Le infinite saghe del Fantastico

Stiamo leggendo sempre la solita storia?

Le infinite saghe del Fantastico

Le saghe di fantascienza e fantasy sono forse la risposta a un’epoca che non offre alcuno spunto culturale. L’inerzia di un genere narrativo che non sa evolversi.

Viviamo nell’epoca delle saghe narrative e delle serie televisive senza fine. Un romanzo dopo l’altro, una serie di libri che creano assuefazione, scritti per creare aspettativa fra i lettori, che vivono perennemente in uno stato di beata attesa.

Il marketing editoriale vince facilmente, non deve neanche più sforzarsi, campa di rendita, riproponendo, con opportune modifiche, lo stesso messaggio del romanzo capostipite della saga.

Le saghe nella narrativa fantastica sono figlie di questo secolo?

D’accordo, siamo nel XXI secolo, diciamo allora di questo e del XX. Ma prima esisteva il fantastico? Non come lo intendiamo oggi.

Ricordo Il viaggio sotterraneo di Niels Klim di Ludvig Holberg del 1741, I viaggi di Gulliver di Jonathan Swift del 1726, Gargantua e Pantagruele di Francois Rabelais del 1532, Don Chisciotte della Mancia di Miguel de Cervantes Saavedra del 1605.

Li ho letti tempo fa, romanzi intensi, di uno spessore diverso dai romanzi fantastici attuali. Erano storie che criticavano la società dell’epoca, in cui l’ambientazione fantastica e i personaggi e le creature immaginarie erano solo una scusa.

Si scrive ancora un fantastico di questo tipo? Macché. Adesso c’è il cosiddetto young adult, cioè la vecchia narrativa per adolescenti, fatto di storie banali, fritte e rifritte, pubblicate soltanto a scopo commerciale.

Eppure in un periodo di vuoto culturale come questo, che avrebbe bisogno di un neorisorgimento, ci sarebbe parecchio da criticare con corposi (non necessariamente voluminosi) romanzi fantastici.

Perché un autore non smette di scrivere la stessa storia?

Me lo sono chiesto parecchie volte, arrivando sempre alla medesima risposta: per soldi. O forse, causa immaturità professionale, perché s’affeziona troppo alla sua storia, al mondo che ha creato. Non ne sa uscire, non sa dire addio a quella storia, a quei personaggi.

La saga diventa la sua prigione narrativa, ma l’autore non lamenta questa sua prigionia, ne è anzi appagato (economicamente, anche). Sa che questa sua saga fa felici i suoi lettori – altri prigionieri di una stessa storia, che crogiolano per anni nello stesso mondo, circondati dagli stessi volti, dagli stessi nomi.

Mi sono anche chiesto perché un lettore non smetta di leggere la solita storia. Un tempo ero anche io quel lettore. Ricordo la gioia che provai – era il 1986, mi pare – quando nella vetrina di una libreria di Via Nazionale vidi La canzone di Shannara di Terry Brooks. Lo presi al volo, scoprendo che m’ero perso anche il precedente, Le Pietre Magiche di Shannara.

Poi sono uscito dal tunnel. E ne sono uscito perché in fondo la storia è sempre quella, perché là fuori è così pieno di storie che non basteranno cento, mille vite per leggerle tutte. Perché, amando scrivere narrativa, non è salutare rinchiudersi in un unico genere letterario e, peggio, in un’unica saga.

Saghe del fantastico abbandonate

Ci sono saghe di fantascienza e fantasy che ho iniziato per interesse e per curiosità, ma che poi sono stato costretto ad abbandonare, un po’ perché non mi avevano coinvolto e un po’ perché erano appunto infinite.

