ma lei ripete a mo’ di domanda «no money?»
Daniele Imperi
Ciao Diego, benvenuto nel blog. Non so cosa sia questo ”Out of order”, ma i dialoghi vanno iniziati sempre in maiuscolo. Hai mai visto un dialogo che inizi con la minuscola in un libro?
Diego
Grazie Daniele.
“Out of order” tradotto dall’inglese significa “fuori servizio”.
Daniele Imperi
Sì, conosco il significato, non capivo perché lo avevi scritto.
Diego
Era un esempio, forse con la lunga parentesi ho confuso le idee :). La frase di esempio era:
“Io le rispondo che non funziona «Out of order», «broken», ma lei ripete a mo’ di domanda «no money?»”
Diego
E comunque grazie per il benvenuto!
Angela
Ciao.
Per indicare i pensieri ho trovato spesso questa formula:
Io devo andare avanti. La vita continua., pensò Gianni, turbato.
E’ corretto?
Daniele Imperi
Ciao Angela, benvenuta nel blog. Non ho capito questa formula… intendi senza usare virgolette né corsivo?
Monia
Ho trovato l’articolo davvero interessante. Vorrei capire: non c’è una vera e propria regola universale della punteggiatura nel discorso diretto?
Io avrei bisogno di guide per capire oltre che la punteggiatura all’interno e all’esterno anche ciò che segue il dialogo. Ad esempio: «Ti voglio bene.» disse mentre le stringeva le mani.
E’ corretto che il “disse” sia in minuscolo? Ci sono delle regole? Perché a volte leggo libri in cui sono in minuscolo e altre in maiuscolo.
E nel caso in cui ci sono i punti esclamativi e interrogativi?
Daniele Imperi
Ciao Monia, benvenuta nel blog. Non esiste una regola universale, credo.
Il dialogo che hai scritto è più corretto così:
«Ti voglio bene», disse mentre le stringeva le mani.
La virgola può anche non starci. Ma il punto dopo “bene” non ha senso.
Se ci sono i punti esclamativi o interrogativi è lo stesso. Il “disse” va in minuscolo.
Monia
Perfetto, grazie per la correzione.
Ma quindi non potrebbe mai capitare questo caso:
«(…).» + altra frase dopo?
In questo caso la parola dopo il punto e caporali dovrebbe essere maiuscola?
Daniele Imperi
Sì, può esserci quel caso, io ne vedo spesso nei romanzi. Per esempio:
«Ti voglio bene». La sua voce era appena un sussurro.
Ecco, in questo caso c’è il punto e un’altra frase dopo.