  • Expanse di James S.A. Corey: sono 8 romanzi più 5 opere minori. Ho letto il primo, non ne ricordo nulla, e ho evitato di prendere gli altri. James S.A. Corey non esiste, è lo pseudonimo di Daniel Abraham e Ty Franck. Ogni volume è di oltre 500 pagine. Sottogenere: Space opera.
  • La saga di Shannara di Terry Brooks: iniziata con La spada di Shannara del 1977, è arrivata ora a 32 romanzi (di cui ho letto i primi 20). Ho abbandonato la saga da anni. A dire la verità, eccetto i primi 3, degli altri non ricordo assolutamente nulla. Brooks ha detto di aver finito con il ciclo di Shannara, ma ha aggiunto che questo non significa che non scriverà più nulla su Shannara. Fate le vostre considerazioni…
  • E poi ci sono le Cronache del ghiaccio e del fuoco di George R.R. Martin. Sì, le ho abbandonate, dopo aver letto i 9 libri della Mondadori (in realtà 4 romanzi) e aver atteso il 5° romanzo per anni. Alla fine è stato pubblicato, ma ormai avevo perso interesse per quella saga. Forse la riprenderò, visto che adesso ci sono volumi unici per ogni romanzo.

Saghe del fantastico che ho apprezzato

Ci sono saghe di fantascienza e fantasy che invece mi hanno coinvolto, di cui ancora ricordo dei pezzi, delle trame. Soprattutto, leggendo ogni romanzo, non m’è sembrato di leggere sempre la solita storia.

2 saghe di fantascienza ben scritte

  1. Dune di Frank Herbert: sono 6 romanzi, uno più bello dell’altro. Storie ambientate in diverse epoche sul pianeta Dune. Ho letto per ora i primi 4 e a breve leggerò il 5°.
  2. Fondazione di Isaac Asimov: sono 7 romanzi, un’opera monumentale, questa di Asimov, che mi ha preso fin dal primo romanzo. Anche qui sono storie ambientate in epoche differenti.

2 saghe fantasy ben scritte

  1. Avalon di Marion Zimmer Bradley: la storia di Re Artù, dell’Impero Romano giunto alla fine, a metà strada fra lo storico e il fantasy, alcuni scritti dall’autrice insieme a Diana L. Paxson. Sono in tutto 7 romanzi, di cui ho letto i primi 4.
  2. Harry Potter di J.K. Rowling: se n’è parlato tanto. Un fantasy diverso dal precedente, formato da 7 romanzi, forse più per ragazzi, ma che comunque mi ha spinto a terminare la serie.

La bellezza del romanzo singolo è tramontata?

Quando ho iniziato a scrivere senza successo il mio primo romanzo fantasy, avevo pianificato (soltanto nei titoli) una saga di 10 romanzi e di 3 antologie di racconti. Un’assurdità da autore alle prime armi.

Per fortuna sono uscito dal tunnel subito, senza neanche scrivere una sola pagina di quel romanzo. Una saga fantasy morta sul nascere.

Mi chiedo se la bellezza del romanzo singolo, delle storie uniche, sia ormai tramontata. Mi chiedo perché quest’epoca senza sbocchi culturali sia caratterizzata dalle saghe senza fine, come se lettori e scrittori abbiano paura a uscire da quell’illusorio rifugio.

Una saga è quindi una sicurezza per autori e lettori? È paura di uscirne? Paura dell’insuccesso, paura di scoprire nuovi mondi?

Leggete saghe senza fine?

Qual è la vostra esperienza con le saghe del Fantastico? Siete mai entrati nel tunnel?

30 Commenti

  1. Marco
    giovedì, 10 Ottobre 2019 alle 6:18 Rispondi

    Per adesso l’unica saga che ho letto è “Il Signore degli Anelli”. Ho terminato il primo libro, poi procederò con il secondo. Delle altre non so nulla.
    A volte mi dico che dovrei affrontare Asimov proprio con la “Fondazione”; ma poi immancabilmente viro su altro. Però chissà, magari un giorno…

    • Daniele Imperi
      giovedì, 10 Ottobre 2019 alle 7:13 Rispondi

      “Il Signore degli Anelli” però non è una saga, e neanche una trilogia. È un romanzo, ai tempi pubblicato in 3 parti causa mancanza di carta.
      “Fondazione” è una saga, sono ben 7 romanzi. Puoi magari leggere solo il primo, tanto sono storie a sé. Ovviamente dal secondo in poi c’è qualche riferimento ai precedenti.

  2. Maria Grazia Presicce
    giovedì, 10 Ottobre 2019 alle 7:51 Rispondi

    Don Chisciotte è l’unica saga che ho letto da ragazzina ed ho riletto da adulta…
    ho cominciato a leggere Harry Potter di J.K. Rowling per pura curiosità.
    mi incuriosiva la stranezza di pubblicazione…un libro dopo l’altro nel giro di poco tempo.
    La mia nipotina ne va pazza e continuava a comprarli e leggerli ed è stato proprio questo suo accanimento a questo tipo di lettura che mi ha spinto a cominciare a leggerlo.
    Devo confessare che dopo poche pagine mi ha così annoiato che ho smesso e sinceramente mi sono chiesto cosa trovano i ragazzini di così affascinante in quel guazzabuglio…è naturalmente una personalissima impressione… leggerò comunque una saga da lei consigliata…grazie dei suggerimenti

    • Daniele Imperi
      giovedì, 10 Ottobre 2019 alle 13:06 Rispondi

      Neanche Don Chisciotte è una saga, ma Harry Potter sì :)
      Io ho letto Harry Potter anni fa e ho iniziato, per fortuna, quando non era ancora conosciuto, altrimenti non so se avrei iniziato. Al tempo mi sono piaciuti i romanzi, ma non li rileggerei.

      • Monmartre Angeloise
        venerdì, 11 Ottobre 2019 alle 10:34 Rispondi

        Buon giorno,
        penso che, se l’intreccio è articolato e piace il modo di scrivere, affezionarsi a un personaggio o all’ambientazione e dispiacersi che tutto sia finito sia abbastanza normale.

        Asimov è piacevolissimo da leggere e ogni romanzo della Fondazione affronta aspetti diversi della storia. Anche se i volumi fossero stati di piú, non ci sarebbe stata la sensazione di déjà-vu.
        Harry Potter è vero che è stato scritto per ragazzi, ma, andando avanti colla lettura, s’irrobustisce dal punto di vista psicologico. È molto gradevole.
        La saga che piú mi ha avvinto (mi ci sono voluti sei anni di ricerche nelle bancherelle prima di avere quasi tutti i volumi) è Rocambole di Pierre-Alexis Ponson du Terrail.
        Altre saghe lette, e piaciute, sono il ciclo di Conan il barbaro e di Solomon Kane di Howart, il ciclo di Cthulhu di Lovecraft (di cui ho letto tutti gli scritti).
        Se i cicli di racconti mitologici ed epici possono essere considerati saga, allora la lista delle saghe lette s’allungherebbe.

        Gialli e polizieschi sono da considerarsi serie e quindi non li farò rientrare nei cicli letti; ma la mia domanda è: quando una trilogia diventa saga? Se Gargantua esce in singoli volumi senza sapere se continuerà è una saga mentre Guida galattica per autostoppisti, che era già pensata come una quadrilogia, no?
        In questo caso anche Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno sarebbero una saga. Quali sono i limiti? Sono saghe anche i romanzi generazionali?

        Personalmente distinguerei fra ciclo e saga; quelli proposti sono quasi tutti cicli (anche quello della Fondazione l’ho sempre sentito chiamare ciclo) e lascerei a saga non il significato dato oggi dalla televisione, ma quello del Treccani: racconto epico o romanzato delle gesta, della storia di un popolo, di un gruppo o di una classe sociale, di una famiglia.

        • Daniele Imperi
          venerdì, 11 Ottobre 2019 alle 10:56 Rispondi

          Rocambole non l’ho mai letto, ma se non sbaglio ne fecero uno sceneggiato secoli fa.
          Di Conan, che non reputo una saga ma una serie di racconti, ho un volume con tutte le storie di Howard, da leggere ancora, e nel frattempo sto leggendo la raccolta delle storie a fumetti che stanno uscendo in edicola, ben fatte.
          Una trilogia, come dice il termine, è formata da 3 romanzi. A questo proposito avevo in mente un articolo per parlare proprio di trilogie.
          Gargantua è un romanzo, l’ho letto in un unico volume di 800 pagine. Stupendo.
          Guida galattica per autostoppisti: ho visto che sono 6 i romanzi, quindi non so, o serie o saga.
          Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno sono invece 3 racconti, quindi nessuna saga.
          I romanzi generazionali cosa sono?
          Sì, sarebbe da distinguere saga da ciclo. Vero, Fondazione è un ciclo. Ma forse ciclo è sinonimo di saga?

          • Monmartre Angeloise
            lunedì, 14 Ottobre 2019 alle 13:21 Rispondi

            I romanzi generazionali (a questo punto non sono certo che si chiamino cosí) sono i romanzi che attraversano diverse generazioni: I Buddenbrook, Cent’anni di solitudine, Cigni selvatici… Questi raccontano le saghe di una famiglia.
            (Anche secondo me quella di Conan non è una saga bensí un ciclo; per me nella saga deve essere chiaro il fluire del tempo nello sviluppo della storia.)

            • Daniele Imperi
              lunedì, 14 Ottobre 2019 alle 13:35 Rispondi

              Potrebbe essere. Sono diversi dai romanzi di formazione, perché in quel caso si tratta dell’evoluzione di un solo personaggio.

  3. Ferruccio Gianola
    giovedì, 10 Ottobre 2019 alle 9:48 Rispondi

    Non sono un fan di saghe purtroppo. La sola che ho letto è quella della Fondazione di Asimov
    Però so quasi a memoria “La trilogia della frontiera” di McCarthy e ho letto diverse storie di Hap e Leonard di Lansdale, ma non credo siano saghe. Aiutami tu

    • Daniele Imperi
      giovedì, 10 Ottobre 2019 alle 13:08 Rispondi

      Hap e Leonard di Lansdale non sono saghe, le inserirei nelle serie, come Tarzan e Sherlock Holmes e altri. Ho letto la prima avventura, ma non mi sono piaciuti come personaggi e non ne ho lette altre.

  4. Federico Distefano
    giovedì, 10 Ottobre 2019 alle 10:09 Rispondi

    Buongiorno!
    Confesso la mia dipendenza da alcune saghe non ancora terminate quali, ad esempio: Shannara e le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco. Mi piace l’ambientazione e mi sono affezionato ai personaggi e anche se talvolta noto dei cali di qualità, ci passo sopra benevolmente (e consapevolmente). Questo non toglie che mi farebbe piacere arrivare ad una conclusione, in modo da poter leggere qualcosa di nuovo, uscito dalla penna (in epoca di pc si fa per dire) di autori che sono riusciti nell’impresa, più o meno difficile, di far vivere la mia immaginazione in altri mondi. Apprezzo ogni libro ben scritto ma credo possa ritenersi naturale voler conoscere di più, riguardo un mondo nuovo, quando ci si ritrova nello stile di uno scrittore e in ciò che narra. Per questo mi piacciono certe saghe. Certo, non mi “bevo” tutto. Ho dei filtri abbastanza precisi e se ciò che approccio non incontra i miei gusti, ho imparato da qualche tempo a mollarlo, per non trascinarmi dietro della “zavorra” inutile. Comunque, sono del parere che le saghe abbiano un senso se l’ambientazione offre la possibilità di espandersi, raccontando ogni volta qualcosa di nuovo. Smetto di tediarti con una domanda: una storia che si conclude in più libri la consideri una saga? (es.: Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco).
    Saluti, buona giornata e scusa il lungo sproloquio! :)

    • Daniele Imperi
      giovedì, 10 Ottobre 2019 alle 13:12 Rispondi

      Ciao Federico, benvenuto nel blog. Il problema, secondo me, è che spesso non si arriva a una conclusione.
      Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco sono una saga, ormai siamo a 7 libri.

  5. Corrado S. Magro
    giovedì, 10 Ottobre 2019 alle 11:14 Rispondi

    A passeggio con le saghe non mi ci vedo. Le uniche saghe (se saghe si possono chiamare) che mi hanno affascinato, furono quelle di Jacovitti e alcune di Lino Landolfi. Perché tanti fans delle saghe? Non saprei. Forse facciamo fatica a uscire da una perenne pubertà e, per non cancellarne i sogni che continuiamo a coltivare, ci adagiamo nell’amaca di una “cultura” di serie, ripetitiva, “robotizzata”. Spirito dei tempi supportato dal culto invadente delle immagini.

    • Daniele Imperi
      giovedì, 10 Ottobre 2019 alle 13:15 Rispondi

      Forse hai ragione. Alcuni si fanno incatenare dalle saghe per colmare qualche vuoto, che neanche sanno di avere.

  6. STEFANO TARTAGLINO
    giovedì, 10 Ottobre 2019 alle 18:03 Rispondi

    Di Marion Zimmer Bradley c’è anche la saga di DARKOVER, molto ben scritta, con ambientazioni diverse e, soprattutto, tematiche non banali. Quanto al resto, rivendico orgogliosamente di non aver mai letto una sola riga né vista una sola puntata de “Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco”. Eppure io amo il fantasy, e ovviamente vorrei scriverne, ma ho in mente una semplice trilogia, nulla più. Mi tengo lontano da saghe monstre come La Ruota del Tempo o La Spada della Verità. Asimov ce l’ho tutto e intendo leggerlo…da vecchio, quando avrò tempo e nessuno mi romperà le scatole. Però fantasy a parte anche i polizieschi possono essere saghe, Montalbano in primis, ma penso anche a De Giovanni, e al citato Landsale: qui forse più che nel fantasy si scrive un po’ sempre lo stesso libro. Il problema del fantasy è che per uno riuscito nascono mille epigoni che sono poi scopiazzature (Tolkien –> Licia Troisi, e adesso mi aspetto gli emuli di Martin). La fantascienza invece mi sembra un genere ancora più morto del western, ed è un peccato.

    • Daniele Imperi
      venerdì, 11 Ottobre 2019 alle 7:14 Rispondi

      Darkover è troppo lunga per i miei gusti. La Ruota del Tempo ho iniziato a leggerla, ma solo il primo romanzo: non ne ricordo nulla.
      Montalbano non è una saga, ma una serie di romanzi. Idem per i personaggi di Lansdale.
      La fantascienza non mi pare morta…

  7. von Moltke
    giovedì, 10 Ottobre 2019 alle 20:48 Rispondi

    Che dire? Da adolescente leggevo anch’io saghe, ma non di Fantascienza né di Fantasy. La saga dei Courteney di Wilbur Smith mi tenne attaccato a vari volumi per almeno un paio d’anni. Poi mi stufai sia del ciclo che dell’autore, e, quando ne ripresi in mano un “nuovo” libro, anni dopo, lo misi giù disgustato dalla prevedibilità.
    Un paio d’anni fa lessi tutto il ciclo della Fondazione di Asimov, ma solo quella parte scritta da lui. Devo dire che lo divorai, e, forse complici le lunghe notti dell’inverno estone, mi ci rifugiai come in una seconda patria. Ho poi da poco in casa un altro volume della saga, ma scritto da un certo Benford, che non so ancora come troverò.
    No, non amo le serie infinite, per gli stessi motivi che tu sottolinei. Anzi, aggiungo che della tua riflessione si sentiva (o almeno, lo sentivo io) la necessità. Le case editrici stanno diventando dei generatori automatici di spazzatura, e si appoggiano sull’infantilismo del pubblico esclusivamente per far soldi. Nessuno è più interessato a scoprire o promuovere letteratura, e questo, anche dal punto di vista di uno scrittore esordiente come me, è deprimente. Anche come scrittore non riesco a provare alcuno stimolo per un seguito. Benché i miei tre lettori mi abbiano suggerito di fare, da alcuni dei miei quattro romanzi, una trilogia, non trovo in me alcuna spinta per farlo. Mi piacciono le storie finite, e, nonostante ai personaggi mi affeziono, non lo faccio mai tanto da rinunciare a crearne di nuovi per una nuova storia. Poi mi capita di scrivere storie così lunghe e ricche di eventi da poterle tranquillamente dividerle in due, tre episodi, ma questo è un altro paio di maniche.

    • Daniele Imperi
      venerdì, 11 Ottobre 2019 alle 7:16 Rispondi

      Le case editrici pensano che se ha venduto molto il primo romanzo, allora anche i seguiti venderanno molto. Davvero è così?
      Della Fondazione non sapevo ci fossero altri scrittori, ma sinceramente non mi interessano.

  8. Andrea Venturo
    venerdì, 11 Ottobre 2019 alle 3:41 Rispondi

    Ti capisco: creare una storia fatta e finita offre maggiori soddisfazioni.
    D’altro canto gli editori sono così affezionati all’idea di acchiappare i lettori a suon di “il seguito nel prossimo volume” da dividere opere che in realtà non andrebbero divise, vedi alla voce JRR Martin.
    Una buona soluzione è quella di scrivere storie complete, ma che si comportano come tessere di un mosaico. Ogni tessera è fatta e finita, ma messe insieme alle altre offre un disegno di ampio respiro… Asimov e la Fondazione, per esempio o i miti di Chtulhu possono rendere l’idea.
    Per riuscirci ci vuone un’ambientazione solida e dinamica, capace di coprire archi temporali molto ampi in modo credibile… la psicostoria è un’ottima disciplina da apprendere, per riuscire nell’impresa ^_^

    Uno che c’è andato vicino è Michael Scott Rohan
    Saghe brevi (tre romanzi) e un romanzo singolo, autoconclusivo, figherrimo intitolato “L’impero degli incanti”. A metà strada tra Dumas e Clark Ashton Smith, presenta un’Europa infestata da creature della prima creazione (orchi, troll, garguglie… ecc… ) e medioevo magico (quasi rinascimentale, ma non ancora). Rohan è un poeta e non mancherà di stupirti, specie se non hai letto niente di suo (i mondi della spirale e la saga dei giacci). Comunque anche le sue “saghe” sono costituite da storie autoconclusive, prive di quei fastidiosi cliffhanger che rimandano al volume successivo.

    Un altro paio di autori davvero spettacolari sono (erano, uno dei due ci ha lasciati) Larry Niven e Jerry Pournelle, capaci di raccontare battaglie spaziali perfettamente credibili e plausibili anche dal punto di vista scientifico. Anche in questo caso abbiamo una serie di romanzi autoconclusivi e capaci di raccontare la storia della colonizzazione della galassia da parte dell’umanità, insomma una saga in piena regola, ma senza la necessità di leggere il romanzo successivo per saper com’è andata.

    Dulcis in fundo ti lascio con i miei romanzi, tra poco esce il terzo, e qui mi son cimentato con un giallo. Niente soprannaturale, mi dicevano, e io “ma io scrivo fantasy, come faccio? La magia c’è e funziona pure bene!” e poi “niente passaggi segreti, al massimo uno soltanto” e io “uno solo? Ma… e il labirinto sotterraneo?” e ancora “niente mafia, camorra e altre menate” e io “ma la gilda dei ladri? Anche nel fantasy ci sono le associazioni a delinquere!” e niente, implacabili mi hanno pure fatto notare che “il colpevole deve essere un personaggio noto al lettore, che non sia un inserviente (e grazie, che ci metto? Il maggiordomo?) e che non sia un criminale professionista”.
    Inutile dire che anche questa nota degli innumerevoli decaloghi del giallo mi ha spiazzato: come fai? Se non è un “professionista” uno “esperto del delitto di propria competenza” lo scoprirebbe anche un bambino.
    E in effetti il protagonista è un dodicenne, quindi ci poteva stare.
    Ma poi “E ci deve essere almeno un morto, molto morto” e no. È un fantasy: tra negromanti, preti che resuscitano i morti, non-morti che se ne vanno a spasso, un morto ammazzato non rimane tale a lungo, a meno che non entri in gioco la magia.
    Ma chi è che ‘scrive ‘ste regole? Ci credo che poi si rimane intrappolati dentro alla propria nicchia e non si scrive d’altro.

    E a proposito: bel cambiamento nel look del blog, dovrei prendere esempio!

    • Daniele Imperi
      venerdì, 11 Ottobre 2019 alle 7:20 Rispondi

      Non conoscevo Michael Scott Rohan, ma gli darò un’occhiata.
      Neanche Larry Niven e Jerry Pournelle conosco. Ma le loro opere si trovano in italiano?
      Il cambiamento del look del blog è avvenuto qualche mese fa :D

  9. P.L.
    venerdì, 11 Ottobre 2019 alle 10:48 Rispondi

    Si dice che non c’è niente di nuovo sotto il sole, più o meno da Omero in poi. Prendiamo i generi. Mi rendo conto che, quando un genere piace, non se ne ha mai abbastanza. Almeno, vale per me. Per esempio con i generi che non leggerei mai non capisco come sia possibile sopportare di sentirsi ripetere sempre la stessa storia – tipo: ragazza incontra ragazzo (rosa); prescelti, poteri, were-vattelapesca e profezie che si avverano (paranormal YA. Per non parlare dei distopici).
    Ma con i generi che mi piacciono non ho nessun problema a sentirmi ripetere la stessa storia – tipo: investigatore scopre l’identità di un assassino (giallo); conflitti intergalattici, alieni, “Builders” con le loro tecnologie abbandonate e chi più ne ha più ne metta (space opera).
    Per quanto riguarda il “tunnel”, ce n’è stato uno la cui uscita da parte mia è stata involontaria. Si tratta della serie Heritage Universe di Charles Sheffield – in effetti un po’ datata, ma il cui universo mi affascinava – interrottasi per cause di forze maggiore (visto che immagino sia un po’ difficile continuare a scrivere dall’aldilà).
    La serie Expanse invece mi è piaciuta. C’erano misteri da scoprire, e un “crescendo” della prospettiva (dai conflitti interni al sistema solare alla nuova forma di vita alla *ATTENZIONE SPOILER* rete di passaggi per altri mondi. Mi riferisco alla serie TV iniziata su Netflix e proseguita su Amazon Prime. I libri non li ho ancora letti.

    • Daniele Imperi
      venerdì, 11 Ottobre 2019 alle 11:03 Rispondi

      I distopici spesso sono davvero tutti uguali. Da qualche parte bel blog ho fatto degli esempi.
      Nel poliziesco forse è più difficile incorrere nella stessa storia. Certo, l’investigatore scopre l’assassino, ma la trama è sempre diversa. Prendi i romanzi di Tana French e di Dennis Lehane, 2 autori che adoro.
      Non ho letto Sheffield, ma gli darò uno sguardo. Expanse ho provato a vederlo su Netflix, ma ho lasciato perdere dopo la prima puntata.

  10. Marco Sipione
    venerdì, 11 Ottobre 2019 alle 12:15 Rispondi

    Mi definisco un lettore ancora in erba, ma anche io ho messo le saghe da parte. Ho cominciato a leggere anni fa tramite la saga di “Percy Jackson”, dato che ero un amante della mitologia classica. Dopo (credo) dodici libri, saghe legate tra loro, spin-off… Non ce l’ho fatta più. Saranno passati ormai quattro anni senza sfogliare sanghe senza fine. Magari ci ritornerò. Per ora mi concedo quelle saghe fatte e finite, di 4-5 libri e con un vero finale.

    • Daniele Imperi
      venerdì, 11 Ottobre 2019 alle 12:24 Rispondi

      Anche 4-5 libri non sono pochi. Ho dimenticato di citare alcuni romanzi storici che avevo iniziato a leggere, di Bernard Cornwell. Una saga è su Richard Sharpe, ambientata al tempo delle guerre napoleoniche. Ne ho letti 4 o 5, mi pare, e ne ho presi altri 5, da leggere ancora. Ma ce ne sono di più.
      Poi Uthred di Bebbanburg, saga medievale. Ne ho letti 3, forse 4, ne ho preso un altro, da leggere, ma ha continuato con non so quanti altri.
      Risultato: m’è passata la voglia di leggere quei libri.

  11. Grazia Gironella
    sabato, 12 Ottobre 2019 alle 19:47 Rispondi

    Mi è capitato e tuttora mi capita di entrare nel tunnel. Non mi faccio invischiare in saghe che mi piacciono così così, ma quando una storia mi piace davvero e mi affeziono ai personaggi, ben vengano i libri successivi! Senza esagerare, però. Con Martin sono arrivata al tuo stesso punto, poi ho deciso che era ora di finirla (complice il fatto che tanto Martin non dà una direzione alla storia, piano piano muoiono tutti e buonanotte). Shannara idem. Outlander, che non c’entra con il fantastico, mi piace molto ma inizio a vedere di buon occhio una fine. Il punto è che un mondo in cui mi piace stare, con personaggi che frequento volentieri, è una compagnia che prolungo quanto posso.

    • Daniele Imperi
      lunedì, 14 Ottobre 2019 alle 7:03 Rispondi

      In un certo senso ti do ragione: un mondo che piace e personaggi con cui ci affezioniamo. Il problema, per me almeno, è che “il troppo stroppia”, come si dice, e alla fine mi stanco di leggere di uno stesso mondo.

  12. Rudy
    sabato, 12 Ottobre 2019 alle 20:52 Rispondi

    Scusate, non vorrei dire un’ovvietà, ma… Discworld di Pratchett, è una saga?
    Sicuramente è eterna (sono 40 romanzi, giusto?), piena di riferimenti incrociati, con uno sfondo comune… Ma francamente non mi sono ancora stufato di leggerla e rileggerla.

    • Daniele Imperi
      lunedì, 14 Ottobre 2019 alle 7:04 Rispondi

      Ciao Rudy, benvenuto nel blog. Avevo dimenticato Pratchett, e chissà quanti altri. Ho letto “A me le guardie!”, ma quel genere di fantasy non mi piace. 40 romanzi di Discworld? Meno male che non ho iniziato a leggerli.

  13. Rebecca Eriksson
    sabato, 19 Ottobre 2019 alle 18:18 Rispondi

    Sinceramente sono sempre molto titubante nel voler iniziare a leggere una saga, perchè lo vedo come un impegno anche a finirla. Se mi è possibile le leggo quando sono già finite o si conosce già quando sarà terminata.
    Io le vedo un po’ come l’evoluzione moderna del romanzo d’appendice dell ‘800. Sì, all’epoca erano poche pagine pubblicate settimanalmente, ma il concetto di voler “allungare la minestra” per guadagnare di più non è lo stesso?

    • Daniele Imperi
      lunedì, 21 Ottobre 2019 alle 7:56 Rispondi

      Sì, è un impegno finirla, ecco perché ho lasciato perdere. Non credo sia lo stesso dei romanzi d’appendice, perché in quel caso erano al massimo 2-300 pagine divise in varie puntate, cioè capitoli. In una saga invece sono romanzi che superano anche le 5-600 pagine e vanno avanti anche per una decina di libri.

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